TURCHIA. Pace in patria, pace nel mondo...

MESSA AL BANDO DEL PARTITO DEL PREMIER. OGGI L’ALTA CORTE DECIDE. Il partito islamico di Erdogan a rischio chiusura. Note sullo scenario turco di Marco Ansaldo - a cura di pfls

lunedì 28 luglio 2008.
 
[...] Questa mattina infatti l’Alta Corte di Ankara comincerà a valutare, mentre le prime pagine dei quotidiani hanno già titoli di scatola sulla strage di Istanbul, la chiusura del partito islamico moderato, al potere con successo dal 2002. La compagine di Erdogan, il primo ministro che ha saputo in buona parte spogliarsi delle vesti tradizionaliste avviando il paese sulla strada delle riforme, rischia di chiudere i battenti. L’accusa della magistratura, secondo diversi osservatori mossa da un Partito socialdemocratico dalle nette pulsioni nazionaliste, e dai potentissimi militari che non hanno mai amato Erdogan, è che l’Akp (Partito della giustizia e dello sviluppo) nasconda in realtà un’agenda islamica [...]

LO SCENARIO

-  Oggi l’Alta corte decide le sorti del partito del premier
-  A rischio anche l’elezione dei vertici militari nei primi giorni di agosto

-  "Ora temiamo un attacco kamikaze"
-  Scatta l’allarme per Erdogan

di MARCO ANSALDO *

ISTANBUL nel terrore. Il partito islamico a rischio chiusura. E ora la Turchia ha paura. Fonti dei servizi segreti turchi, mentre la cerchia della sicurezza di stringe attorno ai leader islamici moderati adesso al vertice delle istituzioni, lasciano trapelare notizia che un attacco suicida potrebbe essere lanciato contro lo stesso primo ministro.

Mentre gli esperti preannunciano nuove azioni, e la l’Alta corte questa mattina decide la possibile chiusura del partito, la soglia di attenzione da parte delle autorità di polizia nei confronti di Recep Tayyip Erdogan è al livello massimo di allerta. E il paese attende nel terrore.

Morti e orrore in un quartiere residenziale di Istanbul. Il partito al governo sul filo del rasoio. La Turchia continua a essere - come afferma il Pentagono - un paese ad alto tasso di imprevedibilità. "Imperscrutabile", è la definizione dei generali americani. Ma l’attentato di ieri sera era invece, secondo molte informazioni, altamente prevedibile. L’atmosfera infatti, a Istanbul e ad Ankara, ma anche in località turistiche come Bodrum, zeppe in questo momento di alti papaveri in vacanza, è come sospesa attendendo la decisiva riunione della Corte Costituzionale di oggi.

Questa mattina infatti l’Alta Corte di Ankara comincerà a valutare, mentre le prime pagine dei quotidiani hanno già titoli di scatola sulla strage di Istanbul, la chiusura del partito islamico moderato, al potere con successo dal 2002. La compagine di Erdogan, il primo ministro che ha saputo in buona parte spogliarsi delle vesti tradizionaliste avviando il paese sulla strada delle riforme, rischia di chiudere i battenti. L’accusa della magistratura, secondo diversi osservatori mossa da un Partito socialdemocratico dalle nette pulsioni nazionaliste, e dai potentissimi militari che non hanno mai amato Erdogan, è che l’Akp (Partito della giustizia e dello sviluppo) nasconda in realtà un’agenda islamica.

Il primo ministro ha subito rigettato le accuse, e incita i suoi e il paese a reagire: "Noi continueremo sulla nostra strada - dice - ce la faremo ad uscire dalla bufera anche questa volta. Invito l’opposizione a riflettere e il paese a compattarsi". Ma il passo compiuto all’inizio del 2008, fatto per soddisfare la propria base elettorale, di concedere l’ingresso nelle Università alla ragazze con il velo, considerato da molti come un simbolo politico del partito al potere, gli ha giocato in pochi mesi i favori di una parte di laici che avevano votato Akp per il vigoroso rilancio portato all’asfittica economia turca.

Non solo. Ha aumentato le accuse di oppositori politici e dei generali che avevano sofferto come uno smacco, lo scorso anno, l’elezione del vice di Erdogan, l’allora ministro degli Esteri, Abdullah Gul, alla Presidenza della Repubblica, nonostante un golpe sfiorato per defenestrare il protetto del premier, e consultazioni che hanno portato l’Akp a conquistare con il 46,6 per cento dei voti un maggioranza amplissima e inaspettata.

E sono molti a ricordare altri passi falsi, adesso considerati veri e propri errori, nonostante la straordinaria performance economica e le amplissime riforme adottate dal 2002 a oggi. Ad esempio, la zone rosse in cui è probito in alcune città diffondere l’alcol. O l’apertura di una piccola moschea all’interno del ministero degli Esteri, considerato come un feudo della laicità.

A complicare la situazione è, nei prossimi giorni, la tradizionale elezione nei primi giorni di agosto dei vertici militari. Il capo di Stato maggiore, Yashar Buyukanit, che non ha mai avuto ottimi rapporti con Erdogan, dovrà essere sostituito come prevede l’agenda dei generali dal suo vice, Ilker Basbug, considerato un ’falco’. Ma le nomine degli alti ufficiali, in un paese in cui la figura dei militari è centrale nella vita politica e sociale, sono anch’esse a rischio. Di norma, è il primo ministro a farle. Se Erdogan dovesse, entro i prossimi tre-quattro giorni, essere defenestrato, chi nominerà i vertici dell’esercito?

L’eco delle bombe di Istanbul risuoneranno dunque questa mattina nelle segrete stanze della Corte Costituzionale, dove gli undici giudici scelti dall’ultimo capo dello Stato prima di Gul, l’ex magistrato Necdet Ahmet Sezer, di netta formazione laica, decideranno se tenere in vita il partito, oppure punirlo e mandare a casa ben 71 membri, tra cui addirittura il presidente della Repubblica Gul, il premier Erdogan, ministri, uomini del Parlamento. Bastano sette voti favorevoli per chiudere la formazione al potere. La Turchia lo sa, teme nuovi attacchi terroristici, e trema.

* la Repubbllica, 28 luglio 2008


Bandiera della TURCHIA. Il Motto è "Pace in patria, pace nel mondo" (Wikipedia).


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