[...] ’’In Calabria e in particolare nella provincia di Reggio - assicura il procuratore capo - gli organi dello Stato stanno producendo grossi sforzi e hanno raggiunto notevoli risultati in poco tempo con la cattura di numerosi latitanti e con il sequestro di beni dall’importo molto elevato. Naturalmente l’azione repressiva non basta. Ci vuole la consapevolezza al di fuori della Calabria dell’entità del problema e serve in Calabria una reazione di tutta la società’’.
’’In questo senso - osserva Pignatone - sono significative alcune denunce di vittime dell’estorsione che si sono registrate in varie città calabresi e per la prima volta a Reggio, città cui è seguito dopo pochi giorni l’arresto dell’estortore’’.
Pignatone fornisce poi alcuni dettagli sull’operazione che ha portato all’arresto del boss calabrese: ’’Voglio precisare che il processo per cui era latitante Parrello è stato istruito dall’Autorità giudiziaria di Roma. E’ caratteristica dell’’ndrangheta operare in tutto il mondo. Rappresenta l’interlocutore privilegiato di tutti i grandi trafficanti sudamericani e colombiani in particolare’’ [...]
’Ndrangheta, Pignatone: ’’Non basta repressione serve reazione intera società’’
In un’intervista all’Adnkronos, il procuratore capo di Reggio Calabria spiega l’arresto del boss Candeloro Parrello: ’’Un risultato molto importante, ma è solo la punta dell’iceberg’’
Roma, 12 gen. - (Adnkronos) - ’’E’ un risultato molto importante, ma è solo la punta dell’iceberg. Tradizionalmente, Roma e non solo, da molti anni è teatro dell’azione delle cosche calabresi sotto due punti di vista. Da un lato, per le attività delittuose e il traffico di stupefacenti con parte della cocaina diretta al mercato della capitale. Dall’altro, per le attività di reinvestimento di enormi guadagni dei traffici di droga in operazioni finanziarie e immobiliari’’.
In un’intervista all’Adnkronos, il procuratore capo di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, spiega l’importanza dell’arresto di ieri a Roma del boss dell’’ndrangheta Candeloro Parrello, considerato dagli investigatori il referente della omonima cosca di Palmi per il traffico mondiale di droga, in collegamento anche con i cartelli colombiani.
La cattura, ad opera dei carabinieri del Ros di Reggio e Roma, da mesi sulle tracce del superlatitante, è il risultato di un’indagine condotta dalla Dda reggina, che ha scoperto il ruolo di vertice assunto da Parrello all’interno di una struttura radicata nella capitale e in grado di controllare il movimento di grossi quantitativi di droga tra il Sud America e l’Europa, attraverso l’Africa, reinvestendo i proventi in ulteriori attività di narcotraffico o in operazioni immobiliari.
’’L’indagine - dice il procuratore Pignatone - durava da qualche mese e nelle ultime settimane si erano fatti progressi significativi. Da Roma Parrello manteneva i contatti con la sua cosca di origine. Abbiamo trovato di recente le tracce di questi contatti e di un suo ruolo attivo negli equilibri mafiosi della piana di Gioia Tauro. Questo ha consentito ai Ros di individuarlo e catturarlo’’.
Il magistrato è soddisfatto del lavoro svolto fin qui contro l’’ndrangheta, ma avverte: ’’L’azione repressiva non basta. Da qui l’invito, senza fare polemiche, ad avere più consapevolezza dell’entità del problema fuori dalla Calabria attraverso un coinvolgimento di tutta la società’’.
Nato nel 1949, Pignatone è in magistratura dal 1974 e ha svolto funzioni di pretore a Caltanissetta, sua città natale e di pm a Palermo, dedicandosi anche alla Direzione distrettuale antimafia. Nel 1977 è stato trasferito nel capoluogo siciliano. A lungo braccio destro del procuratore Piero Grasso, è arrivato alla Procura antimafia di Reggio Calabria nell’aprile del 2008.
’’In Calabria e in particolare nella provincia di Reggio - assicura il procuratore capo - gli organi dello Stato stanno producendo grossi sforzi e hanno raggiunto notevoli risultati in poco tempo con la cattura di numerosi latitanti e con il sequestro di beni dall’importo molto elevato. Naturalmente l’azione repressiva non basta. Ci vuole la consapevolezza al di fuori della Calabria dell’entità del problema e serve in Calabria una reazione di tutta la società’’.
’’In questo senso - osserva Pignatone - sono significative alcune denunce di vittime dell’estorsione che si sono registrate in varie città calabresi e per la prima volta a Reggio, città cui è seguito dopo pochi giorni l’arresto dell’estortore’’.
Pignatone fornisce poi alcuni dettagli sull’operazione che ha portato all’arresto del boss calabrese: ’’Voglio precisare che il processo per cui era latitante Parrello è stato istruito dall’Autorità giudiziaria di Roma. E’ caratteristica dell’’ndrangheta operare in tutto il mondo. Rappresenta l’interlocutore privilegiato di tutti i grandi trafficanti sudamericani e colombiani in particolare’’.
Parrello era ricercato, spiega il magistrato, anche per ’’una condanna a 18 anni di reclusione per traffico internazionale di droga inflittagli dalla Corte d’Appello di Roma al termine dell’inchiesta dei Ros denominata Ibisco. Dalle indagini era emerso il ruolo di vertice di Parrello all’interno di una struttura radicata a Roma e in grado di movimentare grossi quantitativi di droga tra il Sud America e l’Europa attraverso l’Africa e il Marocco in particolare. L’organizzazione poteva contare anche su contatti in Spagna’’.
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:
Intervista a Pignatone: "Non si sottovaluti il pericolo della ’ndrangheta"
Il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria lancia dalle pagine del "Quotidiano" l’allarme sulla criminalità organizzata. Dal ruolo "chiave" delle donne ai collegamenti con "l’area grigia" *
18/02/2012 «Dal mio punto di vista di Procuratore della Repubblica e senza pretesa di dare lezioni a nessuno, mi auguro che non si ceda né alla tentazione di sottovalutare il pericolo costituito dalla ’ndrangheta né alla rassegnazione di fronte alla sua forza e alla sua pretesa invincibilità».
Questo uno dei passaggi di un’intervista che il neo procuratore della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone, ha rilasciato al ’Quotidiano della Calabria’ e pubblicata integralmente nell’edizione di oggi.
«Le donne - dice ancora Pignatone a Michele Inserra che lo ha intervistato - hanno un ruolo chiave nella società meridionale e quindi anche nella ’ndrangheta. Sono le custodi dei valori familiari e quelle che più degli uomini influiscono sul destino dei figli e quindi sul futuro della famiglia e perciò anche dell’organizzazione criminale. Questo spiega la violenza della reazione al tentativo di Giuseppina Pesce, Maria Concetta Cacciola o Lea Garofalo di scegliere un destino diverso per sé e i loro figli. La ’ndrangheta è consapevole che il suo destino dipende anche dalle scelte di tante donne finora silenziose e rassegnate. La società civile deve trovare il modo di aiutare queste donne a scegliere per sé e i figli un destino diverso. In questo senso l’iniziativa del Direttore del vostro giornale per celebrare l’8 marzo nel nome di Maria Concetta Cacciola e Lea Garofalo è un passo importante nella giusta direzione».
Sul contrasto all’area grigia Pignatone risponde così: «E’ chiaro che c’è moltissimo da fare. Le mafie non sarebbero quello che sono se non ci fosse l’area grigia. Però rispetto al passato conosciamo meglio il fenomeno e siamo quindi in condizioni di contrastarlo meglio. Credo che sia un risultato significativo avere accertato e sanzionato in sede processuale casi, anche assai gravi, di collusione con politici, imprenditori di rilievo, uomini degli apparati dello Stato e così via. Compito della magistratura è perseguire le responsabilità individuali; le indagini dimostrano però che non ci sono settori della società assolutamente immuni dal rischio del contagio mafioso come non ci sono settori in cui tutti sono colpevoli».
* IL QUOTIDIANO DELLA CALABRIA, 18.02.2012
La Stampa, 13/1/2009 (10:10)
IN MANETTE RICCO IMPRENDITORE
Arrestato il "re dei videopoker"
La moglie e il figlio dell’imprenditore sono agli arresti dociliari
Sequestrati beni per 35 milioni di euro. Quasi certi legami con la politica locale, indagini su possibili relazioni con la ’ndrangheta
REGGIO CALABRIA Il 70enne Gioacchino Campolo, noto imprenditore del settore di giochi elettronici, è stato arrestato stamane dalla Guardia di Finanza del comando provinciale di Reggio Calabria. Inoltre, su disposizione della magistratura, gli sono stati sequestrati beni per oltre 35 milioni di euro. All’imprenditore sono inoltre stati sequestrati, su disposizione della magistratura, beni per oltre 35 milioni di euro con l’accusa di trasferimento fraudolento di valori. Tra i beni sequestrati anche due appartamenti di lusso a Roma e Parigi e circa altri 40 immobili.
L’operazione della Guardia di Finanza che ha portato all’arresto di Campolo rappresenta la prosecuzione dell’attività investigativa che nel luglio dello scorso anno aveva portato al sequestro di appartamenti di lusso, di locali adibiti a sale giochi e di un laboratorio per la riparazione di videogiochi. Nella circostanza i sigilli furono apposti anche ad un ex cinema, un teatro ed a diversi locali commerciali per un valore di 25 milioni di euro. L’attività, che si era conclusa nella scorsa estate, aveva consentito agli investigatori di scoprire una vera e propria organizzazione che aveva assunto il controllo totale sulle sale gioco e sul gioco d’azzardo della città.
Il meccanismo funzionava mediante l’utilizzo di «slot machine» contraffate che procuravano facili ed ingenti guadagni con la conseguente evasione delle imposte proprorzionalmente al numero delle giocate. I successivi controlli bancari e patrimoniali hanno accertato che gli indagati avrebbero riciclato i proventi della frode fiscale investendoli, appunto, nel settore immobiliare.
Un’ulteriore indagine sui trascorsi del 70enne ha evidenziato probabili rapporti anche con ambienti politici ed istituzionali di Reggio Calabria, oltre che con settori della criminalità, Gioacchino Campolo, il re dei videopoker arrestato stamattina dalla Guardia di finanza. Tra i beni sequestrati nel luglio scorso, infatti, l’ex Teatro Margherita era stato utilizzato come segreteria politica nel corso delle campagna per le elezioni amministrative di Giuseppe Scopelliti, attuale sindaco di Reggio Calabria mentre in un altro immobile è ubicata la sede del Tribunale di sorveglianza locale. L’ ipotesi che viene fatta dagli investigatori, inoltre, è che Campolo abbia utilizzato la sua attività imprenditoriale, con decine di milioni di euro movimentati ogni anno, per mettere in atto operazioni di riciclaggio in favore di alcune cosche della ’ndrangheta.
Soddisfatto del buon esito dell’operazione il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone: «Si tratta di un momento importante nell’aggressione dei patrimoni illeciti costituiti da imprenditori che, come Campolo, dichiarano al fisco molto meno delle somme che investono». Sui contatti con le cosche camorristiche Pignatone afferma:« Ci sono dichiarazioni di collaboratori di giustizia che affermano una contiguità di Campolo alla cosca De Stefano, ma su questo vi sono altre indagini in corso».