Gli dico di lasciare questa terra disgraziata che non raccoglie, non fa germogliare nulla, e sotto il profilo della legalità ha un aspetto di aridità desertica, se si escludono poche, rarissime oasi in mezzo al nulla. Roberto Saviano vuole lasciare l’Italia per ricominciare a vivere, a lavorare, a respirare un’aria non filtrata dalla scorta, che pure gli ha salvato la vita. "Ho bisogno di affondare le mani nella realtà, strofinarmela addosso, sentirne l’odore e il sudore e non vivere, come sterilizzato in una camera iperbarica". Non vuole andar via per codardia o per paura, ma perchè non sente il ribollire delle coscienze, perchè non percepisce gli albori di una vera rivoluzione culturale. Perchè anche i migliori, anche i "nostri" cedono al compromesso intellettuale durante le conversazioni con i "nemici" di Saviano: "Si, certo, si è arricchito, però...", "se l’è cercata", "se fosse sincero darebbe i soldi in beneficenza". Anche poche frasi del genere a fronte di 100 mila frasi di sostegno ti demoralizzano, ti tolgono dinamicità, ti indeboliscono. Fai bene, Roberto, se scegli di partire, di andar via da questa terra. Un seme, un filo d’erba riesce a spaccare l’asfalto migliore. Un uomo, un casertano, un italiano, non riesce a sconfiggere la mafia che è dentro di lui. Molti leggono Gomorra e si convincono che già quello vuol dire fare qualcosa, mettersi a posto con le rispettive coscienze. Ma se da quel libro non nasce un tumulto interiore, se quel libro non spinge a reagire, a cosa serve? Perchè non leggere altro, magari un bel romanzo fantasy? Perchè se leggi Gomorra, sai, e questo ti basta, ti innalza un pò: tu, civile, hai fatto abbastanza. Quello che Saviano cerca è la reazione, è vedere che ogni lettore, nel suo piccolo, si organizza, pianifica, mette in atto piccoli esempi di ribellione. Organizzare 1.000, 10.000 incontri per parlare con la gente, con i casertani, con i casalesi, con i siciliani, per dar loro coraggio, per far percepire l’assoluta bellezza della libertà morale e del legame indissolubile che si crea stando uno di fianco all’altro schierati contro le mafie. E se poi ognuno di quegli "spettatori" a sua volta organizzerà, si muoverà, allora forse sarà servito a qualcosa Gomorra, allora forse Saviano potrà tornare a lavorare, a vivere in Italia, anche a rischiare nuovamente la vita. Ma fino ad allora, perchè stare qui a farsi ammazzare? Per rappresentare cosa? Per essere d’esempio a chi? Lui fino ad adesso ha vissuto qui, e cosa è cambiato? Poco o nulla. E comunque troppo poco. Maria Falcone ha detto: "volevo dire a Giovanni di partire e salvarsi la vita, ora lo dico a Roberto". Falcone e Borsellino sono rimasti, non sono scappati e sono stati ammazzati. E oggi, dopo 16 anni, quel sacrificio è servito a sentire, a reti unificate, la beatificazione dell’omertà di Vittorio Mangano, senza che nessuno all’indignazione desse seguito con altre iniziative. Caro Roberto, lascia questa nazione. Hai già fatto tanto, ed esempio puoi continuare ad esserlo anche dalla Francia, dall’America, ricominciando a vivere. Coloro che ti chiedono di rimanere forse sono quelli che non hanno fatto abbastanza, che non vogliono rimanere da soli. Io ti chiedo di andartene perchè hai già fatto troppo. Ora siediti, su una panchina di Central Park, e mangia un gelato. Aspetta che i germogli fioriscano, che la gente spacchi l’asfalto con la forza dell’indignazione. Adesso lascia lavorare noi.
http://bennycalasanzio.blogspot.com/2008/10/saviano-vattene-senza-scappare.html
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Vi dico chi sono i nemici di Saviano Leggendo le parole di Saviano che pensa di lasciare l’Italia mi sono sentito oppresso. Siamo tutti riscattati dal coraggio di questo ragazzo del Sud - Nichi Vendola
Saviano: "Io resisto, tanti sono come me" Milano - Sa bene che da quando ha scritto "Gomorra" la sua vita è cambiata. Lo sa bene perché, da tempo, è costretto a vivere sotto scorta. Qualche giorno fa, quando si seppe che la camorra avrebbe voluto eliminarlo entro Natale Roberto Saviano si è sfogato dicendo, in poche parole, di essere stanco e di voler vivere come un ragazzo normale della sua età. Ma sa che questo non è facile e che la sua vita, così come quella degli uomini della sua scorta, è in pericolo. Il sentire la gente - oltre che le istituzioni - dalla sua parte, però, gli dà forza e coraggio. Ciò di cui ha più bisogno. "Grazie per tutta questa attenzione. Per me, per noi, raccontare significa trasformare. In altre parti di Europa gli autori hanno minore necessità di raccontare per trasformare. Da noi l’importante è resistere. Ma in questo momento difficile ho trovato in Italia tante persone che vogliono trasformare la realtà in cui vivono, e che sono con me". Saviano lo ha detto in Germania, a Francoforte, dove ha ricevuto un premio importante.
Maroni: "Io frainteso, lo Stato gli è vicino" "Ho voluto fargli un favore, dirgli che lo Stato gli è vicino e gli garantiamo il massimo livello di sicurezza". Così il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, a chi gli chiedeva delle sue dichiarazioni sullo scrittore Saviano, definito ieri, dallo stesso ministro, non l’unico simbolo della lotta alla camorra. "Voi giornalisti avete interpretato male, come sempre per quel che mi riguarda - ha sottolineato Maroni - conosco Saviano, è un ragazzo molto coraggioso. Tuttavia non credo che sia un bene per lui caricarlo di tutte le responsabilità perchè non fa vivere bene". Maroni ha poi aggiunto: "Non può essere lui solo nell’immaginario collettivo a farsi carico della lotta alla crimininalità. È una semplificazione che non va bene per lui e che non fa onore alle migliaia di persone, magistrati, poliziotti, carabineri, che tutti i giorni combattono contro la criminalità. Ho voluto farli un favore - ha concluso - dirgli che lo Stato gli è vicino, che gli garantiamo il massimo livello di sicurezza".