Islam

Nonostante il continuo dolore, la buona convivenza forse è possibile

sabato 18 febbraio 2006.
 

Tre storie tratte dal libro del giornalista Luigi Accattoli Islam. Storie italiane di buona convivenza. Un libro che squarcia il velo della paura e dell’indifferenza. Storie vere che i giornali non raccontano per una logica della comunicazione di massa che preferisce gli incidenti. La prima, un musulmano fa il sagrestano in una parrocchia milanese, assunto con regolare contratto di lavoro. Lo fa soprattutto per riconoscenza al parroco che nel bisogno lo aveva aiutato. Essendo proibito dalla sua religione inginocchiarsi, prepara la messa e l’altare al mattino presto per non dare scandalo. Seconda, una giovane pakistana studia alla Pontificia Università Gregoriana, interessata di Logos e eucaristia. Le viene chiesto in che modo viva il crocefisso, presente ovunque in quella scuola. Lei risponde: mi rallegro quando vedo la gente che ama Dio. Se ne deduce che meno le piace la secolarizzazione. Terza, un teologo musulmano studia anche lui a Roma. Dice dispiaciuto: non trovo nulla di cristiano nella metropolitana. Il giornalista gli dice che bisogna andare a San Pietro o nelle altre chiese. Ma lui risponde che questo è un bluff, poiché la religiosità dovrebbe essere non nelle chiese. Ma alla fine dice: Roma è come una candela, non riesce ad illuminare la sua base ma illumina il mondo intero Tre storie che ci dimostrano che la convivenza è difficile, ma possibile. La presenza dei musulmani crea inevitabilmente problemi. Non basta dire semplicemente dialogo. Né una tenda, un cammello e via andare. Se non altro per questioni storiche e geografiche. Spetta ai sociologi e ai giuristi valutare caso per caso e traghettare le istanze islamiche, fermo restando i principi e i valori irrinunciabili, come i principi di ordine pubblico. Ci sono divergenze, soprattutto in tema di bioetica (aborto, contraccezione). Ma è possibile creare diritti e doveri reciproci? Si pensi al riconoscimento delle festività, alla democraticità delle moschee, al vivere l’islam in modo laico. Si consideri poi che istanze, che a noi sembrano meramente religiose, hanno per loro valenza giuridica. Chiedono assistenza spirituale nelle carceri, l’insegnamento della religione nelle scuole, cimiteri e luoghi di culto, mense speciali nelle scuole. Si deve dire sempre si e no per partito preso? Non credo contrastino con i principi costituzionali queste istanze. Altra cosa poi è l’opportunità. Però si pensi all’istanza di riconoscimento di matrimonio nelle moschee. Può essere accolta? Si a condizione che accettino che il ministro di culto rivesta la qualifica di pubblico ufficiale dello stato italiano e applichi le regole del codice civile. Questo intendo per diritti e doveri reciproci, alla luce dei principi insuperabili. Quindi si valuti, caso per caso e mettendosi con la mente dal loro punto di vista. Tanto scandalo hanno suscitato le vignette satiriche. L’occidente dice: che esagerati, che sarà mai? Questo è ragionare con schemi occidentali. Se invece considerassimo che per i musulmani il Corano è l’equivalente di ciò che per i cristiani è il Dio incarnato, non diremmo così. Ancora più grave è il gettare i Corani nelle latrine delle carceri. Non è come la Bibbia in sé un libro, ma Logos incartato, per usare un’immagine di Massimo Papa. La convivenza è possibile. Può accampare nella facilità dei musulmani ad andare nelle chiese cristiane o ad entrare in contatto coi singoli, nella considerazione che hanno di Gesù che è per loro il più grande profeta dopo Maometto, nella vitalità con cui si accostano al nostro modo di vivere. Sappiamo sfruttare queste qualità. Forse diminuirà l’intolleranza, di loro e di noi.

Vincenzo Tiano


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