E’ MORTA FRANCA RAME, AVEVA 84 ANNI
L’attrice e moglie di Dario Fo era malata da tempo
Il 19 aprile dello scorso anno aveva avuto un ictus *
Addio a Franca Rame. L’attrice, sposata con Dario Fo, era malata da tempo. È morta a Milano, nella sua casa in Porta Romana. L’allarme, mercoledì mattina alle 8.50 quando è stato chiamato il 118. I soccorritori hanno spiegato di aver tentato di rianimare l’attrice ma di non aver potuto far altro che constatarne, poco dopo, la morte.
Franca Rame, era stata colpita da un ictus il 19 aprile dello scorso anno sempre nella sua casa. In quella circostanza era stata trasportata al Policlinico dove era rimasta ricoverata per diversi giorni. La sua è stata una vita dedicata al teatro, ma anche all’impegno politico e civile.
LA VITA - Nata a Parabiago nel 1929, comincia la sua carriera appena nata. Infatti faceva la neonata durante gli spettacoli della compagnia di famiglia. Entrambi i genitori lavoravano nel mondo dello spettacolo. Poi negli anni 50 con una delle sorelle ha lavorato nella rivista di Marcello Marchesi e allo spettacolo «Ghe pensi mi». Pochi anni dopo il bivio. Nel 1954, sposa Dario Fo nella basilica di Sant’Ambrogio, dal matrimonio nasce un figlio, Jacopo. Un’unione non soltanto privata, i due stringono un’alleanza che li porterà singolarmente e in coppia a siglare numerose pagine della storia italiana. A partire dal profilo culturale, con la creazione nel 1958 della Compagnia Dario Fo-Franca Rame destinata ad un rapido e significativo successo.
LA POLITICA - Ed è sempre insieme che scoprono la passione politica e civile. Entrambi abbracciano il ’68. Esperienza che poi la porta a unirsi alle file del movimento femminista negli anni 70 e una emancipazione dal marito. Comincia a scrivere e recitare da sola i suoi testi, specie quelli incentrati sulla denuncia del ruolo della donna. «Parliamo di donne» era del resto il titolo di un suo fortunatissimo dittico, due atti unici, «L’eroina» (sulla droga), «La donna grassa», e il suo «Tutta casa, letto e chiesa» . Tanti successi e anche i drammi. Come il rapimento e lo stupro nel 1973 da parte di cinque neofascisti. «Ho subito ogni tipo di violenza», scriveva l’attrice sul suo sito. Il reato è andato in prescrizione dopo 25 anni. E proprio da questa esperienza nasce un lavoro: «Lo stupro». Prima in teatro, poi in televisione. Franca Rame va da Celentano, a «Fantastico», e lo recita in diretta. Nel 1999 ha ricevuto anche lei la laurea honoris causa da parte dell’Università di Wolverhampton, insieme a Dario. Il suo impegno politico, sentito sempre come la sua vera vocazione, la porta ad accettare di essere candidata nelle elezioni politiche del 2006 capolista al Senato per L’Italia in sei Regioni, quando viene eletta senatrice in Piemonte e, poco dopo, Antonio Di Pietro la propone come Presidente della Repubblica (ricevette 24 voti). Ma poi, indipendente e incapace di accettare compromessi troppo vistosi, lascia il Senato due anni dopo
LA CRISI - Insieme per quasi sessant’anni «con gli alti e bassi» raccontò lei. Poi intorno ai 50 anni di lui, «come succede a molti uomini a quell’età, comincia a innamorarsi». Lei ne soffre moltissimo, «mi sembrava di essere diventata un pezzo della tappezzeria della casa, un oggetto senza interesse». E prova a uccidersi, «un sabato pomeriggio». Prima una riappacificazione e poi in realtà la separazione. Il matrimonio si salverà con il teatro. Dario Fo butta giù uno spettacolo: «Coppia aperta, quasi spalancata». La loro storia.
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Corriere della Sera, 29 maggio 2013
Milano dà l’addio alla sua Franca Rame:
il funerale laico sulle note di ’Bella ciao’
Dario Fo saluta la moglie con un lunghissimo "Ciaoooo". Il figlio Jacopo alla folla: "Siate ottimisti, perché Dio c’è ed è comunista. E anche femmina". Poi la banda suona l’Internazionale *
Apre Bella Ciao, chiude l’Internazionale. In mezzo ci sono tante rose, tanti abiti, cravatte e sciarpe rosse, tanti ricordi. Non c’è solo dolore, c’è anche la musica, i battimani, gli striscioni colorati e anche qualche sorriso alla cerimonia di commiato di Franca Rame. E ci sono le parole del compagno di una vita, Dario Fo, che ha salutato la sua Franca con un "ciao" lunghissimo, infinito, a chiusura di un brano scritto dall’attrice, morta mercoledì mattina a 84 anni nella sua casa di corso di Porta Romana. E c’è l’invito del figlio Jacopo a essere ottimisti, perchè "Dio c’è ed è comunista. E femmina".
Il corteo funebre. La giornata è intensa e si apre con un corteo funebre che porta la salma dalla sede storica del Piccolo Teatro, in via Rovello, a quella maestosa di largo Greppi. E’ molto nutrito, le persone sono tante e sono precedute dalla Banda degli Ottoni che intona Bella Ciao.
Ovunque domina il colore rosso, perché così avrebbe voluto ranca Rame. Rossi sono gli abiti delle donne, rosse le rose, rosse le sciarpe e le cravatte degli uomini, così come i drappi alle finestre e gli striscioni.
Il feretro è seguito da tantissime persone, dal sindaco, Giuliano Pisapia, dall’ex dirigente di Potere Operaio, Oreste Scalzone, da Gad Lerner, poi Paolo Jannacci, il vicesindaco Lucia De Cesaris con le colleghe in giunta Daniela Benelli e Cristina Tajani e il presidente del consiglio comunale Basilio Rizzo e ancora Djana Pavlovic, vicepresidente dalla federazione Rom e Sinti Insieme. C’è Inge Feltrinelli, Claudia Mori, Gianna Nannini, Carlin Petrini, patron di Slow Food.
Il commiato di Dario Fo. Fedele a quanto dichiarato il giorno prima, "Non sarà una commemorazione, ma un commiato", Fo non ripercorre la vita insieme, ma recita un testo che la moglie aveva scritto sulla creazione di Adamo ed Eva e la rinuncia al paradiso terrestre. Poi chiude con queste parole: "C’e’ una regola antica nel teatro: quando hai concluso non c’e’ bisogno che tu dica un’altra parola: saluta e pensa che quella gente che hai accontentato nel pensiero e nella parola ti sarà riconoscente. Ciaooo!". Un "ciao" lunghissimo alla sua Franca, urlato con la gola chiusa dal pianto.
Il ricordo del figlio Jacopo. "Se si sono estinti i dinosauri, si estingueranno anche questi qua, queste persone che non hanno amore né rispetto per l’umanità. Vorrei che andaste a casa con un po’ di fiducia, perché, come diceva mia madre, Dio c’è ed è comunista. E io aggiungo che è anche femmina". Jacopo Fo, poi ha ringraziato tutti: "Quella di ieri è stata un’esperienza pazzesca, quanti compagni, quante compagne abbiamo visto. Tutti mi hanno detto che mia madre ha fatto qualcosa per gli altri". Poi un ricordo personale: "A 16 anni mi disse che dovevo fare un fumetto sul manicomio criminale di Aversa, un luogo dove venivano fatte cose orribili. Lei, da parlamentare, riuscì a far chiudere quell’orrore. Ora quando sento i compagni delusi che dicono che non abbiamo combinato nulla in questi 40 anni io dico: ’Non è vero’. Oggi abbiamo dei problemi enormi, ma 40 anni fa era peggio e noi abbiamo lottato per questo". Il messaggio del sindaco Pisapia. "Franca sei stata e sei proprio brava: anche oggi hai riempito la piazza. E tutto attorno a te c’e’ la volonta’ perchè le tue e nostre speranze diventino realtà, un mondo per cui continueremo a batterci e sappiamo che tu ci accompagnerai" ha detto Pisapia nel suo ricordo Franca Rame aprendo la cerimonia funebre. "Quanti cortei, quanta indignazione, quanta voglia di combattere contro le ingiustizie: questa è la Franca che piangiamo e che rimpiangeremo", ha aggiunto. Poi ha conlcuso: "Sei stata una donna coraggiosa, forte e libera: guardereno la tua forza per essere anche noi piu’ forti, al tuo coraggio per non avere piu’ paura, all tua liberta’ per difendere quella di tutti noi".
il ricordo
Franca, incapace di rassegnarsi
di Furio Colombo (il Fatto, 30.05.2013)
Sedevamo insieme in Senato. Lei, Franca Rame, arrivava sempre in anticipo e sempre carica di nuovi materiali, domande, denunce, messaggi da ogni periferia, tutti di rivolta o di disperazione. Mi diceva che voleva cominciare adesso, quella mattina, in quell’aula. Io tentavo di dirle che “la dentiera implacabile” (così cercavo, anche con disegnini, di rappresentarle le due parti apparentemente contrapposte del Senato) non lo avrebbe permesso. Infatti il presidente Marini, con lungo sospiro, le dava la parola e poi con un lungo sospiro gliela toglieva, e passava “all’ordine dei lavori” come se Franca, invece che di pace e di guerra e di disabili abbandonati e di gruppi sempre più vasti di senza lavoro, avesse parlato della difficoltà dei parcheggi. Intorno a noi stavano senatori e senatrici che lavoravano quieti, ad altre cose, decisi a non disturbare.
DI FRONTE a noi la canea del gruppo di attacco detto “l’opposizione”. Ovvero il mondo, fascista o borghese o pregiudicato, di Berlusconi. Un continuo forte rumore di fondo che è cominciato subito ed è finito solo con la scena di mortadella e champagne consumati in aula il giorno della caduta di Prodi. Nel frattempo De Gregorio era stato acquistato, Ignazio Marino era stato rimosso da presidente della commissione Sanità perché si temeva che mandasse al voto il testamento biologico e il suo posto assegnato a una brava cattolica passata un po’ dopo al Pdl.
Quel che Franca aveva capito era che eravamo già alleati con la gente di Berlusconi, come lo sono Alfano e Letta adesso. Ma era come una sorta di matrimonio gay prima del riconoscimento legale: bisognava fingere. E non esagerare in esibizioni. Franca esagerava. Vedeva la corruzione e la denunciava. Le giungevano email sui Cie e sui pasti negati ai bambini rom nelle scuole e le leggeva in aula. Il laborioso governo Prodi non faceva caso a un sostegno così tenace. E anche i senatori che avevano fatto eleggere Franca volevano “fare politica” piuttosto che denunciare sempre e subito vita e avventure di quella (questa) squallida Italia.
FRANCA Rame non si è mai rassegnata, fino a dimettersi. Diceva che anche il nostro parlare e discutere e le nostre inutili strategie del mattino (liquidate prima di sera da cedimenti continui della nostra parte dell’aula) si potevano dire e fare soltanto fuori dal Senato.
Nessuno credeva che si sarebbe dimessa, ma lei lo ha fatto pur di non parlare a poltrone come vuote e porte imbottite. Mai qualcuno ha dato così tanto per un Senato, una politica, una sinistra che volevano così poco.
Perché le sono grata
Con quel monologo sullo stupro ha aiutato tutte le italiane
di Mariella Gramaglia (La Stampa, 30.05.2013)
Nei primi Anni 60, quando ero ragazzina, la ricordo recitare nel piccolo teatro fiocchi e gale della mia città d’Ivrea. Biondissima e tanto bella, non era una sirena, era già un pesce combattente. Sicuramente ci metteva strane idee per la testa. Anche se ridevamo così tanto alle commedie sue e di Dario Fo da non esserne del tutto sicure. Poi ci furono gli anni dell’odio e delle bombe. Lei non fu capace di separare e di distinguere e probabilmente sbagliò, come molti.
Ma è impossibile per le donne italiane (tutte) non esserle grate. Ancora giovane, in piena carriera, recitò in tv, in una trasmissione come Fantastico, condotta da Celentano, lo stupro di cui era stata vittima nel 1973. Era il 1988, in prima serata. In una trasmissione popolare. «Uno mi divaricava le gambe... i piedi sui miei... una punta di sigaretta sul seno sinistro... con una lametta mi tagliano tutti gli abiti... È terribile sentirsi godere nella pancia delle bestie».
Così per 14 minuti, mimando, gridando, recitando come se ripetesse in stato di ipnosi l’accaduto. Poi l’epilogo sconsolato, simile a quello di molte altre: «Mi sento male per le mille sputate che mi sono presa nel cervello... cammino... davanti a palazzo di Giustizia, penso alle domande, ai mezzi sorrisi... vado a casa. Li denuncerò domani».
Passano gli anni e «la lotta continua», come forse le sarebbe piaciuto dire. Ma fino a poco fa anche con lei. Nel 2006 viene eletta senatrice nel gruppo di Di Pietro: scopre cose strane e scandalose: i collaboratori dei parlamentari sfruttati, i soldati italiani di ritorno dai Balcani colpiti dall’uranio impoverito. Si sente impotente. Se ne va. Il Senato - dice - «è un frigorifero dei sentimenti». Ambiente inadatto a una rosa rossa.
Franca Rame, ultimo saluto al Piccolo.
I milanesi in coda per l’abbraccio a Fo
Il Nobel accoglie i tanti che si sono messi in coda davanti alla storica sede del teatro per salutare l’attrice. Un coro intona ’Bella ciao’ e molte donne sono vestite di rosso, come piaceva a lei *
Come ultimo omaggio "a una persona meravigliosa e a una grande artista" alcuni hanno deposto un fiore davanti al feretro e diverse donne si sono presentate in rosso, così come avrebbe voluto Franca Rame, morta a 84 anni. Le donne di un coro di Bergamo intonano Bella ciao, gli operai di Arese portano la bandiera rossa, le maschere del teatro espongono le locandine dei suoi storici spettacoli. I simboli di una vita, della carriera teatrale, dell’impegno civile.
In migliaia hanno visitato la camera ardente dell’attrice allestita in una sala del Piccolo Teatro, in via Rovello, nel centro di Milano, con un afflusso continuo che non si è fermato neanche quando, nel pomeriggio, ha iniziato a piovere forte. Hanno portato l’ultimo saluto a Franca Rame personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo e i milanesi che hanno ammirato l’attrice grazie ai suoi spettacoli e al suo impegno nella politica e nel sociale. Il marito Dario Fo, assieme al figlio Jacopo, ha voluto salutare e ringraziare le persone in fila ordinata davanti alla camera ardente, prima dei funerali che vengono celebrati domani in forma laica al Teatro Strehler. "Ci vorrebbero tante come lei? Me ne basterebbe un’altra", dice il Nobel fermandosi all’ingresso del teatro che ha ospitato tante performance della coppia. Spiega che tra un mese "sarà pubblicato il testamento civile che Franca stava scrivendo" e ricorda il primo incontro: "Non fu dal vivo, la vidi in foto, nella casa in cui abitava la madre. Era bellissima...".
In serata è arrivato anche il sindaco Giuliano Pisapia. Che ha ricordato così Franca Rame: "La compagna di tante battaglie, sui temi che riguardano il dialogo fra culture e religioni, il rispetto delle donne, i diritti sociali e civili. La grandezza di Franca è quella di avere utilizzato l’arte per dare un messaggio che unisse i diritti civili con quelli sociali, e quindi i diritti di tutti". E ancora: "Perdiamo persone che hanno lasciato tanto - ha detto Pisapia riferendosi alla scomparsa di importanti figure della cultura e dello spettacolo a Milano - e che hanno dato tanto a Milano e al Paese intero, ma che hanno lasciato anche degli eredi che stanno seguendo le orme dei maestri".
Fra i visitatori, la stella della danza Carla Fracci, i cantanti Alberto Fortis e Omar Pedrini, la presentatrice Raffaella Carrà, che ricorda il giorno in cui la Rame annunciò a Domenica In che avrebbe lasciato il marito. "E’ stato un modo per dare una svolta alla loro unione - racconta - Era tutta una finta, una cosa che solo una donna geniale e innamorata avrebbe potuto fare". C’era Antonio Di Pietro, fondatore dell’Idv, partito nelle cui fila militò la Rame come senatrice, e c’erano i tantissimi personaggi del mondo dello spettacolo: gli attori Moni Ovadia e Cochi Ponzoni, Ricky Gianco e il musicista Franco Cerri. Anche Fabio Fazio si è presentato in via Rovello: "E’ stata un esempio di impegno ineguagliabile. Ho ricordi molto teneri".
Tanti personaggi dello spettacolo, ma anche tanti cittadini che si sono messi in fila, pazienti, aspettando il proprio turno. "E’ stata una grande donna, e mi sembrava doveroso portarle l’ultimo saluto", spiega Gisella, milanese, dopo aver aggiunto la sua firma alle altre centinaia lasciate sul registro dei visitatori. Enrica Enzler, una delle donne del coro di Bella Ciao ricorda: "Voleva che il suo ultimo passaggio fosse colorato, ridanciano e partigiano. L’ho conosciuta alla Libera Università Alcatraz e due mesi fa ho giocato con lei a burraco. Oltre che una grande attrice era bravissima con le carte".