di Ida Dominijanni, (il manifesto, 20 maggio 2006, p. 2)
«Tra poco più di un mese avremo un referendum sulla Costituzione, io credo che quel cambiamento costituzionale debba essere bloccato. Ma come tutte le Costituzioni credo che anche la nostra, che è una splendida Costituzione, abbia bisogno di revisioni e aggiornamenti. Sulla Costituzione, come sulla legge elettorale, io intendo che non si facciano cambiamenti se non con un dialogo approfondito con l’opposizione». Posto alla fine della replica di Prodi di ieri al senato, il riferimento al referendum del 25 giugno acquista il rilievo che gli è dovuto. E tuttavia non fuga i dubbi e i non detti che aleggiano sulla strategia referendaria e postreferendaria del centrosinistra.
In primo luogo, la sequenza di Prodi sembra dare per scontato un esito felice del referendum: si va alle urne, vince il no, si archivia la controriforma della Cdl; dopodiché il processo di riforma si riapre, nel confronto fra maggioranza e opposizione. Ora, che il referendum vada per il meglio non è affatto scontato. Può darsi che ci ripensino, ma all’indomani della sconfitta elettorale Berlusconi e i suoi alleati avevano deciso di comune accordo (cioè superando i precedenti contrasti di merito) di fare del 25 giugno il giorno della revanche. Ferma restando questa intenzione, la mobilitazione dell’elettorato di centrodestra sarà ampia e ideologicamente sostenuta, a fronte di una mobilitazione del centrosinistra fin qui fiacca e poco motivata. Niente autorizza dunque l’ottimismo, e nemmeno il silenzio sullo scenario catastrofico che si aprirebbe nella malaugurata ipotesi che a vincere fosse il sì.
Ma se anche la vittoria del no si potesse dare per certa, la sequenza di Prodi resterebbe oscura, non per quello che dice ma per quello che non dice. Che ogni Costituzione, compresa la nostra, possa essere riformata è ovvio, che debba essere riformata in modo condiviso è giusto (anche se fin qui, dopo il fallimento della bicamerale, sia il centrodestra sia il centrosinistra l’hanno modificata a maggioranza). Come la nostra «splendida» Costituzione debba essere riformata dopo più di un decennio speso, nel centrodestra e in larga parte del centrosinistra, a delegittimarla, è invece il non detto che pesa sul dopo-referendum e sul quale Prodi, come tutti i laeder di centrosinistra, glissa.
Non glissa invece la cultura giuridica e costituzionale che al centrosinistra fa riferimento, che da anni evidenzia questo colpevole processo di delegittimazione, e che oggi è convinta che la vittoria del no al referendum sia cruciale ma non garantisca affatto che le cose prendano una giusta piega in seguito. Ancora giovedì scorso, mentre Prodi presentava il suo governo al senato, un incontro promosso a Roma dalla Fondazione Basso e introdotto da Luigi Ferrajoli ha fatto il punto della questione. E il punto non è solo liquidare una controriforma che fa a pezzi il principio d’uguaglianza tramite la devolution, dà tutti i poteri al premier, mortifica il parlamento, paralizza il processo legislativo. Il punto è, o sarebbe, invertire quel processo di delegittimazione, rilanciando la Carta del ’48 nei suoi principi fondamentali, a partire dall’uguaglianza (tradita del resto anche tramite legge ordinaria, si pensi alla legge 40). Un rilancio che richiederebbe insieme una buona « restaurazione culturale» e una buona riforma, in grado di agganciare la Costituzione italiana alla Carta dei diritti europea (Stefano Rodotà, Giuseppe Bronzini).
Ma è questa la riforma di cui (non) parlano Prodi e gli altri leader del centrosinistra, o è una riforma che punta solo a moderare gli eccessi di quella berlusconiana, confermandone la sostanza quanto a verticalizzazione dei poteri, svuotamento della rappresentanza, riduzione dell’uguaglianza? Prima di chiamarci alle urne, la nuova maggioranza dovrebbe provarsi a dissipare questi dubbi.
Vi ricordo che il 25 26 giugno abbiamo la possibilità votando si di cambiare la storia del nostro paese, sarà il primo passo verso il federalismo . la scelta di approvare la riforma attraverso il referendum popolare è la più democratica possibile perché saremo noi a decidere, per questo è giusto sacrosanto importante fare informazione e chiarezza abbandonando le ideologie (destra o sinistra). Per questo vi invito a leggere un riassunto su questa riforma.
Altre informazioni le trovate a questo sito : http://digilander.libero.it/FEDERALISTACONVINTO/index.htm
Referendum devoluzione 25-26 giugno IL DECALOGO DELLA RIFORMA VOTA SI COSTITUZIONALE I Viene ridotto il numero dei parlamentari: da 950 a 773, con significativo risparmio per le finanze pubbliche. II Saranno i cittadini, e non più i palazzi della politica, a scegliere maggioranza parlamentare, coalizione di governo e primo Ministro: è il premierato. III Non più due Camere identiche, l’una doppione dell’altra. Ora il Senato sarà federale ed avrà una sua funzione specifica: rappresentare le esigenze delle Regioni. La Camera si occuperà di quelle dello Stato. IV Semplificato il procedimento legislativo. Non più lunghi e ripetuti passaggi di testi fra le due Camere, ma ciascuna Camera approverà le leggi nelle materie di propria competenza. Il risultato sarà la riduzione dei tempi e dei costi per le casse pubbliche. V La legge dovrà stabilire limiti al cumulo delle indennità parlamentari con altre entrate. VI I regolamenti parlamentari dovranno tutelare i diritti delle opposizioni: ora questo non è previsto. VII L’ordinamento evolve in senso federale, come sta avvenendo in molti Stati moderni: viene riequilibrato il riparto delle competenze tra Stato e Regioni per garantire migliori servizi ai cittadini, senza compromettere l’unità del Paese. Alle Regioni vengono devolute particolari funzioni in materia di istruzione, sanità e polizia locale. Tutte avranno le stesse opportunità, senza penalizzazioni per alcune aree rispetto ad altre e senza la differenziazione tra le Regioni, prevista dalla riforma del 2001. Si avrà quindi un federalismo equo, solidale ed equilibrato. VIII Tutte le leggi regionali dovranno rispettare il criterio dell’interesse nazionale, non più previsto a seguito della riforma del 2001. IX Sulle modifiche alla Costituzione sarà sempre possibile chiamare i cittadini ad esprimersi, mentre ora ciò non avviene se tali modifiche sono state approvate dalle Camere con la maggioranza dei due terzi. X Aumentano le garanzie per i comuni e le province, gli enti più vicini ai cittadini: potranno ricorrere alla Corte costituzionale in caso di lesione delle proprie competenze.