Sono in tanti, in Calabria, a brindare alla «promozione» di Giancarlo Bregantini, tolto alla «sua» Locri per essere destinato come arcivescovo metropolita alla diocesi più importante di Campobasso. Tanti. E levano in alto i calici: «Buon viaggio!» Lui no, però. E intorno a lui cresce l’angoscia di quanti, improvvisamente, si sentono orfani di chi per anni è stato il massimo punto di riferimento morale nella resistenza dei calabresi per bene contro la ’ndrangheta. Ma certo, è probabile che lassù, le gerarchie ecclesiastiche abbiano scelto pensando che fosse arrivato il momento, dopo quasi tre lustri, di premiare quella quotidiana, coraggiosa, incessante opera di battagliero apostolato del monaco stimmatino. Come è probabile abbiano immaginato che il promosso, all’idea di diventare con ogni probabilità, per una questione di alternanza tra le regioni, presidente della conferenza dei vescovi dell’Abruzzo e del Molise, avrebbe accettato con gratitudine. Ed è infine ovvio che lo stesso Bregantini, al di là del dolore all’idea di lasciare il suo tormentato gregge, possa obbedire con sollievo all’ordine di andare a fare il suo mestiere di prete in una terra meno difficile, meno pericolosa, meno lacerante della Locride, dove si è spesso battuto in solitudine come un paladino nella terra degli infedeli.
COLPO DURISSIMO - Però... Però il colpo, per la Calabria, è durissimo. Basti leggere, al di là delle parole forse un po’ scontate e rituali di alcuni politici che certo non avrebbero potuto dire il contrario, la presa di posizione di tre intellettuali di spicco come l’economista Domenico Cersosimo, il sociologo Piero Fantozzi e l’antropologo Vito Teti. Che parlano d’«una notizia agghiacciante», denunciano un «provvedimento irresponsabile », contestano la «rimozione» di «un vescovo nella frontiera della Calabria più estrema, malata, degradata » che era diventato il «simbolo nobile della Calabria contemporanea civile, propositiva, fattiva. Un emblema dei brandelli residui di fiducia collettiva. Un’icona dei calabresi che lavorano quotidianamente per il cambiamento, per la risalita, per una società più equa, umana, inclusiva». Frasi che racchiudono lo sgomento collettivo di una comunità ammaccata. Diranno che la Chiesa è una cosa assai più importante del destino di un singolo prete, per quanto carismatico. Che nella regione ci sono altri quattordici vescovi impegnati nella loro missione pastorale. Che qua e là, anche nelle zone più complicate, ci sono sacerdoti (ad esempio il parroco di Polistena, don Pino Demasi, legato a Libera, il cartello di associazioni che fa capo a don Luigi Ciotti, promotore della «Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie») che non arretrano di un millimetro davanti alle prepotenze delle cosche. Tutto vero. Quanto è vero che, come Bertold Brecht fa dire a Galileo Galilei, è «felice il paese che non ha bisogno di eroi».
NON UN VESCOVO COME GLI ALTRI - Però... Però monsignor Bregantini, per quella che oggi è una delle terre più violente, povere e disperate d’Italia, non è stato un vescovo come altri, magari solo un po’ meno afono di certi colleghi assai prudenti perfino nel pronunciare la parola «’ndrangheta». In queste terre dove una volta capitava addirittura che qualche sacerdote avesse in dono dai parrocchiani una pistola, fosse presentato all’insediamento da un padrino legato alla mafia o facesse figli su figli con la perpetua, questo monaco trentino sceso dalla valle dei Mocheni per fare l’operaio prima a Marghera e Verona e poi a Crotone, ha marcato fin dall’inizio la sua presenza a Locri come una svolta. Intendiamoci: il suo stesso predecessore nella diocesi della Locride, Antonio Ciliberti, era stato netto nella sua opposizione alle cosche. L’innesto del vescovo trentino, salutato con una falsa bomba di «benvenuto », fu tuttavia clamoroso fin dall’inizio. Per prima cosa fece diffondere in tutte le parrocchie i nomi di tutte le 263 persone che erano state ammazzate negli ultimi dieci anni.
LA SFIDA DELLE PREGHIERE - Poi distribuì un durissimo libro di preghiere di «sfida alla mafia». Poi prese a battere a tappeto tutti paesi e le contrade martellando (soprattutto in luoghi come Motticella: poche centinaia di abitanti e una cinquantina di morti per una faida) contro «l’idea aberrante di un destino ineluttabile per cui in Calabria tutto è sempre stato e tutto sempre sarà così». Quindi, appoggiandosi anche a collaboratori entusiasti quali Piero Schirripa, un medico «profugo del marxismo» che in questi giorni è il più addolorato per l’addio, cercò di spiegare alla gente di Platì, il paese incattivito da troppi tradimenti dello Stato fin dalla feroce conquista dei bersaglieri, il paese dei 68 sequestri in cui la mamma di Cesare Casella si era incatenata in piazza chiedendo la liberazione del figlio rapito, il paese in cui il nuovo parroco don Alessandro Di Tullio aveva trovato «registri parrocchiali dove non venivano annotati i morti da cinque anni e i battesimi da sette», che c’erano alternative ai posti di lavoro offerti dai boss. E aiutò i giovani del posto a fondare la Cooperativa Valle del Buonamico che nel giro di pochi anni, vincendo pure l’ottusità idiota di uffici pubblici capaci di chiedere 24 passaggi burocratici e intralciare la concessione al vescovo del certificato antimafia, fece capire per la prima volta alla gente che si poteva vivere, dignitosamente, anche coltivando fragole, mirtilli e lamponi. Non c’è stato giorno, per anni, in cui monsignor Bregantini non abbia picchiato duro sulla mafia e la cultura mafiosa. Fino a suggerire «se necessario la militarizzazione della zona» perché «chi fa il male deve essere umiliato nel suo falso "onore" perché ritrovi la forza di cambiare». Ad attaccare frontalmente la politica «incapace di dare risposte adeguate ai problemi della gente». A proibire ai parroci di accettare come padrini ai battesimi uomini vicini alla malavita. A chiedere dopo la strage di Duisburg che il governo stesso elaborasse coi sindaci «una serie di provvedimenti straordinari». Una guerra frontale. Totale. Assoluta. Dichiarata giorno dopo giorno con una voce che pareva ancora più tonante tra i silenzi, le afonie, i sussurri di tanti altri vescovi, parroci, cappellani. Per questo anche la Chiesa oggi, e non solo lo Stato, ha una responsabilità grande. Perché, dopo l’addio di un uomo come Giancarlo Bregantini, i calabresi onesti e pieni di fede rischiano di sentirsi ancora una volta abbandonati dopo troppi abbandoni. E questo sarebbe davvero un delitto.
Gian Antonio Stella
già su Il Corriere della sera dell’otto novembre 2007
La destituzione di Mons. Bregantini è un fatto gravissimo per la Chiesa e per la Calabria
di Noi Siamo Chiesa
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Comunicato Stampa
La rimozione di Mons. Bregantini dalla diocesi di Locri è un provvedimento irresponsabile ed è contro il rinnovamento della Chiesa e contro la Calabria civile, propositiva e fattiva.
Il trasferimento di Mons. Giancarlo Bregantini alla diocesi di Campobasso lascia stupefatti e smarriti. E’ forse possibile non ritenerlo una conseguenza di pressioni che il Vaticano, assumendosi gravissime responsabilità, ha subito e che sono state esercitate da tutti i poteri mafiosi e forti nei cui confronti si è elevata costantemente la forte denuncia del vescovo di Locri ? Come è stato possibile che, nonostante le tante precedenti parole di istituzioni e personalità, le energie sane, giovanili e democratiche presenti in Calabria nella Chiesa e nella società, siano state ancora così pesantemente mortificate ?
Non si tratta con tutta evidenza di un promoveatur ut amoveatur ma solo di un vergognoso amoveatur e basta. Rischiano ora di fermarsi sia il rinnovamento della Chiesa promosso da Mons. Bregantini, sia le sue realizzazioni concrete che hanno creato le premesse nella Locride per un’alternativa al dominio della ndrangheta nella società e nell’economia.
Il movimento "Noi Siamo Chiesa" è parte di quanti in Calabria ed in tutto il mondo cattolico progressista denunciano le decisioni del Vaticano ed esprime la sua completa solidarietà a Mons. Bregantini, a cui ha inviato un messaggio.
"NOI SIAMO CHIESA"
Roma, 8 novembre 2007
"Noi Siamo Chiesa" fa parte del movimento internazionale We Are Church-IMWAC, fondato a Roma nel 1996. Esso è impegnato nel rinnovamento della Chiesa Cattolica sulla base e nello spirito del Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965). IMWAC è presente in venti nazioni ed opera in collegamento con gli altri movimenti per la riforma della Chiesa cattolica.
Vittorio Bellavite
Via Vallazze 95
20131 Milano (Italy)
Tel. 0039-022664753-0039-0270602370
Il Vaticano ufficializza il trasferimento di monsignor Bregantini a Campobasso
Lacrime tra i fedeli nel duomo della città dove il prelato ha celebrato messa
Locri, via il vescovo anti-’ndrangheta
"Obbedisco anche se con dolore"
Polemiche e proteste contro la decisione della Santa Sede
ROMA - Monsignor Giancarlo Bregantini lascia Locri tra gli applausi e le lacrime dei fedeli che si sono raccolti nella cattedrale dopo che dal Vaticano è giunta l’ufficializzazione del trasferimento del prelato a Campobasso. L’ultima messa nella "sua" Locri, il vescovo anti-’ndrangheta l’ha celebrata sul sagrato della chiesa di Santa Maria del Mastro tra lo sconfinato affetto della sua gente. Un affetto cresciuto nel corso degli anni in cui Bregantini è diventato uno dei punti di riferimento morale nella resistenza dei calabresi per bene contro la ’ndrangheta.
Dopo 13 anni a Locri, monsignor Bregantini è stato promosso nuovo arcivescovo metropolita di Campobasso-Bojano, in sostituzione di monsignor Armando Dini che lascia la guida dell’arcidiocesi molisana per raggiunti limiti di età. Il 20 gennaio l’ex vescovo di Locri farà il suo ingresso nella sua nuova diocesi.
"Accolgo questa nomina con ogni obbedienza. Per obbedienza sono venuto e per obbedienza parto", dice il prelato in un’intervista alla Radio vaticana, rispondendo con "disponibilità" all’ordine del Papa: "Anche se con tanta sofferenza nel cuore, saluto la mia diocesi e mi avvio a un’altra. Lascio il testimone ai giovani. Loro restano qui, ma hanno imparato un metodo e lo vivranno, comunque e sempre, intensamente".
Bregantini ha poi voluto ribadire alcune delle posizioni assunte durante la sua permanenza a Locri: la Calabria "è trattata ancora come una terra dimenticata. Mancano tre cose. Anzitutto che tutte le istituzioni facciano la loro parte, in maniera piena e leale, qualitativa e quantitativa. Manca poi, in secondo luogo il collegamento tra tutte le realtà positive e, quindi, una coordinazione attuata in miglior modo".
Il prelato sottolinea poi che "soltanto con fatica si riuscirà ad innescare un processo di consapevolezza reale e visibile sul piano sociale, politico ed economico". "L’appello ad investimenti maggiori e a scelte più chiare è necessario - prosegue - è doveroso raccoglierlo".
Al suo posto, Bregantini si augura "che venga scelto come vescovo una persona che sia soprattutto umile, capace di adattarsi e di piegarsi sulle ferite della gente e della Locride, perché la gente in Calabria ha soprattutto bisogno di grande conforto e di grande consolazione nel nome di Gesù. Il resto viene attuato, poi, dalla loro tenacia".
Anche nel grande rilievo dato dai media alla sua vicenda, il religioso legge "l’affetto per questa terra, non solo per il vescovo, ma per questa terra. Di questo ringrazio tantissimo i mass media".
Il trasferimento di Bregantini, ampiamente anticipato nei giorni scorsi, ha suscitato reazioni critiche e polemiche da parte di alcuni esponenti delle istituzioni, a cominciare dal governatore Agazio Loiero e dai sindaci della Locride, e di componenti della società civile. Anche oggi i fedeli accorsi in cattedrale hanno raccolto firme "non per protestare contro la decisione pontificia ma come testimonianza di legame di fede e di affetto con il nostro Pastore".
* la Repubblica, 8 novembre 2007.
Ansa» 2007-11-08 13:02
Papa: mons. Bregantini trasferito da Locri a Campobasso
Sostituisce mons. Dini che lascia per limiti di eta’
(ANSA) - ROMA, 8 NOV - Papa Benedetto XVI ha ufficializzato la nomina di monsignor Giancarlo Maria Bregantini a nuovo arcivescovo metropolita di Campobasso-Bojano. Mons Bregantini, finora vescovo di Locri-Gerace, sostituisce mons. Armando Dini che lascia la guida dell’arcidiocesi molisana per raggiunti limiti di eta’. La nomina e’ stata comunicata dal bollettino della sala stampa vaticana.
Destò scalpore la scomunica dei mafiosi e dei violenti da lui pronunciata
Via da Locri Bregantini, il vescovo antimafia
Benedetto XVI lo ha nominato nuovo arcivescovo di Campobasso. L’annunciato trasferimento dalla diocesi calabrese dopo 13 anni ha provocato reazioni negative e proteste in tutta la regione. Il presule: ’’Per obbedienza sono venuto e per obbedienza parto’’
Città del Vaticano, 8 nov. (Adnkronos) - Benedetto XVI ha nominato questa mattina come nuovo arcivescovo metropolita di Campobasso-Boiano mons. Giancarlo Maria Bregantini (nella foto). Lo spostamento, annunciato ufficiosamente già da qualche giorno, è stato confermato oggi ufficialmente dalla Sala Stampa vaticana. Bregantini, che è stato anche nominato amministratore diocesano in attesa di prendere ufficialmente possesso della nuova sede entro il prossimo mese di gennaio, lascia dopo 13 anni la diocesi di Locri prendendo il posto di mons. Armando Dini
Lo spostamento di Bregantini da Locri ha provocato reazioni negative e proteste in tutta la Calabria per il noto impegno del presule contro la criminalità organizzata e la ’ndrangheta calabrese in particolare. Fu lui ad animare un movimento di contestazione dell’oppressione mafiosa e a dar vita, insieme alla Conferenza episcopale italiana, a diverse iniziative sociali in favore dei giovani per combattere concretamente il disagio, la povertà di lavoro, l’arretratezza economica della regione. In particolare destò scalpore la scomunica dei mafiosi e dei violenti pronunciata latae sententiae, cioè immediatamente, dal vescovo. Ancora forte è stata la sua presa di posizione dopo il gravissimo episodio di sangue e di mafia di Duisburg in Germania.
’’Accolgo questa nomina con ogni obbedienza: per obbedienza sono venuto e per obbedienza parto’’. Con queste parole mons. Giancarlo Maria Bregantini ha accolto la sua nomina. All’obbedienza che oggi mi chiede il Papa, spiega l’ex vescovo di Locri in un’intervista a ’Radio vaticana’ anticipata oggi dalla Sala stampa vaticana, ’’rispondo con questa disponibilità e, anche se con tanta sofferenza nel cuore, saluto la mia diocesi e mi avvio a un’altra’’. ’’Voglio però dire, cercando di rasserenare gli animi, che molto di quello che ho insegnato loro è stato maturato insieme, con i giovani e con i collaboratori, cresciuti orami fisicamente e spiritualmente’’. ’’Tocca ora a loro raccogliere il testimone e so che sono in grado di farlo. Io sono certo che il Signore li accompagnerà e renderà forti, anche se in questo momento sono in lacrime’’, ha aggiunto.
Il presule fa inoltre il punto su quanto ancora resta da fare in Calabria per combattere in modo sempre più convincente la ’ndrangheta. ’’Mancano tre cose - ha spiegato Bregantini - Anzitutto, che tutte le istituzioni facciano al loro parte, in maniera piena e leale, qualitativa e quantitativa. Manca poi, in secondo luogo, il collegamento fra tutte le realtà positive e, quindi, una coordinazione attuata in miglior modo. E, infine, la Calabria è trattata ancora come terra dimenticata, basta vedere la questione dei treni, dei trasporti. Soltanto con fatica si riuscirà a innestare un processo di consapevolezza reale e visibile sul piano sociale, politico ed economico’’.
E’ fra l’altro probabile che nei prossimi mesi l’arcivescovo di Campobasso entri a far parte del Consiglio permanente della Cei, l’organo di governo dei vescovi italiani. Un modo, questo, per valorizzare da parte della Conferenza episcopale italiana, la sua esperienza e il suo ruolo. Fra l’altro nei mesi scorsi il presidente dei vescovi italiani, mons. Angelo Bagnasco, ha annunciato che la Cei pubblicherà un documento sulla situazione del Mezzogiorno con riferimenti espliciti ai problemi legati alla criminalità organizzata.
Il presidente della Regione Calabria Agazio Loiero non nasconde il proprio ’’sconcerto’’ spiegando tra l’altro che ’’la sua permanenza nella nostra terra era vitale". "Chiederemo al Vaticano di ripensare la scelta di trasferire mons. Giancarlo Maria Bregantini ad altra sede. Egli sicuramente è stato e rimane un punto fermo di riferimento per tutte le comunità della locride", ha detto il sindaco di Locri Francesco Macrì.
IL RITRATTO/ Bregantini trasferito a Campobasso
Il vescovo che voleva
svuotare la ’ndrangheta
di GIUSEPPE BALDESSARRO *
REGGIO CALABRIA - "La ’ndrangheta è una società apparentemente forte, ma all’interno è fragilissima per cui la si deve svuotare agendo tra la gente in maniera da dimostrare quanto è ridicola e stupida". Giancarlo Maria Bregantini, vescovo di Locri , da oggi nuovo "pastore" di Campobasso, conosce bene le dinamiche del fenomeno mafioso calabrese.
Le ha imparate nei 13 anni passati nella provincia di Reggio Calabria. In uno dei territori più violenti e depressi d’Italia. Le ha studiate a fondo e capite, nella loro essenza. Comprendere e operare è stato per oltre un decennio un tutt’uno, su ogni fronte. "Facendo quello che c’era da fare e dicendo quello che c’era da dire. Quotidianamente". E più il "vescovo operaio" della Locride andava avanti, più diventava punto di riferimento di tanti, tantissimi. Per questo alla notizia del suo trasferimento in Calabria è scoppiata la rivolta. Un moto istintivo di gente comune soprattutto, a cui si sono accodati parlamentari, rappresentanti istituzionali, sindaci, intellettuali e associazioni.
Oggi, a Santa Maria del Mastro, sede della Curia vescovile di Locri-Gerace sono arrivati in tanti a salutare il prete "anti ’ndrangheta". Una raccolta di firme "per attestare la gratitudine dei calabresi" e tante lacrime di commozione. Perché ora, dice un cartello, "i locresi si sentono ancora più soli". Vorrebbero che restasse, che la decisione fosse rivista, revocata. Ma sanno che non sarà possibile e che "Bregantini quella promozione a vescovo metropolita la merita". Il religioso obbedirà al Vaticano, "anche se a volte è faticoso", e lo stesso faranno i fedeli che lo hanno ascoltato e seguito nel suo percorso ti uomo del Trentino capace di parlare al sud.
Un uomo di Chiesa che ha saputo "sporcarsi le mani", parlando di lotta alla mafia in maniera concreta. Lo si incontrava spesso in giro per la Diocesi. Amava partecipare alla vita delle parrocchie, sapere e conoscere. I familiari delle vittime della mafia erano di casa nei suoi uffici, come pure lo erano le tante madri e sorelle di mafiosi. "Nessun escluso mai", amava dire.
E lo diceva con i fatti. Partendo dai bisogni della gente, aveva dato vita alle cooperative di lavoro in Aspromonte. Nelle Serre della cooperativa del Bomanico, a pochi chilometri da San Luca, lavoravano anche alcuni ragazzi parenti di mafiosi, e quando qualcuno glielo faceva notare, a fronte dei tanti disoccupati calabresi con lo stesso bisogno di un impiego, lui replicava duramente: "E’ così che si combatte la ’ndrangheta, levandogli la terra attorno". Prete tosto Bregantini, aveva invitato i parroci a non cresimare le persone che si presentavano all’altare con un padrino mafioso. E dopo la strage di Duisburg era stato nelle case di San Luca a dire alle donne di ribellarsi "perché quelli che finiscono ammazzati sono i vostri figli, mariti e fratelli"
Dopo l’eccidio di Ferragosto in Germania chiese ed ottenne per quelle sei vittime della faida i funerali pubblici. Poi un mese dopo è andato a Duisburg e si è inginocchiato davanti la pizzeria teatro della strage. Senza clamori. Parlava alla gente della pochezza e della miseria della mafia. Parlava pubblicamente della "massoneria e dei colletti bianchi che nutrono e si nutrono di ’ndrangheta". Ed erano frustate anche contro i governi ed i politici: "Inadeguati a rappresentare i bisogni della gente". Prete fastidioso Giancarlo Maria Bregantini. Scomodo per i pochi forti, indispensabile per i molti deboli.
* la Repubblica, 8 novembre 2007