ROMA - ’’Il sacrificio di Paolo Borsellino resta di monito a non abbassare mai la guardia nella lotta per debellare le insidie, ovunque si annidino, di questo gravissimo fenomeno criminoso’’. E’ quanto scrive tra l’altro il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in un messaggio alla signora Agnese Borsellino in occasione del quattordicesimo anniversario dell’uccisione a Palermo del magistrato e della sua scorta.
’’Il 19 luglio 1992 - ricorda Napolitano nel suo messaggio alla vedova del magistrato - l’arroganza spietata della criminalita’ mafiosa stroncava la vita di Paolo Borsellino e degli agenti della scorta Catalano, Cosina, Loi, Li Muli e Traina.
Resta indelebile nella memoria l’angoscia e il dolore dei giorni in cui il delirio di onnipotenza della cupola mafiosa, gia’ abbattutosi contro Giovanni Falcone, sua moglie e altri coscienziosi agenti di polizia, culmino’ nel tentativo di scardinare, colpendo le sue piu’ ferme e intransigenti espressioni, l’ordinamento dello Stato e delle sue istituzioni.
Possiamo dire oggi che quella strategia si e’ rivelata illusoria e che il sacrificio dei servitori dello Stato non e’ stato vano. La concezione della giustizia e lo spirito di servizio, che avevano animato le battaglie di Paolo Borsellino e di tante altre vittime della mafia, hanno segnato una netta linea di contrapposizione al terrore dell’anti-stato e costituito un esempio costante e positivo per l’azione della Magistratura e delle Forze dell’Ordine. Questi valori hanno consentito, di recente, di assicurare finalmente alla giustizia anche i maggiori responsabili di molti efferati delitti e di infliggere duri colpi alla stessa organizzazione mafiosa; sono stati di sprone alla mobilitazione collettiva delle coscienze e delle forze sane di settori sempre piu’ ampi della societa’ civile, dal mondo del lavoro a quello dell’impresa, dalla scuola all’universita’, dalla cultura all’associazionismo.
Il sacrificio di Paolo Borsellino resta di monito a non abbassare mai la guardia nella lotta per debellare le insidie, ovunque si annidino, di questo gravissimo fenomeno criminoso. La consapevole missione di uomini coraggiosi come suo marito aiuta a comprendere i percorsi da seguire e contribuisce a non disperdere il clima di nuova fiducia e speranza nelle istituzioni e nella loro rinnovata responsabilita’ nell’azione per migliori condizioni di sicurezza, di convivenza e di crescita sociale ed economica.
Mai come oggi - conclude Napolitano - avvertiamo che la determinazione nella lotta a tutte le mafie non puo’ conoscere alcuna scissione dall’impegno comune per superare arretratezze e squilibri in favore di una societa’ piu’ giusta, piu’ solidale, aperta ai giovani, fiduciosa nel futuro. Sono certo che questi obiettivi sono oggi piu’ vicini e possibili’’.
(www.ansa.it)
Oggi l’anniversario della strage mafiosa di via d’Amelio. Il messaggio del presidente alla vedova Agnese, i fiori della città sul luogo dell’attentato Quattordici anni fa l’omicidio di Borsellino Palermo e Napolitano ricordano il magistrato (www.repubblica.it, 19.07.2006)
PALERMO - Hanno cominciato a deporli dalle prime ore del mattino, lì a via Mariano D’Amelio, dove quattordici anni fa Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta furono uccisi dalla mafia. Sono i bambini del quartiere a portare fiori, i cittadini, esponenti della politica, qualche assessore. A metà mattinata arriverà il ministro della Giustizia Clemente Mastella con una corona floreale. Gli scout hanno improvvisato un gioco dell’oca con cinquanta caselle dedicate a Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, carabinieri e polizia.
Manfredi, il figlio del magistrato, non c’è, e non verrà. Ha deciso che il modo migliore di ricordare il padre è lavorare, e oggi è particolarmente soddisfatto: grazie a un’indagine della polizia postale da lui coordinata, sono state arrestate cinque persone colpevoli di aver clonato carte di credito per una truffa dall’ammontare complessivo di 60mila euro.
Rita Borsellino, sorella del magistrato e leader dell’opposizione di centrosinistra all’Assemblea regionale siciliana, uscita sconfitta dal plurindagato Totò Cuffaro alle ultime elezioni regionali, ricorda che la "speranza sono i giovani, ed è con le giovani generazioni che dobbiamo costruire un futuro diverso non soltanto per i siciliani ma per l’Italia intera che ancora oggi subisce prepotenze e prevaricazioni da parte della criminalità organizzata".
Per Agnese, la vedova, arriva un messaggio accorato dal capo dello stato Giorgio Napolitano. "Il sacrificio di Paolo Borsellino resta di monito a non abbassare mai la guardia nella lotta per debellare le insidie, ovunque si annidino, di questo gravissimo fenomeno criminoso", scrive il presidente. Quattordici anni fa "l’arroganza spietata della criminalità mafiosa stroncava la vita di Paolo Borsellino e degli agenti della scorta Catalano, Cosina, Loi, Li Muli e Traina. Resta indelebile nella memoria l’angoscia e il dolore dei giorni in cui il delirio di onnipotenza della cupola mafiosa, già abbattutosi contro Giovanni Falcone, sua moglie e altri coscienziosi agenti di polizia, culminò nel tentativo di scardinare, colpendo le sue più ferme e intransigenti espressioni, l’ordinamento dello Stato e delle sue istituzioni".
Napolitano prosegue sottolineando come il sacrificio dei due magistrati e degli uomini delle loro scorte non sia stato "vano. La concezione della giustizia e lo spirito di servizio, che avevano animato le battaglie di Paolo Borsellino e di tante altre vittime della mafia, hanno segnato una netta linea di contrapposizione al terrore dell’anti-stato e costituito un esempio costante e positivo per l’azione della Magistratura e delle Forze dell’Ordine. Questi valori hanno consentito, di recente, di assicurare finalmente alla giustizia anche i maggiori responsabili di molti efferati delitti e di infliggere duri colpi alla stessa organizzazione mafiose".
Il lavoro di chi era in prima linea a combattere la mafia è stato di "sprone per una mobilitazione collettiva", aggiunge il presidente, e "resta di monito a non abbassare mai la guardia nella lotta per debellare le insidie, ovunque si annidino, di questo gravissimo fenomeno criminoso. La consapevole missione di uomini coraggiosi come suo marito aiuta a comprendere i percorsi da seguire e contribuisce a non disperdere il clima di nuova fiducia e speranza nelle istituzioni e nella loro rinnovata responsabilità nell’azione per migliori condizioni di sicurezza, di convivenza e di crescita sociale ed economica". (19 luglio 2006)
Rita Borsellino: «I mandanti dell’omicidio di Paolo ancora nell’ombra» Saverio Lodato*
E siamo a 14 anni dalla strage di via D’Amelio. Il grande boato, la grande vampata, e nomi rimasti scolpiti sulle lapidi: Paolo Borsellino, Emanuela Loi , Walter Cusina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina, Agostino Catalano. E siamo ancora a parlarne, perché la mafia è tutt’altro che sconfitta, si è avvinghiata alla politica; i mandanti nell’ombra agirono e nell’ombra sono rimasti, qualcuno non volle la vigilanza sotto l’abitazione della madre del giudice così che potessero assassinarlo più agevolmente, ma non si è mai saputo chi - e dire che erano passati appena cinquantasei giorni dall’uccisione di Giovanni Falcone - ; processi stralcio ce ne sono ancora in giro per la Sicilia, e la verità un giorno (forse) da qualche parte salterà fuori. Paolo Borsellino sacrificò la vita per insegnarci qualcosa. Ma cosa? Certamente non la convivenza che stava a cuore al governo Berlusconi. Certamente non la caccia ai voti dei mafiosi. Certamente non il riciclaggio dei capitali sporchi. E Borsellino fece parte di un pool, quello di Falcone, quello di Caponnetto, che l’intransigenza giudiziaria inflitta a Cosa Nostra l’aveva fatta diventare il suo valore principale. Rita Borsellino, per tredici anni, l’anniversario lo aveva ricordato parlando del fratello per 365 giorni all’anno, in giro per l’Italia. Adesso che è scesa anche in politica è diventata il simbolo dell’Altra Sicilia, che però è ancora minoranza. Ma tutto quello che di negativo, sul piano politico e culturale, esprime il cuffarismo, oggi, soprattutto grazie a lei, ha vita assai più complicata.
Rita che c’è ancora da dire sul sacrificio di suo fratello? «Non si dirà mai abbastanza sul sacrificio di mio fratello. Troppo spesso sono stati detti luoghi comuni e frasi vuote, perché troppo spesso alle parole non sono seguiti i fatti. E allora bisognerà dire di più, ma fare anche in modo che non restino solo parole».
Che idea si è fatta di quella strage? «L’idea che mi feci quel giorno è rimasta la stessa in questi anni: non si trattò solo di mafia ma anche di altri interessi che, con quelli della mafia, si erano trovati a coincidere. Che a pochi giorni dalla strage di Capaci, e con le reazioni che c’erano state in tutt’Italia, la mafia tornasse a colpire così in alto, e rischiando così tanto, mi sembrò impossibile».
Ci sono ancora colpevoli che andrebbero stanati? «Certamente sì. Lo stesso gruppo di fuoco non è stato ancora del tutto individuato e non si sa ancora da dove e da chi venne azionato il telecomando. Ma soprattutto i cosiddetti "mandanti esterni" sono stati ipotizzati in tutti i processi, ma mai scoperti».
Per lei la verità può essere solo la verità giudiziaria? «Oltre a esserci la verità giudiziaria, che però in questo caso non è neanche completa, ci sono altre verità che magari non sono configurabili come reati, ma che sicuramente crearono quel clima che rese possibile la strage».
Questa mafia di oggi che non spara più è diventata più debole o solo meno rozza e meno feroce? «Non è affatto una mafia più debole. Anzi. Proprio perché ha smesso di sparare, è riuscita a farsi dimenticare, ha potuto riorganizzarsi e inserirsi ancora più profondamente nei gangli vitali della politica e della economia. Lo dimostrano le ultime inchieste che hanno colpito personaggi e strati sociali non identificabili con gli ambienti mafiosi. Ormai è dimostrato che Cosa Nostra ha suoi uomini direttamente inseriti nel mondo della politica, delle professioni e delle istituzioni».
Quella che nasce in questi giorni sarà l’ottava commissione antimafia. Sarà l’ultima? «Auspicare che sia l’ultima significherebbe affermare che di questo organismo parlamentare non c’è più bisogno. Francamente credo che sia un’utopia, intanto perché la mafia ancora oggi è radicata e presente. Ma se anche in questa legislatura si riuscisse a sconfiggere definitivamente la mafia, non si potrebbe in ogni caso abbassare la guardia e occuparsi di altro, perché le recidive sarebbero possibili ancora per molti anni».
Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha definito il sacrificio di suo fratello un "monito". «Il gesto del presidente è bello, e significativo di un’attenzione ancora viva: sono parole che sottolineano come il sacrifico di Paolo possa e debba ancora essere attuale».
Ma torniamo alla nostra Sicilia. Quando ci libereremo del cuffarismo? «Infatti. Il problema non è solo quello delle persone. In ogni caso questo sarebbe l’ultimo mandato di Cuffaro, se nel frattempo non dovessero intervenire fatti nuovi. Ma il problema vero è quello di un sistema che ha fatto della politica un miscuglio di clientele e favori, perdendo di vista l’idea della politica come servizio. La durata di tutto questo dipenderà solo dalla presa di coscienza di tanta parte di una società che ha perso di vista il suo ruolo, il suo diritto alla scelta».
www.unita.it, Pubblicato il 20.07.06