Europa e UmaNITA’.....

CONTRO OGNI CEDIMENTO A PREGIUDIZI E ODII RAZZISTI, E’ ORA CHE L’ITALIA DEI DIRITTI UMANI ALZI LA SUA VOCE. Il gruppo EveryOne lancia l’allarme e richiama l’attenzione sulla morte dei bambini Rom di Livorno e interviene direttamente presso la direzione della Casa Circondariale dove sono detenuti due dei loro genitori - a cura di pfls

giovedì 20 settembre 2007.
 
[...] ai margini della civiltà, le due madri e i due padri sono riusciti a crescere i loro figli, li hanno nutriti, li hanno allevati offrendo loro tutto ciò che possedevano: l’amore per la famiglia e poc’altro. Quando hanno riferito agli inquirenti i particolari dell’evento che ha causato la morte dei loro bambini, hanno parlato di alcuni italiani, fuggiti dopo aver dato alle fiamme la baracca. Non sono stati creduti e le indagini - come sempre avviene, quando le vittime sono gli zingari - si sono concentrate su di loro e non sugli assassini. Qualche giorno dopo, i razzisti che hanno appiccato l’incendio l’hanno rivendicato con una lettera al quotidiano "Il Tirreno". Gli inquirenti, tuttavia, hanno deciso di ignorare quella rivendicazione e di sostenere la tesi dell’omicidio colposo. Vi è da chiedersi perché gli assassini siano protetti così accuratamente. L’Italia del pregiudizio e dell’odio razziale ha per ora avuto la meglio [...]

Si è affermata in Italia una grave ideologia razziale contro i Rom

di Roberto Malini

La discriminazione antinomade in Italia è così velenosa da suscitare, nei dibattiti, posizioni assolutamente irrazionali da parte dei nuovi razzisti, che colgono ogni possibile occasione per manifestare il loro odio rimettendo in gioco pregiudizi e pericolose leggende metropolitane: gli zingari che non mandano a scuola i bambini, gli zingari che non si curano dell’igiene, gli zingari che mandano i loro fanciulli a rubare (non per grave indigenza, ma per crudeltà mentale), gli zingari che si organizzano in racket (il racket dei mendicanti, dei borseggiatori, dei venditori ambulanti, dei truffatori, fino alla teoria grottesca del racket dei lavavetri), gli zingari che sono ricchi ma non vogliono lavorare, gli zingari che rapiscono i bambini cristiani ecc.

I Rom ebbero in Italia diritti di transito e di sosta in migliaia di campi. I nazifascisti tolsero loro questo antico ed acquisito diritto, dopodiché parteciparono attivamente al Porrajmos, imprigionando e deportando Rom e Sinti. Nel corso dei secoli il "popolo senza patria" dei nomadi ha subito persecuzioni e massacri simili a quelli che colpirono gli ebrei. Nessun risarcimento né in termini di terre né di denaro né di diritti fu tuttavia accordato loro dopo l’Olocausto. Non è mai esistito il progetto di una patria per i nomadi.

L’Italia è stata più volte redarguita ufficialmente, negli ultimi anni, dal Consiglio Europeo per le sue politiche discriminatorie contro Rom e Sinti. Ogni forma di discriminazione, abuso e violenza è attualmente praticata dalle istituzioni contro tali popoli, la cui speranza di vita media è scesa, proprio in Italia, a 48 anni: meno di quella che avevano gli ebrei nei ghetti.

L’educazione dei piccoli e dei giovani nomadi avviene nell’ambito della comunità; i tentativi di trasferire i bambini e i ragazzi nomadi nell’àmbito educativo tradizionale (e non di compiere il procedimento contrario, con esami integrativi al termine dei processi educativi) non solo inficia le basi della loro tradizione, ma li sottopone, in questa società razzista, a subire nuove discriminazioni. Le ultime forme di attività volte a procacciarsi i mezzi di sostentamento minimi, che sono accattonaggio e servizi ambulanti (lavaggio vetri ecc.) sono penalizzate e messe fuori legge.

Non vi è ombra di dubbio che il pregiudizio cieco e spietato pone i nomadi in una situazione tragica e che - come il Gruppo EveryOne ha dimostrato, elaborando un documento specifico che presenterà presto in sede europea - l’attuale persecuzione produce in Europa centinaia di migliaia di morti ogni anno, nei popoli Rom e Sinti, oltre al grave rischio dell’annientamento di una cultura antica. Affermare il contrario significa semplicemente sostenere un’ideologia razziale mirata a fornire alibi agli assassini del nuovo Porrajmos e ai loro complici, gli indifferenti.


I bambini Rom di Livorno sono vittime del razzismo di stato

di Roberto Malini

Livorno, 16 settembre 2007. Ieri, un giorno dopo i funerali dei quattro bambini Rom morti nel rogo della baracca in cui abitavano, il papà di uno di loro, Victor Lacatus, ha tentato il suicidio nel carcere di Livorno, in cui è detenuto. Stamattina le guardie hanno evitato miracolosamente che il genitore si fracassasse il cranio picchiandolo ripetutamente contro il muro della cella.

La vicenda dei piccoli nomadi di Livorno è sintomatica dell’oppressione che le istituzioni italiane esercitano contro i Rom. Dopo la tragedia, senza alcun rispetto per il loro insoportabile dolore, i genitori sono stati arrestati, interrogati e rinchiusi in carcere, con l’accusa di abbandono di minore e conseguente omicidio colposo. Abbandono di minore: una colpa grave, che certo non può essere ascritta a chi vive nell’emarginazione, nella miseria, nella persecuzione.

E’ lo stato italiano ad essere colpevole di abbandono di minori, di adulti e di anziani: i nomadi che cercano di sopravvivere nel nostro paese, scacciati, tormentati, vessati da tutti. Vivono in Italia centomila zingari, di cui la metà sono bambini e ragazzini. I campi regolari sono troppo pochi per accoglierli tutti e i campi di passaggio che il regime nazifascista tolse loro, con i relativi diritti di accampamento e permanenza, non sono mai stati restituiti. Così matura, nell’indifferenza generale, il nuovo genocidio dei Rom, il nuovo Porrajmos.

Victor Lacatus e gli altri tre genitori che sono oggi nelle mani di una giustizia iniqua, hanno amato così profondamente i loro bambini da non separarsi mai da loro. I campi regolari li hanno rifiutati; nessun sussidio, nessun aiuto è stato offerto loro, eppure sono rimasti uniti. Eroicamente uniti, fino a scegliere l’unico tetto disponibile sotto il quale costruire una baracca: l’arcata di un ponte (nella foto).

In quel luogo ai margini della civiltà, le due madri e i due padri sono riusciti a crescere i loro figli, li hanno nutriti, li hanno allevati offrendo loro tutto ciò che possedevano: l’amore per la famiglia e poc’altro. Quando hanno riferito agli inquirenti i particolari dell’evento che ha causato la morte dei loro bambini, hanno parlato di alcuni italiani, fuggiti dopo aver dato alle fiamme la baracca. Non sono stati creduti e le indagini - come sempre avviene, quando le vittime sono gli zingari - si sono concentrate su di loro e non sugli assassini. Qualche giorno dopo, i razzisti che hanno appiccato l’incendio l’hanno rivendicato con una lettera al quotidiano "Il Tirreno". Gli inquirenti, tuttavia, hanno deciso di ignorare quella rivendicazione e di sostenere la tesi dell’omicidio colposo. Vi è da chiedersi perché gli assassini siano protetti così accuratamente. L’Italia del pregiudizio e dell’odio razziale ha per ora avuto la meglio.

E’ tempo che alzi la voce l’Italia dei Diritti Umani. Victor Lacatus è detenuto senza aver fatto niente di male, sottoposto a insopportabili torture psicologiche e vicino al suicidio, come l’altro padre attualmente in carcere. Le due madri sono accusate ingiustamente di un reato costruito a tavolino per reprimere ancora una volta gli zingari, arbitrariamente separate dai loro coniugi e a loro volta perseguitate dalle istituzioni.

Nessuna delle autorità presenti ai funerali dei bambini ha speso una parola riguardo alla situazione persecutoria in cui versano i loro genitori, mentre fra i pochi livornesi che hanno partecipato alle esequie, qualcuno commentava con freddo cinismo: "Quattro ladruncoli in meno".

E’ tempo che si alzi un coro di voci per difendere i diritti di quattro persone innocenti oppresse fino al limite massimo dell’abuso e che tale difesa diventi simbolica di una nuova campagna contro l’antinomadismo che uccide ogni anno centinaia di migliaia di innocenti, come dimostra un documento elaborato a cura del Gruppo EveryOne (www.everyonegroup.com), documento che sarà presto divulgato in sede europea. Quando i media dimenticheranno questo nuovo caso di pregiudizio e violenza, i quattro genitori Rom - unici testimoni dell’aggressione razziale omicida - saranno inermi di fronte a chi sostiene che la questione degli zingari possa essere risolta solo con la loro distruzione. E, credetemi, non sono pochi.


Ill.ma Direttrice Anna Carnineo

e - con URGENZA - all’attenzione del Comandante delle Guardie Carcerarie della Casa Circondariale,

innanzitutto ci presentiamo: siamo il Gruppo EveryOne (www.everyonegroup.com - www.annesdoor.com) e probabilmente in questi giorni avete seguito sui giornali e in TV il caso - di cui ci siamo occupati - della donna iraniana Pegah Emabakhsh, che era già destinata alla deportazione dal carcere di Yarl’s Wood (Bedfordshire, Regno Unito) in Iran, dove avrebbe incontrato la morte per lapidazione. Il nostro Gruppo ha attivato una campagna internazionale inducendo il governo britannico a riconoscere il grave errore giudiziario alla base della sentenza di espulsione e a tornare sui suoi passi. E’ stata così salvata una vita umana ed è stato avviato un procedimento di cambiamento a livello europeo, affinché simili errori non si ripetano più. Siamo in prima linea, in quel progetto e il dossier europeo sarà presentato a nostra cura. Riguardo alla situazione detentiva di Pegah, essa non era particolarmente umana, finché non abbiamo attivato la campagna "Fiori per Pegah": migliaia di mazzi di fiori hanno raggiunto l’Istituto di pena, provenienti da tutto il mondo, ponendo l’ingiusta prigionia della donna in evidenza e inducendo anche le guardie - alcune delle quali per la verità si sono mostrate umane - a trattare meglio la prigioniera, in attesa della sua liberazione, che poi è avvenuta. Il Gruppo EveryOne è convinto che anche fra le guardie carcerarie ci possano essere persone buone, che credono nei diritti umani e in un atteggiamento rispettoso e solidale verso i detenuti.

Il nostro Gruppo, dopo aver esaminato attentamente il loro caso, è attualmente molto vicino ai signori Victor Lacatus e Menjii Clopotar, ospiti della Vostra casa Circondariale. Dopo aver analizzato attentamente l’evento che li riguarda, siamo assolutamente certi che sarà loro restituita presto la libertà. Ci auguriamo che per giungere a questo risultato saranno utili le nostre analisi dettagliate del caso, effettuate con metodo scientifico, oltre che le palesi condizioni psichiche in cui si trovano i genitori, straziati dal dolore della perdita dei loro bambini e dalla successiva, drammatica vicenda che li ha condotti addirittura ad essere privati della libertà.

La nostra esperienza nel campo della tutela dei Diritti Umani ci induce a scriverVi per raccomandarVi di non sottovalutare le spaventose condizioni in cui versano attualmente i due detenuti, che sicuramente sono ai limiti della sopportazione umana di una condizione di prigionia che si somma al loro stato di prostrazione e sofferenza. Studiamo la Storia delle persecuzioni e dei genocidi da trent’anni e posiamoo garantirVi che la loro situazione attuale è simile a quella dei detenuti ebrei o nomadi nei campi di concentramento nazisti e che il loro livello di spirito di sopravvivenza è a una soglia bassissima.

Pertanto Vi preghiamo non solo di aver cura di loro 24 ore su 24, per evitare gesti di grave autolesionismo, ma di provvedere nei loro confronti a un trattamento attento, rispettoso, particolarmente umano. Parlate loro con voce gentile, usando il sorriso e infondendo loro coraggio, mostrandovi solidali verso la loro dolorosa condizione.

Abbiate lo scrupolo di presentare loro cibo in modo gradevole e di farli sentire esseri umani di cui avete a cuore il destino. Solo così si può evitare sia il rischio di azioni autodistruttive, sia l’esaurimento della forza di sopravvivenza. Queste nostre raccomandazioni derivano da una notevole esperienza e conoscenza di casi simili a quelli che riguardano atualmente i signori Lacatus e Clopotar. Naturalmente sapiamo che la loro salute fisica e mentale è sotto la Vostra piena responsabilità e che di certo non la prenderete con superficialità né incuria-

Nel frattempo, sarà nostra cura contattare la direttrice dell’Istituto, che ci risulta essere una donna umana e attenta ai Diritti Umani, per richiedere di poter visitare i detenuti.

Augurandoci di poterVi essere d’aiuto, nell’àmbito della tutela dei Diritti Umani, in questa dolorosa vicenda e di poter contribuire a far luce sul caso dei due genitori, che riteniamo - in base a una serie di analisi accurate dell’evento - totalmente innocenti e vittime di idee che purtroppo circolano riguardo ai nomadi e possono trarre in inganno anche le persone migliori, Vi ringraziamo dell’attenzione e porgiamo i migliori saluti.

-  Per il Gruppo EveryOne: Roberto Malini (cell 331 3585406), Matteo Pegoraro, Dario Picciau
-  email roberto.malini@annesdoor.com
-  siti internet www.everyonegroup.com - www.annesdoor.com


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