Per "il dialogo, quello vero"(B. Spinelli)

"Forza" ITALIA !!! Democrazia e "paradosso del politico mentitore": IL PARLAMENTO CHE MUORE di Andrea Manzella.

Confucio: Rettificare i Nomi !!!
sabato 28 ottobre 2006.
 

Il parlamento che muore

di Andrea Manzella (la Repubblica, 28.09.2006)

Prodi in parlamento, dunque. E’ una cosa assai normale, in un regime parlamentare normale, che il presidente del consiglio venga normalmente in parlamento quando il parlamento lo richieda. C’è l’art. 64 della Costituzione che prescrive questo "obbligo" per tutti "i membri del governo". Ed è venuta poi una norma del regolamento della Camera dei deputati che traduce in maniera precisa e vincolante quella prescrizione per il presidente del consiglio (e c’è anche uno specifico richiamo nell’art. 151 bis del Senato).

Perché sono state introdotte quelle norme, mirate sul "primo ministro"? Perché già prima della grande cesura maggioritaria del 1994, la "governabilità dei governi di coalizione" aveva imposto la necessità di assegnare un certo primato istituzionale - fatto di diritti e di doveri - al presidente del consiglio. La legge n. 400 del 1988 sulla presidenza del consiglio ne era stata una prima, chiara espressione di indirizzo. Un indirizzo che naturalmente trova la sua piena conferma ora che, da 12 anni, con la svolta maggioritaria e la contrapposizione elettorale bipolare - due coalizioni capeggiate da candidati alternativi alla premiership - il governo tende fatalmente a personificarsi nella figura del presidente "eletto".

Questa tendenza ha avuto la sua estremizzazione - e la sua netta sconfitta al referendum - con il tentativo del centro-destra di "assorbire" le Camere nel corpo mistico del premier. E di mutare nella sostanza il regime parlamentare, con la teorica giustificazione di voler evitare i "ribaltoni". Ma al di là di questa deviazione senza uscita, non vi è ormai alcun dubbio sulla preminenza istituzionale e politica del presidente del consiglio sul governo tutt’intero. E siccome il diritto costituzionale è fatto di bilanciamenti, non vi è alcun dubbio neppure che a questo surplus di potere istituzionale nel governo debba corrispondere un surplus di doveri istituzionali nei confronti delle Camere. Quando il parlamento dichiara che, per una certa questione, la "competenza delle competenze" spetta al presidente del consiglio, è con la sua faccia che deve quindi andare a rapporto.

Tutto chiaro, tutto pacifico? No. In realtà la decisione dell’attuale presidente del consiglio di andare in parlamento, bongré malgré, è una positiva originalità rispetto alla prassi dell’ultima legislatura. Per capirlo in fretta, basta rileggere il resoconto parlamentare del 24 marzo 2004 e far parlare il presidente della Camera di allora, Casini: «La questione riguarda l’esistenza di una norma del regolamento che prevede la presenza del presidente del consiglio allo svolgimento del question time un determinato numero di volte al mese. Il presidente del consiglio non è mai venuto. Onorevoli colleghi, non dispongo di strumenti coercitivi nei confronti del governo; a me compete richiamare il governo all’osservanza del regolamento e l’ho fatto. Una volta richiamato il governo all’osservanza del regolamento, ciò che resta sul campo è giudizio politico. Non ho altri strumenti».

Ora si cambia, dunque. Ma è sufficiente questo ritorno alla "normalità" per assicurare una legislatura viva e vitale? No, un parlamento che voglia davvero cambiare pagina su tutto, ha bisogno di verificare se stesso su tutto: nelle sue ragioni di indirizzo politico, di legislazione, di controllo sul potere. E per far questo, deve mettersi in gioco nei suoi metodi di lavoro, nei suoi rapporti con il corpo politico elettorale, nelle sue relazioni con gli altri livelli di rappresentanza politica (consigli comunali, consigli regionali, parlamento europeo).

Oggi ci sono due presidenti delle Camere che hanno fatto i sindacalisti. Ai loro bei dì, parlavano di un «nuovo modo di fare le automobili». Il sindacato "vedeva" il post-fordismo prima che lo vedessero i partiti e i politologi. Forse sono le persone giuste per capire che è sbagliato continuare a lavorare "come prima". Che il percorso va cambiato. Certo, i parlamenti vivono soprattutto di tradizioni e di consuetudini. Ma queste sono state sempre tradotte in procedure volte a mantenerne vitale lo spirito: e perciò aperte, come passerelle, ai tempi nuovi. Ora chi ha occhi per "vedere", come i sindacalisti della grande mutazione di fabbrica, capisce che, continuando a vivere "come prima", il parlamento stia in realtà morendo.

Muore il parlamento oggi, che un tempo spropositato è riservato al "premi-bottoni" nell’Assemblea. Mentre sono ridotti in maniera ridicola i tempi di lavoro destinati alle commissioni parlamentari competenti per materia. Cioè ai luoghi dove invece veramente si possono condurre confronti e approfondimenti su leggi e su ispezioni da fare.

Possibile che non si riesca ancora a stabilire una riserva obbligatoria di almeno due mattinate alla settimana per il lavoro in commissione? Possibile che ogni studio, ogni confronto, ogni trattativa sulle leggi e sugli indirizzi politici debbano essere affidati a miracoli di acrobazia che, in spazi da strapuntino e in tempi precari, tra una seduta da "premi-bottoni" e l’altra, devono fare - e spesso riescono a fare - gli addetti ai lavori?

Muore il parlamento, oggi che una rilevante quantità di denaro pubblico viene sprecata in doppioni di una Camera sull’altra. A ben vedere lo scandalo del bicameralismo perfetto non è nella duplice procedura (che spesso, nelle condizioni di improvvisazione appena viste, consente di correggere inevitabili errori). Lo scandalo è nel fatto che una vastissima area di servizi di studi e di documentazione vede inutili duplicazioni di strumenti, ricerche e personale tra una Camera e l’altra.

Eppure sembrerebbe facile riunire in una zona consorziale intercamerale almeno cinque strutture di documentazione: i due servizi bilancio, i due servizi internazionali e comunitari, i due servizi studi, le due biblioteche con gli annessi archivi storici. L’autonomia di ciascuna Camera (sopratutto quando sarà realizzata la futura "Camera delle Regioni") deve essere assoluta nelle fasi di decisione.

Ma, come avviene già nei grandi parlamenti, è impensabile che l’autonomia debba riguardare l’oggettività della documentazione, garantita nella sua qualità e completezza da una tecnocrazia di eccellenza e di elevata indipendenza, come quella parlamentare. Le uniche resistenze possono essere solo di grigio tipo burocratico. Non tali, dunque, da spaventare due vetero-sindacalisti. Che possono, per curioso contrappasso, realizzare loro il sogno di tutti gli imprenditori con cui si sono confrontati: ottenere migliori servizi e risultati con grandi risparmi di risorse...

Muore il parlamento, quando si autoconfina nella mitologia della sua "centralità" e della sua "sovranità". Sono, queste, parole giuste solo se trovano un significato nuovo. "Centralità" significa oggi essere il perno di una rete di assemblee elettive. La rappresentanza politica non è più pensabile parcellizzata. Occorre un lavoro paziente e consapevole di raccordo per ricostruirne la pienezza.

Dal parlamento di Bruxelles al più piccolo consiglio comunale, la vita di tutti e di ognuno è oggi più interconnessa di quella delle istituzioni. E queste allora devono inseguire, senza separazioni, senza veti giuridici, la vita densa e molteplice. Essere "centrali" significa la capacità di creare procedure di accoglienza per lavorare con gli "altri" e procedure di incontri per andare dagli "altri": la nuova democrazia di partecipazione.

"Sovranità" poi, in questo costituzionalismo del nostro tempo, a molti livelli, può significare solo che non si è estranei alla sfera dove le decisioni massime diventano co-decisioni. E che si è in grado di cogliere le interdipendenze di ogni decisione con l’altra: non più in una scala gerarchica ma in un sistema di convivenze istituzionali.

Tante cose da fare dunque, per un parlamento che non voglia galleggiare (e morire) su se stesso. E dove un presidente del consiglio che si sottopone, infine, a dibattito spinoso (dopo una stagione pluriennale a bassa intensità parlamentare) può addirittura apparire originale. E magari dare un segnale di inversione di quella letale tendenza. Insomma cominciare a fare respirare il parlamento come un "nuovo modo" per far funzionare la Repubblica.


COGLIONI”, DAVVERO !!!

LA PAROLA RUBATA

Una lettera aperta all’ ITALIA (e un omaggio agli intellettuali: Gregory Bateson, Paul Watzlawick, Jacques Lacan, Elvio Fachinelli).

di Federico La Sala*

L’ITALIA GIA’ DA TEMPO IN-TRAPPOLA-TA.................e noi - alla deriva - continuiamo a ’dormire’ , alla grande! "IO STO MENTENDO": UNA LETTERA APERTA SULL’USO E ABUSO ISTITUZIONALE DELL’ "ANTINOMIA DEL MENTITORE".

Cara ITALIA

MI AUGURO CHE LE GIUNGA DA LONTANO IL MIO URLO: ITALIA, ITALIA, ITALIA, ITALIA, ITALIA, ITALIA, ITALIA! IL NOME ITALIA E’ STATO IN-GABBIA-TO NEL NOME DI UN SOLO PARTITO....E I CITTADINI E LE CITTADINE D’ITALIA ANCHE!!!

NON E’ LECITO CHE UN PARTITO FACCIA PROPRIO IL NOME DELLA CASA DI TUTTI I CITTADINI E DI TUTTE LE CITTADINE! FERMI IL GIOCO! APRA LA DISCUSSIONE SU QUESTO NODO ALLA GOLA DELLA NOSTRA VITA POLITICA E CULTURALE! NE VA DELLA NOSTRA STESSA IDENTITA’ E DIGNITA’ DI UOMINI E DONNE D’ITALIA!

Cosa sta succedendo in Italia? Cosa è successo all’Italia? Niente, non è successo niente?! Semplicemente, il nome Italia è stato ingabbiato dentro il nome di un solo PARTITO e noi, cittadini e cittadine d’ITALIA, siamo diventati tutti e tutte cret... ini e cret..ine. Epimenide il cretese dice: "Tutti i cretesi mentono". E, tutti i cretini e tutte le cretine di ’Creta’, sono caduti e cadute nella trappola del Mentitore.... e, imbambolati e imbambolate come sono, si divertono persino. Di chi la responsabilità maggiore?! Di noi stessi - tutti e tutte!

Le macchine da guerra mediatica funzionano a pieno regime. Altro che follia!: è logica di devastazione e presa del potere. La regola di funzionamento è l’antinomia politico-istituzionale del mentitore ("io mento"). Per posizione oggettiva e formale, non tanto e solo per coscienza personale, chi sta agendo attualmente da Presidente del Consiglio della nostra Repubblica non può non agire che così: dire e contraddire nello stesso tempo, confondere tutte le ’carte’ e ’giocare’ a tutti i livelli contemporaneamente da presidente della repubblica di (Forza) Italia e da presidente del consiglio di (Forza) Italia, sì da confondere tutto e tutti e tutte... e assicurare a se stesso consenso e potere incontrastato.

Se è vero - come ha detto qualcuno - che "considerare la politica come un’impresa pubblicitaria [trad.: un’impresa privata che mira a conquistare e occupare tutta l’opinione pubblica, fls] è un problema che riguarda tutto l’Occidente"(U. Eco), noi, in quanto cittadini e cittadine d’Italia, abbiamo il problema del problema, all’ennesima potenza e all’o.d.g.! E, per questo e su questo, sarebbe bene, utile e urgentissimo, che chi ha gli strumenti politici e giuridici (oltre che intellettuali, per togliere l’uso e l’abuso politico-istituzionale dell’antinomia del mentitore) decidesse quanto prima ... e non quando non c’è (o non ci sarà) più nulla da fare. Se abbiamo sbagliato - tutti e tutte, corriamo ai ripari. Prima che sia troppo tardi!!!

ITALIA! La questione del NOME racchiude tutti i problemi: appropriazione indebita, conflitto di interessi, abuso e presa di potere... in crescendo! Sonnambuli, ir-responsabili e conniventi, tutti e tutte (sia come persone sia come Istituzioni), ci siamo fatti rubare la parola-chiave della nostra identità e della nostra casa, e il ladro e il mentitore ora le sta contemporaneamente e allegramente negando e devastando e così, giocati tutti e tutte, ci sta portando dove voleva e vuole ... non solo alla guerra ma anche alla morte culturale, civile, economico-sociale e istituzionale! Il presidente di Forza Italia non è ...Ulisse e noi non siamo ... Troiani. Non si può e non possiamo tollerare che il nome ITALIA sia di un solo partito... è la fine e la morte della stessa ITALIA!

La situazione politica ormai non è più riconducibile all’interno del ’gioco’ democratico e a un vivace e normale confronto fra i due poli, quello della maggioranza e quello della minoranza. Da tempo, purtroppo, siamo già fuori dall’orizzonte democratico! Il gioco è truccato! Cerchiamo di fermare il ’gioco’ e di ristabilire le regole della nostra Costituzione, della nostra Legge e della nostra Giustizia. Ristabiliamo e rifondiamo le regole della democrazia. E siccome la cosa non riguarda solo l’Italia, ma tutto l’Occidente (e non solo), cerchiamo di non andare al macello e distruggerci a vicenda, ma di andare avanti .... e di venir fuori da questa devastante e catastrofica crisi.

Io, da semplice cittadino di una ’vecchia’ Italia, penso che la logica della democrazia sia incompatibile con quella dei figli di "dio" e "mammasantissima" che si credono nello stesso tempo "dio, papa, e re" (non si sottovaluti la cosa: la questione è epocale e radicale, antropologica, teologica e politica - e riguarda anche le religioni e la stessa Chiesa cattolica) si danno da fare per occupare e devastare le Istituzioni! Non si può tornare indietro e dobbiamo andare avanti.... laici, cattolici, destra, sinistra, cittadini e cittadine - tutti e tutte, uomini e donne di buona volontà.

Allora facciamo che il gioco venga fermato e ... e che si apra il più ampio e diffuso dibattito politico e culturale - si ridia fiducia e coraggio all’ITALIA, e a tutti gli Italiani e a tutte le Italiane. E restituiamo il nome e la dignità all’ITALIA: a noi stessi e a noi stesse - in Italia e nel mondo...... cittadini e cittadine della Repubblica democratica d’Italia.

Un semplice cittadino della nostra bella ITALIA!

Federico La Sala

*

www.ildialogo.org/filosofia, Mercoledì, 05 aprile 2006


Sul tema, nel sito, si cfr.:

-   "FATTORIA ITALIA". LA SCRITTA SUL CANCELLO D’ENTRATA: "IL POPOLO DELLA LIBERTA’" ....
-  A FUTURA MEMORIA. APPROVATO IL "LODO ALFANO". L’IMMUNITA’ AD PERSONAM SALVA IL PRESIDENTE DI "FORZA ITALIA" DA TUTTO, MA NON DALL’IMMANE VERGOGNOSO REATO DELL’AVER RUBATO ALL’INTERO POPOLO ITALIANO LA PAROLA ***ITALIA*** E AVERNE FATTO IL NOME DEL SUO *PARTITO* E DELLA SUA *AZIENDA* - a cura di pfls
-  La Casa e la Repubblica degli italiani e delle italiane si chiamava: ITALIA. E il Presidente della Repubblica si chiamava Giorgio Napolitano....

-  1992-2008: LA GUERRA DI "FORZA ITALIA" CONTRO L’ITALIA.


Rispondere all'articolo

Forum