Editoriale

San Giovanni in Fiore, al sindaco Antonio Barile la cantiamo tutta

Critica analitica e costruttiva circa l’operato del primo cittadino
sabato 10 agosto 2013.
 

Entrare nel merito è difficile ma necessario. Costa fatica approfondire, sintetizzare e poi costruire. Torna invece comodo sparare alla cieca, generalizzare, urlare emozioni per indurre interesse, compassione a fini elettorali.

Tra i politici che conosco, un campione di vittimismo è il sindaco di San Giovanni in Fiore (Cosenza) Antonio Barile, convinto d’avere una missione speciale per la città, di essere l’unico in grado di risollevarne le sorti e di ricevere ostruzionismo da perfetti irriconoscenti, che non comprendono la (sua personalissima) storia della salvezza. Poco o nulla gli importa di tutto il resto: degli elettori, dei sostenitori, degli assessori di sua stessa nomina, dei consiglieri e di chi lo cerca, interroga o critica.

Da queste parti il termine «critica» ha solo un’accezione negativa. Perché la politica non sbaglia mai: è per definizione esatta e dispensa qualcosa a tutti, chinando il capo o incensando il governante in carica.

La regola è fissa, e purtroppo non si sottraggono a ubbidiente osservanza decine di giovani del posto, da subito opportunisti. A casa imparano che conviene stare coi partiti, visto che poi si entra a lavorare alle poste o all’Anas, all’azienda sanitaria oppure al Comune.

Ma torniamo a Barile, che seguita a sproloquiare, insieme al suo dotto portavoce, l’assessore-predicatore Giovanni Iaquinta. Il loro discorso pubblico è identico: nelle premesse, negli argomenti e nelle conclusioni. Cambia soltanto la sintassi e la scelta dei termini: il primo va d’impulso, lasciando la parola al basso ventre; l’altro si compiace di citazioni e barocchismi, spesso fuori della realtà e dunque comici.

Barile governa da due anni pieni. Un tempo abbastanza lungo per tracciare un bilancio, che noi svolgeremo con assoluto rigore. Prima, però, occorre dire della prospettiva che ci hanno offerto i due succitati parolai, cui è stato permesso veramente troppo: dall’opposizione, dalla stampa, me compreso, e per finire dalla comunità, fiduciosa dell’arrivo di fatti, presto o tardi.

Il motivo ricorrente delle loro uscite pubbliche è che prima c’era il Male, sconfitto dal loro avvento santo, non dai lunghi processi sociali e politici che producono cambiamenti impercettibili fino alle elezioni.

Per i due, tale loro assunto è nelle cose; come se il sindaco non fosse stato a lungo all’opposizione e l’assessore non avesse mai militato nei Ds e nel Pd, divenendone dirigente. Perciò, in ogni occasione l’uno e l’altro ripetono della gestione fallimentare dei predecessori, polarizzano parti e responsabilità e raccontano l’epopea delle loro gesta eroiche, mentre il sistema li attacca, li oscura e li minaccia.

Non c’è leggerezza più chiara che io abbia mai udito.

Primo, Barile e Iaquinta sono stati eletti democraticamente, sicché devono badare alla cosa pubblica e alle tante iniquità segnalate, che hanno ignorato in grande stile; una per tutte l’immorale permanenza nell’irregolarità della signora Paola Paura, disabile, nonostante il suo diritto di vivere in un alloggio popolare decente.

Secondo, c’è un pezzo di stampa supina a Barile e a Iaquinta, mentre altra li usa, loro malgrado, per sostenere l’essenza legalitaria del governatore regionale Scopellliti; nell’oblio degli arrestati per ‘ndrangheta Santi Zappalà, Franco Morelli e Antonio Rappoccio, peccatucci politici del presidente della Calabria.

Terzo, la minaccia, valga una volta per tutte, è la promessa di un male ingiusto e futuro. A Barile sono capitati episodi spiacevoli, non necessariamente tutti a lui diretti, come chiaritomi in sede di Ordine pubblico. Nessuno, infatti, ha scritto o lasciato intendere che cosa volesse dal sindaco. Nessuno ha espresso ricatti o assicurato atroci ritorsioni, se questi non avesse adottato determinati provvedimenti. Barile è stato presentato in regione come una sorta di sindaco antimafia e, diciamolo pure, alcuni dei suoi hanno alimentato strumentalmente questa corbelleria, pensando che aumentasse loro punti e voti.

Per chiudere il ragionamento, la prospettiva indicata da Barile e Iaquinta è stata nulla, se per decenza omettiamo la retorica del secondo, logorroico in accostamenti improponibili tra San Giovanni in Fiore e altri luoghi.

Andiamo al bilancio amministrativo.

Barile ha messo mano ai conti del Comune, riferendoci di un disastro presente e avviando una procedura per il lontano pareggio. La materia è estremamente delicata e a nostro avviso non è stata mai declinata nel modo giusto, fondamentalmente per due motivi.

Primo, Barile ha cercato di cavare ulteriore consenso dal dato sul buco di bilancio, drammatico come per moltissimi altri enti. Pertanto, non ha coinvolto l’opposizione, che ha invece accusato con la sua nota violenza verbale, ritenendola affiliata ai malfattori che quel buco aprirono e allargarono senza scrupoli. Barile ha impiegato la maggior parte del suo tempo a convincere l’opinione pubblica delle colpe dei vecchi amministratori, piuttosto che condividere analisi e soluzioni con l’opposizione, comunque censurabile per il comodo e veloce abbandono del confronto in consiglio comunale.

Secondo, la mancanza di serenità, che Barile poteva ripristinare, ha generato confusione tra la gente comune, costretta ad ascoltare due narrazioni opposte: la prima, di Barile, sull’inevitabilità dell’aumento delle tasse e di un sacrificato piano di rientro; la seconda, del Partito socialista, sull’arbitrio politico di Barile in ordine al predetto rientro, avviato al solo scopo di distruggere la vecchia guardia di sinistra.

Barile ha fatto una coraggiosa battaglia per il palazzo comunale dello sport, una battaglia di legalità non compresa da una grossa fetta di popolazione. Fino ad allora, non gli si poteva rimproverare che una certa incapacità di frenarsi nelle reazioni, una difficoltà nell’ascolto del prossimo e un pregiudizio verso soggetti dell’altra parte politica. Il personaggio mostrava una genuinità di fondo che permetteva di abbonargli anche le suddette inquietudini e manie di fare da sé in ogni pratica del municipio.

Poi il sindaco, che comunque aveva costruito la giunta secondo criteri tipicamente partitici e di ragioneria elettorale, si è ammorbidito o è stato ridotto a più miti consigli.

A nostro avviso, c’è stato un momento preciso dell’anzidetta persuasione politica, che individuiamo nell’obbligo di rispondere sull’Abbazia florense, sorto l’anno scorso dopo un’iniziativa pubblica a cui contribuimmo non poco. Da lì fu un susseguirsi di approfondimenti giornalistici, del collega Carmine Gazzanni e nostri, al che Barile dovette studiare gli atti sulla proprietà del monumento e sui permessi amministrativi concessi alla società che lì gestisce una casa di riposo. Il sindaco promise, strigliò i dirigenti comunali, assicurò di risolvere.

A un anno di distanza le cose sono come le avevamo lasciate, sicché Barile deve chiarire pubblicamente che cosa ha fatto e quando l’obiettivo, cioè la completa fruizione pubblica dell’edificio, potrà essere raggiunto.

Se a Nicola Gratteri e ad Antonio Nicaso, che conosciamo bene e non solo per averli letti, noi abbiamo chiesto di pretendere coerenza dall’amministrazione comunale di San Giovanni in Fiore, ciò è stato perché essa non ha aggredito le tante irregolarità che gravano sull’Abbazia florense.

Ci è parsa, pertanto, una contraddizione sonora e una bella mossa di facciata, la prevista serata con i due scrittori, organizzata dal municipio.

Barile si offenda pure, questo si chiama esercizio della critica; una critica argomentata che non si può cassare con insulti o deviazioni dall’argomento.

Per finire, restando al bilancio della gestione Barile, vanno dette quattro cose.

Primo, sul piano metodologico essa ha eluso la separazione tra indirizzo politico e amministrazione dell’ente.

Secondo, sul piano dello sviluppo essa ha gabbato i cittadini, sia per non aver promosso l’iniziativa privata sia perché in campagna elettorale era punto qualificante l’apertura di uno sportello municipale sui fondi europei, poi mai avvenuta.

Terzo, in quanto al turismo, che giova al commercio e in generale ai servizi, la gestione Barile non si è concentrata sull’idea di una città più alta, sicché non ha puntato a grandi eventi né a caratterizzare il luogo, trascurando intanto l’Abbazia di Gioacchino da Fiore.

Quarto, in tema di sanità Barile non ha manifestato proposte, come del resto l’opposizione, da cui ha continuato a tenersi lontano sbandierando verginità politiche irreali. Invece poteva esserci una convergenza su una struttura riabilitativa pubblica, magari cardiologica, che salvasse l’ospedale.

In conclusione, invitiamo il sindaco a risponderci. Ma qui, non sui palchi, nel rispetto dei ruoli e della dialettica politica. Attenderemo per un po’.

Emiliano Morrone

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