Appello

Aiutateci. Perché c’è il rischio che finisca l’azione civile, sociale e culturale di "la Voce di Fiore". Speriamo che la Ndrangheta non vinca ancora

mercoledì 24 dicembre 2008.
 

Cari lettori, cari amici,

nonostante la nostra richiesta d’aiuto, chiara e vera, la risposta ottenuta fin qui ci preoccupa molto. Ringraziamo di cuore chi ha voluto darci del suo, indipendentemente dall’importo.

Siamo ancora ben lontani dall’obiettivo di rimetterci in sesto. Ci spieghiamo meglio.

Abbiamo bisogno del vostro sostegno, senza il quale non possiamo continuare la nostra - e vostra - battaglia per un’emancipazione della Calabria.

Vogliamo essere liberi, e per questo dobbiamo autofinanziarci. Se condividete la nostra linea e se pensate che la parola può essere più forte dei bazooka, dateci un contributo, anche di pochi euro.

Per ’ndrangheta e "colletti sporchi", i guai nascono quando i fatti diventano pubblici, quando qualcuno li racconta, li toglie dall’ombra.

Chiediamo il vostro sostegno per farlo con più forza, per proteggere chi si espone, per espandere una rete di azione civile che non esiste solo sulla rete.

Non conta la cifra del singolo. E’ fondamentale un’adesione di massa; è essenziale dimostrare che siamo un popolo, coeso, solidale, tenace. Soprattutto per levarci dal pesante isolamento in cui ci troviamo.

Vogliamo precisare che non c’è il rischio che il sito chiuda, come avrete inteso. Il problema è un altro: non ce la facciamo più a sopportare da soli i costi d’un impegno.

Non è giusto rimanere in prima linea, in solitudine e in bilico, per farci massacrare. E gli altri? La società civile? Facciamo vedere che ci siamo, ma tutti.

Ci stimano in tanti, per le inchieste, il coraggio, l’esposizione a querele, a minacce e pressioni, in nome d’una giustizia degna di questo nome. Si apprezzano i nostri interventi diretti rispetto ad abusi e violazioni, segnalatici spesso anonimamente.

Noi scriviamo, chiediamo spiegazioni, esprimiamo un dissenso ragionato, manifestiamo pubblicamente la necessità d’una reazione collettiva.

Siamo presenti, gridiamo. Non vogliamo la sparizione della società calabrese e non accettiamo la morte a piccole dosi, che certo oscuro potere le somministra giorno per giorno.

Costruiamo.

Lo abbiamo fatto portando in piazza testimoni di giustizia, opponendoci - con "Ammazzateci tutti", "Movimento del Sole" e "Gens" - alla farsa delle "Primarie" in Calabria. Lo abbiamo fatto protestando sotto i palazzi del potere, riverberando, con istanze e pubblicazioni, la voce degli sconfitti. Lo abbiamo fatto andando nei tribunali e subendo procedimenti civili e penali per l’ideale d’una Calabria bella, che può ancora emergere e battere la ’ndrangheta, la corruzione, la collusione, le associazioni a delinquere, il business della sanità.

Il nostro sito può andare avanti benissimo con 40 euro all’anno: è semplice e non comporta particolare manutenzione.

Qui siamo tutti volontari, animati da passione civile e convinti che, alla lunga, l’informazione e la cultura cambieranno la testa delle masse, spesso costrette a chinare il capo e sopportare.

Col libro "La società sparente" (Neftasia, Pesaro, 2007), ma anche con altre inchieste documentate, abbiamo denunciato personaggi, vicende e misteri d’una Calabria oppressa e corrotta, che obbliga anzitutto i giovani ad andarsene, senza la speranza d’un ritorno.

Abbiamo dato un quadro netto e preciso del malaffare di questa terra, spiegando perché la sua gente è subordinata e, nonostante le buone intenzioni, alla fine si piega comunque al potere, così legittimandolo ad agire in piena libertà.

Il caso di Catanzaro - o, come lo chiama erroneamente certa stampa, il caso De Magistris - dimostra quanto i cittadini contino nulla, davanti ai forti, e quanto il congegno istituzionale sia una rappresentazione finta della regolazione sociale.

Nel nome dei princìpi, della competenza e delle istituzioni, la dignità delle persone è calpestata quotidianamente.

Per quanto riguarda la Calabria, questa realtà l’abbiamo esposta con dovizia di particolari, in "La società sparente". La Calabria è una buona metafora dell’Italia, ne è l’immagine in scala, malgrado non sembri.

Qui si vuole uscire fuori da logiche di protagonismo, inutili e insensate.

Non ci riteniamo affatto degli eroi. Siamo, come amiamo chiamarci, un laboratorio culturale antimafia: letteratura, arte e cultura contro il dominio della criminalità efferata e le lobby degli affari.

Facciamo semplicemente il nostro dovere, perché crediamo che sia ancora possibile un recupero della nostra terra, in cui non siamo nati e cresciuti per puro caso.

Evitiamo che l’indifferenza vinca sulla Ndrangheta, che è altro dalla ’ndrangheta, come abbiamo precisato in "La società sparente".

La Ndrangheta con la maiuscola è la criminalità in senso stretto, ma soprattutto un modo di pensare e vivere di chi la subisce.

Da tempo, abbiamo preso posizione, in molti modi, sulla complicità del silenzio, sull’opportunismo, la vigliaccheria, il familismo amorale che distrugge il Mezzogiorno.

Ora siamo in crisi, perché abbiamo speso tutte le nostre risorse personali. Dobbiamo poterci riprendere, e ne abbiamo il diritto. Soprattutto, dobbiamo poter continuare.

La politica parla spesso dei giovani calabresi e si distingue per la sua retorica insopportabile.

Noi siamo stati tartassati da potenti, che ci hanno accusato sulla stampa, provando in tutti i modi a denigrarci, addirittura incolpandoci di rovinare l’immagine della Calabria.

Se volete che ci siamo ancora, occorre che ci aiutiate. Dobbiamo continuare ad avere la nostra Voce, che è la vostra.

11 novembre 2008

I giovani della rete di "la Voce di Fiore"

Il primo grido d’allarme

questo articolo lo trovi anche su: Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia

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