Metano

Giuseppe Casamassima sul "caro metano" a San Giovanni in Fiore

Riflessioni in chiave politica
lunedì 20 febbraio 2006.
 

Ecco perché il prezzo del gas metano è così caro in montagna

Egregio Direttore,

vorrei fare, innanzitutto, alcune brevi considerazioni sul prezzo del gas metano che si paga qui a San Giovanni in Fiore, anche perché si sta diffondendo al riguardo un certo malcontento popolare. In secondo luogo, vorrei approfittare dell’argomento caro-metano, nonché dell’ospitalità del Tuo giornale online, per elencare una serie di situazioni accadute assai di recente o, addirittura, ancora in corso, che tutte quante altro non fanno che confermare le tesi che ho sostenuto poco tempo fa in quella sorta di contro-appello a Ciampi da te pubblicato, che ha riscosso in generale molto consenso pur suscitando, talora, anche un certo prurito (soprattutto, credo, mentale) a qualche benpensante campione di Qualunquismo. Per la cronaca, riassumo in un solo concetto quelle tesi: noi del Sud d’Italia, - noi ex popolo del Regno delle Due Sicilie ed oggi smemorata e disastrata Nazione Meridionale - siamo stati e siamo tuttora annessi nell’Unità d’Italia per essere la colonia delle lobby tosco-padane. Una colonia funzionale per lo sfruttamento della manodopera a basso costo (ieri di tipo manuale ed operaio, oggi di tipo intellettuale) e per fornire un sicuro e “interno” mercato di sbocco alle merci prodotte dalle industrie tosco-padane.

I

Come è noto, vivendo in una zona montana qual è San Giovanni in Fiore noi paghiamo per tutto il corso dell’anno una aliquota IVA del 20% sulla tariffa prevista per la fornitura di gas metano destinato al consumo domestico. Perciò, non usufruiamo di alcuna riduzione della aliquota ordinaria dell’IVA (20%) nemmeno in quelle stagioni, come l’estate, in cui è vietata l’accensione degli impianti di riscaldamento ed il consumo del metano deve essere, pertanto, destinato esclusivamente ad un uso domestico (acqua calda ecc.). Bene, basandomi su dei tentativi che ho già messo in atto per mezzo della mia organizzazione sindacale, posso affermare che è del tutto inutile cercare di far valere i propri diritti di abitanti di un territorio montano attraverso le vie legali. Gli utenti che tentassero di ottenere una riduzione dell’aliquota IVA sulle tariffe attaccando per via legale la società Italgas non solo perderebbero la causa, ma sarebbero probabilmente condannati anche al pagamento delle spese. Il disposto legislativo vigente (art. 16 del DPR 633/1972) prevede l’applicazione dell’aliquota ordinaria dell’IVA al 20% e, stando così le cose, la stessa Italgas è obbligata per legge alla riscossione dell’IVA secondo l’aliquota ordinaria, ché - anzi - se facesse diversamente, incorrerebbe nelle sanzioni previste dalla legge. Del resto, dall’applicazione dell’aliquota ordinaria dell’IVA l’Italgas non realizza alcun arricchimento illecito, dato che poi l’IVA incassata deve essere versata all’Erario statale. Inoltre, per la Giustizia la colpa di prezzi così alti per il consumo del gas metano nei paesi di montagna è, paradossalmente, degli stessi utenti che hanno accettato la tariffa ordinaria nell’atto stesso della stipula del contratto di fornitura con l’Italgas e che, in secondo luogo, hanno mancato di predisporre, durante l’installazione dei loro impianti domestici, un doppio contatore in grado di consentire la misurazione differenziata dei consumi di metano in base alla loro destinazione per uso domestico o per riscaldamento. Chiarito questo, è chiaro che gli abitanti della montagna potranno ottenere una riduzione del prezzo al consumo del gas metano solo mediante il mutamento delle condizioni giuridiche e materiali esistenti. Anche perché sul prezzo di consumo del metano gravano anche un’addizionale regionale e un’imposta di consumo erariale. Se l’addizionale regionale (introdotta dall’art. 9 del D.L. 398/1990) è l’imposizione meno rilevante che oscilla tra 1-3 centesimi di euro per metro cubo di gas erogato, l’imposta di consumo (introdotta per la prima volta come “imposta di fabbricazione” con la legge n° 1827 del 3 luglio 1864, promulgata dagli invasori Piemontesi dopo la conquista del Regno delle Due Sicile) non solo è più salata ma cresce in maniera esponenziale in base al consumo. Essa è profondamente iniqua almeno per due motivi: primo, crescendo in proporzione al consumo finisce per colpire in modo sperequato il reddito delle popolazioni residenti in montagna che, per una necessità oggettiva di tipo climatico, sono costretti a consumare il gas ad uso riscaldamento per più lunghi periodi nell’anno; secondo, perché in base al Testo Unico delle Imposte sui Redditi (art. 21, lettera g, del DPR 917/1986) il metano è considerato come un olio minerale e, come tale, va soggetto alle medesime imposizioni fiscali che gravano sugli oli minerali. Pertanto, per mutare questo quadro giuridico è necessario che vi sia la ferma volontà politica di graduare al ribasso l’aliquota dell’IVA sul 4%, come previsto dalla stessa legge che disciplina la tassazione dello scambio di beni di prima necessità, in quanto il consumo di gas metano nei territori montani non è certo una scelta voluttuaria o di lusso, bensì una indispensabile e primaria necessità. Inoltre, se la Regione deve impegnarsi a legiferare per tenere fissa sul minimo la sua addizionale sul consumo di gas metano in montagna, lo Stato deve correggere la cieca progressività indiretta dell’imposta di consumo erariale per variarla in relazione al tipo di bene o servizio considerato ed alla sua necessità, evitando così che l’imposta gravi di più ed automaticamente sulle tasche di quei contribuenti che non possono affatto fare a meno di un certo bene o servizio. Ma questa improrogabile modifica del quadro giuridico che regola, in particolare, l’uso del gas metano in montagna non può rimanere circoscritta in se stessa, ma deve invece inscriversi entro un quadro più ampio di riforme miranti a garantire le condizioni minime di permanenza nella montagna per le popolazioni che vi risiedono. E tali riforme, a loro volta, devono essere sostenute da un’incisiva operazione di tipo politico-culturale, tesa a rivisitare la legge sulla montagna (97/1994) allo scopo, da un lato, di superare quei difetti e quegli ostacoli che finora hanno impedito la reale applicazione del dettato della legge e, dall’altro, però, di salvaguardarne i pregi e, soprattutto, il suo nucleo fondamentale, grazie al quale per la prima volta è stata riconosciuta una effettiva specificità alle aree di montagna. Per tali ragioni, chiedo già da ora - e non mancherò di chiedere ancora in un mio prossimo intervento in cui proporrò una soluzione più articolata per lo sviluppo locale dell’altopiano silano e di San Giovanni in Fiore - l’intervento e l’interessamento diretto del Presidente della Provincia, l’On. Mario Oliverio, che, oltre ad essere la maggiore personalità politica e la più autorevole carica istituzionale esistente nel nostro territorio, è senza dubbio una persona equilibrata e intelligente, cui di certo non sfuggirà l’importanza di pervenire ad una coesa sinergia di forze e di idee per riuscire a risollevare le sorti della nostra comunità.

II - Postille duosiciliane

CARO-METANO. A San Giovanni in Fiore, paghiamo il metano con l’applicazione della tariffazione e delle imposizioni ordinarie, ma gli altoatesini e i friulani usufruiscono invece di notevoli agevolazioni, sicché, pur godendo di un reddito medio pro-capite superiore ai sangiovannesi e ai calabresi, sborsano meno quattrini di noi per riscaldarsi. Ciò accade in quanto il Trentino Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia, le terre irredente per la cui liberazione caddero decine e decine di migliaia di contadini meridionali durante la Prima Guerra Mondiale, sono due regioni essenzialmente montane e distanti da Roma, dal centro dello Stato. Pertanto, è stato ad esse riconosciuto uno Statuto speciale in base al quale, rispettivamente, il Trentino ha diritto di incamerare nelle proprie Finanze l’intera imposta statale (cioè quella sull’IVA e quella sul consumo erariale) sul gas metano e anche sull’elettricità, mentre la Regione Friulana ha diritto ad incamerare il solo gettito dell’imposta di consumo erariale sul gas e sull’energia elettrica. Noi meridionali e calabresi di montagna dobbiamo invece pagare TUTTA l’IVA e TUTTA l’imposta di consumo sia sul gas e sia sull’energia elettrica. E - alla faccia nostra e della Devolution di Bossi - i nostri soldi che lo Stato intasca in questo gettito fiscale andranno a finire, almeno in una certa parte, sotto forma di investimenti o di trasferimenti diretti da Stato a Regione o a Provincia o a Ente Locale, anche ai trentini, agli altoatesini, ai friulani e ai triveneti !!! Siamo dipinti come gli assistiti, mentre in realtà siamo i colonizzati e gli sfruttati !! Perché la Calabria non è anch’essa una Regione a Statuto speciale ? Forse non è anch’essa abbastanza lontana da Roma, dal centro dello Stato ? O forse il fatto che sia stata da sempre (da 145 anni) lontana ed assente - sia geograficamente che politicamente - dagli interessi dello Stato italiano non è un motivo sufficiente...? Non abbiamo anche noi, come il Friuli e il Trentino, le nostre specificità linguistiche ? Forse le nostre minoranze grecaniche, occitane ed arǎbesh - sono meno importanti e di serie B rispetto al bilinguismo teutonico dei trentini e alle minoranze croate del Friuli ?! Credo che per ottenere uno Statuto speciale possa e debba bastare soltanto il fatto di essere stati, nella storia, la terra di frontiera fra Islam e Cristianità e, nello stesso tempo, fra Chiesa di Roma e cristianesimo bizantino...! Questo essere stati trasformati in una larghissima trincea o, meglio, in una terra minata dallo scontro di civiltà fra la Santa Sede e l’Islam, fra il Papato e Bisanzio - dal tempo dell’Imperatore Federico II e di Gioacchino da Fiore fino ai primi decenni del Settecento - non è un motivo sufficiente per il riconoscimento di un nostro Statuto speciale...?! Eppure, proprio dal fatto di essere stati trasformati nel teatro dello scontro di civiltà (assieme alla Serbia e alla regione-cuscinetto della Transilvania, in Romania) è dipeso lo storico declino del nostro Rinascimento meridionale, che con Federico II era cominciato anche prima di quello delle regioni tosco-padane e dei liberi Comuni riunitisi nella Lega lombarda per combattere contro Federico Barbarossa ! Avete dimenticato che vaste zone della Sicilia occidentale furono fino al XIII secolo un emirato arabo; che nel 1480 Otranto fu una città portuale strategica conquistata dai Turchi; che nella seconda metà del XVI sec. la Controriforma cattolica non si rivolse soltanto contro gli evangelici protestanti del Nord Europa, ma sferrò un attacco micidiale anche contro le tradizioni, la liturgia, il rito e i centri di cultura del monachesimo basiliano che erano presenti da secoli in Calabria...?

Tutti coloro che vanno a villeggiare sulle coste joniche calabresi e, in particolare, a Le Castella, hanno mai riflettuto sul significato storico che esprime la statua di Ulì al centro della piazza principale di questo paese...il pirata Ulì che guarda verso il diroccato castello aragonese circondato dal mare...?

CRISI INTERNAZIONALE DEL METANO. L’eccezionale ondata di gelo polare che sta ancora colpendo la Russia, le regioni baltiche e quelle del Nord Europa fino alla Francia impone all’attenzione almeno un paio di importanti considerazioni, che molti esperti non si sono lasciati sfuggire. La prima riguarda la Russia che, rivelandosi come il principale e indispensabile rifornitore di metano per mezza Europa, ha riacquistato un nuovo prestigio internazionale e un nuovo ruolo geopolitico, che pareva aver perso dopo la manovra di accerchiamento subìta da Putin senza colpo ferire: dal 1993 ad oggi i confini della Russia sul versante europeo sono stati circondati da una serie di basi militari della NATO allestite, sotto la neanche troppo nascosta regia degli USA, dalla Polonia fino all’Estonia, ossia nei territori dei Paesi ex satellite di Mosca. Bene, la crisi internazionale dei rifornimenti di metano ha mostrato che basta solo che Mosca chiuda i rubinetti dei suoi gasdotti per riappropiarsi pienamente del suo vecchio potere geostrategico.

La seconda riguarda l’Italia e la sua politica estera: che senso hanno avuto le tante pacche sulle spalle, i sorrisi a 32 denti e le cenette a base di caviale tra Berlusconi e Putin, se ogni giorno il flusso di metano che Gazprom ci destina è di oltre il 16% in meno del fabbisogno richiesto dall’ENI...? Sicuramente, se avessero voluto stimare di più l’Italia, Putin e la Gazprom avrebbero potuto tagliare altrove e inviare a noi un flusso più consistente di gas metano. Invece, nonostante la tanto decantata amicizia tra Putin e Berlusconi, l’Italia ha dovuto attingere alle sue “riserve strategiche”. Non dimentichiamoci che due anni fa, per non intaccare le “riserve strategiche” del petrolio dell’Alaska, Bush e la CIA hanno inventato quella colossale fandonia delle armi di distruzione di massa in mano a Saddam che, grazie al sostegno dei grandi Network Mondiali dell’Informazione, ha poi costituito il casus belli da cui ha preso le mosse l’invasione militare dell’Iraq.

Ma c’è anche una terza e doverosa considerazione, che stavolta nessuno ha avuto il coraggio e l’onestà di fare. Eppure dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti. La scarsità del metano disponibile, rispetto alla domanda, ha già determinato un rincaro della tariffa di vendita e dei prezzi al consumo. Ciò significa che le bollette dell’ENI o dell’Italgas saranno più salate: l’ISTAT ha già dichiarato che incideranno sulla crescita precentuale del tasso nazionale di inflazione. Bene, la mia domanda è molto semplice: se è vero come è vero che il metano proveniente dalla Russia attraverso l’Ucraina riscalda solo l’Italia dalle Alpi fino alle porte di Roma, perché dovrebbero essere tutti gli italiani a pagare bollette più salate ? Se è vero come è vero che, dalla Sicilia fino a Roma, tutto il Sud d’Italia è rifornito dal metano proveniente dalla Libia e dall’Algeria, allora vuol dire che le genti del Sud non sono state toccate affatto dalla carenza dei flussi di metano russo e che, nemmeno, con la loro domanda hanno potuto incidere sulla domanda nazionale, provocando l’aumento delle tariffe...! E allora perché, dunque, anche i meridionali dovrebbero ricevere bollette più salate ? La risposta è questa: perché la Padania ci scarica addosso i costi della sua particolare domanda di metano, e noi saremo costretti a pagare di più per il solo fatto che i padani hanno avuto bisogno di riscaldare le loro case a fronte di una relativa scarsità dell’offerta di metano.

Non c’è da meravigliarsi, perché queste cose sono sempre successe (dall’Unità d’Italia). Siamo una colonia della Padania. Punto e basta. La realtà è questa. Friuli e Trentino incassano le tasse che dovrebbero andare invece all’erario pubblico dello Stato e - viceversa - al largo di Crotone da molti anni l’ENI estrae quotidianamente gas metano senza pagare un solo euro come tassa di estrazione al Comune di Pitagora. Il sottosuolo marino di Crotone dà alla maggiore azienda italiana di settore (l’ENI) tanto metano da coprire il 16% del fabbisogno nazionale (!), ma il Comune di Crotone non riceve un solo euro come royalty ! Siamo a livelli di sfruttamento africano, siamo... una colonia dell’Italia tosco-padana, appunto ! Altro esempio: il Friuli ha diritto ad incassare i canoni per le concessioni idroelettriche riscossi nel suo territorio regionale, mentre la Calabria e il Comune di San Giovanni in Fiore non ricavano neanche le briciole dalla produzione di energia elettrica che avviene tra la Sila e le centrali di Timpagrande e Calusia. Per la cronaca, la proprietà e la gestione delle centrali e delle fonti di produzione è oramai in mano alla società spagnola Endesa e all’ASM Brescia SPA. E la padana ASM sta già lavorando per rendere operativa, entro la fine del 2007, una nuova centrale da 800 MW a Scandale (KR).

OLIMPIADI INVERNALI DI TORINO. Grazie a questo faraonico evento si è concentrata su Torino e sul Piemonte una mole impressionante di investimenti, che hanno trasformato il volto del capoluogo piemontese che cessa così di essere una città a vocazione prettamente industriale (sebbene da parecchi anni oramai in crisi) per avviarsi di slancio verso un veloce processo di diversificazione delle attività produttive. Innanzitutto, grazie a queste olimpiadi, Torino e le sue zone limitrofe stanno attraversando una profonda trasformazione sul piano urbanistico, delle infrastrutture, dell’innovazione tecnologica e sul piano della valorizzazione delle potenzialità turistiche del territorio. Questa gigantesca operazione d’immagine, che avrà l’effetto di inserire Torino, l’ex città grigia della FIAT, in una nuova dimensione turistica internazionale, non è disgiunta da un’enorme flusso di investimenti in infrastrutture e di aperture di nuovi cantieri, che daranno nuova linfa per anni all’economia locale e regionale. Un tale effetto non cesserà neanche dopo la fine delle olimpiadi, giacché talune infrastrutture saranno subito riconvertite ad altre attività, mentre l’efficiente rete metropolitana, il nuovo sistema dei trasporti e le potenziate reti viarie resteranno a disposizione delle imprese e dei servizi. Insomma, questa olimpiade invernale, fortemente voluta peraltro dagli Agnelli, è stata una vera manna caduta dal cielo (ovviamente solo sulle teste dei settentrionali). Ma non bisogna dimenticare che, se una buona metà dei soldi investiti proviene dagli introiti (sponsor, contributi CIO ecc.) strettamente connessi all’olimpiade, la restante metà dei soldi proviene direttamente dallo Stato Italiano, quindi da TUTTI i suoi contribuenti, compresi i meridionali (alla faccia di ogni “devolution” fiscale). A quanto ammonta questo denaro pubblico ? - A ben 1.700 (MILLESETTECENTO) MILIONI DI EURO, che sono stati investiti a Torino a FONDO PERDUTO. Ora, vi domando: quando sarà organizzata un’olimpiade qui al SUD ?

LE IDIOZIE DI CALDEROLI. Famoso in quanto con la Finanziaria 2005 voleva far fuori, in un solo colpo, tutto il comparto della forestazione calabrese; odiato nemico di tutti i 10.600 circa operai forestali che, per evitare il licenziamento in tronco, sotto la saggia guida del sindacato confederale calabrese (CGIL-CISL-UIL), hanno tenuto in scacco per 36 ore l’intera regione Calabria, separandola dal resto del mondo per via stradale, aerea, ferroviaria e marittima, dando luogo allo sciopero più lungo e massiccio che la nostra Regione abbia mai conosciuto (ero presente anch’io presso il blocco dell’autostrada SA-RC, e me ne ricordo con orgoglio), oggi il Ministro leghista ne ha combinata un’altra delle sue: ha indossato una maglietta offensiva dell’Islam mandando letteralmente in bestia le masse più fanatiche ed esagitate dei musulmani. Dato che la situazione era già incandescente a causa delle vignette su Maometto apparse in Danimarca, il gesto di Calderoli è stato (al di là del contenuto) perlomeno poco prudente da un punto di vista politico. Infatti, l’effetto è stato quello di buttare benzina sul fuoco già ardente. Tuttavia se le masse islamiche rimaste offese sono da censurare perché hanno avuto una reazione assolutamente eccessiva, le masse dei meridionali - soprattutto i giovani - sono da censurare in misura ancora maggiore perché, anziché reagire e indignarsi con forza, sono rimaste del tutto passive ed apatiche di fronte a un atteggiamento di Calderoli molto offensivo nei loro riguardi, che suona quasi come un vilipendio non alla religione, ma alla loro dignità. L’episodio è avvenuto in data 3 gennaio 2006, quando donna Franca Ciampi, visitando la Nazione Meridionale, ha affermato che ‹‹La gente del Sud è più buona e intelligente››. Subito, la Lega Nord non ha mancato di esprimere la sua amarezza e la sua delusione. Lo stesso Ministro Calderoli, sul giornale “La Padania” del 4 gennaio 2006, così si è espresso: «Come uomo del nord mi sento offeso come dovrebbero esserlo i due terzi della popolazione italiana». La Nazione Meridionale, forse rabbonita dalle parole edulcorate di donna Franca, non ha avuto nessuna reazione sensibile, segno che viviamo oramai in una misera condizione di sottomissione economico-sociale-culturale che sarà ulteriormente aggravata dalla Devolution. Tanto che da 145 anni intitoliamo le nostre strade e ci teniamo nelle nostre piazze i monumenti di falsi eroi come Cialdini, Lamarmora, i Savoia, Bixio ecc., tutta gentaglia padana che ci ha spogliato delle nostre ricchezze, criminalizzato, derubato finanche della dignità, assassinato, ghettizzato, stuprato, reso Briganti e poi Emigranti. Come dice donna Franca, siamo più intelligenti: esportiamo infatti cervelli a basso prezzo, in Padania e in tutto il mondo, come un prodotto finito i cui costi di produzione sono stati però sostenuti dalle nostre famiglie. Se siamo più buoni, questo non lo so. Di certo siamo più fessi, perché non riusciamo ancora a costituire un partito che butti fuori i Leghisti dai Palazzi Romani che hanno occupato. Ma non erano proprio loro - i Maroni, i Calderoli, gli Speroni - a gridare “Roma ladrona, Roma padrona”...?! Non erano gli stessi Ministri di oggi che minacciavano e volevano la Secessione...? E - dopo aver agitato questo spauracchio - si sono alleati prima con la Sinistra e poi con la Destra di Berlusconi per arrivare a sedersi sulle poltrone e perseguire, dimenticandosi di ogni disegno di Secessione, prima il federalismo e poi la Devolution. Bene, la Lega Nord vuole il federalismo fiscale ed economico ? Va bene, facciamolo pure, purché sia cioè un Federalismo vero, pieno e completo, ossia anche di carattere politico, dove le regioni meridionali, unite in una sola grande macroregione, possano autonomamente decidere attraverso un proprio Parlamento autonomo - così come fanno oggi altre grandi macroregioni o ex Regni: i Paesi Baschi e la Catalogna in Spagna, la Scozia e il Galles in Gran Bretagna. GIUSEPPE CASAMASSIMA


Rispondere all'articolo

Forum