Italia. Firenze 1966....

BARBIANA SI MOBILITA. "RIEMERGE" LA LEZIONE DI DON MILANI. Un’indicazione viva e luminosa di un’altra Italia e un’altra Chiesa - a cura di pfls

sabato 10 novembre 2007.
 

-  Dagli archivi emergono scritti inediti del Priore sul disastro che colpì Firenze nel 1966: ecco come Barbiana si mobilitò.

Don Milani: uniti contro l’alluvione

-  «L’Arno è di nuovo fuori, portiamo pane e acqua a chi è stato colpito»: le parole del sacerdote di sprone ai suoi ragazzi proprio mentre il male che l’aveva colpito avanzava inesorabile

DA FIRENZE MICHELE BRANCALE (Avvenire, 10.11.2007)

Il male che lo ha colpito avanza, l’alluvione sommerge il cuore di Firenze e alcuni paesi dell’area fiorentina e lui non si ferma. Anzi, nonostante si alzi dal letto solo la domenica dalle 11 alle 11.30 per dire la messa, trova la forza per mettere a punto

Lettera a una professoressa e la sua difesa al processo sull’obiezione di coscienza. E mentre scrive al suo avvocato una sorta di bozza da nobilitare per il presidente della corte d’appello («ho tanta bua... che sei bischero a farmi venire lì?»), don Lorenzo Milani, dal Monte Giovi in Mugello, nella frazione di Barbiana, si interessa della gente «a valle», di quelli che l’alluvione lo stanno subendo. Nelle campagne «ci sono migliaia di sfollati come in tempo di guerra».

Vengono organizzati aiuti di «acqua e pane». E’ il novembre del 1966. L’Arno esce dagli argini e Firenze viene devastata. Negli epistolari pubblicati finora don Lorenzo cerca di cogliervi un segno dei tempi. Il passaggio più noto è quello di una lettera circolare, che risale al 22 novembre: «L’alluvione ha ricreato l’atmosfera del dopoguerra. Preti e comunisti a fianco a fianco hanno in mano la situazione. Il governo è sempre l’ultimo a arrivare e ognuno ne diffida. Preti che fino a ieri non contavano nulla e non sapevano dove sbattere la giornata né loro né i loro giovani hanno aperto la chiesa alle riunioni coi comunisti e a centri di raccolta e distribuzione di aiuti. Quando tutto sarà passato chissà cosa resterà. Forse la nostalgia dell’alluvione».

Questo stesso testo è stato pubblicato anche nel carteggio di Francuccio (in I care ancora, edizioni Emi, a cura di Giorgio Pecorini), ma con data 4 dicembre. Evidentemente è un testo che don Milani, come altre lettere, trascriveva per diversi suoi allievi.

Al di là dell’interesse filologico, anche questo dato rivela la necessità di un epistolario integrale e ragionato del priore di Barbiana, con un glossario dei destinatari che aiuti a decifrare questa sorta di diario e da affiancare alla successione cronologica dei testi.

La Fondazione don Lorenzo Milani, guidata da Michele Gesualdi e insignita in questi giorni del Premio internazionale della pace del Centro Donati, sta raccogliendo e riordinando gli archivi milaniani. Sono riemersi tre testi inediti su quel novembre ’66. Uno è quello parzialmente riprodotto su cattolici e comunisti. Di alcuni giorni precedente, al 9 novembre, è una lettera circolare, nella quale il priore di Barbiana non solo fa un bilancio delle notizie fiorentine ma parla anche delle iniziative di aiuto poste in essere dalla comunità di Sant’Andrea a Barbiana: «Cari, ho avuto oggi una lettera d’ognuno di voi carissima e scritta bene, ma preferisco rispondervi quando sapremo con certezza che la posta parte. Anche oggi abbiamo mandato a Firenze le macchine dell’Adele e di Michele a portare acqua e pane a qualche amico. La situazione a Firenze peggiora, la mota piena di roba marcia delle botteghe puzza e rischia di infettare tutta la città.

Cuccio (Francuccio, ndr) ha preso oggi uno dei primi treni per Roma che hanno funzionato e domani prende l’aereo per Tripoli. Non poteva più tardare perché gli scadeva il visto. Nello era qui anche domenica. E’ già ingrassato e sereno come prima. E’ tornato dall’orafo. Un abbraccio affettuoso, tuo Lorenzo».

Del 15 novembre è invece un altro testo, presumibilmente scritto per Edoardo e Mauro che erano in Inghilterra. Inedita è la premessa: «Cari - attacca don Lorenzo - state attenti che in questi giorni devono dare in Inghilterra un importante documentario su Firenze. Serve per propagandare una raccolta di aiuti. Diteci qualcosa del posto che la stampa inglese ha dato all’alluvione in Italia. Carlo è tornato ieri a lavorare. Della sua fabbrica sono allagati solo i sotterranei. Gino e Romano non ancora. La ditta dove lavoravano ha perso completamente gli uffici con tutti i progetti, i libretti ecc.

Guido invece lavora a salvare qualcosa nella sua officina. Carlo ha profittato di questi giorni per smontare la macchina di Quintilio fino all’ultima vite, lavare tutto con la nafta e rimontarla. Oggi è ripartita. C’era il fango fin nei cilindri».

Viene poi riprodotto un brano scritto in una lettera dell’11 novembre, di quattro giorni precedente, ed indirizzata a Mauro. E’ un brano noto ma utile da rileggere perché contestualizza l’impegno dei barbianesi e dai ragazzi di Calenzano, la cittadina a nord ovest di Firenze dove don Milani aveva condotto una parte del suo ministero, per dare sollievo ai colpiti dall’alluvione: «Quei ragazzi di Calenzano sono da una settimana a salvar gente con la barca di Ferrero. E’ una barca tutta di tela tesa su centine di legno. Così è leggerissima e molto adatta per questo lavoro. Solo che la basta un nulla per bucarla e in quel fango non si nuota. Hanno portato in salvo un monte di gente e sono entrati anche nelle case dalla finestra con la barca e tutto. A un certo punto han visto un cavallo con fuori solo la testa.

Evidentemente stava ritto sulle zampe di dietro e appoggiato con quelle davanti a qualcosa. Si sono avvicinati per far qualcosa, ma quello ha fatto la mossa di montare in barca per cui son dovuti scappare a gran velocità e lasciarlo affogare. Molti contadini hanno dovuto sparare alla loro vacche che cercavano di entrare dalle finestre. Molti vecchi sono stati portati all’ospedale col corpo sciolto perché si teme un’epidemia di tifo. Poi è risultato che era stata la paura. Per i vecchi la paura più grossa è stata di farsi tirare su un elicottero con l’argano». In questo caso la firma è plurale: «Un abbraccio affettuoso dal vostro Lorenzo».


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