Cultura

Intervista col filosofo Manlio Sgalambro

sabato 15 gennaio 2005.
 
Manlio Sgalambro è un dotto saggio, saggio dotto, giovane, eroico, bello; un uomo - mi permetta anche filosoficamente - che ha superato l’età, l’ha vinta. Lo seguo da anni, nei suoi lavori con Battiato, e ne sono sempre più affascinato. È difficile, raro, trovarsi innanzi a una mente che sa, sa spaziare, a un artista che cambia, ricerca, innova. Questo si può dire per il nostro Manlio e per Franco Battiato. Il loro sodalizio è collaudato e ha dato, negli anni, dei capolavori assai diversi: dalla canzone mista, nella lingua, sul "Tutto scorre" di Eraclito, ai suoni di striscio di Gommalacca, per arrivare a nuovi arrangiamenti dei brani d’autore più simbolici del secolo passato e molto altro. Tante terre da La canzone dell’amore perduto - di De Andrè - o La chanson des vieux amants - di Jacques Brel -, in Fleur, splendidamente riviste, a Campi magnetici e Ferro Battuto, agli Stratagemmi. Un materiale da esplorare, sapendo che vi si nascondono continui segreti, e in cui smarrirsi per non tornare all’ordinario. Recentemente abbiamo chiacchierato, con Sgalambro, cominciando da una mania personale: la Sicilia - che rimane, per me, il luogo del Sud, senza “se” né “ma”, coi sapori, i colori, i profumi, i suoni, le luci, la parola. Non mi sono mai piaciuti i campanilismi. Tuttavia, mi sento più siciliano - lo sono di madre - che calabrese. In Calabria, specie nell’interno, prevale un atteggiamento individuale cupo e sospettoso. La Sicilia è un orizzonte all’orizzonte. Ho chiesto al professor Sgalambro le ragioni per cui restano, nel Mezzogiorno, condizioni generali di minorità, pur essendoci - ed essendoci stati - intellettuali, artisti, creativi in grado di incidere profondamente nel sociale. «La società, vedi, è ormai stratificata. Che vi siano, nel caso, due standard differenti non è impossibile. Pensatori e letterati non escludono altre situazioni». Poi, citando Spengler, Sgalambro ha significato che i libri servono a poco, se non ci sono animi che possono riceverli. E, sulla letteratura d’impegno sociale, un riferimento puntuale a Leonardo Sciascia - che si dovrebbe leggere nelle nostre scuole, piuttosto che battere esclusivamente sui soliti tre. «Qui, l’uomo tocca l’estremo di se stesso», riguardo al Meridione. Se la Sicilia è patria di scrittori, mancano, però, case editrici. «L’autore siciliano è andato fuori, per trovare la possibilità di esprimersi. Chi può intraprendere delle iniziative editoriali è soddisfatto, dalle nostre parti, della stampa che c’è. Naturalmente, il discorso sulla stampa vale pure per l’editoria. Sui giornali, le pagine sportive sono fatte bene e la tradizione è rispettata. Siamo in un mondo in cui il libro, la letteratura e la parola vanno a perdere la loro forza. E, per i modelli che s’impongono, l’editoria cerca il profitto. In altri tempi, mi riferisco alla nascita dei Mondadori o dei Vallecchi, non c’era questo obiettivo; si puntava sul contenuto, sul significato». E, nel loro ultimo album, Dieci Stratagemmi, straordinario, la direzione di Sgalambro e Battiato è opposta rispetto a quella, commerciale, che domina nella musica d’oggi. «Abbiamo voluto ubbidire a una maggiore artisticità, darci un orientamento per la vita. Non basta nascere e farsi guidare dai propri istinti». Fra poco, i due cominceranno a realizzare Musikanten, un film sorprendente sulla vita di Beethoven, scritto a quattro mani, in cui, «nelle ricerche di una troupe televisiva, si inserisce l’azione di uno sciamano, che porterà i personaggi in un’altra dimensione». La scrittura è particolarissima e si propone di presentare il grande maestro della musica sotto un’altra luce. Non anticipiamo altro e attendiamo, con impazienza, di vederlo. Grazie Manlio. Grazie Franco.

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