BONGIORNO MIKE: "ALLEGRIA, ALLEGRIA!". L’americano più italiano che ci sia stato e che resterà per sempre nel cielo di Italia. Una nota di Filippo Ceccarelli.

mercoledì 9 settembre 2009.


-  IL PERSONAGGIO

-  Mike, politico di tutti e di nessuno
-  con Silvio dall’amore al tradimento

-  Dall’esperienza partigiana all’impegno a fianco di
-  Berlusconi, da Andreotti a Veltroni. Ha attraversato 50
-  anni con spirito ecumenico, un po’ benpensante e un po’ trasgressivo

-  di FILIPPO CECCARELLI *

PARTIGIANO, certo. Democristiano, anche. Montanelliano, di sicuro. Berlusconiano, non c’è dubbio. Però a suo modo anche veltroniano. Un po’ progressista, un po’ reazionario e un altro po’ anarcoide. Laico e cattolico. Repubblicano nominato da Vittorio Emanuele nell’ordine dei cavalieri dei santi Maurizio e Lazzato, con tanto di tonacona cinquecentesca in seta scarlatta.

Ecco sì: ecumenico. Al servizio di Rai, Fininvest e Sky. Di tutti e di nessuno. L’americano più italiano che ci sia stato. Questo è stato Mike Bongiorno in quell’ambito della vita pubblica che per sfinimento si continua a designare "politica". Non solo, ma il suo spettacolare universalismo si riverbera come un monito sulle beghe faziose e le inimicizie incrostate. Quando ebbe come premio di consolazione la laurea honoris causa, platealmente volle che il ministro delle Comunicazioni del Pd Gentiloni e Confalonieri si stringessero la mano.

Da giovane fece il portaordini della Resistenza, fino a trovarsi in cella con Montanelli. Da affermato showmen, a beneficio del potere democristiano, inaugurò quei rituali di consacrazione che sono i sondaggi da declamarsi fra gli applausi: era il 1979 quando Andreotti fu incoronato in diretta come il politico da cui la stragrande maggioranza degli italiani avrebbe voluto farsi "raccomandare". Tra i campioni dei suoi quiz, nel corso di quasi mezzo secolo, ebbe la futura signora Maccanico e il futuro psico-demoscopo Amadori. Nel 1977, occhio lungo, intuì le potenzialità di Silvio Berlusconi e una volta ha raccontato che ogni mattina s’inchinava davanti alla sua foto. Negli archivi si trova un frammento di TeleMike del 1990 in cui appare in studio un già aitante e vanitosissimo Berlusconi e Mike gli chiede se per caso non voglia entrare in politica. Il pubblico rumoreggia e Berlusconi rassicurante nega.

Quattro anni dopo, al momento di lanciare Forza Italia fa spot quasi messianici: "Berlusconi è un uomo che può salvare l’Italia". E all’amico dà anche consigli di scena: alza la testa, guarda in faccia il pubblico, sorridi. Ma già a partire dal 1995 il riflesso ecumenico porta Mike a tener d’occhio anche quel bimbo che ha tenuto sulle ginocchia, figlio di un suo amico, un giovanotto comunista che si sta facendo strada, Walter Veltroni. Gli disegna la carriera: "È spiritoso, acuto, capisce di calcio e sta bene in tv". Né mai gli farà mancare il proprio incoraggiamento. Per inciso: la moglie Daniela è del Pd.

Nel 2002 si parla di una possibile nomina a senatore a vita. È un’idea tutta berlusconiana. Ma è lanciata dal premier in toni così ultimativi verso il Quirinale, e gestita in modo talmente incauto da rivelarsi una vera sofferenza per Mike, che fin troppo si è illuso, e ha anche fatto le carte per risultare cittadino italiano a tutti gli effetti. Una crudele delusione, la classica bruciatura.

Non è tipo da potersi personalmente gettare nell’agone infuocato del potere, tantomeno come uomo di parte. Sa che il suo pubblico è interclassista, trasversale, amante della tranquillità, ma capisce pure che in quella vicenda non è stato trattato con il garbo che sentiva di meritare. Con privato sdegno rifiuta una sicura elezione alle politiche. Vuol sempre bene a Berlusconi, ma piccoli segnali lasciano pensare che sia diventato suscettibile, geloso, un po’ critico. Non va d’accordo con Piersilvio, si sente trascurato in azienda, telefona a Palazzo Chigi e lo mettono in fila. Non apprezza certi accenni del Cavaliere che lo proclama "immortale", e passi, ma propone alla presidenza della fondazione di medicina predittiva di don Verzè che dovrebbe far vivere i vecchietti fino a 120 anni. Sembra uno scherzo, forse lo è. Mentre lavora sulle reti berlusconiane, fa anche causa alla Fininvest: una questioncina da nulla, ma sui giornali lascia il segno. Morale: è una lunga storia che non sta finendo affatto bene.

Succede, nella vita. Così, quando Mike passa a Sky, non si capisce chi ha tradito chi. Eppure in tv ancora chiede accorato di poter incontrare l’amico di un tempo, l’uomo che l’ha fatto d’oro e che lui ha contribuito a far d’oro. Si vedono finalmente una sera di maggio, in piena bufera Noemi. Il resoconto è splendido e agghiacciante: "Mangiavamo il minestrone nella sua villa di Arcore. Noi due soli nella grande sala vuota. Lui era stanchissimo. Davanti a quel minestrone, cucchiaiata dopo cucchiaiata, diceva: "Sono teso, dormo pochissimo, quattro ore per notte, mi attaccano da tutte le parti". E io pensavo: "Ma guarda un po’, sono qui con l’uomo più potente d’Italia, il più acclamato, una cena che tutti m’invidieranno, e mi viene una grande tristezza. Quest’uomo mi sembra così solo!". C’era un senso di freddo e di buio attorno a noi".

* la Repubblica, 09 settembre 2009.


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