Musica e pippe

Rino Gaetano: il profeta solo - di Emiliano Morrone

mercoledì 26 aprile 2006.
 

Rino e’ un timido, forse. Fatto sta che cio’ non appare. Esiste una ragione fondamentale per cui, ascoltando Rino Gaetano, si immagina, invece, l’esatto contrario. La leggerezza con cui racconta le donne e il sistema, entrambi sgargianti, doppi e capricciosi, autorizza a concludere che ha perfino superato l’audacia dello sfacciato, o del ribelle. Rispetto ad altri emblemi della nostra canzone d’autore - penso al narratore Guccini, al poeta De Andre’, al De Gregori dell’ermetismo, al pungente Lolli, all’ex provocatore Zero, al melodico ma smarrito Venditti - Rino parla divertito e senza pesi dei suoi argomenti; anche quando incalza e ammonisce, quandocolpisce senza scampo. Dalla, Vinicio da Hannover e Paolo Conte, ma anche altri pilastri della musica italiana, riguardo al sociale adottano un linguaggio differente. E, comunque, accostamenti e classificazioni di sorta lasciano molte perplessita’. Chiaro e’ che ciascuno e’ se stesso. Tuttavia, cio’ che caratterizza Rino Gaetano, innanzi a chiunque altro, e’, appunto, una strana e nascosta introversione, quella che lo ha fatto unico.

Se non fosse così, mi chiedo, perche’ s’e’ preso gioco, in tempi non sospetti, del mondo telecomandato dal piccolo schermo, del potere dell’immagine, dei sogni idioti del comune cittadino, della politica ipocrita non interventista, del pretesto del pallone (gia’ i romani guardavano paghi i gladiatori scalcianti), denunciando la poverta’, l’emigrazione, la legittimazione della truffa, il menefreghismo nazionale, l’atavica dittatura dell’economia, la massoneria di Stato, il buonismo di facciata, il cancro della democrazia, il patriottismo fasullo, i mali storici e il rovinoso intellettualismo imperialistico?

Rino ha fatto la sua rivoluzione da solo, cantando. Sapeva d’essere solo, e lo e’ stato sino alla fine, ironia della sorte. "E mi accorgo che son solo", urlava con quella sua voce frusciante, quasi per sfregamento sul piano delle magnifiche sorti che s’andavano costruendo. "Quando la tua mente prende il volo e t’accorgi che sei rimasto solo", piano diceva allo spettatore, davanti al teatro delle furbe ruberie, delle illusioni, della sciocca accondiscendenza; appunto a significare che riflettere ed arguire comporta liberazione, riscatto, liberta’ ed isolamento.

E’‚ stato un profeta? Ha scritto - forse descritto - fenomeni e fatti che puntualmente hanno riempito i discorsi italiani, solitamente preoccupati per la degenerazione contemporanea, vecchio problema od istanza eterea del platonismo tribale. Ha preannunciato - forse annunciato - reati "minimizzati" dall’oscenita’ del mezzo televisivo, che spaccia imbecilli per pensatori e ignoranti per specialisti. "La verginita’, la sposa in bianco, il maschio forte, i ministri puliti, i buffoni di corte, ladri di polli, Super pensioni, ladri di stato e stupratori, il grasso ventre dei commendatori, diete politicizzate, evasori legalizzati, auto blu, sangue blu, cieli blu, amore blu, rock and blues".

Se ci fermassimo su alcune uscite, dovremmo concludere che Rino e’ stato un chiaroveggente. "Onorevole eccellenza, cavaliere senatore, nobildonna, eminenza monsignore". "Immunita’ parlamentare". "Il nostro e’ un partito serio certo disponibile al confronto, d’accordo nella misura in cui alternativo aliena ogni compromesso".

E, poi, ha centrato i patemi del popolino, della media borghesia, quella che ha risparmiato valori e sostanze per vederli scialare, negli anni prosperi del liberismo freneticamente produttivo, da consumatori infanti e immemori. "Sole e soldi e tanto amore e vivremo nel terrore che ci rubino l’argenteria, e’ piu’ prosa che poesia".

Il suo rapporto con le donne, talmente canzonatorio eppure insistente, documenta un Rino che, nella spensieratezza del testo, allude, in certo modo, alla sacralita’ femminile ma anche, in antitesi, riguardo al sesso debole, al cambiamento del costume e del ruolo socio-culturale. Lesbismo politico, scriveva, nel merito, il filosofo Lombardi Vallauri. Per quanto si controverta, Rino e’ stato un uomo del Sud, un passionale, con la vitalita’ comunicata e la timidezza interiore dell’indagatore meridionale. Ci ha regalato fotografia e poesia, immagini di abitudini, volti, voci, dilemmi, arie e colori del Mezzogiorno animato.

"Ad esempio a me piace il Sud", "I tuoi occhi sono pieni di sale", entrambi contenuti nell’album "Ingresso libero" (il titolo e’ lo specchio di un’identita’); "Mio fratello e’ figlio unico", nel disco omonimo, in cui riprende il tema della solitudine, forse ad amplificare l’emarginazione - lato sensu - della regione geografica e spirituale; "E cantava le canzoni", in "Nuntereggae più", in cui spiega legami e giochi di forza fra l’emigrante e la sua terra, che, in fondo, lo ama e lo caccia.

Tutta l’opera di Rino, pero’, vive della sua provenienza. Spero che questo genio ci accompagni, col suo messaggio, con la sua musica, con la sua personalita’.

Emiliano Morrone

già da tempo su www.vivailsud.it, il pezzo è assai vecchio


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