Il presidente ricorda Imbeni, al quale il Parlamento Europeo dedica una sala. "Aprirsi con coraggio e fiducia alle novità"
Democrazia, il monito di Napolitano
"Sa sempre reagire al populismo" *
ROMA - Una democrazia sa sempre reagire "alle chiusure e al populismo". E’ questa la frase chiave del messaggio che il presidente della Repubblica ha inviato in occasione dell’inaugurazione della sala del Parlamento Europeo dedicata a Renzo Imbeni.
Per il Capo dello Stato "una democrazia sa reagire, sempre e comunque, evitando ogni chiusura e ogni populismo; aprendosi con coraggio e fiducia alle novità; basando sulla propria coesione e su reali pari opportunità la costruzione di un futuro migliore in Italia, in Europa e nel mondo".
Nel suo messaggio Napolitano ricorda la figura di Renzo Imbeni come "esempio di coerenza politica, di onestà intellettuale e di costante impegno europeista. Che ci ha lasciato un esempio di profondo attaccamento agli ideali di giustizia e di libertà e di fiducia nella democrazia".
* la Repubblica, 1 aprile 2009
Il popolo
L’oggetto del desiderio della nuova demagogia
di Nadia Urbinati (la Repubblica, 31.03.2009)
La concezione liberale lo vede non come una massa uniforme che applaude un uomo ma come un insieme di individui e cittadini. E’ nell’Ottocento che gli viene attribuita in quanto volontà collettiva la fonte della legittimità dei governi e anche la sovranità politica
"Il popolo" è tra le categorie politiche quella forse più ambigua e più abusata, al punto di essere ora adottata addirittura per designare un partito, come se "la parte" e "il tutto" si identificassero; anzi, come se "la parte" si proponesse identica al tutto.
L’origine del termine "popolo" è latina e nella tradizione romana repubblicana aveva un significato di opposizione/distinzione rispetto a una parte di popolazione che non era popolo: l’aristocrazia o il patriziato. Per questa sua connotazione non socialmente unitaria, dovendo decidere la denominazione della nuova assemblea convocata all’indomani della presa della Bastiglia, nel 1789, i costituenti francesi preferirono l’aggettivo "nazionale" a "popolare".
L’incorporazione del "popolo" nella concezione moderna della sovranità statuale e poi la sua identificazione con la nazione vennero perfezionate nel corso dell’Ottocento. Nel 1835 Giuseppe Mazzini lo definì "l’unica forza rivoluzionaria" esistente anche se "mai scesa nell’arena" politica, fino ad allora il luogo esclusivo della "casta" aristocratica e militare. Popolo venne a identificarsi con volontà collettiva e quindi con la sorgente del consenso fondamentale senza il quale nessun governo poteva dirsi legittimo.
Ma è proprio nella natura singolare del nome che sta il problema. Nelle principali lingue europee ad eccezione della lingua inglese, i termini Popolo, Peuple, Volk designano un’entità organica, un tutto unico la cui volontà è una ed è legge. Lo stesso Jean-Jacques Rossueau, al quale ingiustamente è stata attribuita la paternità teorica della democrazia totalitaria, aveva anticipato i rischi di plebiscitarismo quando, descrivendo l’assemblea popolare come unico legittimo sovrano, aveva precisato con molto acume che i cittadini vi si recano individualmente, e poi, una volta riuniti in assemblea, danno il loro voto in silenzio, ragionando ciascuno con la propria testa e senza consentire a nessun oratore di manipolare i loro consenso.
Le adunate oceaniche di memoria fascista e nazista sono state una negazione della volontà popolare democratica alla quale pensava Rousseau e che è così ben definita nella nostra costituzione.
Quelle adunate di popolo, che ricalcavano il modello dell’antica Sparta dove le assemblee si concludevano urlando il "sì" o il "no" alla proposta del consiglio, non erano per nulla un segno di democrazia. In Atene, alla quale dobbiamo la nostra visione della democrazia, i cittadini si recavano all’assemblea e votavano individualmente, con voto segreto, e infine contavano i voti uno per uno, non fidandosi dell’impressione acustica provocata dall’urlo come a Sparta.
Il modo di raccogliere il consenso e la procedura di computa dei voti sono stati da allora i due caratteri cruciali che hanno dato democraticità alla categoria ambigua di popolo; che hanno anzi consentito di togliere l’ambiguità ed evitare l’abuso.
È chiaro infatti che se il termine "popolo" è singolare, sono le regole che si premuniscono di renderlo plurale. Il popolo dei populisti, quello per intenderci della concezione fascista e plebiscitaria, non è lo stesso del popolo democratico: ne è anzi la sua degenerazione e negazione. È ancora a un autore classico che ci si deve affidare per comprendere questa distinzione cruciale.
Nella Politica Aristotele distingue tra varie forme di democrazia, procedendo da quella meno pessima o sufficientemente buona a quella assolutamente pessima: la migliore è quella nella quale le funzioni del popolo di votare in assemblea sono affiancate da quelle di magistrati eletti; la peggiore è quella demagogica, un’unità nella quale la voce del demagogo diventa la voce del popolo e il pluralismo delle idee si assottiglia pericolosamente.
Nel Novecento, Carl Schmitt ha dato voce a questa visione di democrazia plebiscitaria o cesaristica integrandola con una critica radicale del Parlamento: perché perdere tempo a discutere se ci si può valere di un leader che sa quel che il popolo vuole visto che la sua volontà è una sola con quella del suo popolo?
Il termine popolo acquista dunque un significato meno ambiguo e soprattutto liberale quando è associato non a una massa uniforme che parla con una voce e si identifica con un uomo o un partito, ma invece all’insieme degli individui-cittadini che fanno una nazione.
Individui singoli perché il consenso non è una voce collettiva nella quale le voci individuali scompaiono, ma un processo che tutti contribuiscono a formare. Il pluralismo è il carattere che fa del popolo un popolo democratico; anche perché il voto è l’esito di una selezione tra diverse proposte o idee che devono potersi esprime pubblicamente per poter essere valutate e scelte.
Vox populi vox dei ha un senso non sinistro solo a una condizione: che la democrazia abbia regole e diritti non alterabili dalla maggioranza grazie ai quali i cittadini possono liberamente partecipare al processo di definizione e interpretazione di quella "voce".
Ma se la "vox dei" abita un luogo definito e unico - sia esso un partito o un potere dello stato o un uomo - se acquista un significato unico, allora è la voce non più del popolo ma di una sua parte che si è sostituita ad esso.
Concludendo in sintonia con questa analogia religiosa, vale ricordare che l’unanimità e la concordia ecclestastica finirono quando il pluralismo interpretativo del cristianesimo si affermò. La democrazia costituzionale può essere a ragione considerata una forma di protestantesimo politico.
Sul tema, nel sito, si cfr.:
PARADOSSO DEL MENTITORE (Scheda: Wikipedia).
EVANGELO E COSTITUZIONE. PER L’ITALIA E PER LA CHIESA: L’AMORE NON E’ LO ZIMBELLO DEL TEMPO ...
STATO E CHIESA: A MILANO LA RESISTENZA DELLO SPIRITO AMBROSIANO ("CHARITAS"), A ROMA LA RESTAURAZIONE DELLA TEOLOGIA-POLITICA DI "MAMMONA" ("CARITAS"). Una ’cecità’ inaudita e una crisi epocale. Note e appunti per i posteri
Federico La Sala
Napolitano dimesso dall’ospedale: andrà in clinica per la riabilitazione
Quattro settimane fa il presidente emerito della Repubblica era stato sottoposto a un intervento di sostituzione della valvola aortica
di CARLO PICOZZA (la Repubblica, 22 maggio 2018)
Il presidente emerito Giorgio Napolitano ha lasciato la Cardiochirurgia del San Camillo alla volta della clinica Villa Betania dove sarà sottoposto alla riabilitazione cardiorespiratoria e motoria. Era martedì 24 aprile, quattro settimane esatte fa, quando, in emergenza, il cardiochirurgo Francesco Musumeci ha sottoposto l’ex capo dello Stato alla sostituzione della valvola aortica e di un ampio tratto dell’aorta ascendente con reimpianto delle coronarie. Napolitano, nel pomeriggio di quel giorno, aveva avvertito dolori al torace mentre era in visita alla moglie Clio, ricoverata in una clinica della capitale. Si era allarmato e aveva subito avvertito il suo cardiologo di fiducia, Roberto Ricci, primario nell’ospedale Santo Spirito dove, visitato il paziente, la diagnosi non lasciava grandi speranze: "Dissecazione acuta dell’aorta ascendete". In altre parole, l’arteria maggiore rischiava di rompersi da un momento all’altro.
La conferma era giunta a stretto giro da Musumeci che, d’accordo con Ricci, indicava di trasportare con urgenza Napolitano al San Camillo per sottoporlo al delicato intervento chirurgico. L’operazione era durata tre ore e mezzo, dalle 22 all’1.30. E da subito, nella Terapia intensiva cardiochirurgica, i clinici avevano guardato con soddisfatto stupore alle capacità di recupero di Napolitano.
"Nonostante l’età, quasi 93 anni", spiega Musumeci, "il presidente emerito ha risposto bene, senza complicazioni e velocemente, alle nostre cure; un recupero eccellente". "L’intervento di Napolitano", aggiunge il cardiochirurgo che, nella Londra degli anni Ottanta, è stato allievo di uno dei maestri della Cardiochirurgia mondiale, Magdi Yacoub, "dimostra che è l’età biologica che conta, le buone condizioni cliniche del paziente e non il numero degli anni: le tecnologie oggi a disposizione consentono interventi impensabili fino ad alcuni anni fa". Ora Napolitano è affidato alle cure dei fisioterapisti che, nel quartiere Aurelio della capitale, metteranno a segno gli ultimi atti della sua riabilitazione.
Sul tema, nel sito, si cfr.:
GIOACCHINO, DANTE, E LA "CASTA ITALIANA" DELLO "STATO HEGELIANO" - DELLO STATO MENTITORE, ATEO E DEVOTO ("Io che è Noi, Noi che è Io")
Federico La Sala