In principio era il Logos... non il "Logo"!!!

LAVORO, LINGUAGGIO E MERCATO. LA CRITICA DELL’ECONOMIA POLITICA A PARTIRE DA SE’. Una nota autobiografica di Claudio Baldi - a cura di pfls

lunedì 26 novembre 2007.
 

CERCARE LAVORO DEBILITA

di Claudio Baldi

Nella mia vita ho fatto il pony express, il rappresentante di enciclopedie, il promotore finanziario, l’agente immobiliare, l’esattore, ma anche il camionista, il portiere di notte e il facchino. E ho solo trent’anni.

Sono un perfetto esempio di quel che si dice "un lavoratore flessibile", ed ho imparato che il fatto di aver riconosciuto l’esigenza della flessibilità nel mondo del lavoro significa che, dopo essere rimasto povero e disoccupato anche per un’intera stagione, devo poi lavorare anche il doppio delle ore che mi vengono pagate e sotto il continuo, implicito ricatto di non essere richiamato per la stagione successiva. In altre parole, significa che il mio sfruttamento è legalizzato.

E’ stato per poter ovviare alle nuove e sempre più pressanti esigenze del mercato che è nata la figura del lavoratore flessibile. Molto flessibile. Infatti soltanto un lavoratore che sia estremamente flessibile - e cioè sempre disposto a muoversi e a piegarsi a seconda delle richieste del momento e sempre pronto a cambiare la propria posizione - può essere davvero in grado di agevolare il datore di lavoro nel perseguimento di quello che è il suo obiettivo principale: incularselo al meglio e ogni giorno.

Essendo ogni mio contratto solo a tempo determinato, tornano puntualmente i periodi in cui mi vedo costretto a leggere decine di offerte di lavoro. E mi sento di poter affermare che se lavorare stanca, come disse Pavese, bè, allora cercare lavoro debilita.

Gli annunci delle offerte di lavoro su Internet e sui giornali sono tante, ma andandole a leggere risultano praticamente tutte uguali. Le figure richieste sono essenzialmente quelle di promotori commerciali, di agenti assicurativi, di agenti immobiliari, di consulenti finanziari, di rappresentanti e di venditori porta a porta o da call center. Tutti lavori autonomi con partita Iva e con pagamenti "a provvigione", ovvero con stipendi costituiti da una minima percentuale del fatturato che si è (eventualmente) riusciti a far guadagnare all’azienda.

Il "fisso mensile" promesso, di regola, serve soltanto come rassicurazione psicologica preventiva. Al primo colloquio infatti, o al massimo al secondo, ti viene spiegato come in realtà non convenga, visto che si tratta di una cifra ridicola e che tra l’altro comporta un cospicuo abbassamento della tua percentuale di guadagno. E’ assurdo, ti fanno giustamente notare, volere un fisso di 300 euro per poi avere una percentuale del 4% anziché del 16%, su un contratto minimo di 4000 euro: significa che anche nel caso tu riesca a stipulare un solo contratto, alla fine del mese vai a guadagnare di meno. E del resto, se non riesci a chiudere almeno un contratto per conto dell’azienda nei primi venti giorni di lavoro, è l’azienda a dirti che non sei adatto a quel tipo di attività. E, ovviamente, te lo dice prima della fine del mese. Quindi, niente fisso mensile.

Eccomi di nuovo qui: per l’ennesima volta devo mettermi a cercare un lavoro. Mi ritrovo ancora di fronte ai soliti annunci. Gli annunci cercano sempre lo stesso tipo di soggetto: giovane volenteroso, dinamico, sveglio, svelto, ambizioso, determinato, intraprendente, produttivo e con ottima resistenza allo stress. Poi dicono che la gente si droga, che la cocaina è la piaga della società occidentale, quando è evidente che il profilo del lavoratore ideale coincide perfettamente con quello del cocainomane.

I testi delle offerte di lavoro - nelle loro presentazioni, richieste, requisiti, e perfino nella loro sintassi e nella scelta degli aggettivi - sono tanto maledettamente simili tra loro che basta il testo di un solo annuncio per riassumerli tutti:

Agenzia leader nel settore, causa rapidissima espansione e per ampliamento proprio organico, seleziona il candidato ideale tra giovani fortemente motivati, automuniti, con cultura superiore, bella presenza, ambiziosi, determinati, dinamici, intraprendenti, entusiasti, dotati di buona dialettica e comunicativi, flessibili, dotati di forte spirito imprenditoriale, di capacità di problem solving e di stress tolerance, sicuri di sé, fuori dal comune, alla ricerca di sfide continue, in grado di lavorare per obiettivi e in team, desiderosi di realizzarsi e con spiccata predisposizione ai rapporti umani.

Si richiede impegno full-time e disponibilità immediata. Si offre di lavorare in un ambiente giovane e dinamico con uno stipendio proporzionato alle effettive capacità e all’impegno. Si assicura un fisso mensile e provvigioni di sicuro interesse. Chiamate al nostro numero solo se pensate di avere tutti i requisiti richiesti!

Forte delle mie passate esperienze, mi diverto per un momento ad immaginare come potrebbe essere la traduzione, in un "italiano sincero", di un annuncio simile:

Noi siamo i più bastardi di tutti (leader nel settore) e, siccome diventiamo sempre più ricchi e abbiamo tutta l’intenzione di diventarlo sempre più velocemente (causa rapidissima espansione), e visto che il lavoro che propiniamo è così stressante che c’è un ricambio della madonna (per ampliamento proprio organico), il nostro gruppo è alla continua ricerca (seleziona) di qualunque disoccupato disperato (il candidato ideale) che si trovi tra quegli individui che hanno un’assoluta urgenza di mangiare (fortemente motivati) e che però non siano poi così poveri da non avere un’automobile propria (automuniti) - visto che a fornirgliela, noi non ci pensiamo proprio -, né così disperati da non aver una famiglia che abbia a suo tempo provveduto a mantenergli gli studi (con cultura superiore) e che possa continuare a consentirgli l’acquisto di vestiti firmati e sempre nuovi (bella presenza), che poi siano anche arrivisti e senza scrupoli (ambiziosi e determinati), che non stiano mai fermi e che invece di prendersi una pausa si inventino sempre qualcosa che ci aumenti il fatturato (dinamici e intraprendenti), che, pur spezzandosi la schiena per noi, appaiano sempre in forma, felici e soprattutto sorridenti (entusiasti), che siano capaci di abili giochi di parole per poter plagiare e truffare meglio chiunque, perché chiunque è un potenziale cliente (dotati di buona dialettica e comunicativi), che lavorino senza accampare diritto alcuno (flessibili), che abbiano una mentalità da autentici figli di mignotta (dotati di forte spirito imprenditoriale), che posti di fronte a qualsiasi problema abbiano la capacità e la fantasia di trovarsi da soli la soluzione, anche se nessuno li ha mai preparati a farlo, e comunque senza mai procurare il minimo fastidio all’azienda (capacità di problem solving), che non abbiano mai bisogno di alcun riposo (stress tolerance), che siano presuntuosi e megalomani (sicuri di sé), che si atteggino a fare i vip ostentando la stupida convinzione di essere superiori e migliori degli altri (fuori dal comune), che amplino il nostro portfolio clienti facendo firmare contratti a persone di ogni ceto economico e di ogni rango sociale e quindi anche a quelli a cui il nostro prodotto non potrebbe né potrà mai servire a niente (alla ricerca di sfide continue), che siano in grado di lavorare seguendo sempre le nostre mutevoli e determinate esigenze (per obiettivi e in team), che siano frustrati dalla vita e quindi ancor più attratti dai soldi e dal potere (desiderosi di realizzarsi) e, infine, che siano naturalmente portati ad adulare e dire menzogne ai clienti (spiccata predisposizione ai rapporti umani).

Ora, visto che tanto nessuno vi offrirà mai niente di meglio, si pretende (si richiede) che non stiate troppo a riflettere su questa offerta, e che invece vi prepariate fin da subito a lavorare per noi (disponibilità immediata). Noi, d’altro canto, ci impegneremo a fondo per non darvi mai nemmeno il tempo di cercarvi un altro impiego (impegno full-time).

Vi si concede (si offre) una struttura precaria e disorganizzata (ambiente giovane e dinamico) in cui, se non vi rimboccate le maniche e non fate tutto da soli, guadagnerete veramente poco (con uno stipendio proporzionato alle effettive capacità e all’impegno).

E le provvigioni sono per forza di sicuro interesse, dal momento che il fisso è ridicolo.

Ma chiamate solo se pensate di cominciare a farvi il culo, che noi non abbiamo mica tempo da perdere con gli stronzi che criticano sempre la nostra concezione del lavoro!

Lascio perdere le mie fantasie e decido di rimboccarmi le maniche sul serio per ottenere almeno un colloquio di lavoro al più presto. Mando curricula per e.mail a tutto spiano. Passano i giorni, le settimane, ma non mi risponde nessuno. Allora decido di scrivere delle lettere di presentazione, in cui appaia chiara tutta la mia volontà, la mia determinazione, la mia passione, la mia voglia ecc. di lavorare proprio per l’azienda a cui mi rivolgo. Quindi compro nuovi giornali e navigo su diversi siti alla ricerca di aziende rinomate. Sono pronto a qualsiasi tipo di impiego, solo non vorrei il pagamento provvigionale, che mi stressa troppo.

Ad un certo punto leggo:

Cerchiamo persone capaci di lavorare in gruppo, predisposti alla massima flessibilità sugli orari di lavoro, dotate di stress tollerance e con spiccate doti comunicative e attitudine a relazionarsi con persone di vario genere, sia più giovani che più autorevoli.

Requisiti essenziali sono un’ottima conoscenza dell’inglese, l’uso del computer e una laurea in discipline economiche o tecnico-scientifiche.

Scrivo subito:

ALLA CORTESE ATTENZIONE DELL’UFFICIO SELEZIONI

Gentili Signori,

rispondo al Vostro annuncio poiché, in riferimento ai requisiti da Voi richiesti, ritengo di potervi interessare.

Dispongo infatti della capacità di lavorare in gruppo non meno che delle doti comunicative; sono disponibile alla flessibilità sia in fatto di orari che di trasferte. Per quanto riguarda l’attitudine a relazionarsi con persone di vario genere, poi, credo di non avere soltanto un’ottima esperienza lavorativa ma finanche una predisposizione naturale al contatto con interlocutori più giovani o più autorevoli. Conosco la lingua inglese e so usare il computer.

Certo, ho una laurea in Filosofia e non una in discipline economiche o tecnico-scientifiche... Ma sono più che convinto che i vostri corsi interni siano ottimi.

D’altro canto le peculiarità di chi ha studiato filosofia sono proprio l’elasticità e l’apertura mentale: mentre la prima è palesemente il presupposto essenziale per la flessibilità sugli orari, la capacità di svolgere correttamente una notevole mole di lavoro e di responsabilità (stress tollerance, come avete detto) non può non venire rafforzata da una considerevole apertura mentale (opening mind, diciamo; o broadmindedness, diremmo, forse, se fossimo inglesi per davvero).

Senza contare che, forse non tanto la metafisica del concetto, quanto, di certo, almeno la filosofia del linguaggio, con particolare riferimento alla dialettica, risulta tornare sempre utile in qualsivoglia rapporto intersoggettivo.

Forte quindi del fatto che la forza che muove ogni individuo sia la sua capacità di intravedere all’orizzonte lo scopo del proprio cammino, mi pregio di richiedervi un colloquio al fine di valutare insieme e quanto prima la possibilità di un nostro eventuale rapporto lavorativo, malgrado, ripeto e sottolineo, non abbia una laurea ad indirizzo economico o tecnico-scientifico.

Cordiali saluti

Qualche settimana di silenzio mi fa pensare che forse ho esagerato un tantino. Mi devo esser fatto prendere troppo la mano, qua e là. Queste lauree scientifiche, vedi un po’. Devo provare con chi richiede una laurea umanistica, devo provare, mi dico. Riprendo il giornale e forse trovo quello che fa per me:

Selezioniamo giovani con lauree umanistiche e con spiccata predisposizione alle relazioni pubbliche da inserire negli uffici dei nostri nuovi punti vendita che apriremo nei prossimi mesi in tutto il territorio nazionale.

Provo subito a scrivere una lettera di presentazione più convincente:

Alla cortese attenzione della FELTRONCELLI, DIREZIONE DEL PERSONALE

OGGETTO: RICHIESTA DI COLLOQUIO PER EVENTUALE RAPPORTO DI LAVORO

Gentili Signori,

in riferimento all’annuncio da Voi pubblicato, mi pregio di porre alla Vostra cortese attenzione il mio curriculum vitae.

Come potrete notare dalla lettura dello stesso, sono un ragazzo di trent’anni con una buona predisposizione ed esperienza nelle relazioni pubbliche, con particolare riferimento alla gestione del cliente.

Potrete constatare anche come, nel curriculum allegatoVi, io abbia ritenuto opportuno menzionare finanche la mia propensione alla lettura. Ritengo infatti conveniente confessarVi sinceramente tutto il mio profondo, e vorrei dire "connaturato" amore per i libri.

Non di meno tengo a precisare che le librerie "Feltroncelli", e la stessa casa editrice, hanno sempre avuto, da che io ricordi, la mia incondizionata stima di lettore non meno che il mio affezionato rapporto di cliente. Pur vivendo in una grande città come Roma, infatti, sono state innumerevoli le volte che soltanto le Vostre librerie si sono dimostrate in grado di soddisfare le mie richieste di lettore; lettore esigente, seppur, data la mia età, ancora "principiante".

Non posso quindi che trovarmi pienamente in accordo con Voi nel ritenere auspicabile e anzi necessaria l’apertura di nuovi punti vendita "Feltroncelli" sia a Roma che nel resto del territorio nazionale.

Voglio infine che sappiate che le librerie "Feltroncelli" sono comunque quel tipo di librerie che, data la loro ampiezza, la loro cortesia e la loro organizzazione, ho più piacere di visitare. A prescindere quindi da una nostra eventuale collaborazione futura, non potrò comunque che gioire quando finalmente le librerie "Feltroncelli" saranno ben più numerose di quanto siano ora.

A questo punto, se mi avrete perdonato la breve premessa, ho il piacere di comunicarVi tutta la mia buona predisposizione all’idea di lavorare per Voi, all’idea cioè di lavorare con persone unite dal comune amore per i libri e per il comune interesse (passionale non meno che commerciale) nel garantirne la massima divulgazione. Per questo, pur mirando con sincera determinazione ad intraprendere una carriera più che soddisfacente (psicologicamente non meno che economicamente), sarei disposto anche ad iniziare un qualsiasi periodo di prova in qualsiasi ruolo che possa permettermi di testare ed insieme farVi notare le mie qualità e le mie attitudini.

Nella profonda convinzione che la soddisfazione reciproca tra datore di lavoro e lavoratore sia la più basilare condizione, il massimo piacere ed insieme il più grande interesse di entrambe le parti, e in forza dell’altrettanto profonda convinzione che la vera voglia e la massima energia per lavorare nascano dalla passione e dall’amore per il tipo di lavoro che si va svolgendo, Vi anticipo fin d’ora di essere già mentalmente preparato anche ad un trattamento economico inizialmente inferiore a quello che, in qualità di rappresentante della Armando Cuccio Editore, ero abituato a percepire.

Nell’attesa di una Vostra cortese risposta, Vi saluto cordialmente

Tempo tre giorni e mi arriva la loro risposta. Evvai. Mi danno appuntamento per un colloquio. Vado. Dopo una certa attesa, mi fanno entrare in un ufficio. Di fronte a me, dietro la sua scrivania, un uomo in giacca e cravatta. Dev’essere il selezionatore. Ci guardiamo subito negli occhi per qualche istante. Poi gli dico "Buongiorno". Lui, per tutta risposta, continua a guardarmi in silenzio, anzi, mi scruta, proprio. Soltanto dopo un tempo che mi pare eccessivo mi dice anche lui "Buongiorno". Ma me lo dice con un’aria, con un tono che mi preoccupa, che sembra quasi che mi faccia il verso. Mi fa cenno di accomodarmi sulla poltrona di pelle nera di fronte a lui. Mi siedo e lui, senza smettere di fissarmi, mi dice: "Volevo solo guardarla in faccia". Io sgrano gli occhi, alzo le sopracciglia, muovo leggermente il viso da un lato come se non avessi sentito bene. Allora lui mi ripete, scandendo bene le parole: "Volevo proprio guardarla in faccia". Al che sbatto le palpebre un paio di volte, faccio un lieve sorriso tirando leggermente la testa indietro, e con un sospiro dico: "Non credo di aver capito...".

"Non ero sicuro", mi spiega lui, "che la sua lettera di presentazione fosse... diciamo vera. Sulle prime ho pensato ad uno scherzo... Ma l’ho dovuto escludere quasi subito, dal momento che non potrebbe avere alcun senso uno scherzo di questo genere. Mi sbaglio?".

Nel chiedermi "Mi sbaglio" usa un tono satirico e mi lancia un’occhiata da psicotico. Questo provoca, penso. Gli occhi mi si sgranano sempre di più, le sopracciglia mi si alzano a tal punto che sento la pelle tirarmi. Non so che fare. Sono preoccupato e ho voglia di fumare. Lui riprende: "Lei non è qui per il colloquio. Lei è qui soltanto perché io volevo vederla in faccia. Sì, volevo proprio vederla in faccia... una persona che scrive una lettera di presentazione come ... questa" e, facendo bene attenzione ad usare soltanto due dita, tira su il foglio che ha sulla scrivania, tenendolo per qualche secondo sospeso proprio davanti alla mia faccia. Effettivamente riconosco che si tratta della mia lettera. Poi allarga platealmente le dita e lascia scivolare la mia lettera, che ricade sulla scrivania.

"Tutto qui. Adesso lei può anche andare. Anzi: aspetti! Già che siamo qui, sono anche curioso di sapere se la persona che scrive una lettera di presentazione del genere" - (ogni volta che dice "lettera di presentazione" gli esce un tono strano e mostra un’espressione schifata) - "se la persona che scrive una lettera di presentazione del genere ci crede davvero a quello che scrive, o se invece ha soltanto taaanto tempo da perdere" - (anche "taaanto tempo da perdere" non lo dice normalmente: ci mette parecchia enfasi, devo dire)- "taaanto tempo da perdere a prendere in giro e ad offendere la gente!".

Il suo sguardo fisso e il suo silenzio gelido, a questo punto, mi fanno capire che devo rispondere qualcosa. Ma non ce la faccio. Mi sembra uno scherzo, una candid camera, una cosa senza senso. Mi sento una maschera di cera in faccia, non riesco più ad abbassare le sopracciglia. Ho paura di una paralisi, di un crampo. Lui insiste, mi sprona: "Mi risponda, allora. Sono curioso! Mi dica: ci crede davvero a quello che ha scritto? Non mi dica ora che il senso di quel che lei ha scritto... le sfugge! Non mi dica che non ne è consapevole!". Altra enfasi eccessiva sia su "sfugge" che su "consapevole": neanche mi avesse detto "E adesso non mi dica che lei pensa di essere Napoleone!". Sospiro un "Bè, veramente...". Poi riesco a proseguire: "Non era mia intenzione essere offensivo, non credevo di aver scritto nulla di offensivo... Anzi, ho ricalcato lo stile vostro, il modo e il tono che di solito adottano i datori di lavoro nel presentare le cose... Certo, per certi versi, forse ho esagerato... C’è forse una punta di ironia, ecco. Al limite, un po’ di sarcasmo. Ma non troppo. Credevo, comunque, che essere ironici fosse importante non solo per vivere... ma anche per lavorare".

Lui, stavolta con tono paterno: "Nooo... Non per lavorare qui dentro. No davvero. Qui da noi è diverso: questo è un ambiente serio."

"Serio in che senso?", faccio io.

"Lasci perdere. La mia curiosità l’ho bella che soddisfatta. E più che una curiosità era un capriccio. Solo un capriccio. Può andare, adesso."

Mi sfugge un leggero sospiro di rassegnazione e faccio per alzarmi, quando lui mi fa l’ultimo affondo: "Lei, evidentemente, è malato. E poi io davvero non ho tutto questo tempo da perdere!"

A questo punto mi succede qualcosa, mi si accende qualcosa dentro, mi viene uno strano coraggio. O forse è solo impulso autodistruttivo e masochismo. E dico: "Da perdere a pensare, intende?"

"Senta, - mi risponde minaccioso e alterato - non si permetta di usare il suo antipatico sarcasmo con me, perché non attacca! Adesso se ne vada: quella è la porta. Torni a casa sua a tenere la testa tra le nuvole, se vuole, che qui stiamo nella realtà, capisce? Qui si lavora!"

"La testa tra le nuvole? - rispondo io facendo finta di guardarmi intorno - Quali nuvole? Nuvole di fumo? Starà mica insinuando che mi faccio le canne?"

Lo vedo premere un tasto sul telefono della sua scrivania e lo sento dire: "Marta? Chiama la sicurezza, per piacere: il signore vuole essere accompagnato all’uscita immediatamente, grazie."

Io, a questo punto, continuo finché non arrivano a prendermi di peso: "In verità le dico: è vero che un essere umano non potrà mai avere la maestosità di una montagna, la fermezza di un albero, l’agilità di una lepre, la ferocia di un leone, la forza di un toro, la velocità di un fulmine, l’energia di un lampo...". Mi accorgo che sto perdendo troppo tempo, perché mio malgrado sono già sulla porta. I miei piedi non toccano terra, sono stato sollevato da due "omoni" vestiti di tutto punto, ma riesco a continuare il mio delirio verbale con una certa coerenza: "E non potrà avere neanche la conoscenza dell’infinito o tutti i soldi di Bill Gates... Ma Bill Gates esiste davverooo!". Non faccio in tempo a dirgli nient’altro, che mi trovo già in strada. Peccato. Avrei voluto concludere dicendogli qualcosa del tipo che io ero Dio o che Dio è pazzo ecc., ma tant’è.

Decisamente negativo, questo colloquio. Ne deduco che sia il caso di rivedere qualche dettaglio nel mio modo di scrivere le lettere di presentazione.

Torno a casa a leggere altre offerte. Vediamo vediamo. Aspetta, prima di rivedere il mio modo di scrivere le lettere voglio rispondere a questo annuncio, che è un lavoro che mi piace, però chiedono delle referenze che non ho. Si dice che provar non nuoce. Speriamo.

Gentile Redazione,

mi pregio di inviarVi il mio curriculum vitae pur non avendo i requisiti da Voi richiesti. Poiché è vero che, inizialmente, nella valutazione di un candidato, non si può far altro che basarsi sulle esperienze lavorative che tale candidato ha maturato e sulle conoscenze che ha acquisito nel tempo; però è pur vero che poi possono risultare decisive anche le capacità potenziali, di questo candidato: la sua predisposizione mentale, i suoi obiettivi personali e la determinazione individuale e via dicendo. Quindi, se ne può concludere che tutto quello che manca alla mia specifica esperienza lavorativa si trova, in nuce, nel mio animo... dove non attende altro che l’occasione giusta per potersi esprimere al meglio.

Vi chiedo dunque soltanto di concedermela, questa occasione.

Niente, passa il tempo e non risponde nessuno. Con questi metodi non riesco a convincere proprio nessuno. Basta, mi dico. Basta fare il saccente, l’ironico, il tipo sicuro di sé ecc. Urge che trovi un lavoro e basta. Priorità Uno. Necessità impellente. Qualsiasi lavoro va bene, anche quelli pagati a provvigione, via.

Rispondo al primo annuncio che, tra le righe, dice di cercare agenti commerciali, e cioè venditori, piazzisti, rappresentanti, promotori di polizze assicurative, di servizi bancari, di tariffe telefoniche, di enciclopedie varie, di tappeti e di pentole, che diavolo ne so.

Il giorno dopo mi chiamano e mi fissano un colloquio. Il giorno dopo ancora sono all’appuntamento. Mi riceve una segretaria, mi fa accomodare in una sala d’attesa. La stanza è abbastanza grande: c’è un grosso tavolo ovale al centro, sedie tutte intorno, uno specchio lungo attaccato alla parete, ed è tutto ben illuminato dal sole che entra dalle due finestre. La segretaria mi dice che prima del colloquio devo compilare il questionario che mi porge prontamente. "Va bene", le dico. Mi accomodo su una sedia davanti al tavolo apposito e mi guardo il questionario. Io ho sempre odiato compilare schede e questionari, penso. Questa mattina mi sono tagliato anche il pizzetto che nascondeva, almeno in parte, la mia faccia da fesso. Perché ormai ho capito bene che, tutto sommato, quella vaga sensazione di essere stupido che mi porto dietro non riuscirei a nasconderla né agli altri né a me stesso, né nelle mie fantasie né davanti allo specchio, e neppure sotto la maschera di Zorro. Ma adesso, adesso che devo compilare questo questionario, questa scheda del cazzo, quella sensazione di essere idiota che, bene o male, mi sono sempre portato appresso non è più soltanto una vaga impressione: è una completa certezza. Odio il questionario, ma odio soprattutto l’immagine di me che lo compilo: mi sembra la rappresentazione perfetta dell’idiota. Ma tant’è. Non devo pensarci, devo compilarla. Mi viene la nausea, ma ho bisogno di lavorare, che diavolo. Okay, ci sono, ci sono. Respira, mi dico. Respira a fondo, che ce la puoi fare. Sì, ce la posso fare. Vediamo. Innanzitutto devo leggerla, questa cosa. Con calma.

Leggere attentamente tutte le voci del seguente questionario e rispondere ad ognuna di esse con la massima precisione possibile.

Eh, con calma, certo, leggiamola con calma. Però lo vedi, dico a me stesso, che poi ho ragione di fare l’isterico? Vedi che ho ragione? Le istruzioni d’uso per compilare una scheda prestampata potrebbero, in certi casi, costituire anche un modo velato di darti dello spastico, ma in questo, di caso, costituiscono un vero e proprio "vaffanculo fallito d’un mentecatto che non sei altro" del tutto esplicito. Eh, che cazzo. Dimmi tu, dimmi tu come si può, come si può, dico io, rispondere con la massima precisione possibile a delle domande, quando è previsto che tutte le risposte debbano manifestarsi esclusivamente sotto forma di crocette dentro una o più caselle! Eh?

Calmi, stiamo calmi. Siamo qui per trovare un lavoro, non per dissertare, su!

L’ultima volta, una scheda simile, l’ho riempita di glosse, correzioni e appunti, sui bordi e anche dietro, e la cosa non è piaciuta. Quindi vediamo di evitare, per piacere, almeno questa volta, vediamo di non fare critiche fuori luogo. Devo fare il bravo, stavolta, sì. Devo rispondere... Devo stare attento a rispondere quello che loro vorrebbero che io rispondessi! Vediamo, dunque.

1) Indichi, tra le seguenti, le due condizioni per lei più importanti per definire un lavoro "soddisfacente":
-  a) Il reddito
-  b) L’autonomia
-  c) La sicurezza
-  d) La carriera

Il tempo. Manca il tempo, perbacco! Il tempo libero dal lavoro che mi compro lavorando. Il tempo di fare qualcos’altro, oltre il lavoro. Il fatto che mi si faccia guadagnare il tempo anche per vivere: questo mi farebbe definire il mio lavoro soddisfacente.

Risposta sbagliata. Io qui, adesso, devo essere un venditore strepitoso che aspetta solo di essere scoperto.

Allora, vediamo... Quelle giuste sono sicuramente il reddito e la carriera: motivato e ambizioso! Ma non erano vizi capitali, una volta...? O forse l’autonomia e la carriera: dinamico e ambizioso! Ragioniamo. Le risposte possibili sono quattro, ed io ne devo scegliere solo due. Quindi due sono sicuramente esatte. Ma non è detto che quelle sbagliate siano le due restanti. Con ogni probabilità ce n’è una che è sicuramente sbagliata, mentre l’altra potrebbe essere "libera", volta cioè a determinare la peculiare personalità dell’individuo esaminato. L’importante quindi è identificare innanzitutto quella sbagliatissima, volta ad eliminare l’esaminando inidoneo. E la cosa più sbagliata nel commercio è senza dubbio la sicurezza.

2) Da quanto tempo è in cerca di un’occupazione?
-  a) una settimana
-  b) un mese
-  c) sei mesi

Ah, qui vogliono farmi cadere. Se sto cercando lavoro da sei mesi significa che non mi si prende nessuno; da un mese significa che sono indeciso. Da oggi, allora. Un momento: oggi non è previsto... Una settimana, allora. Una settimana è giusto.

3) Come vede se stesso proiettato nel mondo del lavoro?
-  a) Dentro un ufficio
-  b) In un’attività esterna ed autonoma
-  c) In un lavoro manuale

Dentro una bara non c’è, però. Come dirmi: sei sicuro che hai risposto all’annuncio giusto, e che invece non sei qui solo per farci perdere tempo? Questa è un’attività di vendita porta a porta, giusto? Quindi b). Dài, che ci sto prendendo la mano!

4)Perchéricercauna(nuova)attività lavorativa?
-  a) Per migliorare il suo reddito
-  b) Per ragioni di sicurezza
-  c) Per intraprendere una nuova professione
-  d) Per fare carriera

Per riscrivere queste stronzate. Solo per questo. Ma adesso non è il momento per dirlo. Per ragioni di sicurezza, allora. Per ragioni di sicurezza pubblica, sa? Se non mi danno i soldi faccio subito subito una rapina, creo scompiglio e magari ammazzo pure qualcuno. Ma noo, scherzo, scherzo. Andiamo. E poi, cosa vorrà mai dire "ragioni di sicurezza"? Ovviamente è per fare carriera, no? Abbiamo detto che sono ambizioso! E poi sono affidabile: mi attacco all’azienda! Sicuro! Aggiudicata la carriera, sì sì. Non c’è ombra di dubbio.

5) Indichi le due professioni che ammira di più tra le seguenti:
-  a) Insegnante
-  b) Avvocato
-  c) Contabile
-  d) Portiere d’albergo
-  e) Giornalista
-  f) Impiegato statale
-  g) Rappresentante
-  h) Attore

Ragazzi, ma queste domande me le sto inventando io...o sono vere? No, perché i test militari sono maledettamente simili: C’è qualcuno che ti osserva e che ti segue dappertutto? O, anche: Senti delle voci che nessun altro sente? Anche un carabiniere si accorgerebbe che gli si sta chiedendo se è matto; figuratevi un matto!

Allora, vediamo... Cosa serve per convincere qualcuno a comprarti qualcosa, quando tu sei l’ennesimo piazzista che gli bussa alla porta proprio mentre stava scopando con la donna delle pulizie, in assenza della moglie ecc.? Serve un tranquillo e sedentario portiere d’albergo? Noooo. Serve un timido e riservato contabile o impiegato? Nooo. Serve dire che io, veramente, ho sempre sognato di fare l’astronauta? NOO! E allora?

Allora... Dire rappresentante è una presa per il culo, chiara e tonda. Gli faresti capire che sei un ruffiano che cerca soltanto la risposta giusta. A essere sinceri, chi mai potrebbe sognare di fare il rappresentante? Andiamo, siamo seri. Le buone sono giornalista, (perché ti dovrebbe piacere l’idea di intervistare la gente, di metterti sul loro piano e di fare domande che coinvolgano), avvocato (perché come la sa vedere un avvocato con la sua arringa non ci riesce nessuno), e attore (perché devi recitare, recitare... Recitare che ci credi, che la roba che vendi sia la migliore, che ti piace il tuo lavoro, ecc.). Va bene l’attore, allora. Qui metto solo attore, così magari si potrebbe anche intuire l’assoluta ironia di queste risposte idiote.

Attore... Attore sociale, emotivo, teatrale, patologico. Tanto è tutto finto. E’ tutto finto. Non stanno scherzando, ma è tutto finto lo stesso. E’ tutto troppo ridicolo per essere vero. Non me la danno a bere: là c’è una telecamera, proprio dietro lo specchio. E se non è dietro quello specchio... allora è oltre le finestre, è dietro al sole!

La segretaria mi viene a chiedere se ho finito di compilare la scheda. Non le rispondo. La osservo. E’ brava, devo ammetterlo, recita bene: sembra proprio che ci creda. Però non è bella. E’ piuttosto un cesso ambulante. Osservarla con attenzione e da vicino mi fa ricordare la volta che nel mio frigo ho scoperto una mozzarella in putrefazione. Provo a toccare la sua pelle, e sulle mie dita provo la stessa sensazione di quando ho preso quella mozzarella per buttarla nella mondezza.

"Ma che fa? Si sente bene? Cosa sta facendo...?"

Ritiro la mano e le rispondo sorridendo: "Sto aspettando”. "Che cosa sta aspettando...?"

"Sto aspettando che qualcuno esca fuori a dirmi che è tutto uno scherzo"

"Non la capisco... Comunque: ha finito di compilare la scheda... o no?"

Sorrido ancora, annuendo. La ragazza allora prova a prendere la scheda, poi si ritrae di scatto appena vede che sulla scheda c’ho disegnato un cazzo gigantesco. Mi guarda male e si allontana ancora di un passo, con una smorfia tra lo stupore e lo schifo. Io inizio a ridere. Rido. Rido sempre più forte, con la bocca aperta. Cado a terra. Non sento più le gambe. Ho le lacrime agli occhi. Non riesco più a vedere. La testa mi scoppia. Smetto di pensare. Mi viene la bava alla bocca. Sento una fitta al cuore e poi, finalmente, più nulla.


Sul tema, nel sito, si cfr.:

-  PRECARI E QUESTIONI DI DIGNITA’: "L’ITALIA STA CAMBIANDO E LO VEDRETE"! UN URLO IN INTERNET DI UN CITTADINO DI ANCONA, INFERMIERE PRESSO L’OSPEDALE DELLA CITTA’, LICENZIATO A CAUSA DEI TAGLI DELLA REGIONE.


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