Antimafia

Solidarietà continua al testimone di giustizia Pino Masciari. Basta con il silenzio sulla sua incolumità

La società civile si mobilita per la famiglia del coraggioso e onesto imprenditore
martedì 29 giugno 2010.
 

Aderiamo tutti, è fondamentale. Invito i lettori della Voce a firmare l’appello, scrivendo alla redazione del nostro giornale o contattando gli amici di Pino Masciari tramite il suo sito.

Emiliano Morrone e Carmine Gazzanni

In esilio. Come in carcere, privato della libertà, ma da innocente. Costretto all’attenzione maniacale, ferito nella dignità di cittadino, onesto e fedele alla Repubblica. La storia di Pino Masciari è l’emblema della debolezza dello Stato, cioè dei cittadini, di tutti noi. Con moglie e bambini, è obbligato da dodici anni a stare lontano dalla sua terra, ufficialmente per colpa della ‘ndrangheta, armata e minacciosa da impedirgli il rientro nella sua terra.

Queste sono le conclusioni della Commissione centrale di Protezione presso il Ministero dell’Interno. Nel 2004, l’organo istituzionale ha deliberato di «non autorizzare il rientro del testimone di giustizia Masciari Giuseppe e del suo nucleo familiare nella località di origine» e di «non attribuire al provvedimento alcuna classifica».

Ad oggi, lui e i suoi familiari vivono nell’incubo che le ‘ndrine si vendichino da un momento all’altro. Gli uomini della ‘ndrangheta sono sanguinari, in agguato quando tutto tace. E sul caso Masciari c’è un silenzio troppo pericoloso, irresponsabile, forse complice. Il silenzio della sufficienza, dell’abbandono, dell’ipocrisia. I suoi bimbi, che vanno a scuola senza scorta e coi loro veri nomi, hanno meno diritti degli altri? La moglie deve continuare ad avere una “quota rossa”?

Con coraggio e senso della legalità, perdendo le sue aziende e le sue radici, ma non l’identità anagrafica, Masciari ha denunciato ‘ndranghetisti e collusi, poi condannati dalla giustizia. Tra questi, Nicola Arena, appartenente all’omonimo clan, di recente passato alla cronaca perché penetrato di prepotenza in Lombardia e in Emilia Romagna. Affari e profitti colossali degli Arena, ottenuti con sistemi militari e sporchi della ‘ndrangheta, sono stati scoperti dai magistrati dell’antimafia, che hanno arrestato affiliati e sequestrato beni milionari. Al Nord.


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