’NDRANGHETA: I ROS A SAN LUCA, TROVATO UN BUNKER
SAN LUCA (REGGIO CALABRIA) - Si fa sempre piu’ intensa l’azione per la ricerca dei latitanti compiuta da polizia e carabinieri che stamani hanno scoperto due bunker, in distinte operazioni fatte a San Luca e Rosarno.
A San Luca la scoperta è stata fatta nell’abitazione di un familiare di Francesco e Giuseppe Nirta, ricercati dall’agosto scorso perché destinatari di un provvedimento restrittivo nell’ambito di una inchiesta sulla faida di San Luca chiamata ’Feida’ e compiuta alcune settimane dopo la strage di Duisburg.
Il proprietario dell’abitazione ed i due ricercati, secondo quanto si è appreso, avrebbero rapporti di parentela con Giovanni Strangio, ricercato da alcuni mesi perché ritenuto uno degli autori della strage di ferragosto. Il bunker, scoperto dai carabinieri del Ros e del gruppo Locri, è stato realizzato in una delle stanze dell’abitazione e l’accesso era nascosto da una parte scorrevole.
Nella piccola struttura, di tre metri per quattro, i carabinieri hanno trovato dei generi alimentari ed altro materiale sul quale gli investigatori hanno avviato una serie di accertamenti. L’obiettivo è quello di capire chi ha utilizzato il rifugio e quando è stato abbandonato.
Tra le ipotesi ci sarebbe anche quella che nel bunker potrebbe essersi nascosto anche Giovanni Strangio. A Rosarno, invece, il bunker è stato scoperto dagli agenti della polizia di Stato nel corso di una operazione di controllo del territorio in tutta la Piana di Gioia Tauro disposta dopo l’omicidio del boss Rocco Molé, ucciso venerdì in un agguato. Dopo l’omicidio di Molé, e per evitare che si possano verificare altri omicidi riconducibili ad una eventuale guerra tra cosche avversarie, polizia e carabinieri hanno intensificato l’attività di controllo del territorio.
Nel corso dell’operazione compiuta stamani a Rosarno, condotta dagli agenti della squadra mobile di Reggio Calabria e dei commissariati di Gioia Tauro e Polistena, nell’abitazione di un affiliato al clan Pesce di Rosarno, è stato scoperto un rifugio realizzato sotto il pavimento ed al quale si accede grazie ad una mattonella scorrevole. Il rifugio, di piccole dimensioni, secondo gli investigatori non era destinato ad ospitare lunghe latitanze, ma doveva servire a sfuggire ai controlli per breve tempo in caso di perquisizioni.
* ANSA» 2008-02-08 19:08
Operazione dei Ros alla ricerca dei criminali coinvolti nella sanguinosa faida
Trovato un nascondiglio anche nella Piana di Gioia Tauro. Nel 2007 sequestrati 20 rifugi
Strage di Duisburg, a San Luca
scoperti i bunker dei latitanti
Nelle abitazioni di due latitanti parti di armi, un fucile e un rilevatore di microspie *
REGGIO CALABRIA - Scoperti tre bunker in Calabria, a Rosarno e San Luca. Erano a disposizione della famiglia Nirta, coinvolta nella faida che sfociò nella strage di Duisburg in Germania, e del clan Pesce, dominante nella Piana di Gioia Tauro. Nascondigli capaci di offrire ricovero ai latitanti anche per lunghi periodi.
Nell’ultimo anno, nella Piana e nella Locride le forze di sicurezza hanno scovato più di 20 nascondigli, una vera e propria città della malavita calabrese quattro metri sotto terra o nascosta dietro pareti fittizie, protetta da sofisticati sistemi di sicurezza.
Stamane i carabinieri dei Ros speravano di trovare Francesco e Giuseppe Nirta nel bunker di San Luca. E’ dalla strage di Duisburg nell’agosto scorso che l’Interpol li cerca per arrestarli. Paolo Nirta, il proprietario dell’abitazione in via Alvaro, nel centro del paese, è il fratello di Giovanni Luca, marito della donna uccisa nel Natale 2006, "scintilla" della sanguinosa ritorsione di Duisburg.
L’accesso al bunker era nascosto da una porta scorrevole che lo divideva da una delle stanze dell’appartamento; un piccolo locale, tre metri per quattro, in cui c’era spazio per due letti, una seggiola e un mobiletto nel quale era custodito "materiale solitamente utilizzato dagli scout" come hanno detto i carabinieri. Un rifugio destinato ai latitanti, del tutto simile a quello in cui si erano nascosti tre tra i più pericolosi fiancheggiatori della strage di Duisburg, stanati qualche giorno dopo il Ferragosto di sangue nel sottoscala della palazzina della famiglia Vottari in lotta contro i Nirta-Strangio.
Un altro bunker, sempre a San Luca, è stato scoperto non distante dal primo; più piccolo, definito dagli inquirenti un bunker "freddo", cioè un rifugio abbandonato da tempo.
Perquisite anche le abitazioni di due latitanti, Giuseppe Nirta e Francesco Romeo inseriti nell’elenco dei 100 ricercati più pericolosi d’Italia, in cui i carabinieri hanno sequestrato parti di armi, un fucile e un rilevatore di microspie.
Il terzo bunker è stato scoperto a Rosarno, nella Piana di Gioia Tauro. I carabinieri ci sono arrivati durante una delle tante perquisizioni ordinate dopo l’omicidio del boss Rocco Molè, assassinato a Gioia Tauro venerdì scorso. Nell’abitazione di un affiliato al clan Pesce, gli agenti hanno scoperto il rifugio realizzato sotto il pavimento, accessibile grazie da una serie di mattonelle scorrevoli. Il nascondiglio era di piccole dimensioni, non adatto a lunghe latitanze, più utile per brevi permanenze, perfetto per sfuggire ai frequenti controlli di polizia.
’NDRANGHETA
La strage di Duisburg, avvenuta il 15 agosto del 2007
Strage di Duisburg, presi due killer
Sono affiliati alla cosca Nirta-Strangio *
REGGIO CALABRIA Sono finiti in manette due dei presunti esecutori materiali della strage di Duisburg, avvenuta il 15 agosto del 2007. È infatti in corso di svolgimento, dalle prime ore di stamattina, un’imponente ed articolata operazione della Polizia di Stato, condotta dalla Squadra Mobile della Questura di Reggio Calabria e dal Servizio Centrale Operativo che ha interessato la Locride.
Dieci le ordinanze di custodia cautelare in carcere, a seguito di indagini coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, a carico di altrettanti esponenti di spicco della potente cosca Nirta-Strangio, operante a San Luca e in Germania, nel territorio di Kaarst e Duisburg.
Due degli arrestati sono ritenuti responsabili del reato di concorso in omicidio pluriaggravato, insieme a Giovanni Strangio, già arrestato il 12 marzo del 2009: i due sono ritenuti gli esecutori materiali della strage di Duisburg.
* La Stampa, 11/2/2010 (16:27)
ALLARME MAFIE
Gli affari tedeschi dei boss
Quasi mille gli affiliati in esilio: è la Germania la nuova patria della ’ndrangheta calabrese
di FRANCESCO LA LICATA (La Stampa, 15/8/2009)
ROMA ’Ndrangheta regina delle mafie, più della celebratissima Cosa nostra. Sembra proprio la «Santa» calabrese l’organizzazione criminale più ricca e potente del momento. Traffica in droga, armi e rifiuti tossici e riesce, con relativa facilità, a riciclare e investire gli ingenti ricavati delle numerose attività illecite. Il territorio scelto per riprodurre il «brodo di coltura» calabrese è la Germania, dove le «famiglie» (le cosiddette ’ndrine) si sono insediate sin dagli Anni Ottanta, riproponendo l’identico modello sperimentato nelle varie zone della Calabria.
Accantonato il business dei sequestri di persona - ritenuto «dispendioso» per gli affiliati esposti a troppi pericoli e poco remunerativo rispetto al rischio della gestione di un ostaggio - i boss calabresi si sono buttati su attività redditizie che consentono, proprio per la facilità di acquisizione del denaro liquido, l’ingresso nelle attività lecite. E così, secondo il Procuratore di Stoccarda, Helmut Krombecher, soltanto i mafiosi residenti in Svevia «hanno lavato e investito oltre 900 milioni di euro in immobili e in aziende».
L’allarme proviene da un’analisi (400 pagine) del Bundeskriminalamt, la polizia federale anticrimine, che ha anche rispolverato un vecchio rapporto del servizio segreto tedesco sui rapporti fra mafia calabrese e mafia siciliana. E’ implicito che l’iniziativa delle autorità della Germania abbia subito un forte impulso in seguito alla strage di Duisburg (una faida con sei morti) di due anni fa. Da allora ha avuto inizio una stretta collaborazione con la polizia italiana e con la Procura nazionale antimafia. Un primo risultato è questo dossier, ripreso adesso dai giornali tedeschi e da «Calabriaora» ma risalente all’inizio di quest’anno.
Scrivono i poliziotti dell’Ufficio federale che nel territorio tedesco operano 229 clan ’ndranghetisti e che gli affiliati sono 967, tutti regolarmente «attenzionati» e schedati. Così si è scoperto che 206 di questi, un terzo della forza totale, sono originari di San Luca. Si tratta di una vera e propria rete di supporto finalizzata alla protezione di latitanti e fuggiaschi: cioè gente che vuole sfuggire alla legge, ma anche uomini in fuga dai loro nemici. Da San Luca, centro della «Casa Madre», fino a disperdersi lungo il Nordreno, Assia, Vestfalia, Baviera e Baden Württemberg. Ogni tanto si verificano punti di crisi: quando i motivi delle faide ancestrali si ripropongono anche in territorio straniero.
L’attività principale delle ’ndrine emigrate sembra il traffico della cocaina, anche per i buoni rapporti che i boss calabresi sono riusciti ad instaurare con i cartelli colombiani. In evidenza anche il racket, praticato tranquillamente nelle grandi città tedesche ed imposto ai «paisà» che sbarcano in Germania senza nessuna rete di protezione. La «Santa» risolve i problemi e chiede in cambio pizzo, fedeltà e obbedienza. L’ultima frontiera dei traffici, ben collegata con complici italiani, è l’attività di trasporto e smaltimento dei rifiuti tossici: un’attività che fa capolino di tanto in tanto ma che non ha mai ricevuto l’attenzione che meriterebbe. L’enorme ricavato di tanta illegalità viene riciclato e reinvestito. Alberghi, turismo, piccole e medie aziende e soprattutto pizzerie e ristoranti come quello (Da Bruno) dov’è avvenuta la strage di Duisburg.
Persino i seriosi investigatori teutonici, nel descrivere il reinvestimento dei capitali sporchi nelle pizzerie, si sono abbandonati all’immaginifico ed hanno titolato: «Ecco la guida Michelin del crimine organizzato in Germania». Centinaia di locali, pub e discoteche. La statistica conclude che «61 ristoranti sono di proprietà del clan Pelle-Romeo e nove delle “famiglie” Nirta-Strangio».
Tanta modernità non impedisce la riproposizione dei riti antichi. Il «Tribunale» che ha sede nella Sibaritide calabrese si è riunito anche a Norimberga ed ha sentenziato pene di morte. Così ha raccontato ai federali il pentito Giorgio Basile, una volta killer di fiducia del boss Santo Carelli. Per sentenza di quella «Corte» sono stati uccisi in Germania Vincenzo Campana, detto «Qua qua», Arcangelo Conocchia e Giovanni Viteritti, «’u pacciu». L’aspetto che preoccupa di più le autorità tedesche riguarda, però, il tentativo di infiltrazione nell’economia legale e nella Borsa. Non pochi segnali inquietanti vengono da Francoforte, dove si teme l’ingresso di denaro dubbio persino nel «gigante energetico» della Gazprom, quotato in Borsa.
Una seconda parte del rapporto dei federali riprende un vecchio rapporto del servizio segreto che avanza una «pista tedesca» per le stragi di Cosa nostra, in Italia, del ’92 e ’93. Secondo il dossier la mafia siciliana avrebbe ottenuto dai calabresi ingenti quantità di esplosivo pagato con cocaina. Il dossier contiene anche le rivelazioni di alcuni pentiti calabresi che, dopo la strage di Falcone del maggio ’92, avrebbero dato l’allarme per una «seconda strage più grave dell’altra». Le indagini allora non andarono da nessuna parte e oggi non sembrano poter offrire nuovi appigli ai magistrati che portano avanti le inchieste siciliane.
Ansa» 2009-03-13 12:36
’NDRANGHETA: PRESO STRANGIO, SUPERLATITANTE DELLA STRAGE DI DUISBURG
REGGIO CALABRIA - E’ stata gia’ avviata la procedura di estradizione per trasferire in Italia Giovanni Strangio, arrestato ieri sera ad Amsterdam per la strage di Duisburg. Strangio e’ stato portato in carcere insieme al cognato Francesco Romeo, arrestato con lui. Anche nei confronti di Romeo e’ stata avviata la procedura di estradizione.
I tempi perche’ i due vengano trasferiti in Italia, secondo quanto riferito dagli investigatori, dovrebbero essere brevi anche per gli accordi in tal senso e la collaborazione tra l’Italia e l’Olanda.
Il superlatitante è accusato di essere stato l’organizzatore e l’esecutore materiale della strage di Duisburg, in cui furono assassinate sei persone. Le vittime della strage, avvenuta davanti il ristorante da Bruno il giorno di Ferragosto del 2007, erano tutte appartenenti alla cosca Pelle-Vottari, contrapposta a quella dei Nistra-Strangio nella faida di San Luca (Reggio Calabria).
Le persone uccise furono Sebastiano Strangio, di 39 anni, titolare del ristorante "da Bruno"; i fratelli Francesco e Mario Pergola, di 20 e 22 anni, che lavoravano nel ristorante; Marco Marmo, di 25, Tommaso Venturi, di 18, e Francesco Giorgi, di 17. Ad agire fu un commando della ’ndrangheta venuto da San Luca composto da almeno quattro persone. I complici di Giovanni Strangio nell’esecuzione della strage non sono stati ancora identificati, ma la polizia sarebbe da tempo sulle loro tracce.
I due arresti sono stati compiuti "grazie all’impegno dei ragazzi della squadra mobile di Reggio Calabria e dello Sco di Roma", ha commentato Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia, tributando agli investigatori "un plauso particolare".
Strangio, inserito nell’elenco dei30 latitanti più pericolosi, è stato bloccato dalla polizia nella città olandese mentre era in compagnia della moglie e del figlio. Secondo l’accusa, compì la strage per vendicare l’assassinio della cugina, Maria Strangio, uccisa a San Luca il giorno di Natale del 2006. Una delle vittime della strage, Marco Marmo, infatti, era sospettato di essere il responsabile dell’uccisione di Maria Strangio nell’agguato in cui restò ferito anche il nipote di cinque anni della donna. Secondo quanto è emerso dalle indagini, obiettivo dell’agguato in cui morì Maria Strangio sarebbe stato, in realtà, il marito della donna, Giovanni Nirta, considerato uno dei capi della cosca Nirta-Strangio.
Gli investigatori, dopo la strage di Duisburg, grazie alla collaborazione di una testimone, tracciarono l’identikit di uno dei possibili responsabili della strage. E alla fine di agosto identificarono in Giovanni Strangio uno dei presunti esecutori. Strangio era stato scarcerato pochi mesi prima della strage dopo essere stato arrestato perché trovato in possesso di una pistola ai funerali di Maria Strangio. Era stato lui ad esprimere i maggiori propositi di vendetta per l’agguato contro Giovanni Nirta costato la vita alla moglie di quest’ultimo.
Giovanni Strangio, in Germania, era titolare di due pizzerie considerate dagli investigatori basi logistiche per gli affari della ’ndrangheta in Germania. Lo stesso ristorante da Bruno, davanti al quale avvenne la strage di Duisburg, sarebbe stato utilizzato dalla cosca Pelle-Vottari per nascondere armi. Romeo, arrestato insieme Strangio, era ricercato dal 1997 con l’accusa di traffico internazionale di droga.
Il boss della ’Ndrangheta preso insieme a Romeo: erano tra i 30 ricercati più pericolosi
Sono stati individuati ad Amsterdam dalla polizia: indagini basate su intercettazioni
Arrestato in Olanda Giovanni Strangio
uno dei boss della strage di Duisburg *
REGGIO CALABRIA - I latitanti Giovanni Strangio e Francesco Romeo sono stati arrestati dalla Polizia di Stato ad Amsterdam. I due ricercati erano inseriti fra i 30 piu’ pericolosi. Strangio è accusati di essere coinvolto nella strage di Duisburg, la strage del Ferragosto 2007 nella quale furono uccisi sei italiani, calabresi: uno minore e gli altri tra i 20 e 39 anni, e che portò alla ribalta internazionale la faida di San Luca. Oltre 70 bossoli ritrovati sul luogo del massacro, di fronte al ristorante "Da Bruno". Uno dei sei uccisi era lo chef-proprietario, da vent’anni viveva in Germania. Francesco Romeo è il cognato del boss.
L’arresto di Strangio, che era con la moglie e il figlio, e Romeo è stato eseguito da agenti della Squadra mobile di Reggio Calabria e del Servizio centrale operativo (Sco) di Roma. Gli investigatori sono arrivati ad individuare in Olanda i due latitanti attraverso indagini basate su intercettazioni. Ad Amsterdam Strangio e Romeo sono stati presi in consegna dalla Polizia olandese e sul posto, oltre ai poliziotti italiani, ci sono anche agenti della polizia tedesca che indagano sulla strage di Duisburg.
* la Repubblica, 12 marzo 2009
Ansa» 2008-05-09 09:54
’NDRANGHETA: ARRESTI PER LA FAIDA DI SAN LUCA
REGGIO CALABRIA - E’ in corso un’operazione dei carabinieri per l’esecuzione di dieci ordinanze di custodia cautelare emesse su richiesta della Dda di Reggio Calabria contro esponenti delle cosche della ’ndrangheta Nirta-Strangio e Pelle-Vottari. I due gruppi criminali contro i quali e’ in corso l’operazione, denominata Zaleuco ed eseguita dai carabinieri del Gruppo di Locri, sono coinvolti nella faida di San Luca culminata, il giorno di Ferragosto dello scorso anno, nella strage di Duisburg, in Germania, nella quale furono uccisi sei esponenti della cosca Pelle-Vottari.
Gli arresti, eseguiti, oltre che a San Luca, a Bovalino e Benestare, sempre nella Locride, ed a Bologna ed Udine, rappresentano il frutto di indagini condotte dai carabinieri sugli omicidi accaduti nell’ambito della faida, iniziata nel 1991. Alle dieci persone coinvolte nell’operazione viene contestata l’appartenenza ad un associazione per delinquere di tipo mafioso che avrebbe svolto la sua attività sia a San Luca ed in altri centri della Locride, che in Germania, ed in particolare a Duisburg e Kaarst. Il gruppo criminale che è stato sgominato aveva come finalità il traffico di armi e di esplosivi e l’acquisizione ed il controllo di attività economiche.
I riscontri investigativi acquisiti nel corso delle indagini, secondo quanto riferito dai carabinieri, hanno consentito di attribuire all’organizzazione che è stata sgominata la configurazione di gruppo criminale organizzato a livello transnazionale. Le indagini, che hanno portato all’operazione, hanno consentito una ricostruzione minuziosa di antefatti e dinamiche susseguenti alla strage di Duisburg ed all’acquisizione di nuovi riscontri sulle vicende criminali, al centro della faida e sul ruolo svolto in tale contesto da appartenenti e fiancheggiatori dei gruppi in lotta. Gli arresti rappresentano il seguito dell’operazione Fehida che il 30 agosto dello scorso anno aveva portato alla cattura di 29 persone appartenenti alle cosche di San Luca accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, omicidi e traffico di armi. Nel corso dell’operazione sono state anche eseguite una serie di perquisizioni nelle abitazioni di alcuni indagati.
Ci sono anche Maria Pelle ed Antonella Vottari, moglie e sorella del boss Francesco Vottari, capo dell’omonima cosca della ’ndrangheta, tra le persone arrestate dai carabinieri nell’ambito dell’operazione sulla faida di San Luca. Le due donne, secondo l’accusa, sarebbero state inserite organicamente nella cosca, partecipando alle attività criminali del gruppo. Francesco Vottari era già stato arrestato nello scorso mese di ottobre dai carabinieri. Tra le persone destinatarie delle dieci ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip su richiesta della Dda di Reggio Calabria, ci sono, inoltre, Francesco Barbaro, detto ’u castanu’, già detenuto, e Giuseppe Pelle, soprannominato "saccu iancu", reggente dell’omonima cosca per conto di Antonio Pelle, detto ’gambazza’, inserito nell’elenco dei trenta latitanti più pericolosi del Ministero dell’Interno. L’indagine s’inserisce nel filone investigativo seguito alla strage di Duisburg, ma a nessuno degli arrestati, secondo quanto hanno riferito i carabinieri, viene contestata la partecipazione all’agguato accaduto nel giorno di Ferragosto dello scorso anno in cui vennero uccisi sei presunti appartenenti alla cosca Pelle-Vottari.
Eseguiti dalla polizia provvedimenti restrittivi per 55 affiliati
In manette i presunti autori di alcuni omicidi. Scoperti tre arsenali
’Ndrangheta, blitz nel Crotonese
Decapitati i vertici di alcune cosche
CROTONE - Duro colpo alla ’ndrangheta in provincia di Crotone. Questa mattina una vasta operazione antimafia della polizia ha permesso di eseguire 55 ordini di arresto nei confronti di appartenenti alle famiglie mafiose più influenti della zona. Tra le persone arrestate ci sono anche i presunti autori di alcuni omicidi.
L’operazione, denominata "Eracles 2", costituisce la seconda tranche di un’indagine conclusasi all’inizio di aprile con il fermo di 39 persone legate alle cosche crotonesi. Oggi, grazie a un provvedimento emesso dal gip distrettuale di Catanzaro Tiziana Macrì, quei fermi sono stati confermati e sono stati sottoposti a misura cautelare altri 16 presunti affiliati alla ’ndrangheta. Si tratterebbe di esponenti della cosca Vrenna-Bonaventura-Corigliano, ai quali si aggiungono degli affiliati delle famiglie Russelli e Megna, che rappresentano "la diramazione papaniciara" che fa capo a Grande Aracri nel Crotonese.
Le attività investigative hanno consentito di delineare le strutture e le strategie operative dei gruppi criminali, decapitandoli dei vertici. Oltre ai presunti capi delle cosche, sarebbero finiti in manette gli esecutori materiali di alcuni omicidi. Tra le persone coinvolte ci sarebbero anche gli assassini di Francesco Gallo e Leonardo Covelli, uccisi a Crotone nel 2000 per contrasti interni alla cosca dei Vrenna-Corigliano-Bonaventura. Sono state scoperte, dicono gli investigatori, numerose estorsioni che le organizzazioni mafiose locali esercitavano, anche in forma violenta, nei confronti di imprenditori del settore edile e di titolari di esercizi commerciali. Sono stati inoltre individuati tre depositi dove erano custoditi esplosivi, pistole e fucili mitragliatori.
Gli arrestati dovranno rispondere di numerose accuse, tra le quali associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, detenzione di armi e traffico di sostanze stupefacenti. "Sia i due gip di Crotone che ora il gip di Catanzaro hanno dimostrato che l’impianto accusatorio sembra sia corretto", ha commentato il pm della procura distrettuale antimafia di Catanzaro Pier Paolo Bruni, uno dei coordinatori dell’inchiesta, aggiungendo che anche le persone arrestate oggi sono "soggetti di primo piano".
* la Repubblica, 28 aprile 2008.
Nel mirino abitazioni, aziende, terreni e altro. Tutti riconducibili ai clan
di San Luca Nirta-Strangio e Pelle-Vottari, protagonisti di una faida infinita
’Ndrangheta, maxisequestro di beni alle famiglie della strage di Duisburg
Un valore complessivo di oltre 150 milioni di euro. Trovato anche un bunker
nella palazzina dei familiari del boss latitante Antonio Pelle: "E’ stato usato recentemente"
REGGIO CALABRIA - Un’operazione dei carabinieri, in provincia di Reggio Calabria e in Lombardia, ha portato al sequestro di beni - per un valore di 150 milioni - di euro a cosche della ’ndrangheta. Secondo l’accusa, il patrimonio è riconducibile alle famiglie Nirta-Strangio e Pelle-Vottari, protagoniste della sanguinosa faida di San Luca culminata, nel giorno di Ferragosto dello scorso anno, nella strage di Duisburg, in Germania, nella quale vennero uccise sei persone.
E nel corso delle perquisizioni è stato scoperto a San Luca anche un bunker, nella palazzina in uso ai familiari del latitante Antonio Pelle, detto ’’’Ntoni Gambazza", il boss irreperibile dal 2000. E che deve scontare una condanna definitiva a 26 anni di reclusione. Nei giorni scorsi un altro bunker era stato trovato nello stesso edificio. Il nascondiglio trovato oggi, realizzato a piano terra e a cui si accede con un meccanismo telecomandato, sarebbe stato utilizzato recentemente.
Tra i beni sequestrati, invece, ci sono aziende, attività commerciali, abitazioni, terreni, polizze assicurative e auto di lusso. Il sequestro è stato disposto dal tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Reggio e della Procura di Locri.
La faida di San Luca, che vede al centro le famiglie Nirta-Strangio e Vottari-Pelle, ha avuto inizio nel giorno della festa di carnevale del 1991. All’origine dello scontro un banale lancio di uova tra un gruppo di giovani. Quell’episodio portò al compimento di un agguato nel quale furono uccise due persone, e altre due rimasero ferite.
Col passare degli anni, però, la faida ha assunto altri connotati, e gli omicidi che si sono susseguiti hanno avuto come movente principale il controllo del traffico di droga e l’infiltrazione negli appalti pubblici. Lo scontro ha fatto registrare anche un lungo periodo di pausa, sino al Natale 2006 quando, in un agguato, tre persone, tra le quali un bambino, rimasero ferite e fu uccisa una donna, Maria Strangio, moglie di uno dei presunti boss, Giovanni Luca Nirta, considerato dagli investigatori il vero obiettivo dell’agguato.
La risposta a quell’agguato è stata la strage di Duisburg, con sei persone uccise a Ferragosto davanti al ristorante "da Bruno" di proprietà degli Strangio.
* la Repubblica, 4 marzo 2008
La lotta alla ’ndrangheta: Giuseppe Nirta è latitante
Arresti fra Montecatini e Lima, individuato deposito di coca
Duisburg, individuato l’altro killer
Traffico di coca Perù-Calabria
di GIUSEPPE BALDESSARRO *
REGGIO CALABRIA - Ha un nome il secondo killer della strage di Duisburg. Si tratta di Giuseppe Nirta, cognato di Giovanni Strangio, già ricercato da mesi proprio per l’agguato di ferragosto davanti al ristorante "Da Bruno". L’uomo è stato individuato grazie alle impronte digitali rilevate in un’abitazione di Duesseldorf, affittata dal commando prima di eseguire la strage.
A rivelarlo è stato il settimanale "Focus", secondo il quale la polizia belga aveva anche rintracciato fin dallo scorso ottobre in Belgio la Renault Clio nera usata dagli assassini per fuggire dopo il massacro. La segnalazione era arrivata da un cittadino di Gand, che aveva notato l’auto sospetta e con le chiavi ancora inserite nel cruscotto. Secondo la ricostruzione delle forze di polizia, dopo l’agguato costata la vita a 6 persone tutte originarie della Locride e legate al clan Vottari-Pelle, i killer delle famiglie Nirta-Strangio avrebbero attraversato la frontiera belga, per poi rientrare molto probabilmente in Italia.
Il procuratore di Duisburg, Detlef Nowotsch ha confermato che nell’auto sono state rinvenute "numerose tracce", ma non ha voluto aggiungere particolari. Secondo alcune fonti, sul sedile accanto al posto di guida della Clio sarebbero state rinvenute tracce di Dna che non appartengono a Strangio e che devono dunque essere attribuite al suo complice. Le autorità ritengono che si tratti del cognato di Strangio, Giuseppe Nirta, ricercato con un mandato di cattura internazionale. Gli inquirenti si dicono anche convinti che le tracce di dna rinvenute nella Renault nera usata per la fuga appartengono proprio a Nirta, come quelle reperite nell’abitazione di Duesseldorf.
Gli inquirenti tedeschi hanno presentato una richiesta di rogatoria per poter confrontare il Dna ritrovato con quello dei familiari di Giuseppe Nirta. Che la faida di San Luca non fosse determinata solo da dissapori tra famiglie mafiose rivali è da tempo più di un semplice sospetto. Di recente tuttavia si va consolidando l’idea che la guerra di ’ndrangheta abbia come ragione fondamentale il controllo di interessi criminali in Germania. Primi tra tutti il riciclaggio e il traffico internazionale di droga.
A dimostrare che i clan dell’Aspromonte siano impegnati nel narcotraffico c’è anche l’operazione portata a compimento nei giorni scorsi dagli uomini della Questura di Reggio Calabria.
La Polizia ha arrestato a Montecatini Terme (Pistoia) due persone, accusate di essere affiliate ad una cosca della Locride, per traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Altri tre arresti, nell’ambito della stessa operazione, condotta dalla sezione antidroga della Squadra mobile di Reggio Calabria, sono stati fatti a Lima, in Perù.
L’operazione, fatta in collaborazione con la Polizia peruviana, ha consentito di bloccare l’importazione in Italia di 40 chilogrammi di cocaina. La droga, che è stata sequestrata, era in possesso dei tre corrieri stranieri bloccati nei pressi dell’aeroporto di Lima. Le due persone arrestate a Montecatini sarebbero affiliate alla cosca della ’ndrangheta Sergi-Marando-Trimboli di Platì, particolarmente attiva nel traffico internazionale di cocaina.
Secondo quanto appreso, la polizia, a Montecatini, ha sequestrato anche sette chilogrammi di cocaina e 40 mila euro in contanti. L’operazione, denominata "Zappa 3" è stata coordinata dalla distrettuale antimafia di Reggio Calabria e portata a termine dalle questure di Pistoia e Reggio Calabria.
Nel corso di una conferenza stampa, a cui hanno preso parte il questore Santi Giuffrè, il capo della mobile Renato Cortese e della narcotici Diego Trotta, è stato spiegato che una villetta di Montecatini Terme sarebbe stata utilizzata come deposito della cocaina. Le due persone arrestate a Pistoia sono Franco Biagini, sorvegliato speciale, e Franco Pellegrini, anch’egli con precedenti penali. Entrambi toscani. In Perù sono finiti in manette i corrieri Ondrej Kelemen, di nazionalità ceca, Sarda Dalloeshingh, olandese, e Jorge Daniel Acosta Reyes, uruguaiano.
* la Repubblica, 1 marzo 2008
Il ritrovamento della cimice è l’ultimo di una serie di episodi in una Regione che lo Stato sembra aver dimenticato
La democrazia presa in ostaggio nel palazzo dei veleni e dei misteri
di GIUSEPPE D’AVANZO *
Non accade tutti i giorni che si spii un pubblico ministero nel suo ufficio. Che si seguano da vicino le sue mosse investigative. Che si anticipino le sue iniziative. Che magari le si vanifichi con accorte fughe di notizie utili a mettere sul chi vive i potenziali indagati, fino a quel momento molto loquaci nelle conversazioni telefoniche intercettate.
Non accade tutti i giorni che - più o meno, esplicitamente - si sospetti che lo "spione" sia un magistrato della stessa procura della Repubblica, legato - evidentemente - agli interessi storti che quell’ufficio dovrebbe scovare e punire e non alla Costituzione. Eppure, nonostante la singolarità della circostanza, si fa fatica a stupirsene. Prima o poi doveva accadere che venissero in superficie i velenosi miasmi che attossicano la Calabria e Reggio. Non sorprende che siano affiorati proprio nel luogo - il palazzo di giustizia - che dovrebbe sovrintendere alla legalità di un angolo d’Italia dove gli interessi della ’ndrangheta sono intrecciati ai poteri più visibili e formalizzati della politica, dell’economia, delle istituzioni. Fino ad assumere quasi funzioni di ordine pubblico.
Perché la ’ndrangheta - oggi più di Cosa Nostra, più della Camorra - garantisce ogni tipo di transazioni; preleva tributi; offre occasioni impensate di profitto e di reddito, che altrimenti in quei territori dimenticati dall’agenda dei governi non ci sarebbero. E’ un protagonismo che le consente di governare come intermediario decisivo i flussi di risorse e spese pubbliche, addirittura di condizionare la democrazia rappresentativa con il controllo delle assemblee elettive.
Della pervasività del potere mafioso delle ’ndrine - al contrario di Cosa Nostra e Camorra - non si parla mai. Come si ignorano, nel discorso pubblico nazionale, le arretratezze e le opacità delle istituzioni calabresi. Nel buio di una regione dimenticata, l’autorità, l’influenza, la forza della ’ndrangheta hanno potuto così crescere inosservate e senza fastidi facendo, di quell’organizzazione, il cartello criminale di gran lunga più pericoloso, più internazionale, più invasivo del nostro Paese, orientato a un lavoro transnazionale, soprattutto nel traffico di droga dove - sostiene la direzione nazionale antimafia - ha assunto "quasi una posizione monopolistica resa possibile dagli stretti collegamenti con i paesi produttori e con il controllo delle principali rotte di transito degli stupefacenti".
Oggi la ’ndrangheta è una multinazionale del crimine capace di essere, al tempo stesso, "locale" ("vero e proprio presidio territoriale, idoneo ad assicurare il controllo del territorio, nella sua accezione più ampia, comprensiva dunque di economia, società civile, organi amministrativi territoriali") e "globale", rete criminale connessa al mondo attraverso il narcotraffico e il traffico internazionale di armi. Sostiene la direzione antimafia: "Risulta ormai dimostrata l’elevata capacità della ’ndrangheta di rapportarsi con le principali organizzazioni criminali straniere, in particolare con i cartelli colombiani ed anche con almeno una struttura paramilitare colombiana che risulta coinvolta in attività di produzione e fornitura di cocaina. Sono consolidati e stabili i rapporti con i gruppi - sud-americani e mediorientali - fornitori di stupefacenti tanto da far divenire la ’ndrangheta, nello specifico settore, un punto di riferimento anche per altre organizzazioni criminali endogene".
Per sciogliere un nodo così serrato, come fu chiaro dopo l’assassinio in un seggio elettorale di Francesco Fortugno o la strage di Duisburg, sarebbe stata necessaria una battaglia nutrita di un alimento etico-politico; un adeguato sostegno dello spirito pubblico; il coinvolgimento di individui e gruppi, élite e popolo su obiettivi comprensibili e condivisi capaci di rendere concreta la convenienza della legalità e assai fallimentare la scelta della illegalità. Una "politica" che riuscisse a ridimensionare un potere militare, economico e politico che non accetta di essere messo in discussione nemmeno negli aspetti più marginali. Come testimonia il clima di intimidazione continuo che ogni istituzione o rappresentante delle istituzioni deve subire. Minacce. Attentanti con bombe. Fucilate alle porte di casa. Incendi di auto e di abitazioni. Ne sono stati vittima, nel corso del tempo, i sindaci di Reggio Calabria, San Giovanni, Seminara, Sinopoli, Melito Porto Salvo, Casignana, il vice sindaco di Palmi. Uno scenario che, come forse si ricorderà, convinse lo sconsolato presidente della Confindustria calabrese, Filippo Callipo, ad appellarsi al capo dello Stato per invocare la presenza nella regione dell’esercito.
La verità è che non è mai riuscita a diventare una priorità né dei pubblici poteri né dell’opinione pubblica la distruzione di un’organizzazione criminale capace di controllare un terzo del traffico di cocaina del mondo con profitti per decine di miliardi di euro né un’urgenza il riscatto di una regione dove operano 112 cosche, c’è un’intensità criminale del 27 per cento (pari a una persona su quattro), con un epicentro nel Reggino di 4/5 mila affiliati su una popolazione di 576mila abitanti. L’affare è precipitato, come sempre accade in casa nostra, sulle spalle della magistratura. Affar suo, soltanto suo. Gioco facile, per le ’ndrine, inquinare anche quelle acque nell’indifferenza dei governi e della consorteria togata.
Pochi mesi fa, della magistratura calabrese, fece un quadro esauriente e drammatico un giudice civile, Emilio Sirianni. Raccontò che cosa può accadere nelle aule di giustizia di quella regione. Nel novembre del 2006, a Vibo Valentia, fu arrestato il presidente di sezione del Tribunale civile insieme a pericolosi mafiosi locali. Sia prima che dopo l’arresto, c’è stato il silenzio intimidito o complice dei magistrati di quel Tribunale. La Procura di Locri è stata lasciata a lungo nelle mani di un giovanissimo magistrato e, solo quando andò via, si accertò l’esistenza di 4.200 procedimenti con termini scaduti da anni, su un totale di 5000 e di circa 9000 procedimenti "fantasma" (risultavano nel registro, erano inesistenti in ufficio).
Capita, in Calabria, di vedere entrare un avvocato in camera di consiglio e trattenersi a colloquio con i giudici durante la deliberazione. In Calabria può accadere che un giudice decida che un notaio, imputato di "falso ideologico", non sia considerato un pubblico ufficiale. Reato derubricato in "falso in scrittura privata", tempi di prescrizione ancora più brevi. Notaio prosciolto. Il pubblico ministero non propone l’appello. La disorganizzazione dell’ufficio lascia scadere i termini.
O il caso di quel bancarottiere? Dichiara di aver utilizzato i soldi distratti all’impresa per curare il fratello malato di cancro. Il giudice riconosce lo "stato di necessità" e, senza chiedergli prova della malattia del fratello e del suo stato di indigenza, lo proscioglie. Sulla parola. "Conformismo, tendenza al quieto vivere, fuga dai processi scottanti, pigrizia" sono per Sirianni i codici di lavoro della magistratura in Calabria, "una magistratura che - per indifferenza, paura, connivenza, conformismo, furbizia - gira la testa dall’altra parte, strizza l’occhio ad alcuni imputati, non vigila e non fa domande sulle anomalie dell’ufficio".
Stupirsi allora per una microspia? Meravigliarsi delle fughe di notizie pilotate che "salvano" gli indagati e soffocano le inchieste? Sbalordire se le trattative per un allentamento delle severe regole del carcere per i mafiosi siano protette con una "soffiata"?
* la Repubblica, 27 aprile 2008.