Rino e’ un timido, forse. Fatto sta che cio’ non appare. Esiste una ragione fondamentale per cui, ascoltando Rino Gaetano, si immagina, invece, l’esatto contrario. La leggerezza con cui racconta le donne e il sistema, entrambi sgargianti, doppi e capricciosi, autorizza a concludere che ha perfino superato l’audacia dello sfacciato, o del ribelle. Rispetto ad altri emblemi della nostra canzone d’autore - penso al narratore Guccini, al poeta De Andre’, al De Gregori dell’ermetismo, al pungente Lolli, all’ex provocatore Zero, al melodico ma smarrito Venditti - Rino parla divertito e senza pesi dei suoi argomenti; anche quando incalza e ammonisce, quandocolpisce senza scampo. Dalla, Vinicio da Hannover e Paolo Conte, ma anche altri pilastri della musica italiana, riguardo al sociale adottano un linguaggio differente. E, comunque, accostamenti e classificazioni di sorta lasciano molte perplessita’. Chiaro e’ che ciascuno e’ se stesso. Tuttavia, cio’ che caratterizza Rino Gaetano, innanzi a chiunque altro, e’, appunto, una strana e nascosta introversione, quella che lo ha fatto unico.
Se non fosse così, mi chiedo, perche’ s’e’ preso gioco, in tempi non sospetti, del mondo telecomandato dal piccolo schermo, del potere dell’immagine, dei sogni idioti del comune cittadino, della politica ipocrita non interventista, del pretesto del pallone (gia’ i romani guardavano paghi i gladiatori scalcianti), denunciando la poverta’, l’emigrazione, la legittimazione della truffa, il menefreghismo nazionale, l’atavica dittatura dell’economia, la massoneria di Stato, il buonismo di facciata, il cancro della democrazia, il patriottismo fasullo, i mali storici e il rovinoso intellettualismo imperialistico?
Rino ha fatto la sua rivoluzione da solo, cantando. Sapeva d’essere solo, e lo e’ stato sino alla fine, ironia della sorte. "E mi accorgo che son solo", urlava con quella sua voce frusciante, quasi per sfregamento sul piano delle magnifiche sorti che s’andavano costruendo. "Quando la tua mente prende il volo e t’accorgi che sei rimasto solo", piano diceva allo spettatore, davanti al teatro delle furbe ruberie, delle illusioni, della sciocca accondiscendenza; appunto a significare che riflettere ed arguire comporta liberazione, riscatto, liberta’ ed isolamento.
E’‚ stato un profeta? Ha scritto - forse descritto - fenomeni e fatti che puntualmente hanno riempito i discorsi italiani, solitamente preoccupati per la degenerazione contemporanea, vecchio problema od istanza eterea del platonismo tribale. Ha preannunciato - forse annunciato - reati "minimizzati" dall’oscenita’ del mezzo televisivo, che spaccia imbecilli per pensatori e ignoranti per specialisti. "La verginita’, la sposa in bianco, il maschio forte, i ministri puliti, i buffoni di corte, ladri di polli, Super pensioni, ladri di stato e stupratori, il grasso ventre dei commendatori, diete politicizzate, evasori legalizzati, auto blu, sangue blu, cieli blu, amore blu, rock and blues".
Se ci fermassimo su alcune uscite, dovremmo concludere che Rino e’ stato un chiaroveggente. "Onorevole eccellenza, cavaliere senatore, nobildonna, eminenza monsignore". "Immunita’ parlamentare". "Il nostro e’ un partito serio certo disponibile al confronto, d’accordo nella misura in cui alternativo aliena ogni compromesso".
E, poi, ha centrato i patemi del popolino, della media borghesia, quella che ha risparmiato valori e sostanze per vederli scialare, negli anni prosperi del liberismo freneticamente produttivo, da consumatori infanti e immemori. "Sole e soldi e tanto amore e vivremo nel terrore che ci rubino l’argenteria, e’ piu’ prosa che poesia".
Il suo rapporto con le donne, talmente canzonatorio eppure insistente, documenta un Rino che, nella spensieratezza del testo, allude, in certo modo, alla sacralita’ femminile ma anche, in antitesi, riguardo al sesso debole, al cambiamento del costume e del ruolo socio-culturale. Lesbismo politico, scriveva, nel merito, il filosofo Lombardi Vallauri. Per quanto si controverta, Rino e’ stato un uomo del Sud, un passionale, con la vitalita’ comunicata e la timidezza interiore dell’indagatore meridionale. Ci ha regalato fotografia e poesia, immagini di abitudini, volti, voci, dilemmi, arie e colori del Mezzogiorno animato.
"Ad esempio a me piace il Sud", "I tuoi occhi sono pieni di sale", entrambi contenuti nell’album "Ingresso libero" (il titolo e’ lo specchio di un’identita’); "Mio fratello e’ figlio unico", nel disco omonimo, in cui riprende il tema della solitudine, forse ad amplificare l’emarginazione - lato sensu - della regione geografica e spirituale; "E cantava le canzoni", in "Nuntereggae più", in cui spiega legami e giochi di forza fra l’emigrante e la sua terra, che, in fondo, lo ama e lo caccia.
Tutta l’opera di Rino, pero’, vive della sua provenienza. Spero che questo genio ci accompagni, col suo messaggio, con la sua musica, con la sua personalita’.
Emiliano Morrone
già da tempo su www.vivailsud.it, il pezzo è assai vecchio
Una canzone? No, qualcosa di più.
“Ma il cielo è sempre più blu” è una bandiera di speranza
di EDVIGE VITALIANO (il Quotidiano del Sud, 31 MAG. 2020)
Ancora una volta è stato lui a fare un regalo a noi. Un dono impacchettato con i colori del cielo che ti vien voglia di alzare lo sguardo e continuare a credere che sognare si può. Anzi, si deve! Accade, ad esempio, quando “spari” il volume della radio al massimo perché in quel momento stanno mandando “Ma il cielo è sempre blu”.
Una canzone?
No, qualcosa di più. Un abbraccio a distanza anche in questi mesi chiusi nelle matrioske dei nostri pensieri in bilico. Mentre ascolti quelle note, tra nuvole e sole, si fa largo il sorriso malandrino di Rino Gaetano, quel suo sguardo così simile a un punto interrogativo; in quello sguardo, se ci cadi dentro, puoi trovarci anche l’inquietudine malinconica di chi sa quanto difficile sia guardare oltre, per restare anche dopo.
Aveva solo 31 anni Rino Gaetano quando, nella notte del due giugno del 1981, moriva in un incidente stradale sulla via Nomentana, a Roma. Una notte da schianto che - come il più atroce e beffardo dei dispetti - te la ritrovi davanti in uno dei suoi testi, quasi fosse una profezia: “La ballata di Renzo”, scritto più o meno dieci anni prima.
“[...] Quando Renzo morì, io ero al bar/ La strada molto lunga/ S’andò al san Camillo/ E lì non lo vollero per l’orario./ La strada tutta scura/ S’andò al san Giovanni/ E lì non lo accettarono per lo sciopero./ [...] Con l’alba,/ Le prime luci/ S’andò al Policlinico/ Ma lo respinsero perché mancava il vice Capo/ In alto, /C’era il sole/ Si disse che Renzo era morto/ Ma neanche al cimitero c’era posto. [...]”. Quel pezzo non fu mai pubblicato in un album. Rimase - forse, in fondo a un cassetto - cristallizzato nel tempo come la voce da ragazzo di Rino su un mangianastri. Come lui nelle foto, con la tuba in testa, in compagnia della chitarra o dell’amatissimo ukulele, con le maglie colorate, le sciarpe troppo lunghe, i jeans comodi, le medagliette appuntate sul bavero del frac sanremese.
Stralunato e imprevedibile, Rino era uno che sapeva giocare d’anticipo; ti prendeva in contropiede con le parole, l’ironia intelligente, le provocazioni, il dissenso, la poesia, la rabbia e l’irriverenza. Inafferrabile, fuori dagli schemi, c’era qualcosa che faceva somigliare il cantautore - nato a Crotone il 29 ottobre del 1950 e per sempre con la Calabria e il Sud nella valigia e nel cuore - ad un personaggio a tratti fiabesco che sapeva ridere anche di se stesso.
I suoi nonsense solo apparenti graffiano anche ora, a distanza di anni dalla morte. Così mentre ascolti “Sfiorivano le viole” - pezzo impregnato di salsedine e spiagge di silicio - e ti giunge il profumo intenso dei gigli di mare e di un amore sbocciato sotto il sole di un’estate furente, lui beffardo ti spiazza e racconta del marchese La Fayette che ritorna dall’America. Il gioco è fatto, senza banalità alcuna. Il tempo di soffiare via le nuvole e il viaggio continua nel tempo sospeso di “Ti ti ti ti”. Un pezzo costruito sognando una stella e un veliero. Ma Rino è anche quello di “Mio fratello è figlio unico” , di “Nuntereggae più” , di “Aida”, di “Ad esempio a me piace il Sud” , di “Escluso il cane”...
Ed è l’autore di “Ma il cielo è sempre più blu”, che in molti hanno cantato nell’Italia colpita alle spalle dal virus. Quel “corale” sui balconi intonato dai cuori feriti in cerca di una speranza, è diventato una bandiera senza appartenenze. Il pezzo è anche stato scelto in una speciale versione per una causa benefica - promossa da Amazon insieme ad AFI, FIMI e PMI - a favore della Croce Rossa Italiana. All’iniziativa hanno aderito oltre cinquanta nomi del panorama musicale italiano.
L’idea della cover collettiva, nata da una proposta di Franco Zanetti sul sito Rockol, è stata portata avanti da Takagi & Ketra e Dardust che hanno prodotto il pezzo con il mixaggio di Pinaxa. Com’è andata? Per avere la misura, basta ricordare i numeri nella prima settimana di uscita della cover collettiva - depositata col titolo di “Ma il cielo è sempre blu (Italianstars4life)” - riportati in diversi lanci d’agenzia lo scorso 16 maggio: al primo posto su iTunes per tutta la settimana; al quinto posto della classifica Fimi/Gfk dei singoli più venduti; in top ten tra i brani più suonati dalle radio italiane (la più alta nuova entrata della settimana nella classifica EarOne); 5,3 milioni di telespettatori su Rai Uno per l’anteprima video. La cover corale è accompagnata da un videoclip che ha già registrato un milione di visualizzazioni su Youtube, diretto “a distanza” da Mauro Russo, con l’editing di Marco Cataldo.
E allora ci piace immaginare Rino sorridere col cappello sul cuore. Un abbraccio a distanza tra nuvole e sole!
Buon Compleanno a Rino Gaetano, da RaiPlay una striscia d’archivio per celebrarlo
"Buon compleanno, Rino" propone materiale d’archivio Rai riattualizzando il passato e offrendo percorsi critici e di riflessione per il presente
di Redazione ANSA *
ROMA
Nasceva oggi Rino Gaetano. RaiPlay, la piattaforma digitale che offre il meglio dei contenuti Rai, propone questa settimana una striscia d’archivio per celebrare il grande artista che il 29 ottobre avrebbe compiuto 66 anni.
La musica del geniale cantautore, ricordato per la sua ironia e per i nonsense caratteristici, per la denuncia sociale celata dietro testi leggeri, continua ad essere ascoltata da giovani e meno giovani, che hanno reso intramontabili canzoni di culto come " Gianna" e "Berta filava". Per l’occasione RaiPlay ha dedicato un’intera fascia alle partecipazioni televisive Rai degli anni ’70 e "80 del cantautore calabrese che ha anticipato il rifiuto della sua generazione per l’impegno tradizionale a favore di un approccio più scanzonato. "Buon compleanno, Rino" propone materiale d’archivio Rai riattualizzando il passato e offrendo percorsi critici e di riflessione per il presente.