Speriamo che anche questa volta la nostra voce non venga ignorata. Anzitutto perché, piaccia o no, ciascuno di noi s’è assunto responsabilità e rischi, senza vie di fuga, facendo antimafia con le proprie forze. Dopo la «love story di Celemente & Alessandrina», come Stella ha definito il matrimonio integrale dei coniugi di Ceppaloni sul Corriere di oggi, non possiamo affatto restare in silenzio. Considereremo non rispettosa del pluralismo necessario all’informazione quella stampa che vorrà tacere su questo nostro documento. E riterremo complici quelle testate che ci negheranno spazio, dal momento che tra i firmatari della presente nota ci sono parenti di vittime della mafia, spesso non riconosciuti dallo Stato e provocati dal potere istituzionale: Salvatore Borsellino con le complicità di vertice per l’omicidio del fratello Paolo, con la richiesta di grazia a Contrada e con la storia d’un risarcimento osteggiato e ritenuto consolatorio dall’alto; ancora, Rosanna Scopelliti e Sonia Alfano per le ingiustizie patite dall’uccisione dei loro padri.
In ordine alla bufera giudiziaria, politica e mediatica nata ieri, c’è un fatto, ed è gravissimo: la Procura di Santa Maria Capua Vetere ha descritto il Sistema campano e l’Udeur dei Mastella come «un’associazione per delinquere». Una corposa ordinanza firmata dal gip Francesco Chiaromonte mostra uno scenario di corruzione che interessa, oltre alla moglie del Guardasigilli, due assessori regionali della Campania, un presidente di sezione del Tar, il prefetto di Benevento, amministratori e funzionari pubblici, professionisti e docenti universitari. Lo stesso gip ha scritto: «Senza tema di smentite, può essere sostenuto che risultasse strutturato un vero e proprio “sistema” illecito, che lascia fortemente basiti per i metodi sfacciatamente irregolari con cui veniva esercitato. Con modalità evidentemente funzionali all’acquisto di posizioni di potere e/o assegnazioni di lavori pubblici e, più in generale, di profitti economici».
La cronaca di oggi riferisce i dettagli dell’accusa, per cui ci sarebbe stato anche un tentativo di concussione dei coniugi Mastella nei confronti del governatore campano Bassolino. In ogni caso, per i giudici, il ministro della Giustizia sarebbe stato il punto di riferimento d’una politica tutta all’italiana - o alla meridionale, come lascia intendere Stella nell’articolo di oggi, in cui dice di regali e cene mirati, nonché del manifesto disbrigo di pratiche clientelari della coppia ultracattolica, utili alla loro fabbrica di voti. Il senatore Mastella - lo stesso che, a tutela della sua «famiglia per bene», minacciò querele a Sonia Alfano, in una conversazione telefonica pubblicata da Micromega, per aver ricordato la sua particolare amicizia col mafioso Francesco Campanella - dirigendo i suoi adepti dell’Udeur avrebbe condotto, secondo l’accusa, la strategia dell’«associazione a delinquere» in Campania. Rimanendone, dunque, formalmente esterno.
Di questo intreccio - di cui si saprà meglio nei prossimi giorni e del quale si vedranno le ripercussioni politiche, già annunciandosi gli stessi ricatti cui assistemmo all’indomani dell’iscrizione nel registro degli indagati del ministro Mastella da parte del pm Luigi De Magistris - ci interessano gli aspetti etici, che sono assolutamente trascurati da tanti commentatori, parlamentari e giornalisti.
La giustizia è per Costituzione amministrata in nome del popolo; il quale è rappresentato in primo luogo in sede parlamentare. La magistratura è indipendente e la legge è uguale per tutti. Questi sono princìpi inderogabili.
Le dichiarazioni di Clemente Mastella contro la magistratura, sostanzialmente identiche a quelle successive al suo coinvolgimento formale nell’inchiesta Why not, sono d’una gravità senza precedenti; tanto più in quanto rese dal ministro cui per delega è affidato il funzionamento degli organi della giustizia. Le solidarietà espresse a Mastella da deputati, senatori, colleghi di governo e, in primo luogo, dal presidente del Consiglio, sono la prova evidente del fatto che lo Stato non ha alcun senso dello Stato. E non perché si dia per scontata la colpevolezza del ministro accusato. In democrazia, si attende la conclusione dei procedimenti senza manipolare il loro corretto svolgimento. L’Italia, pertanto, non è una Repubblica democratica. La nazione sta morendo e il Mezzogiorno si sta popolando solo di rifiuti, continuando quell’affarismo criminale che fa sparire la società buona e le risorse per lo sviluppo.
Come cittadini italiani e coscienze che intendono vigilare sul rispetto della Costituzione, chiediamo al presidente della Repubblica che adesso vigili sul trasferimento del pm De Magistris da Catanzaro. Non è strano che ci si opponga alla giustizia di Stato tutte le volte che questa cerca la verità? Le accuse della Procura di Santa Maria Capua Vetere e le reazioni dei destinatari generano il dubbio, ma non è una novità in Italia, che alla magistratura si debba politicamente impedire di svolgere il proprio ruolo. Noi non dimentichiamo il caso di Luigi De Magistris né quello di Clementina Forleo. E, proprio in questo momento delicatissimo, ci appelliamo al Capo dello Stato, che è il primo garante della Costituzione, perché non si commettano errori e perché siano bandite pressioni di sorta rispetto alle imminenti decisioni del Csm sul futuro dei due magistrati. Abbiamo bisogno di fatti concreti, che dimostrino agli italiani che lo Stato non è mafia. Diversamente, siamo pronti a ritorsioni contro la nostra stessa vita.
Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo
Sonia Alfano, figlia del giornalista Beppe
Chicco Alfano, figlio del giornalista Beppe
Rosanna Scopelliti, figlia del giudice Antonio
Aldo Pecora, portavoce di “Ammazzateci tutti”
Emiliano Morrone, autore di “La società sparente”
Giovanni Pecora, coordinatore “Rete per la Calabria”
Giorgio Durante, presidente “Calabria libre”
Francesco Saverio Alessio, autore di “La società sparente”
Francesco Precenzano, presidente “Gens”
Francesco Siciliano, legale di “Ammazzateci tutti”
L’Italia sta vivendo un dramma, interno alla sua cultura, alla sua terra, alla sua gente. Stiamo vivendo una sorta di ritorno al passato, all’oscurantismo che ha caratterizzato gli anni piu’ bui della nostra nazione. Ringrazio vivamente tutti coloro i quali hanno sottoscritto tale lettera, perchè cio’ che c’è di buono in una società malata non deve essere dimenticato.
In un’Italia che elogia Fabrizio Corona che si definisce "ostaggio dello Stato", c’è chi dal canto suo, prova stima e affetto per il grande dottor Henry John Woodcock. Uno Stato che ha paura della verità, della giustizia, partorisce magistrati del calibro di Luigi de Magistris.
Come diceva Giovanni Falcone:"La mafia uccide i servitori dello Stato, che lo Stato non è riucito a proteggere". C’è il "puzzo del compromesso" come diceva il dottor Borsellino.
Dalla melma può nascere un fiore, come avrebbe detto Baudelaire. Per questo...I nomi dei simboli della giustizia da me citati sono persone che hanno pagato o che pagano per i propri meriti.
Monito alla Nazione di riappropiarci dell’orgoglio di essere italiani e di far si chè l’Italia rinasca appellandosi ai valori della giustizia. Insomma....Alla luce dei valori fondamentali dell’ordinamento giuridico.