Non ancora domati i roghi di origine dolosa che da ieri assediano il litorale fino a Cefalù
Paura in periferia a Messina. Bruciano aree boschive anche in Puglia e nel salentino
Incendi sulla costa siciliana fiamme su residence e case
Arrestati due piromani nel napoletano e sul Gargano *
ROMA - Una sequenza di incendi sta bruciando nel Sud dell’Italia e sull’intera costa tirrenica dalla Sicilia. I roghi si susseguono ormai da ieri da Messina a Cefalù senza risparmiare praticamente nessuna area boschiva, e torna l’emergenza anche nella città dello Stretto per le fiamme appiccate sui colli a ridosso della periferia. Sono incendi dolosi quelli che stanno devastando il litorale e le aree interne ricche di boschi anche antichi e di enorme pregio naturalistico, anche nel salentino e in Puglia.
Questa mattina in provincia di Messina sono ripresi gli interventi aerei su Montagna Reale, dove sta operando un Canadair della Protezione civile, e su San Marco D’Alunzio. A rendere difficili le operazioni di spegnimento da parte dei mezzi aerei c’è però il forte vento. Proseguono anche gli incendi sulle colline di Messina e a rischio di essere distrutta c’è anche la Pineta Candelaro. Impossibile al momento una stima dei danni e delle aree devastate.
Intanto non è stato ancora domato il vastissimo incendio che da ieri pomeriggio sta distruggendo ettari di bosco sulle colline che sovrastano Cefalù, nel palermitano, e che in serata si era spinto fino alla periferia della cittadina, danneggiando diverse villette. Per sfuggire alle fiamme centinaia di persone, tra cui numerosi turisti, hanno abbandonato case e ville lambite dal fuoco.
Con i pochi mezzi a disposizione (un paio di autobotti della capacità di 1500 litri ciascuna) le squadre di soccorso hanno lavorato tutta la notte riuscendo a circoscrivere gli incendi che si sono sviluppati in sei diversi punti, ma non sono ancora riusciti a spegnere del tutto i roghi. Attualmente le fiamme, certamente di origine dolosa, interessano un’area che parte dal mare sulla costa immediatamente limitrofa a Cefalù e si arrampica poi sulle colline fino a raggiungere l’area dove sorge il santuario di Gibilmanna, una delle più suggestive aree boschive della Sicilia, attraversando decine di località abitate.
Rilevantissimi i danni. Ieri sera moltissime persone in fuga sono rimaste intrappolate, in uno scenario infernale, nelle strade impraticabili o chiuse al traffico da polizia e carabinieri. L’emergenza è stata aggravata dal fatto che, mentre i soccorritori erano impegnati in una disperata lotta contro il fuoco su un fronte molto ampio di oltre sei chilometri, altri incendi venivano appiccati nei posti più disparati.
Fiamme sulla costa brindisina. Ha provocato danni serissimi l’incendio che dal pomeriggio di ieri fino a stamane ha bruciato una estesa area della riserva naturale dell’oasi protetta di Torre Guaceto, sulla costa brindisina a una quindicina di chilometri dal capoluogo. Anche la circolazione stradale della statale litoranea 379, che taglia in due l’area, è stata ripristinata stamane alle 5 dopo una interruzione di 14 ore soprattutto a causa del fumo che si levava dall’oasi.
Incendi nel Vallo di Diano. Emergenza incendi nel Vallo di Diano, in provincia di Salerno, con focolai in diversi centri. A Teggiano, dopo quattro giorni, bruciano ancora i boschi situati sui monti che circondano la città museo del Vallo di Diano. Altro incendio, sviluppatosi nella tarda serata di ieri e ancora attivo, si registra in località Sant’Andrea, zona montana del territorio comunale di Padula. Infine un altro incendio è in atto tra Atena Lucana e Polla. Il territorio del Vallo di Diano dunque è flagellato dalle fiamme.
Arrestato piromane nel napoletano. Mentre le squadre di soccorso si impegnano a fronteggiare le fiamme, gli incendiari continuano la loro opera devastante. Alcuni piromani sono stati individuati e arrestati in Campania e in Puglia. Uno è stato fermato mentre appiccava il fuoco in diversi punti lungo la statale Sannitica, tra Caivano (Napoli) e Marcianise (Caserta). L’uomo è un marocchino di 47 anni, H.M., sorpreso da una pattuglia della Guardia di finanza mentre, chino sull’asfalto, stava alimentando un ulteriore focolaio utilizzando un accendino. Il marocchino è stato arrestato in flagranza e dovrà rispondere del reato di incendio colposo; delitto che prevede una pena detentiva che va da un minimo di 3 a un massimo di 7 anni, salvo aggravanti.
Minorenne arrestato nel Gargano. Aveva appena appiccato il fuoco in un terreno boschivo demaniale, alla periferia di Carpino, piccolo comune del Parco del Gargano, un giovane di 17 anni, arrestato dai carabinieri. I militari sono intervenuti dopo le segnalazioni di alcuni cittadini e hanno sorpreso il giovane che, precipitosamente, si allontanava dal luogo dell’incendio. Il ragazzo di Carpino si è giustificato dicendo che, "siccome lo fanno tutti", anche lui voleva appiccare il fuoco al bosco "per provarne ’l’emozione".
* la Repubblica, 22 agosto 2007
La Difesa invia rinforzi per fronteggiare l’emergenza nel Centro-Sud
Pecoraro Scanio: "Escalation criminale". Prodi "addolorato" per le vittime
Incendi, Parisi mobilita l’esercito
Elicotteri e uomini contro i roghi *
ROMA - La Difesa invia elicotteri ed esercito, il Viminale mobilita i prefetti a cui chiede di coordinare gli interventi e mentre il presidente del Consiglio Romano Prodi chiede di "stroncare il fenomeno" il ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, denuncia: "E’ una vera e propria escalation criminale". E’ la reazione del governo di fronte alla drammatica emergenza dopo gli incendi, per larga parte dolosi, che stanno evastando la penisola: in fumo centinaia di ettari di bosco e aree protette fra il basso Lazio, il Cilento e la Puglia,due vittime in Sicilia.
L’intervento dell’esercito. Il ministro della Difesa, Arturo Parisi, ha dato immediatamente disposizioni per un ulteriore impiego di uomini e mezzi delle Forze Armate affinché collaborino alle operazioni di spegnimento. "La Difesa - si legge in una nota - metterà a disposizione elicotteri dell’Esercito e della Marina, inoltre un battaglione dell’Esercito opererà in Calabria in supporto delle attività antincendio in corso". "Questo ulteriore concorso delle Forze Armate - prosegue la nota - va a integrare gli assetti specialistici già messi a disposizione della Protezione civile da parte della Difesa nell’ambito della campagna estiva antincendi".
Prodi: "Stroncare atti dolosi". Il presidente del Consiglio, che ha espresso "dolore fortissimo" per le vittime, è "fermamente determinato a stroncare questo fenomeno per garantire la massima sicurezza dei cittadini".
Pecoraro Scanio: "Aggressione criminale". "Appena le condizioni del vento sono più favorevoli al fuoco, entrano in azione i criminali incendiari che stanno aggredendo le aree protette italiane mettendo in serio pericolo la sicurezza dei cittadini". Il ministro dell’Ambiente parla di "vera e propria escalation criminale che vede investite da ieri Torre Guaceto, le aree della Sicilia, il Parco del Cilento, il Gargano, il basso Lazio". "E’ necessario - dice - mettere in campo tutte le azioni di prevenzione, ma anche essere irriducibili nella lotta a questi veri e propri criminali che stanno devastando il nostro patrimonio naturale".
Amato, direttive ai prefetti. Una nota del Viminale informa che il ministro dell’Interno, Giuliano Amato, "ha impartito precise direttive ai prefetti" affinché mettano in atto un tavolo di coordinamento di tutte le iniziative, "peraltro già tempestivamente avviate" da Protezione civile, Vigili del fuoco e Forestale, per garantire l’incolumità dei cittadini che si trovano nelle zone coinvolte dagli incendi, e per individuare i responsabili di eventuali gesti criminosi. Il ministro ha sollecitato i prefetti anche "a sviluppare ogni possibile iniziativa" per rendere più efficace il sistema di prevenzione del fenomeno degli incendi "attraverso la realizzazione, da parte dei Comuni, del catasto delle aree percorse dal fuoco’’.
FOTO: IL SUD NELLA MORSA DEGLI INCENDI
* la Repubblica, 22 agosto 2007
Oltre l’emergenza
di MARIO TOZZI (La Stampa, 26/8/2007)
Mentre il Peloponneso brucia e nel Sud Italia si solleva forte l’odore degli incendi, si dovrebbe cercare di ragionare su come, in tutto il Mediterraneo, possano i criminali del fuoco bruciare indifferentemente uomini e case, boschi e animali facendola sempre franca.
E soprattutto, di cosa si dovrebbe finalmente fare dopo i roghi. Tutti i nodi che l’emergenza ricorrente degli incendi reca con sé sono venuti al pettine in quest’estate di fiamme, soprattutto a causa delle vittime: ogni anno in Italia vanno comunque distrutti quasi centomila ettari di aree verdi, ma - spiace farlo notare - se ne parla solo se ci sono i morti, come se non si trattasse di un’emergenza comunque. Oltre cinquanta vittime in Grecia è un record che nessuno immaginava di raggiungere e che si aggiunge ai morti italiani, mentre rimanda con la memoria a quelli passati della Costa Azzurra, della Sardegna e della Spagna. Non risulta che alcuno di quei criminali sia stato assicurato alla giustizia.
Non solo un problema di paesaggio
Si torna così a chiedere lo stato di emergenza e magari l’aiuto dell’Unione Europea o dello Stato, sollevando il dubbio su cosa abbiano fatto i governanti greci o gli amministratori pugliesi e calabresi quando gli incendi erano lontani, ma si poteva prevedere sarebbero tornati. Quando non si arriva ai morti, per ogni cento ettari bruciati vengono comunque distrutti quasi mille nidi di uccelli e habitat importanti per animali di varia foggia e natura, cioè si perde quella ricchezza che va sotto il nome di biodiversità. Il bosco poi è spesso fonte di reddito diretta, per via dei disboscamenti mirati, ma anche indiretta: quanti avranno piacere a tornare in vacanza su coste e campagne sfregiate da macchie nere per anni? Non è solo un problema di paesaggio, ma di qualità della vita che va perduta nel disinteresse - tutto mediterraneo - per un patrimonio che, appartenendo a tutti, non appartiene a nessuno.
Una pineta non vale una faggeta
La prima risposta dovrebbe essere culturale: alberi e boschi non possono essere valutati in termini puramente commerciali, non sono cioè rimpiazzabili, e - anzi - l’averli considerati solo come merce ha portato alla costruzione di ecosistemi artificiali, caratterizzati da un verde di qualità scadente, poco diversificato e soggetto facilmente alle fiamme. Una pineta non vale una faggeta, non a caso ci vogliono trent’anni per mettere in piedi la prima e oltre sessanta per la seconda.
Una seconda risposta arriva dal basso, come a Ortona dei Marsi, piccolo centro dell’Appennino abruzzese evacuato per il fuoco a fine luglio, dove i cittadini si sono organizzati in comitati che non solo chiedono pene più severe, ma sensibilizzano l’opinione pubblica e raccolgono fondi per un progetto di recupero ambientale delle aree incendiate. Ortona è nel Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise che ha perso almeno 270 ettari di faggete secolari, i boschi più maestosi e importanti dell’Appennino e i parchi sono stati l’obiettivo degli incendi di quest’anno: oltre 9000 ettari protetti bruciati che non significano solo alberi distrutti (come il rarissimo pino loricato del Pollino), ma anche cancellazione degli habitat del lupo italico come del picchio nero, del capriolo garganico o delle centinaia di testuggini arrostite senza scampo nelle aree che le avevano protette per decenni.
È il momento di muoversi
La decisione di affidare il catasto delle aree incendiate alle prefetture, come suggerisce la Protezione Civile, è un primo passo positivo, ma non va incoraggiata la richiesta dello stato di emergenza da parte di regioni che per il resto dell’anno non si preoccupano affatto degli incendi e non fanno alcunché per prevenirli: i finanziamenti devono andare a chi subisce meno roghi, non incrementare una corsa al fuoco per ottenerli.
È tempo di nuove strategie, a partire dall’uso dei satelliti per la sorveglianza, da più fondi e uomini per il Corpo Forestale dello Stato e da operazioni di intelligence per acchiappare i criminali del fuoco, cosa che ha un ottimo potere deterrente: all’isola d’Elba nessun incendio si è più verificato dopo l’arresto di due criminali qualche anno fa. Ci sarebbe poi la legge 353/2000 che proibisce una serie di attività nelle aree percorse da incendi, per disincentivare i roghi a fini di lucro. Lentezze burocratiche e lassismo degli enti locali hanno reso vano questo strumento: se non si vuole essere chiamati sul banco degli imputati ora è il momento di muoversi.
La protezione civile dietro la scrivania
Ecco come funzionano i corpi che dovrebbero difendere la Sicilia: Protezione civile tra precariato e persone tenute negli uffici. La Forestale promossa in massa ad aprile. I vigili del fuoco sono sotto organico
di Cinzia Della Valle (il manifesto, 24.08.2007)
Palermo.. La maggior parte ha il diploma di geometra, ma c’è anche chi ha una laurea in ingegneria. Molti stanno dietro a una scrivania. Ma soprattutto, la metà del personale è precario. Sempre a rincorrere il politico di turno per riavere il posto. La paga per chi è a tempo indeterminato è buona, se equiparata a quella dei regionali. Come tanti altri lavoratori, anche loro vanno in ferie e a Messina, secondo la Cgil, mentre le fiamme bruciavano l’agriturismo «Rifugio del falco» di Patti con tre morti, più della metà della forza lavoro era in vacanza.
Siamo all’interno della Protezione civile regionale. In Sicilia il corpo ha circa 700 impiegati e dipende dalla Presidenza della Regione. Circa 350 addetti sono tecnici, poi ci sono gli amministrativi, un centinaio. «E’ gente che sta negli uffici - dice Teodoro Lamonica, segretario della Funzione pubblica della Cgil - Dovrebbero occuparsi dei piani di prevenzione. Certo sarebbe interessante vedere questi piani...». I precari della Protezione civile sono circa 350. L’ultimo rinnovo del contratto risale a meno di un mese fa. Per settimane tenuti col fiato sospeso, sono rientrati al lavoro grazie a una legge approvata durante l’ultima seduta del Parlamento regionale, prima della pausa estiva. Qualche giorno dopo, era luglio, la Sicilia ha cominciato a bruciare, con la gente fuori di casa e i soccorsi in tilt. Il contratto gli viene rinnovato ogni sei mesi o per un anno. E poi di nuovo a bagnomaria, in attesa del «favore» politico. «Bisogna guardare in alto, a chi ha il compito di guidare queste persone - accusa Francesco Cantafia, deputato regionale ed esponente della Sinistra democratica - La politica deve smetterla e deve lasciare spazio alla professionalità, a chi è in grado di gestire un organismo importante come la Protezione civile. Quello che sta succedendo in Sicilia è emblematico di come le cose non funzionano».
Nessuno, a memoria, ricorda alcun tipo di coordinamento della la Protezione civile con altri corpi delegati alla sicurezza e al pronto intervento. «In Sicilia - dice Salvatore Lo Balbo, segretario della Flai, gli agricoli della Cgil - non si è mai fatta una esercitazione congiunta tra protezione civile, Vigili del fuoco e Forestale». Non esiste nemmeno una mappa completa dei boschi e dei terreni. Se fosse esistita magari i morti di Patti potevano essere evitati. Proprio la Forestale è il secondo anello debole del sistema. Gli uomini in sono circa seimila, «un esercito - accusa Lo Balbo - che non funziona». «Non c’è una dirigenza in grado di gestirli - prosegue il sindacalista - Se di fronte a un grosso incendio, come quello di Cefalù o di Patti, non si interviene entro venti minuti i rischi aumentano. E in questi giorni è accaduto proprio questo». E chi accusa che tra in forestali ci sono mele marce, la Cgil fa notare che «pur operando in territori demaniali i forestali sono negli ultimi giorni sono stati in prima linea nelle zone in mano ai privati». Poi c’è il caso delle «guardie», personale che, alla vigilia del recente voto amministrativo, è stato promosso. Non esistevano le guardie forestali semplici, primo livello del corpo, ed ora in Sicilia non esistono neanche gli agenti: chi dovrebbe operare nel territorio ha il grado di funzionario.
La promozione in massa è stata stabilita da un decreto del presidente della Regione, Salvatore Cuffaro, pubblicato sulla gazzetta ufficiale del 24 aprile scorso. «Le unità impegnate in questo settore, che risultavano circa 1.800, lievitano ad oltre 3.000 persone - denunciò all’epoca Rosario Rappa, segretario siciliani del Prc - Inoltre, agenti, assistenti, sovrintendenti e ispettori forestali, ovvero i dipendenti ai quali si riconoscono funzioni di polizia giudiziaria e pubblica sicurezza, vengono tutti promossi in blocco come funzionari, nelle more di acquisire, solo con un successivo corso di formazione, la qualifica necessaria». Insomma chi, fino a quattro mesi fa, aveva il compito di controllare il territorio adesso sta comodo dietro a una scrivania. Guido Bertolaso scuote la testa: «C’è un problema di coordinamento, gli incendi non si spengono con i canadair, ma da terra». Al governo, oltre allo stato d’emergenza, il capo della protezione civile nazionale ha chiesto di assumere più Vigili del fuoco in Sicilia. Nella provincia di Messina, in fumo e in preda alle fiamme, i pompieri in azione erano soltanto trenta.
la normativa *
TUTTE LE COMPETENZE
È la legge 353 del 2000 a definire le competenze di tutti i soggetti coinvolti nel contrasto agli incendi boschivi. Prevenzione e previsione. Le Regioni hanno il compito di predisporre il Piano regionale di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi. Il Piano individua, tra l’altro, le aree bruciate nell’anno precedente, le aree ed i periodi a rischio, la consistenza dei mezzi e degli uomini per la lotta, le operazioni di pulizia e manutenzione del bosco. Stato, Regioni ed enti locali promuovono l’informazione e la sensibilizzazione della popolazione.
Spegnimento. È il Dipartimento della Protezione civile che garantisce e coordina sul territorio nazionale, avvalendosi del Centro operativo aereo unificato (Coau), le attività aeree di spegnimento con la flotta antincendio dello Stato. Le Regioni assicurano il coordinamento delle proprie strutture antincendio con quelle statali istituendo, nei periodi a rischio, le Sale operative unificate permanenti (Soup).
Parchi e aree protette. È predisposto un apposito Piano del Ministro dell’Ambiente, di intesa con le Regioni interessate. Le attività di previsione e prevenzione sono attuate dagli enti gestori delle aree protette.
Divieti. La legge prevede che le aree bruciate non possano avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per almeno 15 anni. È inoltre vietata per 10 anni la costruzione di edifici o strutture destinate ad attività produttive o insediamenti civili. Sono i Comuni che hanno il compito di censire le aree bruciate tramite un apposito catasto, da aggiornare ogni anno.
Coordinamento. Lo scorso 12 giugno, come ogni anno, il presidente del Consiglio ha inviato alle Regioni ed ai ministeri competenti una circolare in vista della stagione a rischio.
Fonte: Avvenire, 25.08.2007.
La guerra del fuoco Vittorio Emiliani
L’Italia brucia ancora. L’Italia brucia sempre. Brucia coi governi di centrodestra e brucia coi governi di centrosinistra. Nazionali e regionali. Gli incendiari sono in qualche caso degli psicolabili, dei drogati, dei ragazzi in cerca di emozioni sensazionali, dei pastori a caccia di nuovi pascoli o (è successo più di una volta) dei forestali stagionali. I quali credono così di garantirsi alcuni anni di lavoro nel rimboschimento. Ma spesso questi killer dei boschi sono manovali di una criminalità che non si rassegna a non poter costruire quello che vuole nelle zone paesaggisticamente protette, nei pressi dei parchi, nazionali e regionali, o persino dentro gli stessi.
Non a caso la legge n.353 contro gli incendi, fortemente voluta dal governo di centrosinistra nel 2000, stabilisce questa serie di divieti: per dieci anni sulle aree percorse dal fuoco non si potrà - sempre che sia permesso dai vincoli di altro genere - costruire alcunché, non si potrà modificare la destinazione d’uso dei terreni, non si potrà cacciare e nemmeno pascolare, mentre per cinque anni non si potranno effettuare lavori di rimboschimento a meno che non li autorizzi espressamente il Ministero per la tutela dell’Ambiente. Evidentemente questi sono stati individuati come gli interessi corposi che più frequentemente armano la mano degli incendiari (a parte una piccola quota di roghi soltanto colposi). Per entrare in vigore, quelle sacrosante misure hanno però bisogno di uno strumento: il Catasto delle aree andate a fuoco. Senza il quale gli interventi di legge e quelli preventivi non sono possibili, o risultano difficili.
Ora, di fronte ai nuovi roghi omicidi di Sicilia, il ministro della Difesa, Arturo Parisi, reitera l’assicurazione, fatta, se non erro, già un mese fa per l’incendio criminale di Peschici nel Gargano, di inviare l’esercito, la marina e altri corpi. Tutto serve per un più attento controllo del territorio, ma, personalmente credo che due altre cose andrebbero fatte subito, senza perdere un minuto: 1) risolvere la crisi ormai annosa di un corpo straordinario come quello dei Vigili del Fuoco, i quali lamentano invece vuoti di organico assai gravi, una mancanza desolante di mezzi finanziari e tecnologici, oltre a remunerazioni inadeguate; 2) penalizzare da subito i Comuni e le Regioni che non si risolvono a realizzare il Catasto delle zone percorse dal fuoco, oppure affidare ai prefetti - come ha proposto il responsabile della Protezione civile, Guido Bertolaso, con l’assenso dello stesso Wwf Italia - quel compito strategico, purtroppo disatteso o trascurato. Non so se per ignoranza o connivenza.
Il centrodestra ha infatti attizzato, in queste ore, una polemica politica (diciamo così) anche sugli incendi, in effetti eccezionali, di questa estate 2007, accusando il governo Prodi di una certa sottovalutazione e inerzia. Per la verità, le Regioni, più minacciate dalle fiamme, nelle quali il Catasto delle zone incendiate è in vigore da anni e dove meglio si è contrastato il barbaro fenomeno dei roghi sono la Liguria (i cui Comuni si sono già dotati del Catasto per oltre l’85 per cento), la Toscana, la stessa Campania, sia pure di recente e però con l’apposizione di oltre 48.000 vincoli. Mentre appaiono tuttora in forte ritardo la Calabria, per anni governata dal centrodestra, e la Sicilia di questi ultimi terribili roghi, dove il centrodestra è al potere da decenni.
Nell’estate del 2006 queste due regioni hanno assommato circa un terzo di tutti gli incendi boschivi d’Italia, con le fiamme che sono dilagate per oltre il 60 per cento dei Comuni in Calabria e per oltre la metà in Sicilia dove le fiamme degli ultimi giorni sono divampate da Messina a Palermo lambendo e assediando centri importanti come Cefalù, con tre morti, per ora, e vari ustionati. Sono le stesse regioni dove in passato non si è voluto adottare alcun piano paesaggistico in forza della legge Galasso del 1985 e dove gli scempi hanno da tempo raggiunto la forma di un vero e proprio «suicidio» collettivo.
Perché l’Italia è il Paese degli incendi? Perché l’Italia è il Paese della speculazione edilizia più bieca e diffusa, con l’abusivismo tornato a galoppare dopo lo sciagurato condono berlusconiano e quindi con l’aspettativa di altre sanatorie di massa. Perché l’Italia è il Paese nel quale la legalità ha raggiunto, almeno nell’Europa sviluppata, il livello più basso di garanzia degli onesti, soprattutto in talune regioni purtroppo. Perché il patrimonio pubblico, collettivo, i beni di tutti gli Italiani vengono considerati, oggi come e più di ieri, beni disponibili per gli usi e gli abusi più privati e addirittura personali.
Perché i venti Parchi Nazionali e le decine di Parchi Regionali e di oasi o aree protette vengono tuttora percepite da una parte della popolazione come una indebita intrusione pubblica in affari privati che si collegano all’edilizia, alla caccia, al pascolo o ad altro, ma soprattutto al cemento. E non invece come una enorme occasione per la salute fisica e mentale di tutti, per la conservazione delle biodiversità e pure per una economia alternativa di assoluto spicco basata sul turismo ambientale e culturale, sui prodotti del bosco e del sottobosco, sulle attività ecocompatibili, agricole, pastorali, artigianali, ecc. Ieri a Torre Guaceto, nel Brindisino, hanno finito di bruciare circa 100 ettari di macchia mediterranea della preziosa riserva del Wwf. «Un incendio sicuramente doloso», ha commentato il suo presidente, «Un puro atto di vandalismo. Qui infattinon si potrà mai costruire».
Molti anni fa il direttore che mi assumeva, Italo Pietra, strenuo difensore della montagna e dei boschi, mi disse: «Tu sei giovane e quindi ottimista. Ma credi a me: questo è un Paese di cretini. Esauritesi certe élites che ancora tirano e una certa saggezza contadina, verrà fuori il peggio...». Di fronte a questa ripresa di massa degli incendi, soprattutto nel Sud, e di fronte alla devastazione quasi generalizzata, a forza di villettopoli, fabbricopoli e simili, del nostro incomparabile paesaggio (che Goethe considerava opera «di artisti e quasi una seconda natura dell’Italia»), devo riconoscere che il suo pessimismo aveva molte ragioni di esistere: un Paese di cretini, barbari per giunta.
* l’Unità, Pubblicato il: 23.08.07, Modificato il: 23.08.07 alle ore 8.53
I manovali dell’autodistruzione
di MICHELE SERRA *
Sul Sud che brucia per mano di alcuni suoi scellerati abitanti si è già detto tutto o quasi. Che la colpa è di interessi speculativi e malavitosi legati all’edilizia; di leggi buone ma tanto per cambiare inapplicate o inapplicabili; di cascami di una cultura agropastorale riottosa ai rimboschimenti; di mezzi di spegnimento mai abbastanza poderosi e moderni a fronte della progressione geometrica dei fronti di fuoco; del clima che rinsecchisce la Terra. Addirittura di qualche giovane idiota che appicca le fiamme per svago, divertimento congenere ai sassi dai cavalcavia.
Ma nessuna di queste ragioni, tutte purtroppo verosimili e molte già verificate, basta a spiegare una catastrofe così reiterata e sadica. Lo scarto tra i famosi "interessi speculativi" e lo scempio del tessuto ambientale e sociale è infatti così macroscopico, così mostruosamente empio, da far venire in mente piuttosto categorie psichiatriche: pazzia, istinto di autodistruzione, voglia di morte. Se un consesso umano è un organismo, potrà bene ammalarsi come un singolo individuo.
Nessuna persona sana di mente, per quanto disonesta o avida, vorrebbe ridotti in cenere il suo paese, le sue case, la sua gente, la sua terra, nel nome di qualche suo progettino commerciale. Per bruciare un pezzo di Italia con tanta determinazione, in più punti, profittando vigliaccamente del vento che moltiplica i focolai, bisogna avere perduto ogni nesso logico tra le proprie ambizioni, qualsiasi siano, e la realtà della vita. Non c’è mancanza di coscienza ecologica o di rispetto ambientale che possa davvero spiegare l’intenzione dei piromani, che non rimanda a una "normale" volontà criminale, o a una volgare indifferenza per la collettività e il paesaggio, quanto a una sorta di soluzione finale.
Terra bruciata. Esseri umani carbonizzati, boschi distrutti, attività economiche abortite, turismo in ginocchio, case abbandonate, campi improduttivi, pubblicità nefasta che fa il giro del mondo: come può tutto questo rientrare in una partita di giro economica, in un cinico calcolo su rimborsi e modifiche di piani regolatori? Siamo abituati (o rassegnati) a spiegare tutto con l’economia, che è diventata la sola disciplina in grado di mettere d’accordo il basso e l’alto, intellettuali e popolo, a scapito di vecchie scienze umane come l’antropologia o la psichiatria. Ma guardando i telegiornali, leggendo i giornali, ascoltando i racconti dei superstiti, passando lo sguardo su quelle ustioni che hanno preso il posto degli alberi, degli uomini e delle bestie, qualcosa ci dice che l’analisi non è completa, che il "cui prodest" pan-economico non basta più a entrare nel cuore di un crimine così spaventoso e funereo.
Di opinioni sentenziose e spesso para-razziste sulla deriva sociale inarrestabile del Mezzogiorno italiano se ne sono sentite a iosa. E anche, di contro, altrettante autogiustificazioni pietistiche e puerili, con la gnola secolare sullo "Stato che non fa abbastanza". (Ma lo Stato, questa volta, ha mandato l’esercito. Massima solennità simbolica, speriamo quasi altrettanta efficacia repressiva). Ma il mistero di una psicologia civile così autolesionista, di una comunità così ricca di risorse e qualità e così permeabile dal crimine, dalla sopraffazione, dal macello sociale, in questo caso perfino dall’autodistruzione, esiste e soprattutto resiste.
"Non si riesce a capire", in questo come in altri casi "non si riesce a capire" come fermare il fuoco che consuma questo pezzo meraviglioso e orrendo del nostro Paese, e si capisce soltanto che il groviglio è tutto interno a quella società e quei luoghi, che i soli in grado di spegnere le fiamme non sono i Canadair, non è "lo Stato" (che è quello che è anche perché assomiglia terribilmente ai suoi cittadini: e in questo caso, comunque, non appicca il fuoco ma si danna per spegnerlo), sono le persone che lì abitano, lì sognano e lì patiscono. I piromani hanno parenti, amici, figli a scuola, vanno negli stessi bar di chi ieri fuggiva terrorizzato, evacuava ospedali e abitazioni, malediceva la sorte. Un senso, una spiegazione (anche immateriale e terribile come una forma di follia sociale irrefrenabile) ci dovrà pure essere, e non è lo Stato che può, da solo, risolvere la faccenda come un Santo patrono. La faccenda è nelle mani di chi è costretto a camminare sulla cenere. Di chi viene considerato da suoi concittadini come stoppie da bruciare, rifiuti da eliminare, piccoli ingombri umani sulla terra calva.
* la Repubblica, 23 agosto 2007.
Ancora incendi nel Messinese. Polemiche sui soccorsi: indagherà anche la procura
Boschi in fiamme anche nel Palermitano, in Calabria e in Campania
Continua a bruciare il Sud Italia
Sono tre i morti dell’agriturismo
In Sicilia sei intossicati. Bertolaso nell’isola per i sopralluoghi
Prodi: "Pene ci sono, dobbiamo essere severissimi nell’applicarle"
MESSINA - Continua a bruciare il Sud Italia: emergenza soprattutto in Sicilia, Calabria e Campania. Nella zona di Patti, dove nell’incendio nell’agriturismo "Rifugio del falco" sono morte tre persone, sono ancora attivi numerosi roghi. La procura indagherà anche sulla tempestività degli interventi della protezione civile. Fiamme anche intorno a Palermo: per fare il punto della situazione, il capo del dipartimento della protezione civile Guido Bertolaso ha raggiunto la Sicilia. Il presidente della Republica Giorgio Napolitano ha chiesto una "mobilitazione permanente" per sconguirare "il ripetersi di simili tragedie". Il premier Romano Prodi ha invece ricordato che "le pene ci sono, dobbiamo essere severissimi nell’applicarle". Intanto a Brindisi e Trapani sono stati arrestati tre piromani.
Napolitano: "Mobilitazione permanente". Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dalla tenuta di Castel Porziano, si è detto "profondamente addolorato" per quanto sta succedendo e ha ribadito quello che aveva già dichiarato a fine luglio. Per il capo dello Stato serve "una mobilitazione permanente di ogni risorsa disponibile per scongiurare e contrastare con la massima energia il ripetersi di simili tragedie".
L’agriturismo di Patti. La terza vittima dell’incendio nell’agriturismo è Lucia Natoli, 58 anni, magistrato presso il tribunale dei minori di Messina, deceduta nella notte all’ospedale di Messina. Era cognata di Costantino Cucinotta, 51 anni, morto anch’egli nel rogo, e moglie di Matteo Cucinotta, l’uomo di cui si stava festeggiando il compleanno quando sono divampate le fiamme. E’ lui uno dei due feriti gravissimi: è ricoverato per ustioni con Nino Migliarotta, 36 anni, al Cardarelli di Napoli. Altre 15 persone sono rimaste ferite, alcune in modo grave. Nel rogo è morta anche una dipendente della struttura, Concettina Scafidi, 39 anni. "L’errore è stato scappare. Li vedevo correre verso il fuoco. Se fossero rimasti nella sala da pranzo si sarebbero salvati’’, ha detto Nino Ansà, proprietario dell’agriturismo. Gli ospiti della struttura infatti hanno tentato di fuggire in auto: quando i passeggeri delle prime macchine si sono accorti che non ce l’avrebbero fatta, le hanno abbandonate, intrappolando chi li seguiva.
Nella notte due vigili del fuoco impegnati nello spegnimento dell’incendio sono rimasti intossicati dal fumo e sono stati ricoverati. Polemiche sui soccorsi: secondo uno dei volontari intervenuti per spegnere le fiamme, Salvatore Canduci, impiegato comunale, "i morti si potevano evitare". Per il testimone, infatti, i Canadair sono stati allertati ma non sono intervenuti: "E’ stato un errore gravissimo, dall’alto dovevano rendersi conto che con tutta quella vegetazione sarebbe successo un disastro". Sulla questione indagherà anche la procura: oltre a ricercare la causa dell’incendio, si valuterà la rapidità con cui la protezione civile ha portato i soccorsi. Gli investigatori e il Ris stanno intanto effettuando sopralluoghi nell’agriturismo: una telefonata aveva infatti segnalato la presenza di alcuni uomini che, scesi da una Fiat Uno grigia targata Torino, avrebbero appiccato il fuoco.
Fiamme nel Messinese. Il sindaco di Patti, Giuseppe Venuto, ha indetto il lutto cittadino per domani. Inoltre, chiederà lo stato di calamità: "La situazione qui è ancora drammatica". Intorno a Patti manca la corrente elettrica e le fiamme sono attive sui monti Nebrodi tra Sant’Angelo di Brolo, Brolo, San Piero Patti, Sant’Agata di Militello, San Marco da Lunzio e Librizzi. In tutto, spiega il sindaco, sono andati in fumo 1.700 ettari di boschi e campi coltivati. Per fare il punto della situazione, il capo del dipartimento della protezione civile, Guido Bertolaso, ha raggiunto la Sicilia, dove svolgerà sopralluoghi delle zone più colpite. "Ci sono 45 roghi tra Campania, Basilicata e Sicilia", ha spiegato. Per combattere gli incendi, ieri il ministro della Difesa, Arturo Parisi, ha mobilitato mezzi e uomini dell’esercito.
Roghi nel Palermitano. A Marineo è scoppiato un nuovo incendio a 300 metri di distanza dall’agriturismo "Il Parco Vecchio". Secondo il proprietario, Ciro Princiotta, i mezzi aerei della Forestale non sono ancora intervenuti nonostante siano stati allertati e nonostante si tratti di un fuoco "di vastissime proporzioni". In provincia di Palermo le fiamme tengono impegnati uomini e mezzi da 48 ore. Quattro persone, un brigadiere dei carabinieri e tre ragazzi, sono rimaste intossicate a Misilmeri. Il fuoco aveva infatti raggiunto l’abitazione dei giovani che si erano rifugiati sul tetto. La situazione nel Palermitano sta lentamente tornando sotto controllo, dato che i focolai principali - Cefalù e Collesano - sono stati domati.
Brucia la Calabria. La squadre antincendio sono impegnate anche in Calabria. Costa tirrenica e Aspromonte sono strette dalle fiamme: in particolare si segnalano roghi in provincia di Catanzaro (Castiglione Marittima, Caria di Lamezia Terme, Averna e Marcellinara), Cosenza (Cetraro, Belvedere, Maiera, Domanico, Filline Digliatura, Praia a Mare e Amantea), Vibo Valentia (Filadelfia, Ricadi, Pizzo Calabro, Vazzano) e Reggio Calabria, a Giffone, Melito di Scilla, Cosoleto e Saline di Montalbello.
La situazione in Campania. La provincia di Salerno resta la più colpita in Campania: un nuovo rogo si è sviluppato a Sala Consilina, dove è al lavoro un Canadair. Continuano intanto gli incendi a Teggiano, Corleo Monforte e Acciaroli, mentre a Montecorice - dove ieri alcune famiglie erano state evacuate - la situazione sta tornando alla normalità. Fiamme anche a Nusco, in provincia di Avellino, e a Mondragone, Caserta.
Prodi, "applicare le pene". "Non è pensabile che ci siano persone che incendiano i boschi: le pene ci sono, dobbiamo essere severissimi nell’applicarle e implacabili": così il presidente del Consiglio Romano Prodi ha commentato l’emergenza incendi. E il ministro della Giustizia Clemente Mastella ha ricordato che "ci sono tra i quattro ai dieci anni di reclusione per quelli che sono piromani e quindi incendiari più o meno abituali".
Piromani arrestati. Nella notte sono stati arrestati due piromani - un impiegato comunale di 56 anni e un pastore di 49 - a San Vito dei Normanni, Brindisi. I due sono stati fermati dopo aver appiccato il fuoco in un terreno incolto vicino all’oasi di Torre Guaceto, bruciata nei giorni scorsi (vedi le foto), e a un albergo. A Custonaci, Trapani, un piromane sessantenne, l’ex operaio della Forestale Antonio Stabile, è stato sorpreso mentre gettava fazzolettini di carta imbevuti di liquido infiammabile: sarà processato per direttissima.
Incendio a Potenza. Un incendio è divampato in mattinata a Potenza, in una vasta area boschiva. Le fiamme si sono alzate tra le contrade Trinità Sicilia e Cerreta Montocchio, in cinque punti differenti, rendendo difficile l’intervento dei soccorsi. Anche altri focolai sono attivi nella provincia di Potenza.
* la Repubblica, 23 agosto 2007
Centinaia gli evacuati in diversi comuni della Calabria
E nel messinese le indagini proseguono senza sosta
Incendi, ancora allarme nel cosentino
e a Patti interrogate quattro persone
ROMA - Non si placa l’emergenza incendi. E mentre nella notte, in provincia di Cosenza, sono state evacuate ceentinaia di persone a causa del rischio fiamme, a Patti, nel messinese, quattro persone sono state sottoposte a interrogatorio.
L’allarme nel cosentino. Nel timore che i focolai potessero diventare pericolosi per residenti e turisti, raggiungere centri abitati, i vigili di Santa Domenica Talao e Santa Maria del Cedro hanno chiesto ai vigili del fuoco interventi di emergenza. Un centinaio di ospiti dell’albergo La Castellana, a Sangineto, sono stati allontanati per diverse ore dalla struttura, invasa dal fumo, e hanno sostato tra le 21 e l’una di stanotte ai bordi della statale 18. Sono stati allontanati dalle abitazioni anche alcuni turisti e residenti nelle zone più colpite, e sono tuttora in attesa di sviluppi. Il fronte del fuoco si è poi spostato verso il nordest della Calabria e il Parco del Pollino.
Le indagini di Patti. Si trovano ancora nel comnnissariato locale le quattro persone interrogate nell’ ambito dell’indagine sull’incendio che mercoledì pomeriggio ha distrutto un agriturismo, causando la morte di tre persone. La polizia sta valutando la loro posizione. Gli agenti hanno anche sequestrato due auto, una delle quali di proprietà di uno degli interrogati: due Fiat Uno targate una Torino, l’altra Savona.
* la Repubblica, 24 agosto 2007.
Nelle macchine degli uomini trovati interi pacchi di fiammiferi e alcune bottiglie
Panico a San Martino delle Scale. L’emergenza continua anche in Calabria
Fermati quattro pastori per il rogo di Patti
Numerosi feriti per un incendio vicino Palermo *
ROMA - Non si placa l’emergenza incendi. A San Martino delle Scale, frazione di Monreale, alle porte di Palermo, numerose persone sono rimaste ferite a causa di un rogo. Testimoni parlano di scene di panico, con la gente terrorizzata che fugge dalle fiamme, e l’incendio che si avvicina sempre più al centro abitato. Nella notte, in provincia di Cosenza, centinaia di persone sono state evacuate per il rischio fiamme, mentre a Patti, nel Messinese, quattro pastori sono stati fermati per il rogo di mercoledì che ha portato alla morte di tre persone. Nelle loro auto sono stati trovati interi pacchi di fiammiferi e alcune bottiglie.
L’allarme nel Cosentino. Nel timore che i focolai potessero diventare pericolosi per residenti e turisti, i vigili del fuoco sono dovuti ricorrere a interventi di emergenza. Un centinaio di ospiti dell’albergo La Castellana, a Sangineto, sono stati allontanati per diverse ore dalla struttura, invasa dal fumo, e hanno sostato ai bordi della statale 18. Nella notte sono stati evacuati anche altri turisti e abitanti della zona, ma stamattina l’allarme è rientrato. Il fronte del fuoco si è poi spostato verso il nordest della Calabria e il Parco del Pollino.
Le indagini di Patti. Quattro pastori sono stati fermati nell’ambito dell’indagine sull’incendio che mercoledì pomeriggio ha distrutto l’agriturismo "Rifugio del falco", causando tre morti. Gli uomini si trovano nel commissariato della cittadina messinese da ieri sera. Adesso sono in stato di fermo. "Attendiamo l’eventuale convalida del provvedimento da parte del pm", ha dichiarato l’avvocato Loredano Rigoli, legale di fiducia di uno dei 4 pastori, e d’ufficio degli altri 3. L’avvocato ha detto di essere stato chiamato dai familiari del suo assistito, ma di non aver ricevuto alcuna comunicazione dalla procura. "I reati che potrebbero ipotizzarsi", ha aggiunto, "sono quelli di incendio doloso o omicidio colposo". Nella notte gli investigatori avevano sequestrato due macchine, una Panda e una Punto, entrambe targate Torino, di proprietà dei pastori. All’interno delle vetture erano stati trovati interi pacchi di fiammiferi e alcune bottiglie.
Le fiamme nel messinese. Anche oggi si sono sviluppati numerosi incendi in provincia di Messina, in particolare nelle zone di Milazzo, Patti, Brolo, Librizzi e sull’isola di Salina (Eolie). E’ rientrato invece in nottata l’allarme per un fronte che minacciava le abitazioni di Massa San Giorgio.
La situazione nel palermitano. Non sono stati ancora domati molti dei fronti divampati ieri, a Pizzo Cresta e su monte Cuccio. Ci sono stati interventi aerei anche su Grotta Grande, a Isnello e a Scillato. E’ ancora attivo il vastissimo fronte di Pioppo, una frazione di Monreale, dove ieri ci sono stati ripetuti allarmi per le abitazioni, allarme che sta ora interessando località Casaboni.
* la Repubblica, 24 agosto 2007