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Massimo D’Alema è invecchiato. Me ne sono accorto soltanto qualche giorno fa, vedendolo, bianco e grigio, contrapporsi alla Rossanda. Da Lerner si discuteva della metamorfosi della sinistra. Il presidente diessino calcava la mano sopra i toni da crociata antibolscevica dell’uomo antenna nazionale. Per il resto, non mostrava aperture significative. Soprattutto, la Rossana del “manifesto” sembrava assai più giovane, ironica e combattiva del leader della Quercia. La Finocchiaro, qualche giorno più avanti, sempre simpatica, si esprimeva contro Castelli, nella bella sala “Mastai” del grande cavaliere Marra, col «ragionare» caro a D’Alema. Mezzo acrobata e ragioniere, ha dovuto faticare e cangiare, lo skipper di Puglia, per concorrere con la potenza mediatica di Forza Italia. Se serve, passi. A San Giovanni in Fiore è giunto, appresso, in un momento drammatico, nerissimo. Coi disoccupati in rivolta, una rivolta insensata, che sta bloccando ogni possibilità di sviluppo. Questi signori devono capire che viviamo tempi al limite e che, se manca un progetto organico in Calabria, l’emigrazione farà il deserto. In Italia, non ne parliamo. La solidarietà statale è morta, i giovani non hanno un orizzonte, il ritardo nella produzione e tecnologia è gravissimo e ci avviamo verso le quattro nazioni interne, grazie al leghismo del Polo. Ovviamente, il popolo s’incanta a botte di “Grande fratello”, isole di fama, “vespismi”, salamelecchi e «tricche e ballacche». A San Giovanni in Fiore, invece, servono e urgono promesse, "gentilismi", favori di commissione, licenze comode, fisarmoniche, vino e trippa. C’avrei voluto parlare con D’Alema. Per dirgli, intanto: «Che fine ha fatto la sinistra che rappresenti? La vedi, qui? Che guaio sta polpetta di scarti, avanzi e prezzemolo!». Dobbiamo dircelo ed evitare le pezze, care all’amicone Giovanni Iaquinta, segretario della locale Gramsci. Il nostro paesetto è rovinato e le responsabilità, se non siamo ciechi, stanno dalla nostra parte. Io mi posiziono a sinistra, ma con spirito liberale e anima cattolica. Non accetto gli schemi né le difese a oltranza. Sicché a D’Alema avrei cantato con parole di De Andrè, senza appello. Quale rinnovamento, nelle nostre sezioni? E, soprattutto, non ci siamo spostati verso un liberismo che sostiene gli interessi del grande capitale, senza considerare le esigenze reali del nostro territorio? Incidentalmente, andrò a votare con profondo dolore, convinto che le parti in causa si equivalgono e non presentano troppe differenze. Farò il mio dovere, certo che si debba intanto scacciare il pericolo della destra. Ma non ho alcuna illusione circa la ripresa nazionale. I tempi non sono maturi. La Calabria è fuori, gli uffici pubblici delirano e gli amministratori locali sono bloccati da uno stalinismo vecchissimo, prima del cinquantatré. Per quanto sia storica la presenza di D’Alema oggi, doveva venire a trovarci quando era presidente del Consiglio. Allora, doveva fermare la speculazione che certi ominicchi del centrosinistra hanno fatto col Reddito minimo, passandola liscia liscia. Doveva difendere la misura della Turco. E anche l’onorevole Oliverio doveva inalberarsi, piuttosto che occuparsi d’altro. Adesso, non sono credibili: né l’uno né l’altro. Per ultimo, io non sono affatto impressionato dal gesto di D’Alema. Gli avevo scritto una lunga lettera di protesta quando la nostra sinistra osteggiava Vattimo, dandogli del «frocio» nei bar e chiedendone pubblicamente l’allontanamento. Di sicuro, da qui in avanti, comunque vadano le elezioni, gli ulivisti al comando non possono giustificarsi, se la Calabria e San Giovanni in Fiore registrano perdite continue di importanti risorse umane. Franco Laratta, rispondimi. Ti chiamo in causa, non accusandoti, per un dibattito serio e, spero, utile.
Emiliano Morrone
Non ho mai visto, caro Francesco, insulti di questo genere. Sono abituato a considerare in altro modo l’offesa: a D’Alema, ho scritto solo che è invecchiato. Avrei gradito, poi, una tua firma integrale. Pazienza, come vedi qui non siamo ancora ai livelli di Ciano: non ti abbiamo censurato. Nel merito della questione, credo d’aver mosso una critica costruttiva, non dico intelligente. Personalmente, non mi sento rappresentato dai Ds o da altre forze ufficiali della sinistra. Trovo straordinarie contraddizioni nel tuo discorso. Prima parli dei cambiamenti che Vattimo avrebbe potuto portare a San Giovanni in Fiore. Di seguito, passi a qualificare la sua scelta di farci rappresentare dal giovane e sveglio Marco Militerno come "ritirata spagnola". Non è che, per caso, professandoti ex vattimiano, appartieni, invece, a quella corrente politica conservatrice che, come Godot, aspetta con pazienza le grazie dall’incolpevole onorevole Oliverio? Ho sentito troppi discorsi vuoti sulla presunta comparsa "ex abrupto" di Vattimo, sul fatto che avrebbe, scientemente, dovuto scendere a patti coi leader del centrosinistra locale e che avrebbe dovuto parlare di come coprire le tante buche delle nostre strade. Non voglio credere che tu sia un cerchiobottista o un supino della prima ora. Per quanto non sappia la tua identità, ti considero vivace e leale sul piano del giudizio politico. Vattimo è tra i maggiori filosofi del mondo. E la sua esperienza politica da europarlamentare la dice lunga sulle sue idee riformiste e sul suo spirito anticonformista e, permettimi, rivoluzionario. Per gli amici Saverio Basile ed Emilio De Paola, Vattimo avrebbe dovuto giurare eterna fedeltà alla causa della "sangiovannesità", avrebbe dovuto rimbecillirsi e perdere tutto il suo patrimonio culturale, avrebbe dovuto mettersi in riga e lodare un risveglio florense che non arriva mai. E mai arriverà. Piuttosto, penso che l’occasione di farci governare da una forza nuova e disinteressata l’abbiamo smarrita per sempre, così come non siamo riusciti a salire sul treno della Provincia di Crotone. Al solito, ci perdiamo in chiacchiere, tutti, e nella splendida conservazione dello "statu quo". Secondo te, Vattimo avrebbe preso ordini da qualcuno, nella composizione del suo esecutivo? Su D’Alema, posso qui scrivere che è una delle menti più abili della realtà politica nazionale, assieme a Fini. Dotato di larga eleganza e acume nel dire, mi sembra, però, molto invecchiato. Se questa è un’offesa o se lo è, invece, l’ammonimento rivoltogli sulle politiche sociali di cui la nostra area ha beneficiato, credo che sarebbe stato meglio operare, come polemista, ai tempi di Pelloux. Purtroppo, il grosso guaio della sinistra, e di quella diessina locale in particolare, è che non si accettano mai critiche dall’interno. Vedi, io non sono mai stato un sostenitore dell’onorevole Oliverio. Nello stesso tempo, non credo che i mali storici della nostra città gli si possano addebitare per intero. Semmai, il gravissimo degrado in cui versa San Giovanni in Fiore dipende dal fatto che ognuno di noi accetta passivamente ciò che accade e, con animo perverso, si oppone al rinnovamento in ogni circostanza buona. Qui, non si tratta di alzare una qualche bandiera di partito. Ho scritto con chiarezza che mi ritengo una coscienza di sinistra, liberale e cattolica. I termini possono risultare antitetici. Almeno, però, non mi rifugio nell’ortodossia e mantengo la mia libertà di giudizio e la mia autonomia intellettuale. Se domani Bossi venisse a prospettarmi un cambiamento radicale della sua filosofia e mi parlasse d’un programma di governo centrato sul Sud e le sue necessità, lo ascolterei senza riserve. Questo, forse, mi distingue dai catalogati, che, a forza di catalogare, hanno perso perfino la bussola.
Con sincera cordialità,
Emiliano Morrone
Ecco la firma integrale: Francesco Mele Non vedo perchè dovrei essere censurato... Ho espresso la mia opinione e voi giustamente la avete pubblicata. Sul discorso D’Alema forse ho esagerato, ma credo che, come affermi anche tu, sia una delle menti più brillanti dell’attule scena politica. Sul discorso Mario Oliverio, popolazione sangiovannese, partito dei ds cittadino concordo in pieno con te ed è uno dei motivi che mi ha spinto ad emigrare (per tua informazione studio a Milano) e anche il motivo che mi "impedisce" di tesserarmi con i Ds. Sul discorso Vattimo (non metto assolutamente in dubbio i suoi meriti politici e professionali) ti confermo la mia idea: ascoltando i vari comizi pre-elettorali 2005, personalmente avevo percepito il suo profondo interesse e la sua abnegazione per la causa sangiovannese, motivi che mi hanno illuso e che mi hanno portato a votarlo, sconfessando la mia fede politica, che per quanto giovane (ho 21 anni) sento abbastanza radicata (mi riferisco ai ds). Quando però ho appreso la notizia della sua dimissione dal consiglio comunale, se permetti mi sono girati i coglioni.... Sul "giovane e sveglio Militerno" sinceramente non lo conosco e non esprimo giudizi ma il mio voto del 2005 non era per lui quindi permettimi di essere deluso nel vedere che la persona che io avevo votato (il prof. Vattimo) è stato rimpiazzato da un’altra (il Signor Militerno). Ciò mi porta a ritenere che il mio voto sia stato inutile e sprecato, pur sperando nella buona azione politica del "giovane e sveglio Militerno". Cordiali Saluti Ripeto: Francesco Mele
P.S.: sai darmi, per favore, informazioni su quella presunta attività agrituristica che il Prof. Vattimo avrebbe voluto intraprendere se le elezioni del 2005 non fossero state vincenti, sai studio scienze turistiche... Grazie per la eventuale tua risposta.
Prima di entrare nel merito, voglio precisare, per l’ennesima volta, una condizione indispensabile per scrivere su questo forum. Richiedo la firma integrale per ragioni deontologiche. La Voce di Fiore è una testata registrata in tribunale. Non è un sito di mere opinioni libere, esprimibili in forma anonima o pseudonima. Su Vattimo, è necessaria una considerazione politica. La legge elettorale consente, superato il quorum, che, in caso di sconfitta, il candidato sindaco di una lista faccia, salvo rinuncia, il consigliere comunale. Francesco, tu hai votato per l’onorevole Vattimo, convinto, probabilmente, che fosse la persona migliore per governare San Giovanni in Fiore. Se volevi scegliere secondo una fede di partito, potevi benissimo optare per il candidato del centrosinistra tradizionale. Tu hai votato, lasci intendere nel tuo scritto, un uomo e un’idea. Un uomo diverso, non impantanato, non bloccato, non conservatore, aggiungo. E un’idea di politica che, a mio avviso, non può definirsi sulla base di schemi localistici tipicamente calabresi. Sintetizzando, il programma di Vattimo si esprimere in tre parole: partecipazione, confronto e autonomia. Mi pare che gli altri candidati tutto auspicassero e prevedessero, meno che queste tre componenti. Scrivere che il voto è andato perduto è una contraddizione. Sapevi che avremmo potuto non farcela. Il movimento "Vattimo per la città" ha rappresentato, durante la campagna elettorale, una bellissima utopia, che è servita a svegliare delle coscienze e a dare un esempio importante: i giovani devono muoversi e organizzarsi, indipendentemente dalle dirigenze di partito. Inoltre, l’azione del movimento, che prosegue, è valsa a ribadire con forza che non esistono poteri precostituiti e che è solo il nostro giudizio a determinare assetti politici democratici. A distanza di mesi, i frutti di quel sogno giovanile, si stanno raccogliendo. La Voce ha migliaia di visitatori ogni giorno, è un punto di riferimento, in Italia e non solo, per tante associazioni e per gruppi di varia estrazione. A me pare, piuttosto, e vorrei essere smentito, che tu non sia affatto un elettore di Vattimo e che tenti di utilizzare questo spazio per avanzare polemiche sterili. Sull’agriturismo, ad esempio, facci pervenire la tua proposta, dato che scrivi di studiare scienze turistiche. Voglio solo ricordare che il gruppo di Vattimo ha lanciato delle iniziative per la tutela dei diritti e dei più deboli: il difensore civico on line e il comitato per istituirlo a San Giovanni in Fiore. Voglio ricordare che l’opposizione di Vattimo si è concretizzata nella denuncia delle discariche abusive di eternit in Sila, nella richiesta, inascoltata, d’un serio monitoraggio ambientale, ad evitare anche l’inquinamento elettromagnetico, e nella battaglia contro metodi non legali né democratici, ancora in vigore dalle nostre parti, circa la gestione della cosa pubblica. Voglio ricordare che Vattimo ha largamente contibuito, con danaro, alla sopravvivenza del Nucleo di vigilanza ambientale in Sila, alla realizzazione di eventi culturali che si terranno nei prossimi mesi e, come capo del suo movimento, alla discussione politica sui problemi dei disabili. Il tuo discorso sulla sostituzione del filosofo mi sembra, allora, strumentale. Oppure, trovandoti a Milano, non sei troppo aggiornato sulla vita politica a San Giovanni in Fiore. Una cosa è essere dentro le istituzioni e fare nulla. Altro è guidare un movimento rappresentato in consiglio e impegnarsi ininterrottamente e assiduamente. Se sei realmente un vattimiano, dimostra la tua coscienza civica e lotta anche tu per una San Giovanni in Fiore migliore. Attualmente, il degrado di quella città è quasi irrecuperabile. Dobbiamo sempre far finta di nulla? Intelligenti pauca.
Cordialmente,
Emiliano Morrone
Caro Francesco,
puntualizzo per l’ultima volta alcune cose che stanno su questo sito e in altri luoghi. Le elezioni, in realtà, sono andate così. Al primo turno, Barile ha preso 3 mila e ottocento voti circa. Con tutti gli imbrogli organizzati sulla base della confusione tra il simbolo di Vattimo e il nome del candidato, il filosofo ha ottenuto, si badi, non 1429 preferenze, come riportato al termine delle operazioni, ma 2740 (la fonte è il presidente dell’attuale consiglio comunale). Contando i voti assegnati all’avversarsio di centrosinistra piuttosto che al filosofo, il ballottaggio sarebbe stato fra Vattimo e Barile. A quel punto, spiegami chi l’avrebbe spuntata. Abbiamo denunciato al Prefetto di Cosenza irregolarità elettorali. Non è mai successo qualcosa. Di notte, intorno alle 22,30, dopo i conteggi, i seggi sono stati riaperti. La tv locale assegnava due consiglieri a Vattimo e 749 voti di lista. Inspiegabilmente, dopo un po’ di tempo, si è scesi intorno ai 640. Per Riccardo Succurro, dovevo stare "attento a strane operazioni". Le convocazioni inviate a Vattimo sono sempre state tardive, quando era consigliere, e, in un caso, fuori della legge. Potevamo far cadere il consiglio, ricorrendo al Tar. La città, per quanta campagna informativa sia stata fatta, ha mostrato totale indifferenza. Vattimo è stato ripetutamente denigrato, a partire dalla sinistra tradizionale, Piluso in testa. I confronti televisivi sono stati organizzati in date che potevano compromettere la partecipazione del filosofo. Questa è storia, la conoscono tutti. C’è stato un incredibile dispiegamento di forze per impedire la vittoria e l’azione di Vattimo. Ora vieni a parlarmi di incoerenza, di scuse e scusanti. Tu, dove eri? Hai detto qualcosa, a riguardo. Adesso, è troppo tardi per recriminare. La verità è che c’è stata un’espulsione di Vattimo voluta dagli inizi. Io stesso ho provato a convincere Vattimo che doveva restare. L’ultimo episodio, con una convocazione furbescamente rimediata in extremis ma fuori del tempo utile, lo ha persuaso che San Giovanni in Fiore ha logiche che possono intendere e accettare solo i suoi abitanti, troppo lontani, per abitudine, dalla vita pubblica e politica. Vattimo si sarebbe perfino trasferito a San Giovanni in Fiore, trovandosi alle porte della pensione. Me lo ha detto sinceramente e varie volte. Anche per evitare questa eventualità, il dispiegamento di forze avverse è stato enorme, al punto che Vattimo ha preferito rimanere nella piatta Torino. Spiegami, poi, che cosa ha impedito all’attuale sinistra di governo di affidargli l’assessorato alla cultura. Il che avrebbe comportato notevoli vantaggi per la nostra città. Per quanto riguarda la questione del tuo voto come contributo all’affermazione nazionale della Voce, mi dispiace ma hai ancora frainteso. "Malafides superveniens non nocet". Io ho solo scritto che oggi abbiamo un organo che rappresenta le nostre esigenze e le nostre potenzialità - di florensi fuori del coro - in un contesto molto più esteso. Più sotto, ti riporto un giudizio di Ida Dominijanni, che forse può servire a illuminarci politicamente sul significato del movimento di Vattimo. Con rispetto. Grazie. Emiliano Morrone
LA VOCE DI VATTIMO E GIOACCHINO Il Manifesto, 22 marzo 2005 (Ida Dominijanni)
La cosa più divertente e significativa della campagna elettorale in corso è accaduta finora a San Giovanni in Fiore, paese di 20.000 abitanti arrampicato sulla Sila dal glorioso passato, Gioacchino da Fiore avendovi fondato la sua Congregazione Florense nel 1189, e dal precarissimo presente, fatto come in molti paesini del sud di disoccupazione, assistenzialismo, abusivismo edilizio, apatia politica, una amministrazione di centgrosinistra addormentata. Senonché la globalizzazione fa miracoli, connette, mette in rete, dà voce pubblica anche a piccole comunità prima destinate alla marginalità periferica. Un gruppo di giovani fonda un giornale on-line, La voce di Fiore, discute, fa politica, organizza conferenze filosofiche, una con Alfonso Iacono, una con Gianni Vattimo. Ad ascoltare Vattimo che parla di Gioacchino ci vanno in quattrocento, e con lui il discorso dei giovani della Voce va avanti, finché a febbraio nasce la scandalosa proposta di candidarlo a sindaco con una lista civica, di sinistra e fuori dal centrosinistra ufficiale. Scandalosamente Vattimo accetta: calabrese pure lui di origine, si entusiasma alla voglia di fare e di cambiare dei ragazzi, gli va di scommettere sulle energie nascoste del paese. Si fa la lista, si stila un programma: cento punti di tutto rispetto, dalla tutela del territorio alla valorizzazione della storia e della cultura locale; dal rifacimento dell’acquedotto all’accesso gratuito a internet; dal reparto di cardiologia ai laboratori d’arte, scrittura, cinema. Il centrosinistra prosegue per la sua strada col suo candidato, il centrodestra col suo promettendo sogni a un elettorato scontento di un a marginalità obbligata. Ma lo scandalo del filosofo candidato, per giunta proveniente dal nord, è troppo per la chiesa locale, che interviene sulla campagna elettorale direttamente dal pulpito stile Ruini sul referendum sulla procreazione assistita. Dalla gloriosa abbazia giochimita, don Emilio Salatino invita i giovani «a non seguire il diavolo che viene da Torino», padre Marcellino Vilella lo definisce pericoloso, indegno, nemico della Chiesa, veicolo di perdizione, e aggiunge che la cultura va bene fino a un certo punto, da un certo punto in poi corrompe e fa male. Dalla Voce scrivono al vescovo e ottengono via Quotidiano della Calabria una risposta imbarazzata: «la Chiesa non esprime giudizi sulle persone», scrive monsignor Nunnari, però perché sollevare un tal polverone, i panni dei credenti si lavano in famiglia. Domenica scorsa, solenne liturgia delle Palme, Vattimo partecipa alla messa per gettare acqua sul fuoco.
Ma intanto il fuoco c’è e non si spegne. Dal sito della Voce partono lettere di sostegno alla candidatura del filosofo, una lettera aperta alla «a una sinistra nazionale che non vede, non sente, non parla, da Fassino a Bertinotti a Pecoraro Scanio»: «Il sud va alla morte e voi, come altri, fingete di no. Il sistema politico locale, con varie complicità anche trasversali, ha cercato di indottrinare tutti perché dimenticassero le radici storiche della città, i luoghi della memoria, la forza dello spirito popolare. I partiti, di destra e di sinistra, hanno sapientemente eliminato ogni forma di critica e di dialettica, creando una società omogenea, del silenzio e della paura, un clima che produce allontanamento, disturbi psichiatrici, emigrazione di massa». La sinistra, nazionale e locale, capirà l’antifona? Emiliano Morrone, ventinovenne che ha animato l’intera vicenda, non dispera affatto che il suo candidato ce la faccia, a vincere, magari nel ballottaggio col candidato del centrosinistra. Ma quale che sia il responso delle urne, i ragazzi di Vattimo in un certo senso hanno già vinto. Hanno svegliato una comunità. Hanno fatto politica facendola uscire dal perimetro delle sonnolenti chiacchiere da bar e dei piccoli scambi di nessun respiro. Hanno discusso nel sito e per strada di postmodernismo, secolarizzazione, ontologia del presente, legando queste parole grandi alla loro piccola realtà e macroideali a microfisici cambiamenti. Per una campagna elettorale, di questi tempi, è un bottino ricchissimo.
Segue, poi, questo altro.
E IL PRETE DISSE "VATTIMO È UN DIAVOLO" A San Giovanni in Fiore omelie contro il filosofo. E lui: "sono l’anticristo di Gioacchino?" La Stampa, 16 marzo 2005 (Jacopo Iacoboni)
C’è di mezzo: Gioacchino da Fiore, il millenarismo, un filosofo e il diavolo. È ovvio, siamo nel 2005. A San Giovanni in Fiore, paese della Calabria in cui operò il grande mistico cistercense, si candida come sindaco il filosofo Gianni Vattimo, e questo è stranoto. La sua candidatura, esterna ai poli che hanno puntato su altri nomi, è stata invocata da un gruppo di simpaticissimi ventenni, ragazzi col mito di Peppino Impastato che vorrebbero far qualcosa per smuovere le acque abbastanza stagnanti del paesino meridionale. Quello che non tutti sanno è che in quell’amabile locus amoenus piazzato nel mezzo della Sila, un po’ di preti locali stanno montando da qualche tempo una discreta campagna contro l’aspirante-sindaco, troppo «debolista», troppo colto, blasé, sospetto oltretutto di intenti perditori. E si respira l’aria di un’Inquisizione blanda e anche un po’ arruffona, non per questo meno singolare e per certi versi pure preoccupante, se la campagna è condita di accuse dal sapore medievale, per di più predicate dal pulpito ecclesiale: «Giovani, non seguite il diavolo che viene da Torino!». Il diavolo sarebbe lui, Gianni Vattimo, e a pronunciare la frase è stato, durante affollata messa domenicale, don Emilio Salatino, giusto appunto nell’abbazia che fu il cuore delle esaltate visioni di Gioacchino. Correva il secolo XII, si vede che non tanto è cambiato, da allora. Tanto più se le accuse demoniache non sono affatto isolate. È da un mese che alcuni sacerdoti hanno cominciato ad attaccare Vattimo nelle omelie. Il clou l’ha forse toccato padre Marcellino Vilella: ha definito il filosofo torinese pericoloso per i giovani, indegno e nemico della Chiesa.
Il riferimento è stato indiretto, raccontano i ragazzi che sostengono la candidatura del filosofo, cionondimeno inequivocabile. «L’ho ascoltato con mia madre, ero in chiesa», narra Emiliano Morrone, il capofila dei Vattimo boys che hanno anche fondato un giornale on line tutt’altro che ingenuo (www.lavocedifiore.org). «Padre Vilella, partendo dal Vangelo, ha detto che la cultura va bene fino a un certo punto, oltre il quale rappresenta un male sociale. Ha detto che i filosofi promuovono l’ateismo e attaccano Dio». Secondo Morrone, ha anche alluso all’omosessualità, o tempora!, quando ha detto che i suddetti pensatori, «negli ambienti accademici, portano gli studenti alla perdizione». Il sacerdote, fervente giaochimita, ha concluso che Morrone e il suo gruppo sono «giovani formati in buona università ma si sono smarriti frequentando illustri pensatori». «Libera nos a diabolo!», avrebbe sospirato Gioacchino: ai suoi tardi emuli non è servito però alcun ricorso al latinorum, hanno parlato chiaro, in italiano.
I Vattimo boys sono indignati e testimoniano almanaccano citano. Per difendersi contro questo «dogmatismo autoritario», sul loro giornale tirano in ballo il Concilio Vaticano II, Heidegger, e un’«etica in politica» dal sapore weberiano. E in una lettera aperta al vescovo di Cosenza denunciano: «È gravissimo che si faccia campagna elettorale nelle chiese». Lui, il «diavolo venuto da Torino», ovviamente se la ride. «In fondo anche Gioacchino non è che fosse un progressista fanatico...». È appena stato laggiù, Vattimo, per una tre giorni in cui ha ascoltato commercianti cittadini e studenti, e tutti o quasi l’hanno circondato di attenzioni, «narcisisticamente questo non può che farmi piacere». Sa di essere stato paragonato alla Bestia ma anche i preti, dice, in fondo non sono stati così crudi faccia a faccia con lui. «Un tal padre Eugenio, monaco francescano dell’Abbazia grande, in chiesa ha detto quelle cose ma la sera prima, al ristorante, era con un altro paio di preti e due suore, e tutti hanno ammesso di aver letto con grande interesse i miei libri». I libri dell’Anticristo: ma anche Gioacchino prefigurando l’avvento dell’Età dello Spirito bollò come tale Federico II, e si sa poi che carriera fece.
Caro Francesco, mi auguro ogni bene per San Giovanni in Fiore. Riguardo al tuo ottimismo, spero che si traduca in eroici furori e che questi non finiscano, come quelli di tanti altri, nella lucida conclusione che la rinuncia è la grazia migliore per i nostri concittadini. Personalmente, dopo aver portato artisti e pensatori, che manco sono stati rimborsati dal Comune, dopo aver ideato spettacoli gratuiti e maratone radiofoniche di beneficenza, dopo aver fondato un giornale libero soprattutto per i giovani e dopo aver costituito un gruppo politico con a capo Gianni Vattimo, ho dovuto constatare che l’ambiente non ne vuole. E che preferisce ciò che sempre c’è stato. Pazienza. Sono solo uno dei tanti profeti che in patria contano nulla. Mi consolano gli amici, la bellezza dei nostri luoghi, i ricordi giovanili e gli scambi cogli emigrati. Te compreso. Spero che tu riesca in ogni tuo progetto e che la vita ti regali ricchezze, soddisfazioni e meditazioni.
Molto cordialmente, Emiliano Morrone
.."ho dovuto constatare che l’ambiente non ne vuole". Questa tua affermazione, caro Direttore, denuncia, secondo il mio modesto parere, il grado di asservimento del "sangiovannese tipo" nei confronti della politica locale, per via del "pane". Davanti alla necessità del "pane" (interpretiamolo come vogliamo: posto di lavoro, favoritismo, clientelismo, ecc..) ognuno è tentato di rinunciare alla propria libertà. Il "pane", quindi, simbolo di sicurezza, di felicità. Da ciò il contrasto, l’opposizione fra la "felicità" presunta e la libertà. È il discorso di Dostoevskij nel "Grande Inquisitore", e cioè: la peculiare disponibilità del potere per la seduzione.
"Fai sazio un uomo ed egli sarà disteso ai tuoi piedi". L’uomo si stanca a stare in piedi, verticale. Che vuol dire esattamente battersi sempre per la propria libertà e per la propria dignità.
Nella leggenda del Grande Inquisitore, quest’ultimo, rimprovera il Cristo di non aver tenuto in debito conto quanto pesi essere liberi, e quanto duro e difficile sia conservarsi sempre liberi.
La macchina dell’asservimento è sempre in moto, e l’organizzazione sembra farsi sempre più perfetta e totale, possibilmente fino a non lasciare nessuna via di scampo.
Bisogna scardinare questo "monopolio del pane". Noi, persone ancora libere, non vogliamo appartenere in futuro a quella massa sempre più estesa, in attesa di vedere chi offrirà più "pane", chi butterà più ghiande !
Con stima e simpatia. Biasi
Mio caro Biasi,
concordo in pieno. Il problema, poi, è che pure chi ha più ricchezza - e, si suppone, più libertà - rinuncia supinamente all’autonomia di giudizio. Ammetto di essere profondamente deluso dalla paura di cambiare di molti nostri concittadini. Oggi, nonostante l’istruzione e l’emancipazione culturale, pare che si viva in una gabbia, a San Giovanni in Fiore. Avere una visione diversa delle cose significa essere contro e rischiare pene capitali, secondo troppi. Per quanto possibile, cerco di difendere la libertà di pensiero e di parola, anche da queste colonne. Grazie. Ricambio vivamente la stima e la simpatia. Emiliano Morrone
A proposito di Dalema (Propio non mi va’ giu’)
Quando si dice gli ideali : http://www.letterealdirettore.it/forum/showthread.php?t=9914
D’Alema candidato in Puglia per Veltroni ed Emiliano : http://lanuovastagione.gruppi.ilcannocchiale.it/?t=post&pid=1610507
Missione Arcobaleno, lo scandalo va in soffitta : http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=79817
Facendo una piccola ricerca ho trovato queste pagine ,tra cui anche questa discussione ! Mbe’ forse sara’ un po’ tardino ,ma non e’ mai troppo tardi secondo me’..!
Michele Ranieri Masciari