Editorialissimo

San Giovanni in Fiore, Barile in bilico per colpa del microfono

Emiliano Morrone vuol soccorrere il sindaco e si offre gratis come assessore alla Cultura
domenica 18 agosto 2013.
 

Il 21 agosto la giunta di San Giovanni in Fiore (Cosenza) tornerà in piazza a raccontarsi. Ci auguriamo che sia un’esposizione di problemi e soluzioni, non una trovata per attaccare il mondo, nascondendo sbagli e tempo perso.

Alle nostre recenti domande, che toccano l’intero Consiglio comunale, il sindaco Antonio Barile preferisce rispondere dal palco, tenendo il microfono per sé.

Si servirà, dunque, di una comunicazione senza contraddittorio, davanti a sodali che hanno rinunciato a suggerirgli un’amministrazione partecipata.

Al sindaco sfugge ancora un’evidenza: egli vinse perché prospettò un modello alternativo. Quello dell’avversario venne in passato demolito da una mole di scritti su fatti precisi.

Barile smentì di essere del Pdl, sicché conquistò i voti e l’entusiasmo di militanti del Partito comunista dei lavoratori. Nel contempo, egli acchetò la base del suo partito, inserendo nel simbolo di lista il nome «Berlusconi». Insomma, compì quelle giravolte e contorsioni tipiche della politica che cerca trucchi, consensi, numeri per vincere.

Barile andò oltre, tuttavia: alimentò una grande speranza collettiva, in un momento in cui era chiara l’instabilità dell’intero sistema di governo locale, limitato da leggi nuove, dall’opinione pubblica e dalla coscienza diffusa delle regole e dei diritti.

Barile addossò agli altri la responsabilità di uno sfascio con radici lontane. La sinistra era stata in larga parte arrogante, meschina e arruffona, per cui gli fu semplice carpire l’odio popolare e indirizzarlo verso un voto di protesta e cambiamento.

L’idea di commercianti, artigiani, dipendenti pubblici e studenti era, nel 2010 e nel 2011, che fosse arrivata la resa dei conti; che Barile incarnasse il liberatore, il politico capace di cancellare con un solo passaggio la tracotanza inconcludente e la vendicatività di un pezzo importante della sinistra, responsabile di una gestione opportunistica della cosa pubblica, come insegnarono le indecenze Vallecrati e Vetrano sui rifiuti.

Barile convinse tutto un popolo di sinistra, spesso scaricato dall’alto, che ci sarebbe stato posto per ciascuno, nelle dinamiche pubbliche. Disse, per farla breve, che la città avrebbe camminato finalmente nel suo insieme, senza pregiudizi e dispetti agli opposti politici.

Soprattutto, Barile ebbe la capacità di calamitare molte intelligenze che la sinistra aveva cacciato, se non addirittura disconosciuto.

Con questo pathos crescente, Barile si presentò alle ultime due elezioni. Alla prima batté l’avversario; alla seconda si affermò come leader in grado di condurre la città verso un altro corso, condiviso e dunque collettivo.

Ben presto, però, egli rivelò il suo principale limite, cioè la totale sfiducia nel prossimo. Perciò, iniziò ad accentrare ogni responsabilità su di sé, diventando segretario, ragioniere, legale del Comune e perfino dirigente dell’Ufficio tecnico; naturalmente decidendo dei protocolli in entrata, il che è un abuso, intanto una violazione del principio di eguaglianza all’articolo 3 della Costituzione.

Questo limite lo portò a convincersi di avere una missione di salvezza e di essere il solo in grado di terminarla; presunta - e a torto - l’inadeguatezza di dipendenti, assessori e consiglieri municipali. A partire dai suoi.

In tempi brevissimi, Barile passò dal progetto di amministrazione partecipata a un solipsismo evidente e rovinoso, alimentato dal silenzio di accoliti, che non ne hanno mai fermato intemperanze e, purtroppo, uscite triviali.

No, la politica non può essere la contemplazione di sé, il motto della propria insindacabile libertà e infallibilità. Per aver perseverato in codesto narcisismo inavvertito, Barile, che in uno slancio recente si è perfino accostato al magistrato Nicola Gratteri, rischia di tornare a casa.

Ora, andando nel concreto vorrei ricordare degli episodi indicativi del metodo Barile; come sopra scritto ribaltato, rispetto a suoi discorsi e comportamenti elettorali.

Riguardo a un premio di bellezza estivo, rammento il muro dell’assessore Giovanni Iaquinta al Pd Francesco Iaquinta, per anni organizzatore. Ricordo l’impulsiva presa di posizione di Barile sull’inizio di lavori all’ex Cinema Eden, col rischio di boxe con un pensionato, noto socialista.

A prescindere dalle ragioni specifiche, un sindaco - Barile sporse querela - non può perdere le staffe, perché i suoi gesti contano più di quelli altrui, come dimostrò Giorgio La Pira con la sua costante, generosa pacatezza.

Qui porto la voce di vari negozianti, i quali lamentano che il Comune s’intesta meriti che non ha, sfruttando la collaborazione - anche economica - della categoria, che il palazzo non ha aiutato. Due fatti su tutti: la gara dei carri, svolta grazie ai commercianti, e il programma dell’estate, preparato alla svelta dall’assessorato e pubblicizzato soltanto a metà agosto.

Barile deve rispondere ai rilievi sull’Abbazia florense nella nostra lettera aperta al presidente del Consiglio comunale, ben censurata da certa stampa quotidiana. Deve farlo in Consiglio, che mantiene il suo ruolo di casa pubblica.

E speriamo che risponda ad altre due questioni.

La prima è la richiesta di un programma per arginare lo spopolamento della città, che da qui a dieci anni produrrà deserto di persone, economie e servizi.

La seconda è più semplice, mi dica: mi offro gratuitamente come assessore alla Cultura e al Turismo, a patto di potermi muovere in piena indipendenza e autonomia.

Resto in attesa di risposte nelle sedi proprie, non dai palchi.

Emiliano Morrone (Su FACEBOOK)


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