Conflitti di poteri

A Bologna una mozione consiliare di accusa alla Procura della Repubblica. Perché la politica si occupa di ciò che non le compete?

sabato 22 aprile 2006.
 

Prendiamo in mano un testo della Costituzione italiana e leggiamo l’articolo 104: la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere; o l’articolo 101: i giudici sono soggetti soltanto alla legge. Ciò basterebbe per provare sconcerto di fronte ad alcuni comportamenti istituzionalmente scorretti e politicamente infantili che mettono in cattiva luce la politica e rischiano di screditare la magistratura. Parlo della recente mozione con cui a Bologna i consiglieri comunali di Rifondazione e Verdi, chiedendo solidarietà per gli indagati, mettono sotto accusa la Procura della Repubblica, nella persona di Paolo Giovagnoli, “reo” di aver ipotizzato il reato di eversione per alcuni ragazzi no global che un anno fa si autoridussero il prezzo della mensa universitaria. La linea scelta dal sostituto procuratore viene bollata come un “uso politico della magistratura”. In realtà, è la linea scelta dai consiglieri comunali da bollare, a mio parere, come uso personalistico del diritto e improprio del politica, delegittimazione del potere giurisdizionale e teorizzazione della mala fede. Non bastando le continue insinuazioni contro le toghe cosiddette rosse, c’è bisogno di fare altrettanto con un colore più scuro! In Italia difatti c’è questo mal costume di confondere i poteri, mettere gli uni contro gli altri, praticare lo scontro sempre e comunque, non pensando che a perderci è proprio lo Stato e la sua comunità. Da una parte presidenti di consiglio che vedono rosso ovunque, specie nei tribunali, dall’altra consiglieri comunali che invece di occuparsi della politica locale si intromettono in un campo (quello della legge) che non compete loro. La solidarietà, al posto di scriverla in una mozione (fuori luogo), va praticata nella politica. Se si hanno a cuore le sorti dei giovani affinché non abbiano mai a varcare le porte di una galera, si deve fare in modo che non commettano reato, cercando con tutti gli strumenti possibili di accogliere le loro istanze di giustizia, se le ritengono tali. Il problema dell’eccessiva onerosità dei pasti è vecchio come l’università e pertanto va affrontato. La solidarietà non deve essere solo un nome. O - cosa più grave - una clava con cui bastonare indebitamente un Pm che applica la legge. Spesso ciò che manca è il buon senso.

Vincenzo Tiano


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