EUROPA. ROMA, LA PIU’ BELLA FESTA DI PRIMAVERA ...

VIVA, VIVA L’ITALIA. L’ITALIA IN PIAZZA, CON LA CGIL: "FUTURO SI’, INDIETRO NO". Una nota di Massimo Giannini, sul contratto spezzato.

mercoledì 1 aprile 2009.
 
[...] Un filo sottile, ma visibile, unisce il ritorno della Cgil al Circo Massimo previsto oggi e le dichiarazioni dei redditi degli italiani diffuse ieri. Sette anni dopo l’oceanica manifestazione che vide in piazza 3 milioni e mezzo di persone a difesa dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, e al culmine di un incendio globale che alimenta non solo la "rabbia populista" denunciata da Newsweek, ma anche la "rivolta popolare" avvistata da Fitoussi, c’è qualcosa che si incrina nel tessuto connettivo dell’individuo e nel vissuto collettivo dei cittadini. C’è qualcosa che minaccia di rompersi. Di rompere, o quanto meno interrompere, il circuito delle relazioni e delle istituzioni di cui vive una democrazia. Quel qualcosa è il contratto sociale. Il patto tacito, ma condiviso, che lega gli uomini, le generazioni, i ceti, le categorie, in un destino comune che ci vede (o ci dovrebbe vedere) diversi nelle condizioni, ma uguali nelle opportunità [...]

Cgil in piazza contro la crisi "Futuro sì, indietro no"

Oggi a Roma la manifestazione nazionale della Cgil per protestare contro la politica del governo. Cinque cortei hanno sfilato per le vie della Capitale e sono arrivati a Circo Massimo dove sul palco hanno preso la parola un operaio, un medico, una pensionata, un immigrato e alcuni precari di fronte a una piazza strapiena di palloncini colorati e bandiere rosse. La sinistra a fianco di Epifani: ci sono Cofferati, Veltroni, Franceschini, Vendola, D’Alema (per seguire la diretta, cliccare sul rosso).


L’ANALISI

Il contratto spezzato

di MASSIMO GIANNINI *

Un filo sottile, ma visibile, unisce il ritorno della Cgil al Circo Massimo previsto oggi e le dichiarazioni dei redditi degli italiani diffuse ieri. Sette anni dopo l’oceanica manifestazione che vide in piazza 3 milioni e mezzo di persone a difesa dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, e al culmine di un incendio globale che alimenta non solo la "rabbia populista" denunciata da Newsweek, ma anche la "rivolta popolare" avvistata da Fitoussi, c’è qualcosa che si incrina nel tessuto connettivo dell’individuo e nel vissuto collettivo dei cittadini. C’è qualcosa che minaccia di rompersi. Di rompere, o quanto meno interrompere, il circuito delle relazioni e delle istituzioni di cui vive una democrazia. Quel qualcosa è il contratto sociale. Il patto tacito, ma condiviso, che lega gli uomini, le generazioni, i ceti, le categorie, in un destino comune che ci vede (o ci dovrebbe vedere) diversi nelle condizioni, ma uguali nelle opportunità. Cos’altro rappresentano i dati sui redditi del 2007, se non un monumento all’ingiustizia fiscale? Cos’altro gridano, quell’italiano su tre che denuncia meno di 10mila euro e quel risibile 0,9% che dichiara oltre 100mila euro, se non lo scandalo della disuguaglianza sociale?

È vero, questi numeri della vergogna non sono mai nuovi. Nell’oceano dell’evasione nuotano non solo gli squali del lavoro autonomo che esportano i soldi alle Cayman. Ma nuotano anche i pesci piccoli del lavoro dipendente che arrotondano con i "mestieri" del sommerso. E nuotiamo anche tutti noi, quando non pretendiamo la ricevuta dal medico, la fattura dall’idraulico, lo scontrino dal commerciante. Ma letti nel pieno di quella che oggi l’ex presidente della Repubblica Ciampi definisce una "crisi epocale e non congiunturale", che morde la carne viva di tanta gente e taglia la connessione tra capitale e lavoro, questi numeri interrogano una volta di più le responsabilità di una politica che non sa o non vuole vedere. Chiamano in causa un’idea della società italiana che questo governo non dimostra di possedere. Spiace dirlo ai "modernisti" alle vongole, ma la redistribuzione del reddito, e quindi la perequazione tributaria, restano il cuore del problema. Oggi, nell’era dell’ordoliberismo compassionevole di Giulio Tremonti come ai tempi della Grande Riforma di Ezio Vanoni.

Possiamo non rimpiangere il "saio fiscale" caro a Vincenzo Visco. Possiamo non avere nostalgia di quel sottile accanimento "di classe" col quale l’ultimo centrosinistra unionista ha braccato i cosiddetti ricchi, con la malcelata intenzione di "farli piangere". Ma non possiamo non vedere che l’evasione fiscale continua a costarci oltre 100 miliardi l’anno, pari a 7 punti di Pil. Continua a mantenersi su livelli ben superiori a quelli dei paesi europei.

"Questi livelli di evasione sono incompatibili con la democrazia", aveva detto Romano Prodi poco prima della caduta, nell’autunno 2007. Cosa dice oggi Silvio Berlusconi? Nel Dpef e nella manovra di bilancio triennale si parla di piano straordinario di controlli finalizzato all’accertamento sintetico, di aumento del numero delle verifiche. Ma alle intenzioni iniziali non corrispondono le azioni successive. Lo scrive la Corte dei conti, che solleva "perplessità" sulle conseguenze devastanti che alcune cosiddette "semplificazioni" potranno avere, "non solo sui comportamenti dei contribuenti, ma anche sulla possibilità per gli uffici di acquisire gli indispensabili mezzi di prova. Ciò riguarda la soppressione dell’obbligo di allegazione alla dichiarazione Iva degli elenchi clienti/fornitori... l’abrogazione delle norme in materia di limitazione dell’uso di contanti e di assegni, di tracciabilità dei pagamenti e di tenuta da parte dei professionisti di conti correnti dedicati".

Ora si allentano anche gli studi di settore su imprese e lavoratori autonomi. L’Agenzia delle Entrate dovrà applicarli "con particolare cautela", adottando "particolare prudenza in sede di accertamento, quando gli scostamenti saranno di lieve entità". I primi frutti di questa semina sono già visibili. Su un fabbisogno aumentato a 14,5 miliardi a marzo, i minori incassi fiscali pesano per ben 2 miliardi. Incide il calo dell’attività economica, ovviamente. Ma la contrazione del Pil è inferiore al calo delle entrate. La guardia, sulle tasse, è clamorosamente bassa. Lo conferma, ancora una volta, la Corte dei conti, quando denuncia a tutt’oggi "la mancata presentazione, entro il 30 settembre, della relazione al Parlamento alla quale il governo è annualmente tenuto per dar conto dei risultati di gettito del contrasto all’evasione".

Anche così si esasperano le disuguaglianze. E si accresce il disagio di chi, nella caduta del reddito e del potere d’acquisto, non ha vie di fuga. Anche per questo la manifestazione della Cgil di oggi, indipendentemente da come si giudichino certe resistenze di Epifani, ha comunque un suo significato profondo. E anche per questo la partecipazione del leader del Pd, indipendentemente da come si giudichi la linea del segretario, merita grande rispetto. Dove c’è un povero, un disoccupato, qualcuno che perde il lavoro, non può non esserci un progressista al suo fianco. Se lo dice Brown è riformismo, se lo dice Franceschini è massimalismo. Non si capisce perché. A meno di non voler estirpare per sempre le radici della sinistra dalla storia del mondo.

* la Repubblica, 4 aprile 2009.


Sul tema, nel sito, si cfr.:

POPULISMO: IL ’GIOCO’ DEL "MENTITORE" ISTITUZIONALIZZATO. Come se "la parte" e "il tutto" si identificassero; anzi, come se "la parte" fosse identica al tutto. Una nota di Nadia Urbinati


-  Gasparri: "E’ una decisione politica, hanno evitato il confronto"
-  Il ministro della Pubblica amministrazione Brunetta: "Una scampagnata"

-  Il Pdl contro la Cgil in piazza
-  "Fanno solo solo carnevalate"
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ROMA - "Il diritto a manifestare è sacrosanto. Spiace che la Cgil abbia ancora una volta preso una decisione politica e non sindacale scegliendo la piazza piuttosto che il confronto. Le misure a sostegno dei lavoratori, delle imprese, delle famiglie le ha prese e continuerà a prenderle il governo con responsabilità, con i fatti e lasciando ad altri inutili carnevalate". Il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri attacca così il corto della Cgil. E trova sponda nel ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta che definisce l’iniziativa del sindacato "una scampagnata che muove risorse, ristoranti, autobus, quindi è un fatto positivo per la ripresa economica". Per il leghista Roberto Cota "quella di oggi mi sembra più che altro una sfilata di apparati. I diritti dei lavoratori si difendono giorno per giorno con fatti concreti e non con le comparsate".

Brunetta e l’evasione. ’Direbbe Humphrey Bogart: questa e’ l’Italia, bambola". Brunetta, commenta a Cernobbio i dati delle dichiarazioni dei redditi relative al 2006 diffusi ieri dal ministero dell’Economia, secondo i quali solo il 2% dei contribuenti guadagna più di 70 mila euro. "Mi meraviglio della vostra meraviglia, nel senso che sono dati straconosciuti. Questa è l’Italia". Ma il governo non fa poco per contrastare l’evasione? "Questi -replica il ministro- non sono problemi di questo o di quel governo, sono problemi strutturali, problemi della struttura produttiva italiana, della struttura fiscale del paese. Sono anche problemi di carattere tipologico: piccola impresa, famiglia e risparmio. Questa- conclude- è l’Italia".

Il ministro, poi, ha messo in guarda dal considerare la crisi economica in via di soluzione. "Alcuni elementi di miglioramento ci sono, ma attenti a non illudersi che la crisi sia già alla fine". Brunetta ha spiegato che stiamo andando verso la stagione buona, favorevole per l’agricoltura, per il turismo, per la mobilità, per i consumi e per l’occupazione. "Stiamo attenti però che poi contano sempre i fondamentali: conta il commercio con l’estero, conta il credito, contano i risparmi e contano le risposte che i singoli paesi danno alla crisi, individualmente o in maniera coordinata".

* la Repubblica, 4 aprile 2009.


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