L’ITALIA CON "DUE PRESIDENTI" DELLA REPUBBLICA: "CORTO CIRCUITO"!!! LA LUNGA OFFESA E LA DEVASTANTE OFFENSIVA DEL CAVALIERE DI "FORZA ITALIA" CONTRO L’ITALIA (1994-2011)!!!

L’ITALIA, IL "BIPOLARISMO PRESIDENZIALE", E I COSTITUZIONALISTI IN COMA PROFONDO (1994-2011). Sul nodo dello scioglimento delle camere, una intervista di Nino Luca al giurista Piero Alberto Capotosti - a c. di Federico La Sala

«La Costituzione dice che occorre l’accordo tra Napolitano e il presidente del Consiglio» Allora professore, se Berlusconi non fosse d’accordo sullo scioglimento delle Camere si va avanti?
sabato 19 febbraio 2011.
 

-  CRISI COSTITUZIONALE (1994-2011). DUE PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA GRIDANO: FORZA ITALIA!!! LA DOMANDA E’: CHI E’ "PULCINELLA"? CHI IL MENTITORE ISTITUZIONALE?!


COLLOQUIO CON IL COSTITUZIONALISTA PIER ALBERTO CAPOTOSTI

-  Camere, sul voto Berlusconi ha ragione
-  ma è alto il rischio del «corto circuito»

-  «La Costituzione dice che occorre l’accordo tra Napolitano e il presidente del Consiglio» *

MILANO - «Per interrompere la legislatura occorre che il presidente Napolitano consulti sia i presidenti delle Camere che il presidente del Consiglio, cioè Silvio Berlusconi». A parlare in questi termini, al telefono con Mattino5, è lo stesso presidente del Consiglio. Come dire: «Per mandarmi a casa, io devo essere d’accordo». Questo perché l’articolo 89 della Costituzione recita: «Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei Ministri».

Ma per cercare di capire meglio i vari passaggi istituzionali in queste situazioni abbiamo chiesto numi al giurista Piero Alberto Capotosti. Professore ordinario di Giustizia costituzionale dell’Università La Sapienza di Roma, 69 anni, Capotosti dal 1994 al 1996 è stato vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, espressione di un’area politica vicina al Partito Popolare Italiano di Mino Martinazzoli.

Allora professore, se Berlusconi non fosse d’accordo sullo scioglimento delle Camere si va avanti?

«Fino ad ora è stato così. La dottrina considera questo atto come un atto complesso nel quale rientra sia la volontà del presidente della Repubblica che quella del presidente del Consiglio. Lo scioglimento deriva dall’accordo dei due soggetti. Mentre i presidenti delle Camere esprimono soltanto un parere non vincolante, viceversa il presidente del consiglio dei Ministri ha questa funzione importante di vincolare con la sua controfirma la scelta del Capo dello Stato». Cioè devono arrivare ad un accordo, ad una intesa. «Questo fino ad ora è sempre avvenuto».

Ma c’è sempre una prima volta...

«Può accadere che il presidente del consiglio dei Ministri, come avvenne con il governo Craxi quando Scalfaro sciolse le Camere, firmi di controvoglia, però deve controfirmare».

E se invece Berlusconi non controfirmasse?

«In quel caso la legislatura resterebbe in piedi e la strada, tutta teorica, potrebbe essere quella di un ricorso alla corte Costituzionale, come avvenne quando Ciampi si trovo in materia di Grazia di fronte al "no" dell’allora ministro della Giustizia. Però i tempi sarebbero lunghi».

C’è il rischio di un «corto circuito istituzionale», non crede?

«Se pensiamo alla logica del passato dal ’53 ad oggi c’è sempre stata questa intesa tra presidente della Repubblica e presidente del consiglio dei Ministri in carica, quindi riferiamoci alla teoria: il presupposto per lo scioglimento anticipato delle Camere è la paralisi delle Camere stesse. Ammettendo che questa sia la situazione odierna, dire che c’è "un’emergenza "non legittimerebbe comunque il capo dello Stato a fare a meno della controfirma del presidente del consiglio dei Ministri. Questo perché i nostri costituenti (nel ’47) non hanno previsto "situazioni d’emergenza". E non hanno previsto poteri eccezionali per il capo dello Stato proprio per evitare tentazioni autoritarie. In questa situazione è meglio evitare forzature». Ma che Berlusconi parli del «suo consenso» è irrituale? Non è come mettere le mani avanti?

«È chiaro, lui mette le mani avanti perché è pronto a fare le barricate evidentemente. Così afferma "non metterò la firma"».

E nell’ipotesi che dall’esito del processo immediato nel caso Ruby arrivasse una condanna all’interdizione dai pubblici uffici e Berlusconi continuasse a rifiutarsi di controfirmare?

«In quel caso sarebbe una condanna accessoria, non definitiva... In realtà lei ha ragione nel parlare di "cortocircuito" perché fino a quando lui non si dimette o spontaneamente o perché gli viene revocata la fiducia dal Parlamento, in realtà è difficilmente... salvo forzature... il discorso diventa complicato...»

Scusi insisto. In questa doppia ipotesi assurda: cioè con una condanna all’interdizione e contemporaneamente il rifiuto a controfirmare?

«Qui però la pubblica opinione sarebbe diversamente orientata... Le confesso la mia ignoranza perché non sono un penalista. Bisogna vedere se una condanna accessoria come l’interdizione diventa esecutiva già al primo grado di giudizio o nel secondo grado. Se lo fosse nel primo grado, Berlusconi decadrebbe automaticamente».

Allora chiedo al cittadino non al giurista se questa ipotesi è poi così improbabile.

«Non mi sorprenderebbe, anzi potrebbe anche accadere in termini piuttosto rapidi».

Se si dovesse riscrivere la Costituzione contemplando tutte queste casistiche di oggi?

«Bisognerebbe prevedere dei poteri eccezionali da dare al Capo dello Stato, in situazioni particolari».

Poteri eccezionali anche con Berlusconi al Quirinale?

«Allora vede che i nostri padri Costituenti sono stati saggi? Perché hanno pensato a tutto questo già 70 anni fa. Dare dei poteri eccezionali senza sapere chi poi sarebbe stato presidente della Repubblica... Meglio stare nell’ordinarietà».

Nino Luca

* Corriere della Sera, 14 febbraio 2011


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