GIU’ LE MANI DAL COPYLEFT
PER ADERIRE ALLA CAMPAGNA E SOTTOSCRIVERE L’APPELLO:
Dallo scorso 3 ottobre in internet non si può più riportare il testo di un qualsiasi articolo tratto da un qualsiasi sito o giornale, pur citando la fonte.
Lo dice l’art. 32 del decreto legge n. 262.
Per poterlo fare occorre pagare un compenso all’editore. E se non lo si fa le sanzioni sono salatissime.
Fino al giorno prima del decreto il copyleft era ammesso sul web con la sola restrizione di citare rigorosamente la fonte editoriale e l’autore del pezzo.
Così vengono imbavagliati migliaia di siti, di blog e di forum.
La libertà non si può fermare. L’informazione su internet deve rimanere libera.
Chiediamo al Governo che ritiri questo decreto legge. Chiediamo al Parlamento che lo cancelli.
Il diritto all’informazione non si tocca!
Aderisci alla campagna
*No ad una nuova "tassa sul macinato" per le rassegne stampa*.
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Peacelink - 9 ottobre 2006
Un gruppo missionario che raccoglie sul web articoli sulla guerra in Darfur. Un comitato di quartiere che vuole documentare uno scempio ambientale archiviando articoli della stampa locale. Un’associazione di persone colpite da una malattia rara che vuole mettere a disposizione di tutti una rassegna stampa sui progressi scientifici del settore. Un’associazione pacifista che vuole denunciare, con prove giornalistiche alla mano, crimini di guerra e violazioni dei diritti umani.
A partire da domani tutti questi soggetti potrebbero essere costretti a pagare una "tassa sul macinato" alle associazioni degli editori per continuare a svolgere le loro attivita’. La sorpresa arriva proprio dalla finanziaria dipinta come uno strumento di tutela dei "soggetti deboli", e che in realta’ e’ servita anche a tutelare le lobby dell’editoria modificando per l’ennesima volta le norme diritto d’autore in senso peggiorativo, limitando il diritto dei cittadini alla realizzazione di rassegne stampa, e penalizzando le forme di uso libero e gratuito dell’informazione giornalistica a fini culturali.
Il centrosinistra sembra avere particolarmente a cuore questa normativa, dal momento che gia’ nel 2000 la legge 248 ha ritoccato il diritto d’autore e stabilito la galera per chi copia software ottenendo un generico "profitto", quindi anche per chi fa una copia personale risparmiando per il mancato acquisto. Fino ad allora le manette scattavano solamente per un conclamato fine di lucro, se la copia era fatta per guadagnare soldi a danno degli aventi diritto.
Non e’ facile trovare la disposizione che introduce il pizzo degli editori sulle rassegne stampa: per scovarla non basta leggere l’intero testo della finanziaria, ma va esaminato l’articolo 32 del capo IX del decreto legge 262 del 3 ottobre 2006, collegato alla finanziaria ed entrato gia’ in vigore il 3 ottobre scorso. Chi riesce ad arrivare alla fine di questo labirinto giuridico scopre che il decreto modifica la legge sul diritto d’autore all’articolo 65, stabilendo che "i soggetti che realizzano, con qualsiasi mezzo, la riproduzione totale o parziale di articoli di riviste o giornali, devono corrispondere un compenso agli editori per le opere da cui i suddetti articoli sono tratti. La misura di tale compenso e le modalità di riscossione sono determinate sulla base di accordi tra i soggetti di cui al periodo precedente e le associazioni di categoria interessate. Sono escluse dalla cooresponsione del compenso le amministrazioni pubbliche".
In sintesi: se vuoi fare una rassegna stampa online o cartacea, devi pagare. Anche se la tua attivita’ e’ senza fini di lucro, umanitaria o caratterizzata da una valenza culturale o sociale, devi versare comunque dei soldi. Soldi che per giunta verranno intascati dagli editori, e di certo non dai giornalisti che hanno scritto quegli articoli, pagati una tantum per la cessione dei loro diritti d’autore alle testate per cui lavorano.
Per capire la violenza di questo giro di vite in tutta la sua portata basta leggere la precedente formulazione dell’articolo 65, che condizionava le rassegne stampa alla sola citazione della fonte: "gli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico, e gli altri materiali dello stesso carattere possono essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali, anche radiotelevisivi, se la riproduzione o l’utilizzazione non è stata espressamente riservata, purché si indichino la fonte da cui sono tratti, la data e il nome dell’autore, se riportato".
Questa vecchia formulazione secondo alcuni dava troppa liberta’ ai cittadini senza dare un centesimo alle aziende editoriali che vogliono lucrare perfino sulle attivita’ non-profit. Ma i tre grandi colossi editoriali italiani che applaudono alla nuova legge (Rcs, Mondadori/Fininvest e il gruppo Caracciolo/L’Espresso) ignorano che la citazione di un articolo su un blog o un sito web e’ in realta’ una pubblicita’ gratuita per chi lo ha stampato, e che i cittadini sostengono gia’ di tasca propria le imprese editoriali con i finanziamenti a pioggia della legge sull’editoria che premiano gli editori e gli stampatori di riviste associati a improbabili partiti e movimenti creati ad arte per scucire quattrini, come ha documentato un’ottima inchiesta di "Report" .
Da piu’ di dieci anni l’attività del sito www.peacelink.it ruota attorno alla possibilità di pubblicare articoli (oggi quasi 18mila), alcuni originali, altri tradotti da volontari, molti ripresi da varie fonti autorevoli, sempre e comunque menzionate e riportate per esteso. Testi che, sul nostro sito, hanno acquistato un valore aggiunto proprio perche’ organizzati, tematizzati, catalogati e collegati tra loro grazie al lavoro di un gruppo costituito totalmente da volontari, dal presidente in giu’. Molto di questo materiale e’ scomparso dai siti web delle testate che lo hanno pubblicato, e questo aggiunge al nostro lavoro di bibliotecari anche un importante ruolo di memoria storica delle lotte italiane e internazionali per la pace e il rispetto dei diritti umani.
Che cosa accadra’ al nostro lavoro gratuito e volontario moltiplicando le nostre migliaia di articoli per il pizzo che gli editori si apprestano a riscuotere senza alcun beneficio per i giornalisti? Quali saranno i costi da sostenere per un sito come il nostro? Quale sara’ in futuro il clima e il tenore democratico di un paese in cui le realta’ di informazione alternativa saranno costrette a convivere con la spada di damocle di una possibile denuncia se vorranno esercitare il diritto di citare, analizzare, catalogare o contestare articoli di fonti esterne senza dover pagare una tassa ingiusta?
Quale sara’ il destino di tutte le iniziative che cercano di affrontare la complessita’ e la ridondanza dell’informazione attraverso un paziente lavoro di tematizzazione, catalogazione e raccolta del meglio che l’informazione tradizionale e’ in grado di produrre? In che modo una tassa sull’esposizione di materiale pubblico incidera’ sul diritto a "cercare, ricevere e diffondere informazioni, attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere" stabilito a chiare lettere dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo?
Le risposte a tutte queste domande dovranno arrivare da un governo che si dichiara pubblicamente "amico dei deboli" e di nascosto produce cavilli giuridici a favore degli editori, il governo amico del volontariato che vuole estorcere soldi perfino alle associazioni non-profit, il governo amico della cultura che mette freni alla libera circolazione dei saperi, il governo vicino ai cittadini che in realta’ vuol premiare aziende gia’ ben foraggiate e avvinghiate a due mani alle generose mammelle dello stato.
Di fronte a tutto questo, al di la’ di ogni schieramento politico e ideologico, diciamo che il buon senso, la civilta’ e l’amore per la cultura e la diffusione dei saperi che dovrebbero muovere ogni essere umano, a cominciare dai politici, ci impediscono di tacere e ci obbligano ad una netta presa di posizione.
Per questa ragione un gruppo di volontari dell’associazione PeaceLink ha realizzato un appello (pubblicato all’indirizzo: http://www.peacelink.it/rassegnestampa) per dare alle persone di buona volonta’ la possibilita’ di conoscere quanto sta accadendo e prendere posizione in merito decidendo se schierarsi a difesa di un ingiusto profitto o dalla parte del diritto alla libera circolazione delle informazioni.
In questo appello si chiede al governo di fare un passo indietro rispetto a questo frettoloso decreto legge. Ripristinare il diritto alla rassegna stampa tax-free, e’ solo il primo, doveroso passaggio per ridiscutere in seguito tutte le questioni che attengono la revisione della legge sul copyright, e le tematiche connesse, durante il prossimo Forum sulla Internet Governance .
La cultura e’ una cosa seria, non lasciamola in mano ai contabili dei gruppi editoriali.
Art. 32.
Riproduzione di articoli di riviste o giornali
1. All’articolo 65 della legge 22 aprile 1941, n. 633, dopo il comma 1, e’ inserito il seguente:
«1-bis. I soggetti che realizzano, con qualsiasi mezzo, la riproduzione totale o parziale di articoli di riviste o giornali, devono corrispondere un compenso agli editori per le opere da cui i suddetti articoli sono tratti. La misura di tale compenso e le modalità di riscossione sono determinate sulla base di accordi tra i soggetti di cui al periodo precedente e le associazioni delle categorie interessate. Sono escluse dalla corresponsione del compenso le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.».
NO alla tassa sulle rassegne stampa
Sono contrario all’imposizione di una tassa sulle rassegne stampa realizzate senza scopo di lucro.
Chiedo pertanto che il Parlamento abolisca con un opportuno provvedimento il primo comma dell’articolo 32 del capo IX del decreto legge 3 ottobre 2006 n. 262, recante "Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria", con cui sono state anticipate alcune delle misure previste dal disegno di legge finanziaria 2007.
Questa tassa non aggiungerebbe niente al lavoro dei giornalisti e degli scrittori, ma sarebbe solo un ingiusto guadagno per i gruppi editoriali a cui questi autori hanno ceduto la gestione dei loro diritti.
Chiedo che la legge sul diritto d’autore venga ripristinata nella sua precedente formulazione, in base alla quale "gli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico, e gli altri materiali dello stesso carattere possono essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali, anche radiotelevisivi, se la riproduzione o l’utilizzazione non è stata espressamente riservata, purché si indichino la fonte da cui sono tratti, la data e il nome dell’autore, se riportato".
Chiedo al governo del mio paese di promuovere come previsto dalla stessa Costituzione, lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica, anche e soprattutto attraverso la libera circolazione dei saperi e la difesa del diritto a "cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere", stabilito dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Mi impegno a fare quanto e’ in mio potere affinche’ venga pubblicamente denunciato ogni tentativo di soffocare la libera iniziativa culturale dei cittadini con obblighi e tassazioni contrarie ai principi costituzionali e ai diritti umani universali.
Aderisci:
singole persone
enti e associazioni
Adesioni dal 4 ottobre 2006:
2276 persone
164 enti/associazioni
12 Novembre 2008
Legge “Ammazzablog”: protesta giusta ma...*
E’ un uragano di protesta contro “l’ammazza-blog”. Eccolo: un gruppo su Facebook “Salva i Blog, contro il disegno di legge anti blog alla Camera” che in tre giorni raccoglie più di 1000 iscritti e lancia una petizione. Un articolo-denuncia del sito specializzato Punto Informatico che riassume la vicenda e cita l’urlo del blog di Di Pietro che parla di “disobbedienza civile” se questa legge dovesse passare e già promette assistenza legale per i disobbedienti. C’è perfino chi rispolvera il meritato sberleffo del Times di Londra che l’anno scorso parlò di “geriatria” all’attacco dei blog nel sistema politico italiano, a quel tempo presidente del consiglio era Romano Prodi.
Il rischio è reale - Insomma c’è chi vuole - sostiene questo movimento - applicare ai blog quella forma di censura particolarmente odiosa che consiste nel registrarsi presso l’istituendo Registro deli Operatori della Comunicazione (ROC).
Basta conoscere un minimo la rete per capire che questo obbligo sarebbe deterrente per chiunque volesse mettersi ad esporre le sue idee su internet. E non è che ci sia da star tranquilli: in questo paese è stato condannato per “stampa clandestina” un blogger singolo, un privato cittadino, da un giudice che evidentamente guarda al mondo di oggi con gli occhi degli anni ‘30 e che ignora che un blog semplicemente non è un giornale ma una forma diversa e nuova di esercizio della libertà d’espressione.
Insomma l’aria non è buona e il senso di allarme dei blogger è motivato. Ma stavolta....
Uno pensa: un altro decreto con carattere d’urgenza che passerà a camere blindate? Un altro “graffio” alla costituzione tipo che se butti una lavatrice in strada a Torino ti multano e a Napoli ti sbattono in galera?
La libertà non muore in commissione VII - Non sembra che le cose stiano così: se si leggono con pazienza sia la premessa che l’articolato (sono 30 pagine, ebbene sì) della proposta di legge presentata in commissione VII dal deputato Levi, già collaboratore di Prodi, si vede che nel quadro di un disegno di legge molto ampio a un certo punto si esclude espressamente che l’obbligo di registrazione possa riguardare il singolo cittadino-blogger.
Il testo si può leggere sul sito della Camera , anche se va detto che lo stesso deputato aveva presentato nel 2007 un testo analogo in cui questa specificazione era assente, fatto che procurò un’ondata di proteste molto forte e assai giustificata.
La zona grigia - Il comma 3, nel quale Levi ha esentato i blogger singoli dalla registrazione, non esaurisce, secondo i suoi critici, il problema. Si fa presente che poiché la registrazione sarebbe richiesta a chiunque realizzi con un gruppo di lavoro e con continuità dei profitti anche minimi sulla rete (con Google adsense c’è chi guadagna 100 euro al mese), questo aspetto potrebbe frenare lo sviluppo di tutta quella vasta “zona grigia” che sta fra il semplice blogging e i notiziari: le raccolte di contenuti tematici, si è detto perfino le “barzellette”. E si teme comunque che il peso deterrente dell’obbligo di registrazione finisca per pesare sulla forma d autoaggregazione libera che i blog intepretano.
Registriamo anche l’Onda? - Se non è ancora chiaro il problema, pensate a cosa sarebbe successo se il movimento degli studenti di queste settimane avesse dovuto porsi, prima di esprimersi, un problema di registrazione del blog. E in effetti - e questo è parere di questo blog che state leggendo - l’idea di inserire internet dentro una sistemazione generale dei media è bizzarra, votata all’insuccesso e potenzialmente pericolosa per la libertà di espressione in questo paese. Anche perché ormai i “mezzi” di internet non sono solo i blog: cosa fareste con i gruppi su Facebook o con twitter?
Lasciare la rete fuori dalle “sistemazioni” generali sarebbe una buona e necessaria idea.
La libertà è una sola e la rete può pesare meglio - E però una cosa va detta anche al “movimento” che nasce in questi giorni.
In realtà il nocciolo della faccenda qui sta in parte nella rischio “diffamazione” e dall’altra nel rischio “soldi” - visto che il disegno di legge si occupa anche di “sistemare” un quadro di soggetti che potrebbero accedere a finanziamenti pubblici.
Ora stiamo al timore che qualcuno “ammazzi i blog”. Una proposta di legge non è un decreto che passa a camere blindate in sette giorni e nove minuti. Tra una proposta di legge in una commissione e un colpo di mano del governo c’è una differenza. Con il cammino istituzionale di un disegno di legge un’opinione pubblica nuova e informata può interloquire e far pesare la sua voce.
Ma a patto di capire qual è la posta in palio . Ora gran parte degli opinionisti della rete ha taciuto in modo paradossale quando sono state discusse le norme sulla diffamazione dov’era in ballo il carcere per i giornalisti. Facile capire perché: “quelle riguardano il mainstream” si è pensato. Questa idea che ci sia una libertà dei giornalisti e una dei blogger è cieca e non vede il pericolo reale, che oggi sta in un “metodo” di decisione che sottrae ad ogni pubblico esame la decisione politica. La libertà non muore in VII commissione.
E anche questo agitarsi senza mai leggere un testo originale, senza andare mai alla fonte, non è una gran botta di autorevolezza. Seguire una discussione istituzionale è noioso, certo, più facile firmare una petizione on line: poi siamo tutti più liberi. Con un click.
* SCENE DIGITALI di VITTORIO ZAMBARDINO, Mercoledì, 12.11.2008
NO al copyright sulla cultura gratuita *
E’ il titolo di una petizione promossa dall’Anitel (Associazione Nazionale Insegnanti Tutor e-Learning) contro la decisione della Siae di multare quei siti web che, producendo materiali e moduli didattici, pubblicano quadri di “artisti viventi o scomparsi da meno di 70 anni”, in questo ledendo “il diritto morale dell’autore”. C’è da dire che le opere riprodotte fanno parte del supporto didattico (come si fa a spiegare un pittore se non si mostrano i suoi quadri?) e che le lezioni sono offerte a titolo gratuito. Un materiale prezioso, dunque, offerto agli insegnanti senza lucro per nessuno che la Siae, rifacendosi alla legge del 1941, quando non c’era il web, intende multare.
Il sito colpito ha dovuto eliminare gli ipertesti con le immagini “abusive” e dovrà pagare una multa salata. Le conseguenze di questa norma sono disastrose anche per le attività che si svolgono nella scuola, dal teatro alla musica. Ecco perché la petizione, firmata anche da Enrico Panini, segretario generale della FLC Cgil, si rivolge ai ministri della giustizia, dell’istruzione e dei beni culturali affinché le scuole siano esentate dal diritto d’autore.
La posizione della FLC e l’appello a firmare la petizione.
* Conoscenzanews - Edizione scuola, Anno III n. 9 del 16 febbraio 2007
CANCELLATA LA TASSA SULLA CIRCOLAZIONE DELLE INFORMAZIONI!
Cancellata la tassa sulla circolazione delle informazioni La Commissione Bilancio alla Camera decide di togliere dal collegato alla Finanziaria quelle misure che hanno allarmato rete ed editoria e che avrebbero modificato il diritto d’autore
(http://web.fiorellocortiana.it/html/modules/news/)
Dalla finanziaria nuove minacce alla libera informazione
di Giulietto Chiesa
In un articolo di poche righe un colpo violento alla democrazia *
Leggo, con stupore e sbalordimento, il decreto legge 262 del 3 ottobre 2006, aggregato alla finanziaria, che in un articolo di sole dieci righe ("Riproduzione di articoli di riviste o giornali"), travolge alla chetichella la legge del 1941 sul diritto d’autore.
La nuova norma, in vigore appunto dal 3 ottobre, stabilisce che ogni riproduzione, anche parziale, di articoli di riviste o giornali, venga pagata agli editori.
La formulazione precedente prevedeva, come unico obbligo per chi riproduceva l’articolo, la citazione della fonte e dell’autore. Cosa significa? Che tutto quello che accade in Rete, dove milioni di persone, da anni, riproducono, catalogano, diffondono - senza altro fine che quello di comunicare, studiare, condividere conoscenza e informazione - migliaia di articoli e dati, non potrà più esistere. Perchè queste attività, che hanno cambiato la fisionomia della comunicazione pubblica e privata, dovranno essere pagate. E, per giunta, non agli autori degli articoli, ma agli editori. Si tratta dunque di una modifica sostanziale e gravissima.
Addio a milioni di siti indipendenti, di blog, di forme di comunicazione della società civile. Un colpo violentissimo e irrimediabile alla democrazia della comunicazione, in rete e fuori dalla rete. Un colpo alla democrazia. Fuori da ogni regola europea e in spregio dei diritti umani.
E’ possibile che la norma servisse, nelle intenzioni, a proteggere il diritto d’autore da forme di copiatura a scopo di lucro. Ma il risultato è un attentato alla libertà di espressione e di comunicazione. Se si tratta di un errore bisogna correggerlo immediatamente. Se non è un errore dichiaro che mi batterò con tutte le forze per sconfiggere una decisione grave. La prima cosa da fare è ritirare il provvedimento e tornare alla formulazione precedente.
Giulietto Chiesa Europarlamentare
___ * www.ildialogo.org, Mercoledì, 18 ottobre 2006