STORIA E FILOSOFIA. LA SCUOLA DI MILANO. A ENZO PACI (1911-1976), IN MEMORIA ...

ENZO PACI: LA "INGENS SYLVA" E IL CENTAURO CHIRONE. UNA PIAZZA DI MILANO IN SUO NOME. Discorso per l’inaugurazione e altri materiali - a c. di Federico La Sala

Gli oratori, il giorno dell’inaugurazione (giovedì 6 aprile 2006), sono stati Stefano Zecchi, Emilio Renzi e Umberto Eco. Alla fine ha preso la parola Lulli Paci.
giovedì 21 luglio 2016.
 


Discorso per l’inaugurazione di piazza Enzo Paci

di Emilio Renzi *

Il Comune di Milano, su proposta dell’Assessore alla Cultura Stefano Zecchi, ha deliberato di intitolare una piazza a Enzo Paci. Gli oratori, il giorno dell’inaugurazione (giovedì 6 aprile 2006), sono stati Stefano Zecchi, Emilio Renzi e Umberto Eco. Alla fine ha preso la parola Lulli Paci.

La piazza si trova nel Quartiere S. Ambrogio - Zona 6 Barona. Al suo centro vi è una fontana su cui campeggia una statua dello scultore Igor Mitoraj. Essa raffigura il centauro Chirone.

Come Stefano Zecchi, come Lulli Paci e tutti voi, devo superare una certa emozione nel prendere la parola; cercherò ugualmente di tracciare un profilo comprensivo di Enzo Paci filosofo.

La filosofia per Enzo Paci si dice “in molti modi”.

Primariamente si dice nella forma della filosofia come teoresi: riflessione sui problemi dell’uomo nella sua esistenza, pensiero, valore, nella temporalità della vita intenzionale.

Filosofia si dice nella architettura: architettura della città degli uomini. Filosofia si dice nella riflessione sulla scienza e sulle tecniche. Filosofia si dice nella lettura delle letterature - la grande letteratura europea, quella nordamericana. Filosofia si dice nella riflessione sull’estetica, sulle arti, sulla musica. Filosofia si dice nell’esercizio notturno della scrittura; nella pratica solare dell’insegnamento. Filosofia si dice nella assunzione di responsabilità nelle vicende della polis e alle sue storie di tempi alti, di orrori e di erramenti. Filosofia si dice nell’idea di una cultura che non se ne sta nella torre d’avorio e che diventa quindi editoria, pubblicistica, radiofonia. Filosofia si dice come enciclopedia della filosofia ossia un sapere dei saperi: ideali, scientifici, storici.

Questi furono i molti modi - e non sono tutti - con cui Paci “disse filosofia” e ne fu docente per la vita e nella vita. Che la sorte gli assegnò nella vita d’Italia e d’Europa in un arco tra il decennio entre-deux-guerres, la ripresa degli anni Sessanta, i rivolgimenti dei Settanta.

Enzo Paci nacque a Monterado in provincia di Ancona il 18 settembre del 1911. Seguì gli spo stamenti di lavoro del padre, agronomo, per cui gli anni di Liceo li visse a Cuneo, quelli universitari per due anni a Pavia, il cui più importante docente fu Adolfo Levi, e a Milano, dove si laureò con una tesi sul Parmenide di Platone con Antonio Banfi. Appartiene quindi a quella pepinière di filosofi di cui Fulvio Papi ha espresso i tratti comuni e le personali differenze sotto la dizione di “Scuola di Milano”: Remo Cantoni, Enzo Paci, Giulio Preti, cui dobbiamo aggiungere almeno Giovanni Maria Bertin, il poeta Vittorio Sereni, Luciano Anceschi, l’editore Alberto Mondadori, Dino Formaggio.

“Crisi” è il termine che in cui gli anni Trenta si ritrovano: crisi dell’economia, delle libertà. Nel lessico dell’epoca: naufragio nel “tramonto dell’Occidente”. Paci partecipa al dibattito inserendosi nello sviluppo europeo delle filosofie dell’esistenza cui, in collaborazione con Nicola Abbagnano, conferisce un accento antinichilistico che Abbagnano e lui chiamano “positivo”. Al tempo stesso scrive sulle riviste giovanili del periodo, che negli anni trasmutano dall’appoggio al contrasto al dominante regime fascista.

Nel 1940 Paci intraprende la carriera di insegnante nei Licei; si forma una famiglia sposando Elena Fagiolo, docente di materie scientifiche. Richiamato alle armi è assegnato in Grecia; con l’armistizio è catturato come tanti; trascorre venti mesi negli stalag di Beniaminowo e di Wietzendorf; come tutti, rifiuta di optare per la repubblica neofascista. È quel che Alessandro Natta chiamerà l’”altra Resistenza”.

Al rimpatrio ha due incontri importanti, certo ben diversamente emotivi!: abbraccia la figlia Francesca Romana (Lulli, per tutti), che gli era nata oltre due anni prima; rivede Banfi, il maestro. In straordinarie pagine di diario che dobbiamo allo scavo di Amedeo Vigorelli e di Guido Neri carissimo, leggiamo che Banfi dice: “Quando si sente che Lui passa bisogna decidersi”: “Lui” è il movimento comunista internazionale, storicamente concretato nel Partito comunista italiano. Per contro, Paci: “il richia mo alla vita... una posizione che la mia anima ha duramente scontato. Due anni di ascesi di fronte all’assoluto e alla morte... devo ora conservare la libertà, l’indipendenza, vivere nell’immanenza portando in me il senso della trascendenza.”

È l’inizio della stagione matura. Paci pubblica le lezioni che aveva tenuto ai compagnia di prigi onia: gli argomenti sono letterari, Mann, Proust, Rilke... Scrive sul Vico letto in quelle cupe lande: sarà Ingens sylva. Nel Doktor Faustus romanzo della contrapposizione tra civiltà e barbarie legge che Mann fa leggere ad Adrian Leverkhün l’Aut aut di Kierkegaard: questa l’ispirazione per il titolo della rivista che fonda nel 1951 - “rivista di filosofia e di cultura”, tutt’ora vivente e viva. In que llo stesso anno quindi a quarant’anni esatti vince il concorso e diventa docente a Pavia.

Nel 1957, dopo la scomparsa di Banfi e quella di Giovanni Emanuele Barié, giunge a Milano dove insegnerà sino alla morte. La riflessione filosofica lo porta a far reagire tra loro esistenzialismo e storicismo: l’anziano Benedetto Croce riconoscerà i buoni argomenti di Paci a favore dell’”utile” come “vitale”. E a far reagire l’ esistenzialismo sul problema del tempo: si aprono i dialoghi con Whitehead, Wittgenstein, Dewey; Heidegger è sempre più svanente; Dostoevskij, i presocratici, sono esposti al Terzo programma della Rai con profondità. Ogni “filosofia dell’Io” è trascesa nella “filosofia della relazione”.

Il relazionismo è processualità: nel rapporto vissuto con l’altro, nella entropica irreversibilità del tempo. Lungo questa strada Paci riscopre Husserl, la fenomenologia. L’interlocuzione è con Merleau-Ponty; anche Paci prende la via di Lovanio, va a decifrare la idiografia dei manoscritti inediti che padre van Breda ha salvato dal nazismo. In Tempo e verità nella fenome nologia di Husserl, il libro del 1961, Tempo e verità è il deliberato ribaltamento di Essere e tempo.

Il blocco di Diario pubblicato in quello stesso 1961 si qualifica fenomenologico. L’epoché è l’apertura necessaria al riconoscimento della in tenzionalità, della intersoggettività, del precategoriale.

La fenomenologia relazionistica di Paci si scrive in prima persona e invita ciascuno e tutti a esperire in prima persona, “in carne e ossa”. Diviene matura l’opera di sintesi tra la grande rilettura della Krisis di Husserl (con le coeve ricerche) e la crisi dell e scienze contemporanee irrigidite tra obiettivazione e oblio del mondo-della-v ita. Funzione delle scienze e significato dell’uomo, l’opera del 1963, mira a far interpretare dalla filosofia il proprio tempo storicamente appreso.

A Praga l’anno prima Paci aveva parlato sul significato dell’uomo in Marx e in Husserl; e infatti il nome di Marx vien fuori con forza, sempre accomp agnato da lla critica ai marxismi sclerotizzati dall’ideologia e dal potere reale. E merge lo spunto del m arxismo italiano, Antonio Labriola e Antonio Gramsci (ma anche Rodolfo Mondolfo).

L’interlocuzione è ora con Jean-Paul Sartre; l’incontro a Parigi nel 1964 per parlare su Kierkegaard vivant non è l’unico. Sono gli anni belli. Studentesse e studenti si affollano nell’aula 111; nelle conferenze, intorno ai banconi delle novità librarie, si vedono donne e uomini che cercano una cultura che parli di relazioni e di significati.

Uno “stile” di Paci esiste ormai, sicuro di sé. È l’antiaccademismo, l’apertura ai giovani, la capacità non di mettersi al servizio del filosofo di turno (come pure è stato autorevolmente detto) ma di saper dialogare con le idee di chi pensa. Ha scritto: “C’è una generosità di lettura come c’è una generosità umana, ed anzi, forse, si tratta di una sola cosa. Una fi losofia esige, per essere compresa, e perché si possa apprendere qualcosa da essa, la nostra generosità”.

In altri termini: Paci ha fatto “scuola”; ma non ha generato una scolastica. Quando una nuova generazione di studenti chiede nuove prassi di apprendimento della cultura, differenti modalità della comunità universitaria, Paci sceglie con essi il modo dell’ascolto ravvicinato, del dialogo nonostante tutto e nonostante le evidenti e rumorose difficoltà.

È la terza stagione dell’impegno politico di Paci dopo quella vitalistica e “neoro mantica” nell’ anteguerra fascista e quella per la libertà della cultura negli anni Cinquanta; per essa è assumibile il termine sartriano di engagement. L’insegnamento già assai poco cattedratico si svolge sempre più extramoenia o in conferenze negli Stati Uniti: la critica alla obiettivazione diventa negazione dell’alienazione e filosofia della praxis a partire dalla regione originaria dei bisogni. Fenomenologia e dialettica marxista vengono fatti tendere l’uno verso e dentro l’altro; al tempo stesso si consolida il progetto della filosofia come enciclopedia dei saperi unificati dalla attualità della fenomenologia.

Gli anni finali sono quelli del dolore, suo e forse più ancora per quello tristemente lungo dell a moglie. Le tonalità del discorso filosofico, non mai spento se non dalla morte avvenuta il 21 l uglio di trent’anni fa esatti, si fanno chiaroscurate. Lampeggiano il negativo, il male, un afflato (peraltro presente in Paci sin dalle origini) verso la religione nella sua essenza sovrastorica, assieme all’attenzione verso Ernst Bloch e i teologi della liberazione. Lampeggia anche la postulazione di una “costituente mondiale intersocialista”: come dire, la pace voluta da un uomo che ha patito la guerra.

Paci resta quello che è sempre stato: un filosofo della vita positiva. Rapidi ricordi si accendono negli ultimi brevi articoli: di padre van Breda; di Ricoeur conosciuto attraverso i reticolati dei campi di concentramento; di Sartr e, che gli confessò di aver letto soltanto Ideen I - e allora, scrive Paci, camminando per il Bois de Boulogne “io faccio una vera e propria lezione sull’ultimo Husserl”.

Ora - e concludo - se Paci si è permesso di tenere una “vera e propria lezione” a Sartre, io credo sia lecito immaginare che Paci avrebbe considerato coll’intenso sguardo dei suoi occhi scuri il centauro e avrebbe cominciato a filare una lezione delle sue. Comprensivo del mito come solo un vero razionalista sa essere, avrebbe preso le mosse dalla raffigurazione del centauro: metà animale metà uomo, quindi vivo nella tensione tra natura e cultura. I centauri corrono tra selva e abitato; sono loro ad aver scoperto come trasformare il vitigno in vino e la carne predata con la caccia: dal “cotto” al “crudo”. Perciò sono detti signori degli unguenti e dei farmaci: perché hanno trasformato la natura in cultura.

Quel centauro là si chiama Chirone: è l’ eroe eponimo della civilizzazione perché è stato maestro di Asclepio, maestro a sua volta dei sapienti di Cos. Chirone da cheir o mano, da cui chirurgia. È all’origine del Corpus hippocraticum, ossia di quel sapere che noi chiamiamo medicina. E questo ci aiuta a capire la genesi delle tecniche e della scienza odierne, in una tensione non mai placata verso la verità e la vita come verità.

Ecco, lasciamo che il professor Paci continui la sua lezione, magari camminando come faceva tante volte con molte e molti di noi, col suo passo non veloce ma costante verso il caffè Panarello, giù per corso di Porta Romana, verso via Burlamacchi.

* Emilio Renzi, Discorso per l’inaugurazione di piazza Enzo Paci.

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(da: AA. VV., Omaggio a Paci - I. Testimonianze II. Incontri, a cura di Emilio Renzi e Gabriele Scaramuzza con la collaborazione di Simona Chiodo, pp. IX-XIII, Quaderni di Materiali di Estetica n. 5, CUEM, Milano. ISBN 886001073X)





NEL SITO, E IN RETE, SUL PENSIERO E SULLA FIGURA DI PACI, SI CFR.:

PAURA DELLA LIBERTA’: ANTROPOLOGIA E FILOSOFIA....
-  L’INGENS SYLVA E LA PAURA DELLA LIBERTA’: CARLO LEVI, NELL’ORIZZONTE DI VICO, BENJAMIN, ED ENZO PACI.


SCHEDA

Restaurato il "Centauro" di Mitoraj *

Milano, 1 agosto 2015 - Dopo tre mesi di lavori la Barona, quartiere Sant’Ambrogio II, riacquista la statua del Centauro restaurata. Si tratta di un’opera dello scultore polacco Igor Mitoraj collocata all’interno della fontana di piazza Enzo Paci. L’intervento, che ha compreso anche opere di miglioramento della fontana, è stato realizzato dal settore Arredo Urbano e ha comportato una spesa di circa 25 mila euro.

“Continua l’opera di recupero e restauro del bello che esiste nei quartieri cosiddetti periferici di Milano. Faccio appello affinché la fontana e il monumento non siano oggetto di vandalismi: sono un patrimonio di tutti e la loro tutela richiede l’impegno di risorse pubbliche. Ringrazio, infine, i tecnici dell’Arredo urbano per il lavoro svolto”, lo dichiara l’assessore ai Lavori pubblici e Arredo urbano Carmela Rozza.

La statua è stata installata nella piazza nel 1990. L’intervento di restauro ha previsto il recupero dell’originaria patinatura del bronzo, in buona parte persa nel corso degli anni, riproposta con le medesime tecniche utilizzate negli anni ’90 da Mitoraj. Inoltre, per dare completezza esecutiva all’opera, sono stati introdotti alcuni accorgimenti edili ed impiantistici allo scopo di rimodernare la fontana nel suo complesso.

In particolare l’opera è stata restaurata con la realizzazione di un basamento lapideo sottostante - con granito rosa al pari del bordo vasca - che ha sostituito il precedente supporto realizzato semplicemente in calcestruzzo. Una novità che conferisce al monumento importanza e un inserimento più adeguato al contesto.

Il nuovo basamento è concepito per un’eventuale installazione futura di fari LED al posto dell’attuale impianto dismesso a causa dei continui atti vandalici. Per quanto riguarda la vasca sono stati implementati i sistemi di filtraggio della fontana in modo tale da fermare il più possibile i rifiuti che possono in qualche misura danneggiare le parti impiantistiche.

E’ stato inoltre migliorato il gioco d’acqua attorno al monumento e sono state eseguite tutte le opere necessarie al recupero del bordo vasca in granito rosa, compresa la sigillatura finale di tutti i giunti.

Mitoraj è nato nel 1944 in Polonia. Nel 1968 si è trasferito a Parigi, per continuare i suoi studi artistici. Poco dopo rimase affascinato dall’arte e dalla cultura Latino-Americane e decise di passare un anno dipingendo e viaggiando in Messico. Questa esperienza lo avvicinò alla scultura. Dopo aver lavorato con terracotta e bronzo, a seguito di un viaggio a Carrara nel 1979, decise di passare alla lavorazione del marmo. E’ morto nel 2014.

* COMUNE DI MILANO - Arredo urbano, 01 AGOSTO 2015.

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MILANO, Quartiere S. Ambrogio - Zona 6 Barona:

GALLERIA FOTOGRAFICA DI PIAZZA ENZO PACI


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