di Doriana Goracci
(www.ildialogo.org, 22 maggio 2006)
Giornali, posta, caffè mattutino. Non c’è zucchero che tenga, la bocca è piena di amarezza nell’apprendere una volta ancora come sia negata alle donne la possibilità di amministrare “realmente” la cosa pubblica.
Siamo capaci di parlare, scrivere, curare, proporre, siamo capaci noi “femmine” di gridare, combattere, resistere, amare.
Invece sembra senza fine questo remare all’incontrario, l’unico che ci viene permesso di fare. Se si propone una candidata a ruoli istituzionali, ecco una levata di scudi sulla sua età anagrafica: è troppo vecchia...
Se si propone un’incarico femminile che prevede di usare il portafoglio dei cittadini...: in questo caso non si discute nemmeno, si cancella solo la possibilità.
Visibili come madri coraggio, come cassandre filosofeggianti, come giovani spudorate, come cinquantenni in menopausa, come donne sole e frustrate, come sgambettanti trapeziste, come meste pensionate, come api operaie a formare un’alveare, insoddisfatte-vogliose-servette, intellettuali snob perditempo, apprensive chiocce, sante e devote, ansiose e ambiziose segretarie, rrampicatrici sociali, isteriche donnette, disfatte precarie lavoratrici, teste semivuote di ogni età. BASTA.
Non chiedo agli uomini, ai compagni che ci hanno sempre sostenute, ai semplici compagni di cammino, con i quali non bisogna parlare, perché ridiamo e piangiamo tra noi anche in silenzio, chiedo alle donne della Sicilia che sono tante, tante di più come sempre, chiedo: date voi un segnale!
Niente e nessuno vi potrà distogliere la prossima domenica, che per il calendario cattolico è d’ascensione,di votare una donna, una nostra amica.
Chiedo a Voi Donne di dare un segnale, l’unico possibile che abbiamo.
Che l’amministrazione passi nelle mani di una capace come voi, forte ed onesta come voi, di una che ha sofferto come voi. Che sia anche gioia questo voto, che sia senza ombre, chiaro e dirompente, fatelo anche per tutte le altre cittadine italiane che non possono votare, per quelle che si dovranno piegare ai ricatti e alle speranze di altra natura. Per quelle che saranno “accompagnate”.
Andate a votare, di prima mattina, come fate tutti i giorni dopo aver preparato la colazione, quando aprite la finestra e già vorreste che fosse sera, perché la stanchezza è profonda, andateci dopo pranzo quando gli altri si prendono il caffè. Metteteci tutta la vostra dolcezza e il coraggio di cui siete capaci. Non vi rassegnate, non è vero che siamo tutti uguali, noi siamo donne e siamo diverse. Noi siamo donne e non ci rassegniamo, di fronte alla guerra, alla vendetta, alla violenza che non abbiamo mai voluta.
Andate a votare magari quando è sera, e avete già preparato la cena, oppure siete tornate dal mare o dalla campagna, da una passeggiata, portatevi con voi la tessera elettorale, ricordatevela come le chiavi di casa, quella casa comune dove abbiamo diritto di entrare, noi che attendiamo sempre un ritorno, pronte ad aprire la porta, pronte ad abbattere i muri che dividono, pronte ad ascoltare.
Ci vuole poco.Le vostre mani abbiano la forza della ginestra che irrompe ora in Sicilia.
Quando entrerete nelle scuole dove siete state bambine e poi donne, alzate la testa, respirate profondo e passate parola ed azione: un solo nome, per tutte noi - RITA BORSELLINO
Doriana Goracci
Lunedì, 22 maggio 2006
Caro Direttore
SULL’IMPORTANZA DI QUESTO APPELLO E DELLA CANDIDATURA DI RITA BORSELLINO ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE "SICILIA", MI SEMBRA UTILE RIPRENDERE E RIPROPORRE UNA MIA BREVE NOTA SCRITTA NEL FEBBRAIO SCORSO, IN RIFERIMENTO A UNA DISCUSSIONE SULLA MAFIA. M. cordiali saluti, Federico La Sala
“Mammasantissima”: l’ordine simbolico della madre e del figlio!!! A ’PALERMO’ COME A ’ROMA’, MA SEMPRE A TEBE - NEL REGNO DI EDIPO. Una nota di Federico La Sala (www.ildialogo.org/filosofia, 27 febbraio 2006)
Caro Peppe Sini* A proposito del tuo “messaggio di saluto inviato [...] al convegno sul contributo della nonviolenza alla lotta contro la mafia svoltosi a Palermo il 21-22 maggio 2005”, ripreso e riproposto nella “domenica della nonviolenza.62” (26.02.2006), e titolato “La non violenza contro la mafia. Sette tesi” - tenendo presente soprattutto il punto 2: “La riflessione e le pratiche dei movimenti delle donne sono il cuore della nonviolenza e il cuore della lotta antimafia. Cosicche’ chiunque si voglia impegnare nella lotta contro la mafia e chiunque si voglia accostare alla nonviolenza, e massime chi voglia operare contro la mafia con la scelta pienamente consapevole della nonviolenza, non puo’ non far riferimento al pensiero e all’agire delle donne e dei movimenti delle donne. Ed e’ naturale che sia cosi’, poiche’ il sistema di potere mafioso e’ una delle manifestazioni piu’ evidenti anche di quella forma di oppressione che e’ il patriarcato, e non si da’ lotta contro la mafia, come non si da’ lotta contro la guerra, e contro ogni discriminazione ed ogni totalitarismo, se non si riconosce il nesso che queste forme di oppressione lega alla dominazione patriarcale” - è da dire, a mio parere, che c’è in esso qualcosa di non illuminato e di non pensato - non sul piano personale (ovviamente!), ma sul piano storico e ’collettivo’ - che impedisce e ostacola la stessa nonviolenza in cammino. In questa direzione e in questo senso, mi sembra opportuno dare un piccolo contributo: fare una breve considerazione e, possibilmente, un invito a ri-considerare da un altro punto di vista il problema. Recentemente Lea Melandri (L’occhio di Dio e la parola delle donne, www.liberazione.it, 14 gennaio 2006, e www.ildialogo.org - sez. “pianeta donna”) ha messo ’il dito nella piaga’ e ha invitato a pensare e a pensare di nuovo e più a fondo: “C’è un solo modo per non restare fermi all’immaginario della nascita, per distogliere lo sguardo da quella coppia di protagonisti dell’origine, madre e figlio, su cui si può ipotizzare che si siano modellate tutte le coppie di opposti che conosciamo: è pensarsi uomini e donne, liberi” . Questo, se ci riflettiamo, indica una direzione di ricerca e di riflessione che tocca la “mafia”, la “chiesa cattolica” (in particolare) e tutta la nostra stessa “cultura” - tutti e tutte, figli e figlie di “mammasantissima”!!! Se si vuol continuare continuare a parlare di “patriarcato” dobbiamo pensare diversamente e, con Freud (ma anche con Marx), alla struttura edipica: alla base del cosiddetto patriarcato, non c’è affatto il dominio dell’uomo sulla donna ma il dominio e l’alleanza (su tutti i piani, dall’antropologico al politico e al teologico - cfr. almeno uno degli ultimi interventi sul sito: www.ildialogo.org/) della madre con il figlio ... sposo e padre di tutti gli altri uomini e di tutte le altre donne della ’città’!!! Aprire di più e meglio gli occhi! In tal direzione, forse, potremo capire meglio (non solo Freud e Marx, ma anche) Kafka (1920): “Il capitalismo è un sistema di dipendenze che vanno dal di dentro al di fuori, dal di fuori al di dentro, dall’alto al basso e dal basso in alto. Non c’è cosa che non sia concatenata e dipendente. Il capitalismo è una situazione del mondo e dell’anima”. M. cordiali saluti, Federico La Sala
* Direttore de "La nonviolenza e’ in cammino"