Cari lettori, cari amici,
nonostante la nostra richiesta d’aiuto, chiara e vera, la risposta ottenuta fin qui ci preoccupa molto. Ringraziamo di cuore chi ha voluto darci del suo, indipendentemente dall’importo.
Siamo ancora ben lontani dall’obiettivo di rimetterci in sesto. Ci spieghiamo meglio.
Abbiamo bisogno del vostro sostegno, senza il quale non possiamo continuare la nostra - e vostra - battaglia per un’emancipazione della Calabria.
Vogliamo essere liberi, e per questo dobbiamo autofinanziarci. Se condividete la nostra linea e se pensate che la parola può essere più forte dei bazooka, dateci un contributo, anche di pochi euro.
Per ’ndrangheta e "colletti sporchi", i guai nascono quando i fatti diventano pubblici, quando qualcuno li racconta, li toglie dall’ombra.
Chiediamo il vostro sostegno per farlo con più forza, per proteggere chi si espone, per espandere una rete di azione civile che non esiste solo sulla rete.
Non conta la cifra del singolo. E’ fondamentale un’adesione di massa; è essenziale dimostrare che siamo un popolo, coeso, solidale, tenace. Soprattutto per levarci dal pesante isolamento in cui ci troviamo.
Vogliamo precisare che non c’è il rischio che il sito chiuda, come avrete inteso. Il problema è un altro: non ce la facciamo più a sopportare da soli i costi d’un impegno.
Non è giusto rimanere in prima linea, in solitudine e in bilico, per farci massacrare. E gli altri? La società civile? Facciamo vedere che ci siamo, ma tutti.
Ci stimano in tanti, per le inchieste, il coraggio, l’esposizione a querele, a minacce e pressioni, in nome d’una giustizia degna di questo nome. Si apprezzano i nostri interventi diretti rispetto ad abusi e violazioni, segnalatici spesso anonimamente.
Noi scriviamo, chiediamo spiegazioni, esprimiamo un dissenso ragionato, manifestiamo pubblicamente la necessità d’una reazione collettiva.
Siamo presenti, gridiamo. Non vogliamo la sparizione della società calabrese e non accettiamo la morte a piccole dosi, che certo oscuro potere le somministra giorno per giorno.
Costruiamo.
Lo abbiamo fatto portando in piazza testimoni di giustizia, opponendoci - con "Ammazzateci tutti", "Movimento del Sole" e "Gens" - alla farsa delle "Primarie" in Calabria. Lo abbiamo fatto protestando sotto i palazzi del potere, riverberando, con istanze e pubblicazioni, la voce degli sconfitti. Lo abbiamo fatto andando nei tribunali e subendo procedimenti civili e penali per l’ideale d’una Calabria bella, che può ancora emergere e battere la ’ndrangheta, la corruzione, la collusione, le associazioni a delinquere, il business della sanità.
Il nostro sito può andare avanti benissimo con 40 euro all’anno: è semplice e non comporta particolare manutenzione.
Qui siamo tutti volontari, animati da passione civile e convinti che, alla lunga, l’informazione e la cultura cambieranno la testa delle masse, spesso costrette a chinare il capo e sopportare.
Col libro "La società sparente" (Neftasia, Pesaro, 2007), ma anche con altre inchieste documentate, abbiamo denunciato personaggi, vicende e misteri d’una Calabria oppressa e corrotta, che obbliga anzitutto i giovani ad andarsene, senza la speranza d’un ritorno.
Abbiamo dato un quadro netto e preciso del malaffare di questa terra, spiegando perché la sua gente è subordinata e, nonostante le buone intenzioni, alla fine si piega comunque al potere, così legittimandolo ad agire in piena libertà.
Il caso di Catanzaro - o, come lo chiama erroneamente certa stampa, il caso De Magistris - dimostra quanto i cittadini contino nulla, davanti ai forti, e quanto il congegno istituzionale sia una rappresentazione finta della regolazione sociale.
Nel nome dei princìpi, della competenza e delle istituzioni, la dignità delle persone è calpestata quotidianamente.
Per quanto riguarda la Calabria, questa realtà l’abbiamo esposta con dovizia di particolari, in "La società sparente". La Calabria è una buona metafora dell’Italia, ne è l’immagine in scala, malgrado non sembri.
Qui si vuole uscire fuori da logiche di protagonismo, inutili e insensate.
Non ci riteniamo affatto degli eroi. Siamo, come amiamo chiamarci, un laboratorio culturale antimafia: letteratura, arte e cultura contro il dominio della criminalità efferata e le lobby degli affari.
Facciamo semplicemente il nostro dovere, perché crediamo che sia ancora possibile un recupero della nostra terra, in cui non siamo nati e cresciuti per puro caso.
Evitiamo che l’indifferenza vinca sulla Ndrangheta, che è altro dalla ’ndrangheta, come abbiamo precisato in "La società sparente".
La Ndrangheta con la maiuscola è la criminalità in senso stretto, ma soprattutto un modo di pensare e vivere di chi la subisce.
Da tempo, abbiamo preso posizione, in molti modi, sulla complicità del silenzio, sull’opportunismo, la vigliaccheria, il familismo amorale che distrugge il Mezzogiorno.
Ora siamo in crisi, perché abbiamo speso tutte le nostre risorse personali. Dobbiamo poterci riprendere, e ne abbiamo il diritto. Soprattutto, dobbiamo poter continuare.
La politica parla spesso dei giovani calabresi e si distingue per la sua retorica insopportabile.
Noi siamo stati tartassati da potenti, che ci hanno accusato sulla stampa, provando in tutti i modi a denigrarci, addirittura incolpandoci di rovinare l’immagine della Calabria.
Se volete che ci siamo ancora, occorre che ci aiutiate. Dobbiamo continuare ad avere la nostra Voce, che è la vostra.
11 novembre 2008
I giovani della rete di "la Voce di Fiore"
questo articolo lo trovi anche su: Associazione Nazionale Familiari Vittime di Mafia
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La società sparente fra i libri consigliati nella home page di Antonio Nicaso
"Ciao Saverio, verro’ a fine gennaio per presentare una nuova edizione di Fratelli di Sangue, per Mondadori. Verro’ anche in Calabria. Spero di vederti. Con Ferruccio ho parlato a lungo ieri. Complimenti anche a te per il libro e per il coraggio che hai dimostrato, assieme ad Emiliano. Siete un esempio straordinario per chi e’ rimasto e continua a combattere. Ti abbraccio, Antonio"
Download del decreto con intercettazioni della Why not
La società sparente fra i libri consigliati nella home page di Antonio Nicasoo
L’autore di "Gomorra" intervistato da Massimo Giannini su Radio3 parla
anche dell’inchiesta napoletana: "La mafia non riguarda solo il centrodestra"
Saviano: "La camorra tocca tutti
il governo può fare molto di più"
ROMA - Contro la camorra "il governo potrebbe fare di più: è stato importante mandare i parà, perché bisognava rispondere con un piano militare ma questo non basta assolutamente: c’è ancora tanto da fare e le risorse ci sono". Roberto Saviano torna a ribadire le sue idee sulla criminalità organizzata intervistato questa mattina su Radio3 da Massimo Giannini, spaziando dall’inchiesta sugli appalti a Napoli alla riforma della giustizia.
La battaglia sulla criminalità. Gli scontri tra studenti di destra e di sinistra sono "vecchi" e fanno solo il gioco di chi vuole deviare l’attenzione dalle questioni vere, in primo luogo da quella della criminalità ha spiegato Saviano che nel pomeriggio incontrerà gli studenti dell’università Roma Tre dopo la proiezione la proiezione del film di Matteo Garrone tratto dal suo libro. "Forse tra le nuove generazioni si sta parlando alla questione criminale in maniera diversa - ha sottolineato Saviano parlando a Radio3 - Sento tantissimo la deideologizzazione. Io parlo ai giovani. Ai giovani di destra come ai ragazzi di sinistra o a ragazzi semplicemente che non hanno alcun tipo di posizione. E l’idea di andare a parlare all’università, anche se sono stato invitato dall’Onda, era quella: poter parlare a tutti e non solo a una parte, perché la battaglia sulla criminalità è una questione che viene prima di tutto".
La mafia non riguarda solo centrodestra. Parlando della bufera scoppiata al Comune di Napoli, Saviano non è sorpreso. "E’ da tempo che, soprattutto nel Sud Italia, queste connivenze sono state denunciate: io stesso e molti altri, sull’Espresso e su Repubblica, abbiamo scritto di questa sorta di connivenze, di questa assoluta percezione sbagliata di credere che il male stia solo dall’altra parte, che la mafia sia una cosa che riguarda solo il centrodestra".
"Detto questo - ha aggiunto l’autore di Gomorra, - mi sento di dire che non può essere utilizzata inchiesta per criminalizzare un’intera parte politica, dell’una o dell’altra parte. Ma credo che una cosa da fare, finalmente, sia prendere le distanze da certi meccanismi imprenditoriali", che "sono di periferia, sembrano lontani da Roma, ma in realtà incidono tantissimo".
Il rapporto tra politica e crimine. Più in generale, rispondendo a una domanda sugli sviluppi dell’inchiesta Global service, Saviano ha spiegato che, a suo giudizio, "oggi il rapporto tra politica e crimine è diverso rispetto a Tangentopoli e alla Cosa Nostra del maxiprocesso. Oggi le organizzazioni criminali determinano gli equilibri politici come potrebbero determinarli la Microsoft, la Bmw o la General Motors. Al di là di quella che può essere la mazzetta al singolo politico o consigliere comunale, indipendentemente dalle scelte individuali di corruzione, le organizzazioni criminali riescono a condizionare il clima politico attraverso il loro potere economico".
Riforma della giustizia. Roberto Saviano segnala il rischio che l’annunciata riforma della giustizia "venga utilizzata per rendere più complicate non tanto le inchieste antimafia, quanto la possibilità di arrivare ai livelli economico-finanziari della criminalità organizzata". "Tutti i boss che usano lo strumento militare, che uccidono - ha spiegato Saviano parlando con Massimo Giannini - prima o poi vengono eliminati o finiscono in galera, ma sanno benissimo che la morte è una parte necessaria del loro mestiere. Il vero problema è arrivare al livello economico, a quei personaggi che entrano in relazione con le organizzazioni criminali, ma senza farne parte o partecipare alle operazioni di sangue".
Per l’autore di Gomorra, dunque, il "rischio è che con un determinato tipo di riforma della giustizia e con gli attacchi alla magistratura si tenda a voler chiudere la partita con l’imprenditoria criminale, impegnandosi soltanto nella cattura dei criminali. Ma preso uno ne spuntano altri dieci, anche perché le organizzazioni mafiose non hanno il monopolio, i capi non durano 40-50 anni come i politici, le nuove generazioni prendono continuamente il posto delle vecchie".
* la Repubblica, 17 dicembre 2008