[...] Docenti "vecchi" e meno istruiti. Nell’indagine emerge poi che gli insegnanti in Italia sono in media più vecchi del resto degli occupati e sono in prevalenza donne. Nelle regioni meridionali, in particolare, i docenti sono in genere "più vecchi, meno istruiti e con voti di laurea o di diploma inferiori a quelli dei loro colleghi che operano nel resto del paese". I più anziani possono di solito contare su un voto di diploma o laurea più basso rispetto alla media. Secondo i ricercatori questo potrebbe derivare da "meccanismi di cosiddetta ’selezione avversa’, per cui rimangono nella professione soggetti meno capaci" [...]
Un’indagine dei ricercatori di Bankitalia e del ministero dell’Istruzione
rileva che i troppi spostamenti di insegnanti, anche di ruolo, influiscono negativamente
Allarme docenti insoddisfatti
"Un danno per gli studenti"
I professori italiani sono più anziani del resto degli occupati. Meno istruiti al Sud
ROMA - Insegnanti anziani, insoddisfatti della scuola in cui lavorano e troppo spesso desiderosi di fuggire dal proprio istituto. E’ il quadro delineato da alcuni ricercatori di Bankitalia e del ministero della Pubblica istruzione. Un’analisi che mette sotto accusa soprattutto l’eccesso di "turnover" dei professori, che influisce negativamente sugli studenti e sul loro apprendimento, messo a rischio anche dallo "scarso attaccamento" dei docenti alla scuola in cui lavorano.
Troppi spostamenti. L’indagine, inserita tra i temi di discussione di via Nazionale, si concentra sul "turnover" degli insegnanti di ruolo, che rappresentano circa un terzo degli spostamenti complessivi. I ricercatori rilevano che le entrate e le uscite di docenti dal sistema scolastico, così come il "turnover" dei professori con cattedra causano una "mancanza di continuità didattica". In generale, più di un quinto dei docenti cambia scuola da un anno all’altro. E a subirne le conseguenze sono gli studenti.La loro preparazione scolastica risente anche del "mismatch", cioè dello scarso attaccamento dei professori alla scuola in cui operano.
Docenti "vecchi" e meno istruiti. Nell’indagine emerge poi che gli insegnanti in Italia sono in media più vecchi del resto degli occupati e sono in prevalenza donne. Nelle regioni meridionali, in particolare, i docenti sono in genere "più vecchi, meno istruiti e con voti di laurea o di diploma inferiori a quelli dei loro colleghi che operano nel resto del paese". I più anziani possono di solito contare su un voto di diploma o laurea più basso rispetto alla media. Secondo i ricercatori questo potrebbe derivare da "meccanismi di cosiddetta ’selezione avversa’, per cui rimangono nella professione soggetti meno capaci".
Precarietà di inizio carriera. L’indagine segnala poi che, per quanto riguarda l’accesso nel mondo del lavoro, "l’inizio della carriera è caratterizzato da forte precarietà, con contratti a termine di durata inferiore rispetto al resto dell’economia, una più intensa ricerca di un altro lavoro e una più elevata probabilità di svolgere un secondo lavoro".
"Azione determinante per l’apprendimento". L’indagine passa ai raggi X il corpo insegnante italiano non solo perché i docenti assorbono circa i due terzi della spesa corrente per l’istruzione, ma anche perché la loro azione quotidiana rappresenta "la principale determinante, insieme alle caratteristiche innate e al contesto socio-economico, degli apprendimenti degli studenti".
* la Repubblica, 13 luglio 2008
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Scuola, è allarme abbandoni uno su cinque senza diploma
Italia tra i peggiori d’Europa
Il ministro: situazione drammatica al Sud e nelle periferie
di Corrado Zunino (la Repubblica, 27.02.2012)
ROMA - La crisi economica, a scuola, fa crescere i dispersi. Il ministro dell’Istruzione, letti gli ultimi dati sulla fuga dalle classi, ha scelto di porre la questione tra le priorità del suo mandato. In Italia un ragazzo su cinque non ha un diploma di media superiore né una qualifica professionale: è "disperso scolastico", secondo l’accezione europea, destinato al fallimento personale. Gli ultimi dati Istat, passati dall’Istituto nazionale di statistica al Miur dieci giorni fa e ora pubblici, illuminano il quadro: il 18,8 per cento dei giovani italiani fugge la scuola prima del diploma (si sale al 22 tra i maschi). Certo, alle spalle c’è un recente recupero: dal 2004 al 2010 è tornato in aula e agli esami finali il 4 per cento degli iscritti, ma l’ufficio statistica del ministero sta lavorando nuovi dati che illustrano come la lunga crisi economica abbia interrotto il recupero e stia allargando un problema storicizzato al Sud alle periferie delle metropoli italiane: Milano, Torino, Genova, Verona, Bologna, Roma.
Il ministro Francesco Profumo è stato un mese fa a Ponticelli (Napoli) e sabato scorso ha trascorso una giornata a Palermo, dove ha scoperto che all’istituto comprensivo Giovanni Falcone di via Marchese Pensabene, quartiere Zen 2, per sei anni è stata richiesta la targhetta del civico (il numero 34) e quando è arrivata i vandali l’hanno distrutta. «Lo Stato deve esserci di più», ha detto Profumo, «noi individueremo una persona che segua questa scuola e il suo progetto». La palestra del "Falcone" è chiusa dal 2009, le poche telecamere installate sono rivolte sulle aiuole e la notte non riprendono nulla, l’ascensore è fermo da dieci anni perché mai si è fatta manutenzione. Queste condizioni strutturali aiutano la dispersione scolastica, fenomeno che ogni studio affianca alla povertà familiare, al degrado del territorio. In Sicilia la "media dispersione" sale al 26%. In quartieri come lo Zen 2, rivela il sottosegretario all’Istruzione Marco Rossi Doria, un giovane su due non va a scuola.
Ecco, non si riesce a scalfire in maniera organica quella soglia: un abbandono ogni cinque studenti. Secondo l’agenda di Lisbona la dispersione doveva essere dimezzata entro il 2010, e senza dubbio dovremo farlo entro il 2020. Questo governo ci prova ora investendo sulle quattro aree a rischio - Campania, Puglia, Calabria e Sicilia - 30 milioni di euro di fondi europei, quattro già disponibili. «Abbiamo una dispersione quasi doppia di Francia e Germania e non riusciamo a migliorare», dice il sottosegretario Rossi Doria, una vita e una fama da "maestro di strada" nei quartieri poveri di Napoli. «Da 25 anni conosco i ragazzi dispersi e tocco con mano il valore delle statistiche generali: ogni anno di istruzione in più significa meno malattie, meno dipendenza, meno povertà. È vero in Brasile, in India e allo Zen. In Italia l’uscita dall’analfabetismo è stato il volano del boom economico, ma oggi, dopo 130 anni, la scuola non è più un luogo di emancipazione sociale».
La dispersione scolastica è un’emergenza della gioventù italiana e da qui a giugno 2014 sarà affrontata con 30 milioni di euro. «Dobbiamo puntellare il ciclo delle elementari: resta la fase migliore della scuola italiana, ma mostra le prime crepe», dice Rossi Doria. Più ore il pomeriggio e rafforzamento degli alfabeti di base. «Se dai 7 ai 9 anni leggi bene e capisci i significati, scrivi in maniera corretta, impari la base del pensiero scientifico-matematico, sei pronto per passare alle medie e alle superiori senza rischi». È tra i 14 e i 17 anni che ci si "perde": sono 117 mila i ragazzi di quell’età fuori da qualsiasi percorso formativo. «L’Invalsi, con i test in seconda e quinta elementare, ci sta aiutando a guidare i nostri figli e segnala i primi problemi nelle periferie di Roma e delle grandi città del Nord». Pool di insegnanti lavoreranno con i ragazzi sui risultati Invalsi e si sta studiando se per il lavoro surplus potranno essere pagati straordinariamente: «L’obiettivo è quello di tenere le scuole aperte tutto il giorno». La seconda parte del piano ministeriale prevede una connessione, «una rete», tra la realtà scolastica (presidi, insegnanti, bidelli) e le strutture sociali del territorio circostante (centri sportivi, luoghi di associazionismo, parrocchie). «È un raddoppio della marcatura sui ragazzi a rischio», dice il sottosegretario. Si sta creando un prototipo per i quartieri periferici delle città da rendere operativo a settembre, nuovo anno scolastico. Il "maestro di strada" spiega, quindi, la necessità di creare «scuole di seconda occasione». Strutture private che, coinvolgendo le madri, potranno lavorare sulla psicologia degli infanti e far crescere la loro capacità di narrazione. Napoli ha aperto la strada, a Torino si è sviluppata la realtà "Provaci ancora Sam".
Contro l’addio alla scuola, infine, diventa fondamentale la riqualificazione degli istituti tecnici: «Dove c’è una rete industriale e artigianale che funziona i dati migliorano». A Benevento, nel centro di Lecce, in alcuni zone di Torino, nella provincia di Trento.
La Stampa, 25/10/2008 (12:24)
Bankitalia: "Scuola e università inadeguate, ora misure importanti"
Il vicedirettore generale Visco: capitale umano motore crescita
ROMA Per migliorare il capitale umano del Paese sono necessari «interventi importanti» su scuola e università, che offrono un’istruzione «inadeguata». È il monito della Banca d’Italia, secondo cui il capitale umano è un «motore della crescita di lungo periodo». Per la crescita infatti, ha affermato il vicedirettore generale di Bankitalia, Ignazio Visco, «la qualità del capitale umano è tanto importante quanto la sua quantità.
Le principali indagini sui livelli di apprendimento nelle scuole italiane indicano chiaramente che questa è oggi una priorità per il nostro paese. Il miglioramento della qualità del capitale umano - ha aggiunto - richiede quindi interventi importanti sulla scuola e sull’università». «Pur senza scendere in dettagli - ha sottolineato Visco in una lezione alla riunione annuale della Società italiana degli economisti a Perugia - vanno certo rivisti gli incentivi che guidano l’apprendimento come l’attività di insegnamento, va apprezzato e compensato il merito là dove si manifesta, è necessaria una migliore e più continua valutazione dei programmi, dei metodi e dei risultati, occorrono infrastrutture e ambienti scolastici adeguati e attraenti».
In Italia, ha spiegato, «il livello medio di istruzione della popolazione è ancora basso, in quantità e in qualità, e inferiore a quello di quasi tutte le economie avanzate (nel 2006, la quota di popolazione in età da lavoro con titolo d’istruzione universitaria era poco più del 13% circa metà della media Ocse; tra i più giovani il tasso sale al 17%, contro il 33% medio dei paesi sviluppati). Anche il rendimento dell’istruzione è relativamente basso nel confronto internazionale, pur se ancora apparentemente superiore a quello di investimenti alternativi». «Diversi fattori - secondo il vicedirettore di Palazzo Koch - concorrono a spiegare questi risultati. La forte dipendenza dei risultati dalle condizioni iniziali (reddito e livello d’istruzione dei genitori) suggerisce la presenza di vincoli all’ingresso per le fasce di popolazione più svantaggiate. Non sembrano esservi, inoltre, sufficienti meccanismi in grado di valorizzare il merito e premiare i comportamenti e i risultati individuali, con la conseguenza che tendono a ridursi le esternalità positive associate all’investimento in capitale umano».
«Ma l’associazione tra un basso livello di istruzione e una bassa remunerazione della stessa - ha ammonito Visco - suggerisce che anche la qualità dell’istruzione fornita dal nostro sistema scolastico è inadeguata: a un’istruzione di bassa qualità le imprese reagirebbero, in condizioni di informazione imperfetta, con un’offerta generalizzata di bassi salari; questi sarebbero ritenuti insufficienti a compensare il costo di un ritardato ingresso nel mercato del lavoro, riducendo l’investimento in istruzione. Il rischio è di finire in un equilibrio di bassi salari, bassa accumulazione di capitale umano, possibile disoccupazione o sotto-occupazione di coloro che hanno livelli di istruzione più elevati. L’attenzione al capitale umano e ai processi della sua formazione - ha concluso il vicedirettore - è ancora più cruciale in un contesto di crescente immigrazione».
Un commissario per la Gelmini
Il Tesoro crea un comitato a fianco del ministro. A rischio 1600 scuole
di RAFFAELLO MASCI (La Stampa, 8/8/2008)
ROMA La Gelmini «commissariata» e messa di fronte ad una «mission impossible», come l’ha definita il leader della Cisl scuola Francesco Scrima. Il ministro ha illustrato ai sindacati l’agenda per la ripresa di settembre e la situazione è sconfortante: una cura dimagrante di tre anni ma la cui tabella di marcia deve essere approntata entro il 31 dicembre. Tutto l’elenco comincia con l’avverbio «meno»: meno scuole (si parla di 1.600 accorpamenti), meno ore di lezione, meno indirizzi di studio (oggi sono 912), meno risorse per l’autonomia scolastica (e quindi meno libri, meno pc, meno corsi di recupero), meno personale (87 docenti e 43 mila impiegati). «Ma per decidere tutti questi tagli - dice Scrima - occorrono accordi sia con i sindacati per tutto ciò che riguarda la materia contrattuale, sia con gli enti locali che hanno competenza sulla rete scolastica. E poi, che trattativa è quella in cui i risultati sono già tutti decisi?». Il ministro - dicono i sindacati - è in un vicolo cieco: «o riesce o salta tutto». Tant’è che Tremonti ha voluto affiancarle (articolo 64 della manovra, comma 7) «un comitato di verifica tecnico-finanziaria composto da rappresentanti dei ministeri dell’Istruzione e dell’Economia». «Di fatto l’hanno già commissariata».
Meno scuole
La sfida più difficile alla quale la Gelmini è attesa è certamente quella della «razionalizzazione» della rete scolastica. Le scuole sono 10.600 distribuite in 46 mila sedi. Un istituto per godere dell’autonomia deve avere un numero di allievi tra i 500 e 900. Moltissimi, però, specie in piccoli centri, sono oggi in «regime di deroga». Ora l’ipotesi è di alzare il minimo a 600 allievi e di bloccare le deroghe: le 46 mila sedi resterebbero, ma le scuole come istituzioni potrebbero diminuire di circa 1.600 unità. Che vuol dire meno presidi, meno segretari, meno impiegati.
Il peso degli «arretrati»
La finanziaria 2007 (approvata a dicembre 2006) prevedeva già tagli per la scuola distribuiti fino al 2009, per un totale di 1,4 miliardi di euro (1.432 milioni per l’esattezza). Il ministro Fioroni provò a fare la prima tranche di riduzioni (535 milioni nel 2007) ma ci riuscì solo in parte. Chiese, e ottenne, che il piano di rientro venisse «rimodulato»: stessa somma ma ridistribuita nel 2008 e 2009. Padoa-Schioppa accettò con la «clausola di salvaguardia», che vuol dire: ci riesci o no io quei soldi te li tolgo. Il conto, per quest’anno, è arrivato a quota 560 milioni. Ora, dei 44,5 miliardi del bilancio dell’istruzione, 42 (pari al 97% del totale) sono bloccati per le spese di personale e quindi intoccabili, e due vanno a finanziare l’autonomia scolastica (cioè tutto: dai corsi di recupero per i debiti formativi fino ai detersivi per i pavimenti). Il resto sono briciole che si danno alle scuole paritarie (50 milioni circa) e alle spese in conto capitale (che non arrivano a 30 milioni). Conclusione: quei 560 milioni che la Gelmini non si ritroverà disponibili, saranno tolti all’autonomia delle scuole. Per ora la situazione è stato tamponata con una «pezza» da 200 milioni trovata dal Tesoro. Ma il resto? Bisognerà tagliare, questa volta per davvero. Con i fondi per l’autonomia si pagano anche i corsi per il recupero dei debiti formativi. Se non si troveranno altri soldi, il ministero teme la marea dei ricorsi, del tipo di quello avvenuto a Torino: poiché la scuola deve fare questi corsi, se non li fa non può nemmeno bocciare. Sarebbe un disastro per il sistema di valutazione.
Meno prof
Ma non è finita, perché al taglio ereditato da finanziarie precedenti (1,4 miliardi entro il 2009), il ministero dovrà aggiungere i 3,2 miliardi (3.188 milioni per l’esattezza) in tre anni varati dalla manovra attuale «e incassati dal ministro - lamentano i rappresentanti dei lavoratori - senza battere ciglio». Come realizzare questi altri risparmi è cosa che il ministro deve decidere entro Natale, aprendo una duplice trattativa, con i sindacati e con le Regioni. I sindacati dovranno affrontare il taglio agli organici: 87 mila insegnanti in meno (67 mila di Tremonti e 20 mila di Padoa-Schioppa) e 43 mila impiegati, entro il 2011. Le voci su cui incidere le specifica la manovra stessa. La prima è riformare le «classi di concorso», cioè i raggruppamenti di materie per cui un insegnante si candida a lavorare nella scuola: «italiano e storia», «matematica e fisica», eccetera. Rivedere questo significa, per esempio, che un insegnante di lettere, non deve insegnare solo «italiano e storia» oppure «latino e greco», ma può fare per una parte di orario la prima cosa e per un altra parte la seconda. Questo eviterebbe il fenomeno degli «spezzoni» di orario dati a più insegnanti e agevolerebbe riduzioni di organico.
Meno ore
Un altra questione è quella della riduzione dell’orario. Soprattutto negli istituti tecnici si può arrivare a 36-40 ore a settimana. Un taglio del monte-ore comporterebbe una riduzione di docenti. Ma occorre rivedere anche l’eccesso di offerta formativa: oggi alla domanda «cosa studi?» un ragazzo può rispondere in 912 modi diversi. Si tratta soprattutto di indirizzi tecnici e professionali. Ma su questi il ministero non ha competenza: ce l’hanno le Regioni. Ma si può trovare un accordo quando alle regioni non sono state ancora trasferite le competenze sulla scuola stabilite dalla modifica del capo V della costituzione? Poi c’è il problema delle scuole da chiudere: altro scoglio impervio. Neppure su questo, però, il ministero non può decidere da solo.
Scuola, il governo taglia oltre 8 miliardi di euro
Il ministro Mariastella GelminiTutti a parlare del disegno di legge voluto sulla scuola dalla ministra Gelmini: si ripristina il voto in condotta, che farà media per la promozione, si introduce una nuova materia, «Cittadinanza e costituzione», si lascia ai dirigenti scolastici la possibilità di reclutare supplenti annuali. Ma pochi riflettori accesi su altre novità che guarda caso sono passate di soppiatto nella manovra economica. Tagli, tagli, tagli. La scure di Tremonti non ha risparmiato, anzi sembra essersi accanita, proprio sull’istruzione. Nella manovra su cui venerdì il Senato ha votato la fiducia, infatti c’è una sforbiciata da oltre 8 miliardi di euro che farà piazza pulita di 87.000 docenti, circa 60 mila personale amministrativo e di duemila istituti scolastici collocati nei piccoli comuni.
Durissima la reazione delle regioni, dal Piemonte alla Sicilia. Secondo Gianna Pentenero, assessore all’Istruzione della regione Piemonte, si tratta di «uno degli attacchi più gravi degli ultimi anni alla scuola» che è diventata «la principale fonte di risparmio della spesa pubblica». Pentenero ha spiegato di aver mostrato le sue perplessità alla Gelmini, ma ha dovuto scontrarsi con il «disinteresse del ministro per le nostre richieste».
Dura anche la reazione del deputato dell’Mpa, Roberto Commercio che, in un’interrogazione al ministro Gelmini, sottolinea che «per la realtà siciliana, che ha già elevati tassi di dispersione scolastica e di abbandoni i tagli determinano una situazione di vera e propria desertificazione, mettendo a rischio lo stesso diritto allo studio».
* l’Unità, Pubblicato il: 01.08.08, Modificato il: 02.08.08 alle ore 12.55
COSTITUZIONE, EDUCAZIONE CIVICA E PUNTINI SULLE "i" D’ITALIA.
Per la cancellazione della parola "PUBBLICA" (con tutte le sue conseguenze) dal nome del Ministero dell’Istruzione della Repubblica, voto di condotta al Ministro e a tutto il governo del Partito di "Forza Italia": ZERO!!! aASSOLUTAMENTE!!!. Federico La Sala
Gelmini: "Voto in condotta
valga per la promozione"
ROMA - Il voto in condotta degli studenti potrebbe presto avere un ruolo determinante per la promozione. E’ quanto sostiene il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. "E’ incomprensibile - afferma il ministro - che non si valuti in alcun modo il comportamento dei ragazzi poiché anche la condotta ha la sua valenza ed il rispetto delle regole deve avere la giusta considerazione".
E per arginare il problema del turn-over dei docenti la Gelmini propone "incentivi per gli insegnanti che garantiscono la permanenza per un ciclo scolastico in una scuola". Per migliorare la formazione è necessario tornare a investire sui docenti.
* la Repubblica, 14 luglio 2008.