LO SCENARIO
Oggi l’Alta corte decide le sorti del partito del premier
A rischio anche l’elezione dei vertici militari nei primi giorni di agosto
"Ora temiamo un attacco kamikaze"
Scatta l’allarme per Erdogan
di MARCO ANSALDO *
ISTANBUL nel terrore. Il partito islamico a rischio chiusura. E ora la Turchia ha paura. Fonti dei servizi segreti turchi, mentre la cerchia della sicurezza di stringe attorno ai leader islamici moderati adesso al vertice delle istituzioni, lasciano trapelare notizia che un attacco suicida potrebbe essere lanciato contro lo stesso primo ministro.
Mentre gli esperti preannunciano nuove azioni, e la l’Alta corte questa mattina decide la possibile chiusura del partito, la soglia di attenzione da parte delle autorità di polizia nei confronti di Recep Tayyip Erdogan è al livello massimo di allerta. E il paese attende nel terrore.
Morti e orrore in un quartiere residenziale di Istanbul. Il partito al governo sul filo del rasoio. La Turchia continua a essere - come afferma il Pentagono - un paese ad alto tasso di imprevedibilità. "Imperscrutabile", è la definizione dei generali americani. Ma l’attentato di ieri sera era invece, secondo molte informazioni, altamente prevedibile. L’atmosfera infatti, a Istanbul e ad Ankara, ma anche in località turistiche come Bodrum, zeppe in questo momento di alti papaveri in vacanza, è come sospesa attendendo la decisiva riunione della Corte Costituzionale di oggi.
Questa mattina infatti l’Alta Corte di Ankara comincerà a valutare, mentre le prime pagine dei quotidiani hanno già titoli di scatola sulla strage di Istanbul, la chiusura del partito islamico moderato, al potere con successo dal 2002. La compagine di Erdogan, il primo ministro che ha saputo in buona parte spogliarsi delle vesti tradizionaliste avviando il paese sulla strada delle riforme, rischia di chiudere i battenti. L’accusa della magistratura, secondo diversi osservatori mossa da un Partito socialdemocratico dalle nette pulsioni nazionaliste, e dai potentissimi militari che non hanno mai amato Erdogan, è che l’Akp (Partito della giustizia e dello sviluppo) nasconda in realtà un’agenda islamica.
Il primo ministro ha subito rigettato le accuse, e incita i suoi e il paese a reagire: "Noi continueremo sulla nostra strada - dice - ce la faremo ad uscire dalla bufera anche questa volta. Invito l’opposizione a riflettere e il paese a compattarsi". Ma il passo compiuto all’inizio del 2008, fatto per soddisfare la propria base elettorale, di concedere l’ingresso nelle Università alla ragazze con il velo, considerato da molti come un simbolo politico del partito al potere, gli ha giocato in pochi mesi i favori di una parte di laici che avevano votato Akp per il vigoroso rilancio portato all’asfittica economia turca.
Non solo. Ha aumentato le accuse di oppositori politici e dei generali che avevano sofferto come uno smacco, lo scorso anno, l’elezione del vice di Erdogan, l’allora ministro degli Esteri, Abdullah Gul, alla Presidenza della Repubblica, nonostante un golpe sfiorato per defenestrare il protetto del premier, e consultazioni che hanno portato l’Akp a conquistare con il 46,6 per cento dei voti un maggioranza amplissima e inaspettata.
E sono molti a ricordare altri passi falsi, adesso considerati veri e propri errori, nonostante la straordinaria performance economica e le amplissime riforme adottate dal 2002 a oggi. Ad esempio, la zone rosse in cui è probito in alcune città diffondere l’alcol. O l’apertura di una piccola moschea all’interno del ministero degli Esteri, considerato come un feudo della laicità.
A complicare la situazione è, nei prossimi giorni, la tradizionale elezione nei primi giorni di agosto dei vertici militari. Il capo di Stato maggiore, Yashar Buyukanit, che non ha mai avuto ottimi rapporti con Erdogan, dovrà essere sostituito come prevede l’agenda dei generali dal suo vice, Ilker Basbug, considerato un ’falco’. Ma le nomine degli alti ufficiali, in un paese in cui la figura dei militari è centrale nella vita politica e sociale, sono anch’esse a rischio. Di norma, è il primo ministro a farle. Se Erdogan dovesse, entro i prossimi tre-quattro giorni, essere defenestrato, chi nominerà i vertici dell’esercito?
L’eco delle bombe di Istanbul risuoneranno dunque questa mattina nelle segrete stanze della Corte Costituzionale, dove gli undici giudici scelti dall’ultimo capo dello Stato prima di Gul, l’ex magistrato Necdet Ahmet Sezer, di netta formazione laica, decideranno se tenere in vita il partito, oppure punirlo e mandare a casa ben 71 membri, tra cui addirittura il presidente della Repubblica Gul, il premier Erdogan, ministri, uomini del Parlamento. Bastano sette voti favorevoli per chiudere la formazione al potere. La Turchia lo sa, teme nuovi attacchi terroristici, e trema.
* la Repubbllica, 28 luglio 2008
Bandiera della TURCHIA. Il Motto è "Pace in patria, pace nel mondo" (Wikipedia).
Respinto il ricorso presentato lo scorso marzo per "attività antilaiche" Ma alla formazione del premier saranno decurtati del 50% i fondi pubblici
Turchia, l’Alta Corte salva l’Akp
non chiude il partito di Erdogan
ANKARA - Non sarà messo al bando il "Partito turco per la giustizia e lo sviluppo", l’Akp, al governo in Turchia. La Anayasa Mahkemesi, la Corte Costituzionale turca, ha respinto l’istanza di chiusura della formazione che fa capo al premier Tayyip Erdogan, accusato di "attività antilaiche" e "volte a distruggere l’unità nazionale". Lo ha annunciato il presidente della Corte, Hasim Kilic, al termine del terzo giorno dell’udienza iniziata lunedì 28 luglio. Il verdetto dovrebbe porre fine a mesi di incertezza politica nel paese, che hanno danneggiato mercati finanziari e investimenti stranieri. La sentenza giunge a due giorni dal drammatico, duplice attentato compiuto a Istambul nel quale hanno perso la vita diciassette persone e centicinquanta sono rimaste ferite.
Il ricorso contro il partito che fa capo al premier era stato presentato lo scorso 14 marzo dal Procuratore generale di Ankara, Abdurrahman Yalcinkaya. Secondo quanto riferito dal presidente della Corte, Hasim Kilic, cinque giudici su undici avevano votato a favore della sua chiusura. Tuttavia la Corte, anche se non ha fatto ricorso alla sanzione più pesante, ha deciso comunque di mandare al partito "un serio avvertimento", tagliando la metà dei fondi pubblici che dovevano essergli destinati quest’anno.
L’Akp (Adalet vel Kalkinma Partisi) è stato fondato nel 2001 da un gruppo di esponenti moderati dell’ex Partito del Benessere (formazione islamica messa al bando nel 1998 dalla Corte Costituzionale) e del successivo Partito della Virtù. Alla guida della nuova formazione c’è fin dall’inizio l’allora sindaco di Istanbul, Recep Tayyp Erdogan, 54 anni. L’ispirazione politica dell’Akp è stata paragonata a quella dei partiti democratici cristiani europei: grande attenzione ai temi economici e dello sviluppo, ispirazione religiosa ma moderata, politica del buon vicinato con i paesi confinanti, ingresso nell’Ue.
Gli avversari laici accusano l’Akp di voler islamizzare il paese, puntando il dito su di una serie di provvedimenti filo-islamici come la penalizzazione dell’adulterio, la proibizione della vendita di alcolici (entrambi abortiti) e l’abolizione del divieto di portare il velo all’università (annullato dall Corte costituzionale). La base elettorale dell’Akp è la nuova borghesia imprenditoriale venuta dall’est che si contrappone alle tradizionali elite laiche e nazionaliste della burocrazia e delle imprese pubbliche.
L’Akp ha vinto le elezioni politiche nel 2002 con il 34,4% e ha gestito un periodo di forte crescita economica, avviando il negoziato per l’adesione alla Ue e raccogliendo forti consensi nelle capitali occidentali, ma anche in quelle mediorientali. Nel 2007 il partito ha vinto di nuovo le elezioni politiche con oltre il 47%.
* la Repubblica, 30 luglio 2008.
Istanbul, il governo accusa il Pkk. Governatore prudente *
La settimana in cui la magistratura turca potrebbe dichiarare fuori legge il partito di governo insieme al premier Recep Tayyip Erdogan e il presidente Abdullah Gul si è aperta con un doppio attentato a Istanbul, nel quartiere popolare di Gungoren, nella parte europea della città, il cui bilancio è di 17 morti e oltre 150 feriti, di cui una cinquantina ancora ricoverati.
Mentre fioccano le condanne e gli attestati di solidarietà internazionali, i media e l’opposizione laica accusano i terroristi curdi del Pkk. Ma le autorità rimangono più prudenti. «Sembra esserci un legame i separatisti. Ci stiamo lavorando, speriamo di avere dei riscontri il prima possibile», ha dichiarato alla stampa il governatore della città, Muammer Guler.
Erdogan, arrivato da Ankara dopo aver cancellato una riunione del Consiglio dei ministri, ha lanciato un appello all’unità nazionale. «Oggi è il giorno dell’unità nazionale - ha detto - ancora oggi ci troviamo di fronte al terrore. Sono 30-35 anni che la Turchia si oppone al terrore. Non posso fare politica da questi microfoni. Non si può fare politica davanti ai morti e al sangue. Questo voglio dire. Oggi dobbiamo essere uniti».
Secondo la Cnn turca, che cita fonti della polizia, le indagini stanno puntando proprio sul Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan nel maggio 2007 rivendicò un attacco suicida in una via commerciale di Ankara che provocò 7 morti. Secondo i giornali locali, l’esplosivo usato domenica sera è dello stesso tipo.
«Massacro di civili del Pkk», titola quindi il quotidiano liberale Hurriyet. Il leader del partito d’opposizione laicista Chp, il Partito repubblicano del Popolo, Deniz Baykal, conferma: «anche le autorità pensano che ci sia dietro il Pkk», ha dichiarato. Da parte sua il capo dell’esercito, il generale Yasar Buyukanit, ha espresso «profondo cordoglio per questo attacco codardo contro cittadini innocenti» e ha «maledetto con odio» i responsabili.
Un altro quotidiano liberale del Paese, Milliyet, sostiene che la polizia ha arrestato tre minorenni, tra i 16 e i 17 anni, sulla base delle segnalazioni dei residenti del quartiere Gungoren, colpito dalle esplosioni di domenica sera. I tre sono stati trovati nello scantinato di un appartamento, e hanno sostenuto di essersi nascosti lì per ripararsi. Ma Guler non ha confermato le indiscrezioni del giornale.
Secondo la ricostruzione fornita dalle autorità, gli attentatori hanno fatto scoppiare una piccola bomba per attrarre la curiosità della gente, per poi detonare una seconda esplosione molto più potente, responsabile della maggior parte delle vittime. «Prima hanno fatto scoppiare una bomba a percussione per attrarre l’attenzione. Poi, 10 minuti dopo, in un altro cestino, hanno fatto scoppiare una bomba a frammentazione», ha spiegato il vicepremier Hayati Yazici. Guler ha dichiarato che tra le 17 vittime ci sono cinque bambini, tra cui una ragazza di 12 anni colpita in pieno cuore dalle schegge. Il quotidiano Hurriyet ha reso noto che fra le vittime c’è anche una donna che aveva quasi completato la sua gravidanza.
La strage ha suscitato un coro di condanna da parte della comunità internazionale. «In questi momenti difficili la Turchia può contare sul sostegno dell’Unione europea», ha dichiarato il Rappresentante Ue per la politica estera Javier Solana. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha espresso «la più ferma condanna» degli attentati e ha ribadito l’appoggio dell’Italia alla candidatura della Turchia all’Unione europea. Analoghi attestati di solidarietà con Ankara sono arrivati dalla Nato, dalla Commissione europea e dal Consiglio d’Europa.
Le bombe di Istanbul accrescono il momento delicato della Turchia. Proprio lunedì la Corte costituzionale ha cominciato a deliberare sulla possibile messa al bando dell’Akp, il partito islamico-moderato al potere dal 2002 in cui militano Erdogan e Gul, che innescherebbe una nuova crisi politica e porterebbe probabilmente il Paese a nuove elezioni anticipate.
Venerdì invece la magistratura turca ha deciso l’avvio del processo il 20 ottobre contro 86 persone legate a Ergenekon, la "Gladio turca" accusata di voler organizzare un colpo di Stato contro il governo di Erdogan.
* l’Unità, Pubblicato il: 28.07.08, Modificato il: 28.07.08 alle ore 15.43
La doppia esplosione ieri sera, nella zona europea della capitale turca
La polizia sospetta i ribelli curdi, ma per adesso il governo non conferma
Attentati a Istanbul, sale il bilancio
Sedici morti, oltre 150 feriti
ISTANBUL - Sedici morti e 154 feriti, di cui 15 in condizioni gravi: è questo l’ultimo bilancio sugli attentati che ieri sera hanno colpito la parte europea di Istanbul. Secondo la polizia, i responsabili potrebbero essere i ribelli curdi del Pkk, ma il governo per adesso non conferma.
"Non c’è alcun dubbio che si sia trattato di un attentato terroristico, il fatto che la zona fosse affollata ha fatto aumentare il numero delle vittime", ha spiegato il capo delle forze dell’ordine in conferenza stampa, aggiungendo che la polizia ha avviato un’inchiesta per accertare le responsabilità. Secondo la rete satellitare Cnn-Turk, i principali sospetti si concentrano sui guerriglieri curdi, dopo che i servizi segreti avevano avvertito del rischio di un attentato; ma il vicepremier Hayati Yazici, quando si è recato sul luogo delle esplosioni, ha dichiarato di non avere alcuna informazione su quale gruppo terroristico abbia compiuto la strage.
Ieri sera un primo piccolo ordigno è esploso all’interno di una cabina telefonica su un viale del quartiere periferico di Güngoren, sulla riva europea della metropoli turca, in una zona pedonale molto frequentata la sera; pochi minuti dopo ci sarebbe stata una seconda deflagrazione, molto più potente, che avrebbe investito i numerosi curiosi accorsi dopo la prima esplosione. Nella notte è arrivato il primo commento del presidente turco Abdullah Gul: "Nessun obiettivo può essere raggiunto con la violenza, il terrorismo, uccidendo degli innocenti. Questi attacchi dimostrano quanto disumani e miserabili siano i mandanti".
Quello di ieri è il più grave atto terroristico in Turchia dal 20 novembre 2003, quando due attentati suicidi contro il consolato e una banca britannici - rivendicati da Al Qaeda - provocarono a Istanbul la morte di 30 persone. Cinque giorni prima, sempre nella capitale, erano state colpite due sinagoghe: 27 le vittime.
* la Repubblica, 28 luglio 2008.