Editoriale

Ricordo di Giuseppe Ventrici e Giovanni Barile, uomini di un pezzo di storia

di Emiliano Morrone
giovedì 23 ottobre 2014.
 

Ieri (23 ottobre, nda) San Giovanni in Fiore (Cosenza) ha dato l’ultimo saluto a Giuseppe Ventrici e Giovanni Barile, due commercianti che sul posto hanno fatto storia.

di Emiliano MORRONE

Il primo, 80 anni, era un sarto molto bravo e aveva un negozio di abbigliamento in via Roma, nei pressi dell’antica Edicola Veltri. Il secondo, 52 anni, aveva lavorato per anni nei supermercati di famiglia, contribuendo con grandi fatiche all’espansione commerciale dell’attività, condotta proprio lì vicino.

Ventrici era arrivato dal sud della Calabria e si era stabilito a San Giovanni in Fiore, dove con raro gusto e signorilità aveva fornito abiti a più generazioni. Dei suoi clienti conosceva benissimo esigenze e perfino manie. Aveva un fare discreto, sempre affettuoso; il tono della voce basso e gli occhi sinceri, da uomo del passato. Ricordava ogni volta le vicende di ciascuno, cui domandava notizie col garbo del primo Novecento, senza invadenza o finzione. Dotato di un senso bello della comunità, aveva formato una famiglia solida, composta e legata ai modi di un tempo, resistente alle distanze di oggi.

Barile, fratello del sindaco Antonio, era un puro, mai inopportuno. Con lui parlavo spesso di politica e della vita, del futuro, della necessità di allargare gli orizzonti a San Giovanni in Fiore, segnata dall’emigrazione e da un pensare piuttosto malinconico, di attesa perpetua. Giovanni era intenso e fraterno nei suoi comportamenti. Argomentava con precisione le sue critiche al potere e non discuteva mai approssimando. Era stato, poi, tra i protagonisti delle due vittorie del fratello alle elezioni comunali, consigliandolo con intelligenza e acutezza. Poi si era ammalato: così, all’improvviso. Aveva vissuto con forza e dignità una lunga, difficile degenza in ospedale, ma anche chiedendo normalità nelle relazioni personali. Non si era fatto piegare dalla sofferenza, dando un esempio di ricchezza interiore alla famiglia e agli amici.

La semplicità, l’immediatezza e la concezione dei rapporti accomunava Ventrici e Barile, oltre al loro bisogno di essere come custodi di quel piccolo tratto di strada dei loro negozi, considerato il centro vero di San Giovanni in Fiore, il luogo in cui ancora si discute per ore e conserva il passato. Quello stesso luogo del fotografo e narratore Mario Iaquinta, del custode della memoria Saverio Basile, del poeta Emilio De Paola, del filosofo-panettiere Vincenzo Ambrosio, del sognatore Cristian Congi e di altri amanti della sangiovannesità e della Sila, dei motti di spirito, della riflessione, dello scambio tra generazioni.

Ora che i due sono andati, sarà più vuoto quel tratto di via Roma, rumoroso e rasserenante alla sera. E mancheranno a molti, adulti e pure giovani, le pacche sulle spalle del signor Ventrici, abituato a lavorare e sorridere ogni volta.

Mancheranno le analisi e gli orizzonti di Giovanni, che a tanti ha insegnato il valore e l’importanza del lavoro e dell’amicizia: inossidabile, imperitura, trascinante.

Ricordo un particolare di Giovanni, che mi chiese di passare a trovarlo nella sua residenza estiva. Lì mi accolse come sempre, anche se politicamente avevo imboccato un’altra direzione rispetto a quella del fratello Antonio. Parlammo a lungo, poi mi sentii come rinnovato. Fu l’ultima volta che lo vidi e che colsi ancora la sua passione per la cosa pubblica, per la politica come ascolto e relazione.

Del signor Ventrici, invece, rammento l’ultimo saluto, diversi mesi fa. Poi non lo incontrai più. Pioveva fitto e lui stava portando, come sempre, dei vestiti in magazzino; piano, come a non volerli sgualcire. Mi disse che erano pronti dei jeans per me, che erano adatti alla mia personalità e che mi avrebbe fatto un buon prezzo. Non fu un avvicinamento commerciale, però. Piuttosto, si trattò di un modo per parlare ancora, contro la fretta del nostro tempo.

pubblicato in parte su il Crotonese del 23 ottobre 2014


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