[...] «Nessuno se la prende con il Presidente della Repubblica al quale semmai abbiamo rivolto una supplica, non certo una critica. Noi ce la prendiamo e ce la prenderemo sempre con un governo che vuole, attraverso un provvedimento di legge, bloccare le intercettazioni e mettere il bavaglio all’informazione» [...]
DDL INTERCETTAZIONI
"Un golpe e Napolitano usa la piuma"
Critiche al Colle, è bufera su Di Pietro
Il leader dell’Idv attacca il Quirinale.
Franceschini: "Attacco intollerabile"
ROMA «Signor Presidente, lei sta usando una piuma d’oca per difendere la Costituzione dall’assalto di un manipolo piuttosto numeroso di golpisti». Il leader dell’Idv Antonio Di Pietro, nel suo blog, critica Giorgio Napolitano rimproverandogli di aver aperto la strada, con il suo incontro con il ministro della Giustizia Alfano, a semplici a «modifiche di facciata» al ddl sulle intercettazioni.
Secondo Di Pietro, invece, il disegno di legge deve essere ritirato, anche a costo di arrivare allo scontro con il governo. «Oramai - sottolinea il leader dell’Italia dei Valori - non è più possibile evitare lo scontro con un governo che ha agito esclusivamente nell’interesse di pochi, spesso di una sola persona, a colpi di fiducia, di cene carbonare, di vili attacchi verbali, negando la realtà, la crisi del Paese, insultando la dignità dei cittadini ed usando la menzogna come strumento sistematico di propaganda. Affidarsi al buon senso della maggioranza accettando solo modifiche al ddl sulle intercettazioni non basta, bisogna ritirarlo. In una legge, dove il 90% del testo è da rifare, non si può parlare di ritocchi. E visto che chi ha fatto questa legge ha bisogno di quel 90% lo scontro è inevitabile».
La maggioranza insorge. «Adesso Di Pietro attacca anche il Presidente Napolitano. Evidentemente siamo di fronte ad una pericolosa deriva dell’avventurismo e dell’estremismo giustizialisti» attacca il presidente dei deputati del Pdl Cicchitto.
E anche Dario Franceschini prende le distanze da Di Pietro: «E’ intollerabile - afferma il segretario del Pd in una nota - che il leader dell’Idv coinvolga il presidente della Repubblica nella polemica politica. Il Presidente sta svolgendo con intelligenza la sua funzione di garante delle regole e degli equilibri istituzionali. Di questo - conclude Franceschini - l`intero paese deve essergli grato».
La replica di Di Pietro è immediata: «Franceschini, come al solito, capisce fischi per fiaschi» dice l’em pm. «Nessuno se la prende con il Presidente della Repubblica al quale semmai abbiamo rivolto una supplica, non certo una critica. Noi ce la prendiamo e ce la prenderemo sempre con un governo che vuole, attraverso un provvedimento di legge, bloccare le intercettazioni e mettere il bavaglio all’informazione».
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:
Legge sulla sicurezza, Napolitano:
"Chi mi critica non conosce la Costituzione"
ROMA - "Sono stati invocati poteri e doveri che non ho" così il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, risponde a chi lo ha criticato per la promulgazione della legge sulla sicurezza. E in materia di intercettazioni auspica che a settembre quando il ddl verrò riesaminato al Senato vi sia "spirito di apertura e senso della misura", per arrivare ad "una riforma condivisa".
La legge sulla sicurezza. Giorgio Napolitano ribatte "a qualche fiero guerriero" che lo ha criticato soprattutto dopo la promulgazione della legge sulla sicurezza. E’ stata una promulgazione piena, e chi "invoca polemicamente poteri e doveri di intervento che non ho, mostra di aver compreso poco della Costituzione". Il Capo dello Stato torna a chiedere capacità di autocritica e dialogo da parte di governo e opposizione, e spiega che il dibattito sulle intercettazioni sarà uno dei "banchi di prova" della nuova stagione.
Le intercettazioni. "Riconoscere che esiste un problema di revisione di regole e di comportamenti in materia di intercettazioni è la premessa per cercare soluzioni appropriate e il più possibili condivise". E’ l’auspicio espresso dal presidente delle Repubblica. Soluzioni che, a suo giudizio, si possono raggiungere "cogliendo l’occasione dell’opportuno slittamento delle votazioni in parlamento sulla legge già da non breve tempo in discussione".
Per Napolitano, dunque, "occorre spirito di apertura e senso della misura da parte di tutti i soggetti interessati". Anche per questo, sottolinea il Capo dello Stato, "sarà prossimamente questo uno dei banchi di prova di quel confronto più civile e costruttivo tra maggioranza e opposizione che continuo a considerare necessario nell’interesse della democrazia e del paese".
* la Repubblica,20 luglio 2009
Il presidente della Repubblica scrive a Berlusconi, a Maroni e ad Alfano
"Norme tra loro eterogenee, non poche delle quali prive di organicità e sistematicità"
Sicurezza, Napolitano promulga la legge
ma esprime "perplessità e preoccupazioni"
ROMA - Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha promulgato la legge sulla sicurezza approvata dal Parlamento il 2 luglio scorso, ma ha inviato al premier e ai ministri interessati una lettera in cui esprime "perplessità e preoccupazioni". Il capo dello Stato ha ritenuto di non poter sospendere in modo particolare la entrata in vigore di norme, ampiamente condivise in sede parlamentare, volte ad assicurare un più efficace contrasto - anche sul piano patrimoniale e delle infiltrazioni nel sistema economico - delle diverse forme di criminalità organizzata.
Suscita peraltro perplessità e preoccupazioni l’insieme del provvedimento che, ampliatosi in modo rilevante nel corso dell’iter parlamentare, risulta ad un attento esame contenere numerose norme tra loro eterogenee, non poche delle quali prive dei necessari requisiti di organicità e sistematicità; in particolare si rileva la presenza nel testo di specifiche disposizioni di dubbia coerenza con i principi generali dell’ordinamento e del sistema penale vigente.
Su tali criticità il presidente Napolitano ha ritenuto pertanto di richiamare l’attenzione del presidente del Consiglio e dei ministri dell’Interno e della Giustizia per le iniziative che riterranno di assumere, anche alla luce dei problemi che può comportare l’applicazione del provvedimento in alcune sue parti.
La lettera è stata inviata, per conoscenza, anche ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati.
* la Repubblica, 15 luglio 2009
El País, Madrid - Corrispondenza
Berlusconi si gioca il suo futuro
di Miguel Mora - Bari, 5 luglio 2009
(traduzione dallo spagnolo di José F. Padova)
Il Cavaliere tiene gli occhi fissi alla regione meridionale, incubatrice politica e sociale, mentre si svolgono le indagini su Gianpaolo Tarantini, per corruzione e induzione alla prostituzione.
Il futuro di Silvio Berlusconi e quello dell’Italia si giocano in Puglia. Sono giorni di tregua giudiziaria per il G8, ma tutta l’attenzione del Paese (se si eccettua quella dei media controllati dal magnate e primo ministro) si concentra sulla meridionale regione adriatica, abitata da 4,2 milioni di persone, che disegna il tacco dello stivale italiano.
I pubblici ministeri di Bari, sotto la direzione dal magistrato Giuseppe Scelsi, hanno già ascoltato 19 donne nel corso delle indagini per corruzione, induzione alla prostituzione e traffico di droga note come Barigate (Puttanopoli, secondo la definizione di Marco Travaglio), il cui principale imputato è un imprenditore, Gianpaolo Tarantini, di 34 anni, amico intimo di Silvio Berlusconi.
Grazie a questa vicenda, molti conoscono la Puglia come Velinistan, per l’intenso traffico di veline e prostitute che, secondo i giudici, si svolgeva sulla rotta Bari-palazzo Grazioli-villa Certosa-Cortina d’Ampezzo al seguito di Tarantini.
Sud profondo e moderno nello stesso tempo, terra di bassa densità mafiosa e di alto dinamismo imprenditoriale, cantiere di classi dirigenti nazionali, la regione ha fama di essere un laboratorio politico, incubatrice dalla quale sbocciano i nuovi problemi e le soluzioni più immaginifiche dell’Italia.
Per esempio, si dice che l’attuale egemonia della destra italiana nacque in Puglia, perché il fascismo uscì dall’emarginazione grazie a Pino Tatarella, un politico pugliese che fu mentore di Gianfranco Fini e tanto tollerante che fu chiamato il "Ministro dell’Armonia", nel governo Berlusconi del 1994.
Oggi la Puglia sta vivendo una profonda crisi politica. Al centro del problema si trova la sanità regionale, scossa da molteplici indagini giudiziarie di corruzione, che coinvolgono quasi tutte le forze politiche.
Una possibile soluzione è l’attuale presidente della regione. Si chiama Nichi Vendola, ha 51 anni ed è comunista, cattolico e omosessuale confesso. "La verità è che la Puglia è una terra di pochi stereotipi", dice Vendola ridendo. "Basta solo vedere me qui al potere. Ma credo che adesso stiamo vivendo un copione classico, un dramma shakespeariano di provincia basato sulla trilogia sesso, danaro e affari.
La sanità svolge il ruolo del casinò: "Il denaro sta lì e vi sono macchine mangiasoldi, black-jack e roulette. Dai cerotti fino alle macchine più sofisticate nella nostra sanità tutto sembra essere in vendita".
Di fronte alle fughe di informazioni che coinvolgevano nel Barigate diversi membri della sua giunta, Vendola ha deciso di fare tabula rasa. Questa settimana ha destituito tutti i suoi consiglieri. In gennaio già aveva destituito il suo assessore alla Sanità, Alberto Tedesco, del PD, imputato in un altro scandalo sanitario. Adesso Vendola, che è stato allievo del vescovo e prossimo santo Tonino Bello, cercherà alleanze con tutti, salvo che con il PDL, inclusi i democristiani dell’ UDC.
Si apre così un esperimento per possibili accordi nazionali, dalla sinistra radicale al centro cattolico. Il nuovo dialogo multilaterale, spiega Vendola, "avrà una bussola fondamentale, l’etica e la limpidezza della politica. Perché non potremo criticare la trave nell’occhio di Berlusconi senza togliere prima la pagliuzza dal nostro".
In pieno centro di Bari si trova l’hotel Palace. Qui la prostituta di lusso e candidata comunale del PDL, Patrizia D’Addario, un mese fa fu bloccata dalla scorta di Berlusconi. Si trattò di un atto di umiliazione che forse racconteranno i libri di storia. Quel giorno decise di raccontare quello che sapeva.
Il terremoto sanitario può colpire anche il leader del PDL in Puglia, il ministro per gli affari regionali Raffaele Fitto, di 39 anni, cattolico e ambizioso, eterno delfino di Berlusconi e amico di Alejandro Agag dal tempo in cui i due si frequentavano a Bruxelles.
Il ministro fu governatore della regione fra il 2000 e il 2005 ed è sotto processo per corruzione, falso e finanziamento illegale dei partiti.
Quest’anno nella lista elettorale comunale di Fitto, La Puglia avanti a tutto, erano comprese due donne: la citata D’Addario e la sua ex amica e velina Barbara Montereale. Prima di venire candidate, entrambe conoscevano il primo ministro alle feste di Tarantini.
La coalizione di destra perse le elezioni. Per il momento il ministro sembra essere tranquillo. Afferma che il Barigate lo preoccupa soltanto per la corruzione nella sanità pugliese e non per la sua ipotetica ripercussione su Berlusconi. A sua opinione, il governo durerà, la prova è che il Cavaliere sta salendo nei sondaggi.
Soltanto quando terminerà la tregua giudiziaria, dopo il G8, si vedrà se l’incubatrice del tacco dello stivale (e i vertiginosi tacchi di Patrizia D’Addario) hanno altri piani per Berlusconi e la destra italiana.
Il segretario della Cei alla commemorazione di santa Maria Goretti
"Comportamenti gai e irresponsabili, gravi soprattutto quando coinvolgono minori"
I vescovi: "Libertinaggio
non è affare privato" *
LATINA - Lo sfoggio di un "libertinaggio gaio e irresponsabile" a cui oggi si assiste, non deve far pensare che "non ci sia gravità di comportamenti o che si tratti di affari privati, soprattutto quando sono implicati minori": lo ha detto il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Mariano Crociata, in una omelia pronunciata a Le Ferriere di Latina in occasione di una celebrazione in memoria di Santa Maria Goretti.
"Assistiamo - lamenta il segretario della Cei - ad un disprezzo esibito nei confronti di tutto ciò che dice pudore, sobrietà, autocontrollo e allo sfoggio di un libertinaggio gaio e irresponsabile che invera la parola lussuria salvo poi, alla prima occasione, servirsi del richiamo alla moralità, prima tanto dileggiata a parole e con i fatti, per altri scopi, di tipo politico, economico o di altro genere".
Secondo monsignor Crociata, con un riferimento che appare in tutta evidenza diretto alle polemiche degli ultimi mesi che hanno coinvolto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, "nessuno deve pensare che in questo campo non ci sia gravità di comportamenti o che si tratti di affari privati; soprattutto quando sono implicati minori, cosa la cui gravità grida vendetta al cospetto di Dio. Dobbiamo interrogarci tutti sul danno causato e sulle conseguenze prodotte dall’aver tolto l’innocenza a intere nuove generazioni. E innocenza vuol dire diritto a entrare nella vita con la gradualità che la maturazione umana verso una vita buona richiede senza dover subire e conoscere anzitempo la malizia e la malvagità. Per questa via - osserva il presule - non c’è liberazione, come da qualcuno si va blaterando, ma solo schiavizzazione da cui diventa ancora più difficile emanciparsi".
In proposito, mons. Crociata ha citato anche quanto detto di recente dal presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco: ’Le responsabilità sono di ciascuno ma conosciamo l’influsso che la cultura diffusa, gli stili di vita, i comportamenti conclamati hanno sul modo di pensare e di agire di tutti, in particolare dei più giovani che hanno diritto di vedersi presentare ideali alti e nobili, come di vedere modelli di comportamento coerenti".
* la Repubblica, 6 luglio 2009