Monsignor Bregantini invia una lettera ai sacerdoti della sua diocesi
"Condanno questa ripetuta violazione della sacralità della vita"
Il vescovo di Locri ai parroci
"SCOMUNICA PER CHI UCCIDE"
(www.repubblica.it, 31 marzo 2006)
LOCRI - "Scomunica per chi spara e uccide". Monsignor Giancarlo Maria Bregantini, vescovo di Locri-Gerace, una delle zone a più alta densità di omicidi d’Italia ha preso carta e penna ed ha inviato una lettera a tutti i parroci della diocesi con la quale caccia dalla Chiesa coloro che commettono violenze, sparano e uccidono e fanno abortire la vita dei giovani. Il testo della lettera sarà letto domenica prossima 2 aprile in tutte le chiese della diocesi di Locri.
"Condanno - scrive il vescovo - nel più forte dei modi questa ripetuta violazione della santità della vita nella Locride. La condanno con la scomunica. Quella stessa scomunica che la Chiesa lancia contro chi pratica l’aborto, è ora doveroso, purtroppo, lanciarla contro coloro che fanno abortire la vita dei nostri giovani, uccidendo e sparando, e delle nostre terre, avvelenando i nostri campi, in applicazione estensiva del Canone 1398 Cjc, sentendo che questa grave sanzione giuridica ci aiuterà di certo a prendere sempre più coscienza del tanto male che ci avvolge, per poi saper reagire con fermezza e ulteriore impegno nel bene, nella difesa della vita, nella preghiera sempre più intensa per chi fa il male, nella formazione in parrocchia, seminando speranza nelle scuole, negli oratori, nei gruppi ecclesiali".
Facendo riferimento ai numerosi avvenimenti in cui si è "violata la sacralità della vita", in forme diverse, ma tutte "ugualmente e gravemente feroci" mons. Bregantini sottolinea che "tutto questo ci coinvolge, in profondo dolore". Per questo è necessario "risvegliare le nostre coscienze, perché mai si lascino abituare al male, ma sempre possano attivare le necessarie forme di reazione, nella logica della Pasqua anche con le tante lacrime versate in questi giorni"
(31 marzo 2006).
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Alle radici della Calabria, dove il Paese si gioca il futuro. Indagine su una regione al di sotto di ogni sospetto. Reportage di Cesare Fiumi (Corriere della Sera/Sette, 42 - 19.10.2012).
Ma perché il Vaticano non paga l’Ici?
di Pino Corrias (il Fatto, 12.06.2011)
NON AVENDO Ruby da farsi perdonare, né lo spergiuro sulla testa dei figli, né tanto meno le vacanze con Previti, Gheddafi e Putin, ci chiedevamo cosa diavolo avesse Mario Monti da farsi perdonare per avere messo in salvo anche questa volta il Vaticano dalla nuova fucilazione di tasse che a quanto pare dovrebbe salvarci la pelle, bucherellandocela. Tra le ragioni azzardavamo pure la santità di Corrado Passera che per di più risulta un poco ottenebrata dal recente divorzio e perciò ancora più sensibile ai soffici ammonimenti della virtuosa gerarchia.
Ci chiedevamo (dunque) come mai venisse di nuovo tassata la prima casa di tutti i cristiani, tranne quella dei padri della cristianità. E insomma, perché mai le grasse casse di Ratzinger che già ci aspirano l’8 per mille non dovessero almeno restituirci i 600 milioni di Ici non versati ogni anno. È a quel punto della giornata che si è fatto vivo monsignor Giancarlo Bregantini, responsabile della Cei per i problemi sociali, che ha detto: “La manovra poteva essere più equa. Specialmente coi redditi alti”. Tipo i patrimoni Vaticani? Ma questo monsignor Bregantini che oggi parla di corda in casa dell’impiccato, ci è o cristianamente ci fa?
LA CEI non paga l’Ici e critica la manovra *
Per i Vescovi la manovra di Monti doveva essere più equa. Secondo monsignor Bregantini, dalla presentazione della manovra si ricava l’impressione che “si poteva fare di più sui redditi alti con l’Irpef” mentre, aggiunge, “bisogna essere molto attenti sulle pensioni e forse le misure andavano presentate in contemporanea con quelle per la ripresa. Sarebbe stato forse più opportuno mettere tutte e due le mani insieme, la mano sul fisco e sulla crescita”. “A questo punto - prosegue il responsabile Cei - si deve puntare sulla seconda fase organizzando molto bene l’aspetto della ripresa”, essendo “propositivi”. “Il mondo sindacale guarda con preoccupazione” alle mosse del governo, osserva ancora l’arcivescovo, “ma sarebbe opportuno dialogare per poter arrivare a delle proposte precise soprattutto nel settore dove tutti facciamo fatica, quello della precarietà giovanile”.
Bregantini auspica inoltre nuove misure a favore della famiglia e il sostegno della politica al governo Monti. Ma i Radicali protestano perché la Chiesa, ancora una volta, pur protestando, resta immune dai sacrifici degli italiani. ’’Ha davvero una gran faccia tosta la Cei a obiettare che la manovra avrebbe potuto essere più equa - dice Mario Staderini, segretario nazionale - Purché a pagare siano gli altri e non la Chiesa, evidentemente . Tanto per cominciare, infatti, sarebbe stata più equa se avesse abolito l’esenzione dell’Ici anche per le attività commerciali degli enti ecclesiastici e similari, piuttosto che fare cassa sulle prime case degli italiani”. “Da un primo esame delle misure risulta ancora troppo timido il ridimensionamento della spesa pubblica, che - conclude Staderini - avrebbe dovuto costituire il nucleo centrale dell’intervento di emergenza e che invece vede ancora prevalere le nuove tassazioni”.
* il Fatto, 12.06.2011
CARO CASA. Il viceministro Grilli afferma che l’imposta immobiliare la dovranno pagare tutti, anche le imprese. Intanto, sui beni gestiti dal Vaticano, il premier glissa: «È una questione che non ci siamo posti ancora».
Sarà Ici anche per le società di comodo
Ma per la Chiesa è sempre esenzione
Oggi solo il 10 per cento circa delle proprietà della Chiesa paga l’imposta. Il mancato gettito annuale è stimato in 400-600 milioni di euro.
di Gianmaria Pica (il Riformista, 06.12.2011)
Basta trucchetti fiscali. Se la villa, l’appartamento, o il capannone industriale sono intestati a società, il titolare dell’impresa non potrà più sfuggire e dovrà versare all’erario l’imposta Ici (oggi super-Imu) anche su questi beni immobiliari. Così, come ha spiegato il viceministro Grilli, saranno chiamate a pagare tutte le imprese, anche le società di comodo e i trust. Il trust è un istituto giuridico attraverso cui è possibile creare in maniera piuttosto flessibile un rapporto fiduciario tra un primo soggetto che mette a disposizione i beni e un secondo soggetto che gestirà il patrimonio conferito nel trust.
La società di comodo (o società non operativa), invece, si costituisce al solo fine di amministrare i patrimoni personali dei soci, anziché esercitare un’effettiva attività commerciale. Un esempio concreto? Il patrimonio di Silvio Berlusconi non è costituito solo di televisioni ed editoria. Anche le case sono nel cuore del Cavaliere-imprenditore. Così, anche Berlusconi custodisce i suoi gioielli immobiliari in una cassaforte del mattone: si tratta della Immobiliare Idra (controllata dalla Dolcedrago che appartiere al 99,5 per cento allo stesso Berlusconi).
L’Immobiliare Idra ha in pancia una settantina di proprietà, tra cui le rimanenze di Milano 2, alcune case e ville a Roma e i beni più preziosi: Villa La Certosa (residenza estiva dell’ex premier), Villa San Martino (la dimora berlusconiana ad Arcore), e Villa Belvedere Visconti di Modrone a Macherio (castello ottocentesco, residenza dell’ex moglie Veronica Lario). Insomma, adesso anche Berlusconi sarà chiamato a pagare la super-Ici sui beni custoditi nell’Immobiliare Idra-Dolcedrago, un impero che vale centinaia di milioni di euro.
Ma a quale sacrificio economico saranno chiamati gli italiani? La manovra correttiva approvata domenica dal Consiglio dei ministri prevede che l’Imu sostituisca la vecchia Ici. Dunque, l’Imu si pagherà anche sulla prima casa con un’aliquota dello 0,4 percento (con una detrazione di 200 euro), rispetto allo 0,76 per cento dell’aliquota ordinaria per la seconda casa. È prevista anche una rivalutazione degli estimi catastali del 60 per cento, che toccherà anche gli uffici.
In sostanza, il decreto Monti prevede una rivalutazione dei valori catastali che passa da 50 a 80 per gli uffici (più 60 per cento), mentre non è ancora chiaro quale sarà l’incremento per gli immobili commerciali. Al di là dei tecnicismi, il Tesoro quantifica in 10-12 miliardi le entrate da Imu. Naturalmente, l’impatto del ritorno dell’Ici (previsto dal primo gennaio 2012) sarà molto forte sulle famiglie, il cui costo medio sarà pari a 1.680 euro l’anno. Equivalente all’8 per cento del reddito medio di una famiglia del Mezzogiorno e al 4 per cento del reddito annuo di una famiglia del Centro-Nord.
Ma ci sono sempre i soliti noti che non pagheranno un euro di Imu. Ieri, il presidente del Consiglio Mario Monti sulla questione Ici-Chiesa ha glissato: «È una questione che non ci siamo posti ancora». Per comprendere meglio il paradosso di quest’esenzione dobbiamo fare un salto indietro nel tempo. Nel 1992 il governo Amato stabilisce alcune esenzioni per le proprietà della Chiesa. La questione su quale tipo di edifici e proprietà dovessero essere esentati ha portato negli anni a diversi procedimenti giudiziari, fino al 2004 quando la norma viene in parte bocciata dalla Consulta che elimina le agevolazioni fiscali per gli immobili a scopo di lucro. L’esenzione, però, viene reintrodotta nel 2005 dal governo Berlusconi III che cambia la vecchia normativa, includendo gli immobili destinati ad attività commerciali tra quelli compresi nel diritto all’esenzione. Nel 2006, l’allora governo Prodi, modifica nuovamente la legislazione. Tuttavia un emendamento alla legge permise di mantenere l’esenzione per le sedi di attività che abbiano fini «non esclusivamente commerciali».
Documento
Messaggio alla chiesa di Locri-Gerace
In occasione della nomina ad arcivescovo metropolita di Campobasso-Bojano
di p. Giancarlo Maria Bregantini c.s.s.
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Riportiamo questo testo di p. Giancarlo Maria Bregantini c.s.s., oramai ex vescovo di Locri, per dare, come nostro costume, tutte le voci su una vicenda, quella del trasferimento di mons. Bregantini a Campobasso, su cui si è sviluppata un’accesa discussione. Mettiamo questo documento insieme agli altri che riguardano la stessa questione, nella sezione del nostro sito che abbiamo intitolato "oservatorio sulla criminalità" e questo perchè per noi il trasferimento di mons. Bregantini è fortemente legato con tale problematica, non fosse altro che pe il ruolo che lui ha svolto in quel di Locri contro la ndrangheta. Ci permettiamo di disentire da lui su un punto fondamentale, quello della ubbiendienza che, per noi, non è più una virtù per lo meno dai tempi di Don Milani.
Giovanni Sarubbi *
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Vescovo
CATTEDRALE LOCRI, 8 NOVEMBRE 2007
MESSAGGIO ALLA CHIESA DI LOCRI-GERACE
IN OCCASIONE DELLA NOMINA
AD ARCIVESCOVO METROPOLITA
DI CAMPOBASSO-BOJANO
1. Carissimi fratelli e sorelle,
carissimo Mons. Vincenzo Nadile, mio fedelissimo Vicario generale;
carissimi Presbiteri, Religiosi e Diaconi, con i dolcissimi seminaristi, gioia e corona del mio episcopato; carissime e affettuose consacrate che siete il profumo di Cristo nei tanti paesi della Locride, con tutti i giovani, il coraggio e la speranza di questa terra. ♦ Rivolgo un doveroso ossequio a tutte le autorità presenti, di ogni ordine e grado, con un particolare saluto ai sindaci, grato della vostra partecipazione.
A tutti voi, carissimi, la luce del Signore Gesù, il Risorto, il Vivente vi doni quella pace che sempre è concessa a chi obbedisce e compie, pur tra tante lacrime, il Suo divino volere, nel quale risiede la vera gioia. “Chi semina nella lacrime, raccoglie nella gioia” (Salmo 126, 5), dice quel salmo da me pregato tante volte con voi, in giorni di dolore cocente.
2. Conoscete la ragione di questo ritrovarci qui, di questo sofferto ma fiducioso momento, che diviene motivo di forte preghiera a Dio e alla Vergine Maria Immacolata, fedele Patrona di questa amata terra della Locride.
Per un disegno misterioso del Signore, il Santo Padre Benedetto XVI, mi ha chiamato a reggere la cattedra arcivescovile metropolitana di Campobasso-Boiano, nel Molise. “Al Papa non si può dire di no!”, mi diceva chiaramente mons. Mariano Magrassi, di venerata memoria, quando nella sua veste di Arcivescovo di Bari, mi ha esortato, nel gennaio 1994, a venire presso di voi, quaggiù nella Locri-de, come vostro Pastore.
E voi mi avete accolto con tenerezza infinita, come un figlio di questa sofferta ma dignitosa terra di Calabria ed insieme come padre di consolazione nel vostro cammino. Insieme siamo cresciuti, guidati sempre dalla mano provvidenziale di Dio Amore.
Insieme abbiamo patito, sperato e gioito dei piccoli e tenaci semi di speranza, piantati con fiducia lungo i sentieri sassosi e a tratti insanguinati di questa terra, fatta ora giardino, che io ho amato, ed amo come mia sposa, nel nome di Gesù, vero sposo della Sua Chiesa. Proprio per questo intensissimo amore reciprocamente dato, è ora doloroso e piangente questo mio saluto di congedo.
3. Da quando infatti, giovedì 18/10/07 il Nunzio Apostolico, mons. Giuseppe Bertello mi ha invitato a Roma e mi ha comunicato il pressante invito del Papa ad assumere questo nuovo servizio nella Chiesa di Campobasso, non ho smesso di sentirmi come Gesù nell’orto del Getsemani, nel ripetere:
“Passi da me questo calice, o Padre, tuttavia sia fatta la Tua volontà non la mia” (Mt 26, 39).
Ho sentito vicina Maria, serva del Signore, nel suo si all’Angelo Gabriele: “si faccia di me, secondo la Tua Parola” (Lc 1, 38) come ripetiamo ogni giorno, nel dolce canto dell’Angelus, poco fa ripetuto con fede.
Ho tanto guardato a san Giuseppe, nella piccola icona che conservo sull’altare in Episcopio, ripreso mentre l’angelo lo rassicurava: “non temere Giusepppe di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei è opera dello Spirito Santo” (Mt 1,20).
Gesù, Maria e Giuseppe. In loro compagnia ho vegliato e pianto in questa settimana; e con la forza della fede, sostenuto dalla preghiera e della loro intercessione, ho rinnovato con cuore libero la mia obbedienza a Dio.
4. Mi chiederete certamente com’è nata questa nomina. Per quanto mi è dato capire le cose sono andate così: nel mese di Luglio di quest’anno, dal 9 al 13, ho accolto l’invito dell’Arcivescovo di Campobasso, mons. Armando Dini, di predicare un corso di esercizi spirituali al clero di quella diocesi e delle diocesi vicine. Pochi giorni dopo, lo stesso Arcivescovo Dini presenta al Papa le sue dimissioni, in quanto raggiunti i 75 anni di età. Nella successiva richiesta di informazioni, come presumo, alla Nunziatura è stato indicato subito il mio nome dai Vescovi della regione ecclesiastica Abruzzo-Molise, accolto poi cordialmente dai Cardinali e Vescovi della Commissione Plenaria della Congregazione dei Vescovi; inserito successivamente nella terna di nomi è stato infine scelto dal Papa Benedetto XVI. Tutto qui. Tutto alla luce di Dio. Tutto nella tradizione di uno stile ormai consolidato e lucido. Niente, dunque, trame oscure, niente giochi di potere, né di invidia o gelosia.
E questo lo dico con forza contro chi ha scritto o sostenuto tesi infondate e negative.
Comprendo il vostro affetto per me e capisco certi toni appassionati della stampa, ma vi chiedo paternamente di riportare tutto dentro i normali sentieri dell’obbedienza, in un trasferimento di certo molto doloroso ma che - lo sento alla luce di Dio- mi gioverà profondamente a vari livelli: spiritualmente, psicologicamente e umanamente.
5. Del resto se non avessi accolto in spirito di obbedienza questo trasferimento - o promozione come si usa dire in termini ecclesiastici - cosa mi avrebbero potuto dire i parroci quasi tutti da me trasferiti durante questi 13 anni, spesso anche essi tra lacrime e fatiche notevoli? Come avrei potuto guardarli negli occhi e mantenere intatta la mia coerenza?
“Chi obbedisce si santifica!”, esortava un’anziana di Placa-nica quando il parroco lasciava quella parrocchia. L’obbedienza, carissimi, è sigillo di tutte le virtù perchéè generata dall’umiltà per essere fondamento di pace. L’obbedienza è libertà, profezia, servizio che si fa gratuità e benedizione. Scrive Papa Benedetto nel suo libro su Gesù di nazaret: “dove si fa la volontà di Dio è cielo. L’essenza del cielo è l’essere una cosa sola con la volontà di Dio, unione tra volontà e verità. La terra diventa “cielo” e in quanto in essa si fa la volontà di Dio, mentre è solo ”terra”, polo opposto al cielo se e in quanto essa si sottrae alla volontà di Dio. Perciò noi chiediamo che le cose in terra vadano come in cielo, che la terra diventi “cielo”.
6. Certo, mi direte, e noi? Gregge privo del suo pastore? Non rischiamo di vedere disperse e frenate le pecore se cambia il pastore?
No! Statene certi! Perché il pastore agisce, infatti, in due modi, come ci spiega bene la Parola di Dio:
a - rendendo prima di tutto solide e forti le tante iniziative di bene portate avanti durante questi anni, non ancora completate ma che hanno messo radici profonde e che di certo saranno rafforzate dalla mano di Dio.
Mi riferisco alla Cittadella Vescovile di Gerace, seminario e episcopio, che ho trovato in tristi rovine piangenti, e che ora è una realtà qusi tutta completata, maestosa e bella. Penso ai lavori al santuario di Polsi, che ne hanno fatto un luogo di fede e di preghiera atteso e sempre più frequentato. Guardo anche alla ricostruzione del santuario di Bombile a seguito della rovinosa frana del 28 aprile 2004 e al Convento dei Cappuccini di Gerace, per accogliere le Carmelitane Scalze di clausura: le affidiamo entrambe alla Madonna, con grande fiducia.Ed infine affido a Dio il tanto desiderato Centro Pastorale di Locri, nostro sogno, luogo soprattutto per i giovani, di formazione, condivisione e cultura non solo per la Città, ma per la Diocesi tutta. Ed affido al Signore anche la realtà dellaComunità dello Scoglio, in avanzata fase di discernimento positivo, quasi un sicomoro di luce per i tanti Zaccheo feriti dalla vita.
b - e poi, avendo presente che è il Signore il grande Pastore che provvederà alla successione, siamo certo che Dio ci darà un eccellente Vescovo successore, che saprà continuare e portare a compimento le nostre attese. Dio sa sempre quando e chi chiamare al suo servizio.
Se toglie, lo fa per collocare con maggior forza i suoi servi. Anzi, per dirla con il Manzoni, potremmo scrivere che “Dio non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne loro una più certa ed una più grande”.
Per chiudere, vorrei raccogliere il mio cammino con voi in questa frase: Porto con me quello che ho da voi e con voi imparato, e lascio a voi quello che ho seminato con amore pieno e fervido.
7. Chiedo perdono a tutti coloro che involontariamente nel lungo cammino di questi anni, ho offeso, ferito con e spressioni dure o sbrigative; a chi ho poco ascoltato, a chi ho poco amato.
Sento però che nel disegno di Dio anche questi momenti di fragilità e di limite si saranno un po’ alla volta trasformati in occasioni di grazia rinnovata, aumentando così la gioia, nella logica paolina che sempre “dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” (Rm 5,20).
8. Ringrazio invece con affetto crescente tutti coloro con cui ho lavorato, pregato, sperato e amato.
In questi anni che sono divenuti, anche tramite loro, rapidissimi; come per Giacobbe (il messaggio che quest’anno ho rivolto ai giovani delle scuole!) che nell’amare profondamente Rachele, affermava, infatti, che “i suoi anni di servizio gli sembravano pochi tanto era il suo amore per lei” (Gn 29,20) .
In particolare il mio ringraziamento affettuoso lo rivolgo:
• a mia madre Albina, che mi ha intensamente sostenuto e seguito;
• a padre Tarcisio che mi ha fedelmente accompagnato da quasi trent’anni con affetto di padre e di nonno;
• al Vicario generale, al Cancelliere e all’Economo, al Vicario Giudiziale, ai Vicari Foranei, ai Canonici;
• alla Curia Vescovile, che in questi anni si è fortificata, rinvigorendosi in un servizio di intensa promozione pastorale;
• ai sacerdoti, ai diaconi, ai seminaristi, ai religiosi e alle religiose, che hanno portato con me, spesso in condizioni precarie ed eroiche il peso del regno di Dio, annunciandolo con franchezza e giovanile ardore, pur segnati dall’età e dalle fatiche apostoliche;
• Al Seminario Diocesano e Regionale, insieme alla pastorale vocazionale, grato di tanto impegno delicato e prezioso e grati a Dio degli undici nostri seminaristi diocesani, che stanno camminando verso il sacerdozio, sparsi in luoghi diversi.
• alla Commissione Sinodale diocesana, che tanto si è impegnata, con zelo e intelligenza, per l’avvio di una così importante iniziativa, che avrebbe voluto essere la sintesi di tutto questo nostro cammino pastora-le,attuato in questi anni, insieme con voi tutti
• all’Istituto di Scienze Religiose e alla Scuola Teologi-co-Pastorale, spina dorsale per la formazione dei laici;
• al Cammino Emmaus, che sta ringiovanendo tutta la pastorale diocesana;
• alla Caritas con la quale abbiamo sognato e realizzato cose belle, vive ed efficaci a servizio dei poveri e degli umili, che restano la perla della Locride;
• alla Scuola Diocesana di Formazione Socio-Politica che di anno in anno sta assumendo i contorni di una vera fucina di impegno intelligente per la Città dell’uomo;
• a tutte le iniziative di Cooperazione sociale aggregate nel Goel, segno di fiducia credibile e fedele per i giovani disoccupati di questa terra;
• ai Fratelli e alle Sorelle degli eremi e alle monache Carmelitane Scalze, costellazione di preghiera e di intercessione;
• alla Pastorale giovanile, cuore pulsante del futuro, di condivisa sollecitudine per il futuro cammino dei giovani in questa terra;
• all’Ufficio tecnico, che in questi anni ha realizzato opere di forte interesse culturale e sociale, nel restauro e costruzione di chiese e di case canoniche ed opere parrocchiali;
• all’Ufficio Stampa e Comunicazioni Sociali, sempre vicino, leale, intelligente, capace di dare alle notizie il giusto taglio, oltre a renderle messaggio e non scoop;
• alle Confraternite, ora serene e più unite, così preziose se bene accolte e seguite,dentro la realtà di una religiosità popolare da riscoprire;
• A tutti i Movimenti ed Associazioni, che innervano la pastorale delle nostre parrocchie, grati del loro zelo, perché siano, uniti sempre di più tra di loro, il lievito nella pasta;
• Al cammino ecumenico, che ha fatto passi preziosi in questi anni, che anticipano e promettono lidi inediti di unità e di pace;
• e......nel caso abbia dimenticato qualcuno, ogni volto è custodito nelle pieghe della mano e del cuore di Dio, che sempre ricompensa con abbondanza chi Lo serve con fedeltà.
Per tutti, vi affido questo pensiero di san Paolo: “Ringrazio Dio per ogni cosa ogni volta che io mi ricordo di voi, pregando sempre con gioia in ogni mia preghiera, a motivo della vostra cooperazione, alla diffusione del Vangelo dal primo giorno fino al presente” (Fil 1,3).
Faccio mie queste parole di San Paolo dalla Lettera ai Fi-lippesi, che quest’anno ci accompagna per vivere la spiritualità di comunione, auguro a voi tutti, con uno sguardo al futuro: “sono persuaso che colui che ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù” (Fil 1, 6).
Questo compimento è ora affidato direttamente a voi, alla vostra capacità di collaborare tra voi con qualità e gratuità, certo che sempre con le parole di Paolo: “ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare. E il Dio della pace sarà con voi!” (Fil 4, 9).
Proprio per questo, utilizzando le parole di Paolo, anche io posso dire come lui, nei vostri confronti che “vi porto nel cuore, voi che siete tutti partecipi della grazia che mi è stata concessa, sia nelle catene sia nel consolidamento del vangelo. Infatti Dio mi è testimone del profondo affetto che io porto per voi nell’amore di Cristo Gesù.” (Fil 1,7).
9. Perciò sento nel cuore di lasciarvi alcune consegne, “perchè la vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento, per distinguere sempre il meglio, ricolmi dei frutti di giustizia e di amore” (Fil 1, 11) .
Ai giovani:
vi chiedo di lottare sempre contro la logica del destino, a vincere con fiducia la rassegnazione, certi che i piccoli passi portano a grandi mete, sapendo sempre intrecciare sogni e segni, con sereno equilibrio e fattiva concretezza. In Gesù Risorto avete la risposta ad ogni domanda che angoscia il vostro cuore.
Amatelo e seguitelo fino alla croce, nella logica del seme che muore al fine di portare frutto. Poiché siete stati seme, germoglio ed ora dovete essere frutto!
Alle scuole:
siate laboratori di speranza, capaci di educare sempre al bene, conquistando il futuro con dignità e qualità. Grazie del cammino fatto insieme tramite i messaggi annuali, reciproco stimolo alla maturità di scelte di vita controcorrenti e alternative.
Ai preti e ai diaconi:
Rivestitevi sempre di grande zelo e passione per il Vangelo, capaci di incarnarlo in santa letizia, con cuore aperto e col sorriso sulle labbra, per essere credibili in Cristo Risorto. Vi chiedo di non aver paura di stare col Signore Gesù, perché solo in sua compagnia darete frutti di consolazione e di speranza alle famiglie, ai giovani, ai poveri e agli ultimi. L’obbedienza generosa vivetela col nuovo Vescovo, chiunque il Signore invierà: e solo così sarete felici e liberi, sempre. Ed impegnatevi sempre di più nella pastorale vocazionale, per dare un futuro a questa diocesi.
Ai consacrati e alle consacrate:
siate sempre carichi di entusiasmo per lanciare in alto i
nostri cuori e nello stesso tempo sappiate piegarvi sulle
ferite della gente come balsamo di consolazione e di
misericordia.
Al mondo della politica:
amate questa terra con serio e leale impegno per dare stabilità e motivazioni di crescita verso il bene comune, perché diventi realmente un giardino, come insieme tante volte abbiamo sognato.
Spendetevi per questa terra perché siete chiamati a costruire con la gente il suo futuro, partendo sempre dal passo fragile e stanco dei piccoli e degli ultimi.
Ai fratelli deviati dalla mafia:
è a voi che rivolgo con cuore evangelico una consegna importante: la misericordia di Dio non si scandalizza del peccato, anzi Gesù si ferma proprio nella casa di Zaccheo, perché non è bloccato dai pregiudizi della gente né dall’orrore del male compiuto da quest’uomo, ma è spinto solo dall’amore del Pastore che, inquieto, va in cerca della pecorella smarrita. Fate ritorno alla pace di Dio, nelle vostre famiglie, con azioni di coraggio e di perdono,vero profumo per i nostri paesi.
Alle altre chiese sorelle di Calabria: nel dirvi grazie per la vicinanza che ci avete sempre dato nei nostri amari momenti di dolore, vi abbraccio tutte con fraterno affetto chiedendo a voi una collaborazione crescente, reciproca e attenta per la comune appartenenza a questa terra di Calabria, che serviamo con passi differenti verso la stessa meta di liberazione evangelica, quasi come nuvole di forma diversa ma di egual natura.
8. In conclusione, a tutti chiedo
♦ Annunciate, con animo deciso e con gesti concreti, che il bene vince sempre contro ogni male e disperazione.
♦ Denunciate tutto ciò che si viola e calpesta il progresso di questa terra.
♦ Rinunciate apertamente alla disonestà, in tutte le sue forme, perché siete chiamati a più nobile bellezza.
Perciò al termine di questo mio lungo saluto desidero rinnovare ed esprimere il mio amore per voi, assicurandovi nel contempo il mio costante ricordo e la mia viva preghiera perché non vi abbandono: sarete anzi sempre nel mio cuore, dolcemente stretto al cuore di Dio.
Miei carissimi, ora vi saluto con le parole di Paolo che più di ogni altra cosa si fanno voce del mio cuore:
“Avete fatto bene a prendere parte alle mie tribolazioni...,
sono ricolmo dei vostri doni,
che sono un profumo di soave odore,
un sacrificio accetto e gradito a Dio.
Il mio Dio a sua volta,
colmerà ogni vostro bisogno secondo la vostra richezza
con magnificenza in Cristo Gesù.
Al Dio e Padre nostro sia gloria nei secoli dei secoli.
Amen”.
(Fil 4, 14.18-19).
† p. GianCarlo Maria BREGANTINI
VESCOVO
Da Bregantini a Crociata, la nuova strategia della Cei nella lotta ai clan mafiosi
"Denunciamo i mafiosi per nome"
La Chiesa italiana,di fronte alla «globalizzazione» della mafia, deve avere il coraggio di denunciare «nomi, cognomi e fatti precisi", afferma Radio Vaticana
di GIACOMO GALEAZZI *
«La solidarietà insieme alla sussidarietà sono principi della dottrina sociale della Chiesa da cui non si può prescindere nella vita civile», spiega il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, a Milano per le celebrazioni del 54/o anniversario della morte del beato Don Carlo Gnocchi, tornando a riflettere sul documento ’Chiesa e mezzogiornò, pubblicato mercoledì scorso. «In questo senso - ha affermato Crociata conversando con i giornalisti poco priferma dell’inizio della cerimonia eucaristica al centro Don Gnocchi - è opportuno alimentare e coltivare di più lo scambio tra chiese delle varie parti del Paese», soprattutto tra nord e sud, e «far accrescere di più l’interazione civile e sociale insieme». Nel corso dell’omelia il segretario generale della Cei ha ricordato la figura di Don Gnocchi, beatificato lo scorso 25 ottobre, capace - ha detto - di «porre al centro la dignità della persona umana e, là dove essa è ferita, la sua più piena restaurazione possibile». Al termine della cerimonia, reliquie del Beato sono state presentate alle delegazioni dei 28 centri della Fondazione Don Gnocchi che in diverse regioni italiane si occupano della riabilitazione e della cura di anziani e disabili.
La Chiesa, di fronte alla «globalizzazione» della mafia, deve avere il coraggio di denunciare «nomi, cognomi e fatti precisi», mentre lo Stato deve rendersi conto che il fenomeno non è ormai più ristretto al sud d’Italia, e se vincerà nel Meridione, vincerà anche al nord, evidenzia il vescovo di Campobasso-Bojano, Giancarlo Bregantini, in una intervista alla Radio Vaticana. Il recente documento della Cei su Chiesa e Mezzogiorno ha messo in luce una situazione nuova, che chiama anche la Chiesa -ha osservato mons.Bregantini - a fare di più. Dire che «la mafia è un cancro, che va estirpato e quindi che va combattuto», come affermato nel documento . «E’ già stata - ha osservato il presule - una cosa molto chiara. Non c’è nessuna giustificazione né autogiustificazione».
Poi il vescovo ha ribadito che la mafia non è più un problema solo del Sud, ma dell’Italia intera. «Se il mondo culturale, spirituale e politico non coglie che la mafia è un problema di tutti e lo relega alle regioni del Sud - ha concluso mons.Bregantini - la mafia sarà ancora una volta vincente, perché non è più relegata o chiusa dentro schemi localistici. Ormai è purtroppo e tristemente globalizzata. Con tale ottica va, quindi, letta e se l’Italia intera aiuta il Sud a vincere la mafia, la vincerà anche al Nord; altrimenti il Nord se lo ritroverà tristemente accresciuto sotto casa».
Il documento della Conferenza episcopale - spiega il presule a Radio vaticana- si pone in linea perfetta con tutto il cammino magisteriale di questi vent`anni.La cosa che,oggi nel documento appare è che la mafia non è più un problema solo del Sud. E forse questa è la chiave di lettura e alla parola intitolazione per un Paese solidale, può essere aggiunto "reciprocamente solidale": La parola reciprocità appare nettissima nel capitolo terzo. Questa è la lettura nuova rispetto a vent`anni fa».
* La Stampa, 28/2/2010