Politica

Calabria: Marco Militerno: "San Giovanni in Fiore è in coma. Spingiamo per le primarie, strumento di vera democrazia"

venerdì 29 febbraio 2008.
 

La città è in coma.

La vita scorre greve, vivacchiando di poco, perchè solo di quel poco ci si può accontentare. La classe politica di San Giovanni è morta e noi ci limitiamo a registrare, come dei meschini notai, le fasi di un declino cui il territorio va incontro, inesorabilmente.

La città vive un pericoloso stato di oblìo amministrativo e sociale, dove chi ha le responsabilità maggiori fa finta di niente e tira a campare, dannosamente e impunemente.

Ci si contenta di qualche timido prosieguo di lavori pubblici, giusto perché gli interessi sono forti e val la pena di continuare e propagandare.

La “santa triade di centrosinistra”, di cui il graditissimo presidente della provincia decantava i potenziali miracolosi effetti per il territorio, non ha sortito alcuna opera benefica per il territorio, se non quello di smascherare ancora di più il vero obiettivo di questa classe dirigente: la cura del potere, e gestita anche male.

Sono tre mesi che non si celebra un consiglio. Sono mesi che si discute d nuovi assetti politici. Sono decenni che i problemi di questa città rimangono puntualmente elusi e ingigantiti per evidente irresponsabilità politica.

Innanzi ad una crisi amministrativa e politica così forte tutti ci sentiamo disarmati e arrendevoli ma con una verità insindacabile; il fallimento di un’intera classe dirigente che davanti alla monnezza in casa riesce solo a sollevare il capo per evitarne la puzza, dimenandosi tra sacchi fetidi e putrefatti.

Fra un po’ arrivano le nuove elezioni politiche; le incostituzionali II° atto. Ancora una volta, non saremo noi a scegliere i nostri rappresentanti, bensì i segretari di partito con i loro luogotenenti territoriali. Il popolo italiano avrà nuovi rappresentanti, incostituzionali, in parlamento. Tutti però accomunati dall’italico vizio della tutela degli interessi della patria; oggi sempre più confusi con quelli di carattere personale o al massimo di qualche amico fraterno.

Ci dichiariamo tutti schifati di ritornare alle urne, con la promessa di non ricascarci. Puntualmente però ci cadremo perché in Italia, e al Sud ancor di più, il voto non è libero, checché ne dica la Costituzione.

C’ è chi aspetta il posto nell’Anas, chi la concessione di costruire la villetta in area parco, chi la promozione in ufficio, chi spacciandosi per invalido un posto di centralinista alla regione, chi per tutta la vita dovrà dimostrare riconoscenza per qualcosa che gli spettava di diritto.

La lista d’attesa di anno in anno si ingrossa sempre di più, proprio come il portafoglio e le prebende dei nostri onorevoli.

Chi invoca le primarie, autentico argine oggi alla partitocrazia imperante e staticida, lo fa nel rispetto delle proprie idee e di quelle altrui. Chi le evita non tradisce soltanto la propria coscienza di cittadino, stanco di vedere i soliti volti a pontificare innanzi allo sfascio, ma viene meno anche alla sua cultura politica, sia essa liberale, comunista, cattolica, socialista, perché no anche qualunquista in cui innanzi a tutto viene il bene del paese e del suo popolo, piuttosto che la difesa della gestione del potere in mano di pochi.

Siamo coscienti della situazione grave, ma non per questo irresponsabili da avallarne la sua evoluzione. Occorre che tutte le forze positive della società, anche quelle residue nei partiti, si diano da fare e facciano proprie le spinte di cambiamento che provengono dal basso.

Abbracciare lo strumento delle primarie significa richiamare i politici ad una condotta civica più consona al loro ruolo, più vicina alla gente; ricordargli che sono lì non per diritto divino, ma per delle regole democratiche che li investono del potere di gestire la cosa pubblica in modo onesto e trasparente, e non per meriti, spesso demeriti, partitocratici.

Significa, una volta per sempre, far contare la gente nella scelta dei candidati sottraendo ai partiti il potere esclusivo di calare dall’alto i suoi pezzi da novanta, come ancora una volta sarà per le imminenti politiche.

Marco Militerno


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