Il fuoco nel ventre della Sila (e nel silenzio generale)
Incendio in Sila, a 15 chilometri da San Giovanni in Fiore, nell’area protetta del Parco nazionale
di Emiliano Morrone *
Trentuno agosto, trentaquattro gradi fissi, vento teso, meno di un’ora a mezzogiorno. Brucia la Sila, a 15 chilometri da San Giovanni in Fiore. L’odore speziato del fumo si spande in lungo e largo, fino ai balconi dei residenti, alle strade del paese. Sa di cenere bagnata. Sui social cammina la notizia, per immagini e video virali. Lievitano i commenti di sdegno, rabbia, sgomento.
L’incendio stavolta invade l’area protetta del Parco nazionale della Sila. È grosso, violento, più serio di quello che il primo agosto aveva aggredito una montagna sopra la stazione ferroviaria di Garga, dismessa, senza littorina. Una nuvola rigonfia si leva in località Vallepiccola, a manca. Proprio lì ardono schiere di pini di un verde rilucente, piantati prima dei Mondiali del ’90. Scura e minacciosa, la nube ricorda la scena di Chernobyl, del 26 aprile 1986.
I Vigili del fuoco di San Giovanni in Fiore si fiondano sul posto: arrivano in 14 minuti, con sirene spiegate, un Iveco Stralis e un’autopompa. A poche centinaia di metri si trovano sei o sette casette in ordine sparso, vissute e allumate nell’ultimo bollente Ferragosto, passato tra moti di libertà e lo spauracchio del Covid.
Squadre di Calabria Verde raggiungono il cuore delle fiamme, e con loro il sindaco di San Giovanni in Fiore, Giuseppe Belcastro, il quale chiede rinforzi, un Canadair o l’elicottero, che arriva nel pomeriggio e con benna appesa prende, scarica acqua di fiumara su quel rogo inferocito. Intanto nei pressi se ne sviluppa un altro, verso la strada per Lorica. Tutto si complica, cala la notte, tiepida come non mai.
Il giorno seguente passa a ripetizione un Canadair. Finalmente l’incubo finisce, nel silenzio indisturbato della politica locale e regionale, che continua a parlare di turismo. Anche Carlo Tansi tace, ha trovato nuovi argomenti: sanità e mare. Eppure, quando era a capo della Protezione civile calabrese riconduceva questi fuochi alle cosiddette mafie dei boschi, alla fornitura delle centrali a biomasse.
Il “povero” sindaco Belcastro lancia una supplica al suo successore: «Aggiorni il catasto degli incendi, così non ci saranno pascoli e tagli nella zona interessata». A San Giovanni in Fiore si vota per il Comune il 20 e 21 settembre. Alle porte.
La “Capitale” della Sila e il suo “capitale” (dimenticato)
Comunali di San Giovanni in Fiore: scoppiano le polemiche tra i vari candidati, a quando un confronto sui temi politici?
di Emiliano Morrone *
Per la nonna di un iperattivo docente dell’Unical, «capitale» era l’appartamento che la signora aveva comprato a Cosenza, con sudori e sacrifici. In famiglia l’anziana raccomandava di difenderlo a ogni costo, nell’incertezza del tempo.
All’inizio e alla fine dello scorso agosto, più incendi dolosi consumano decine di ettari di bosco silano, un «capitale» tra le località Garga e Vallepiccola. Le fiamme invadono perfino il territorio del Parco nazionale, altro «capitale». Non se ne accorge larga parte della politica sangiovannese, impegnata a celebrarsi, a inventare slogan ed “esche” elettorali; tanto da non sentire il fumo acre di quei roghi, che raggiunge le case del paese e a lungo permane sospeso sulle strade.
Passano i giorni e le ore. A presentare la candidata sindaco Rosaria Succurro e le 5 liste collegate, nel tardo pomeriggio del 3 settembre arriva a San Giovanni in Fiore Jole Santelli (nella foto con Succurro, nda), che al medio della mano destra sfoggia un «capitale»: un magnifico smeraldo, in tono con il look. La presidente della Calabria parla del turismo come vaccino anticrisi, quindi sottolinea: «Il rilancio della montagna calabrese inizierà dalla Sila». Dice, ancora, che «Rosaria, esperta di comunicazione, saprà vendere il territorio», che - prospetta - dovrà diventare di interesse mondiale.
Sparigliate, ascoltano dal vivo 537 persone (721 secondo la struttura, nda), segno che, al netto delle interpretazioni, Succurro è la favorita e potrebbe addirittura vincere al primo turno, grazie al voto disgiunto. A sostegno intervengono gli assessori regionali Gianluca Gallo (Forza Italia) e Fausto Orsomarso (Fratelli d’Italia), che divagando ricorda una sua recente, cordiale telefonata con Mario Oliverio. I discorsi dei due assessori regionali virano verso le «Giubbe rosse», che non sono il Caffè dei futuristi né c’entrano con l’omonimo album di Battiato, che tra l’altro contiene l’epico «Lettera al governatore della Libia», in cui si ipotizza «una brutta fine» per il terribile generale Rodolfo Graziani. Orsomarso scandisce di non promettere alcunché sotto elezioni, ma con Gallo assicura che la Regione intende inserire i circa 400 precari locali - delle «Giubbe rosse», già L.r. n. 15/2008 - in un percorso di stabilizzazione, da individuare sfruttando i fondi europei disponibili, gestiti dal presente (in platea) Maurizio Nicolai, ex dg di Arcea e oggi a capo del dipartimento regionale «Programmazione comunitaria». Per inciso, a proposito di parole: la Comunità economica europea è sciolta dal dicembre 2009.
Anche Giuseppe Graziano, consigliere regionale dell’Udc, giunge - trafelato - nella «Capitale della Sila». Dà appoggio alla Succurro, che definisce «competente», prospettando, nell’ipotesi peggiore, un ballottaggio interno al centrodestra. Sarà un messaggio (nella bottiglia) al consigliere comunale uscente Peppino Bitonti, come Angelo Gentile - il fratello Giovanni lavora nella segreteria politica dell’assessore regionale Gallo - tra i più quotati della coalizione civica «A Testa Alta», timonata dal candidato sindaco Salvatore Mancina?
In serata scoppia la polemica politica. Accende la miccia Antonio Lopez, candidato sindaco della lista, partecipata dalla Lega, «Prima San Giovanni in Fiore». «Oltre alla governatrice Santelli - scrive sul suo profilo Facebook - sono arrivati due assessori regionali e il direttore generale dei fondi europei, che da dirigente pubblico non può partecipare alle campagne elettorali». «Nessun contenuto politico, nessun riferimento - osserva Lopez - ai problemi della sanità, dei giovani, degli anziani, delle periferie, dei villaggi rurali, del commercio e dei servizi pubblici. Solo scene da Maria De Filippi e Raffaella Carrà. Ciliegina sulla torta - prosegue - una brutta caduta di stile della Santelli. Secondo lei San Giovanni ha bisogno di un sindaco che sappia parlare in italiano. La Santelli pensa che abbiamo l’anello al naso. Perché non guarda la trave nel suo occhio?». «Naturalmente - l’affondo di Lopez - silenzio assoluto sul dissesto del Comune di Cosenza, guidato dal compare Mario Occhiuto con lei vicesindaco e la Succurro assessore».
Si scatena di conseguenza il putiferio virale: la Santelli finisce a “processo” per quel suo richiamo alla lingua di Dante, Manzoni, Pirandello, Pasolini, dello scrittore locale Emilio De Paola. E via con l’orgoglio identitario, giusto o tirato che sia. Seduto sulla consueta poltrona rossa, in un video social il candidato sindaco di Progetto Fiore, Domenico Caruso, ironizza: «Inviterei la presidente della Regione con vòrre na birra allu barru? (traduzione: «vorresti una birra al bar?)». Il politico rincara poi la dose: «La Santelli ci ha raccontato d’aver saputo dalla Succurro che la stessa non voleva candidarsi a San Giovanni. Poi la svolta è avvenuta, ci ha fatto sapere la presidente, dopo aver parlato con il marito di Rosaria, Marco Ambrogio». E giù con le stilettate: «magia», «il potere si organizza, deve mostrare di essere onnipresente», «hanno preso un intero corso per le sedi della candidata Succurro, che non ha speso una parola sulla sanità, peraltro dimenticando che Lorica è piena di spazzatura, che gli scarichi fognari finiscono nel lago e i fuochi d’artificio uccidono gli animali». Durante la presentazione ufficiale del 4 settembre, gli fa eco il candidato del Pd, Domenico Lacava, che rammenta il dissesto del Comune di Cosenza, addita la Succurro come corresponsabile e le rimprovera di vivere lontana da San Giovanni in Fiore, sfidando apertamente la Santelli. «L’aspetto qui a parlare dei problemi della città», chiosa Lacava.
L’impressione è che il “campo di battaglia” sia questo: gli altri contro la Succurro, la Succurro contro gli altri.
Nel contesto, però, sfuggono alcuni aspetti, legati al concetto di «capitale» della nonna di cui sopra. Primo, San Giovanni in Fiore non può avere un ospedale alla canna del gas, né un’assistenza territoriale da periferia dell’area di Visegrád. La salute individuale e pubblica è il «capitale» di base per lo sviluppo di ogni comunità. Secondo, l’altro «capitale» del territorio è la sua montagna, la sua bellezza, la sua unicità, insieme all’Abbazia florense, a Gioacchino da Fiore, all’acqua e all’ambiente. Ciononostante, come se non riguardassero San Giovanni in Fiore, in questa campagna elettorale regna il silenzio diffuso in merito a questioni essenziali di «capitale», cioè su: 1) il Servizio idrico integrato, che non esiste; 2) la liquidazione del “grossista” dell’acqua Sorical, che con la banca irlandese Depfa stipulò un mutuo contratto del valore di 238 milioni, ma da ultimo ha nominato il nuovo commissario liquidatore; 3) il pantano nella gestione regionale dei rifiuti, in cui, peraltro, - come sanno bene i parlamentari Nicola Morra e Giuseppe d’Ippolito - imprese infiltrate trovano spazi di mercato grazie a trucchi consentiti dalle norme. Rispetto a questi problemi, che non sono di linguaggio, di estetica o di posizionamento, Dante avvertirebbe: «Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate».
* Fonte: Il blog di Emiliano Morrone, 5 settembre 2020