Cultura

Ricordo del professore Peppino Nicoletti, maestro di vita e pensiero a San Giovanni in Fiore

Padre del sindaco Antonio Nicoletti, insegnò autonomia di giudizio, impegno politico e amore per la vita
martedì 11 marzo 2008.
 

Antonio Nicoletti è il sindaco di San Giovanni in Fiore. Fa il sindaco.

Ieri leggevo Essenza del nichilismo, di Severino, la parte in cui il filosofo risponde alla Chiesa dopo un giudizio di non convenienza. Ho letto più volte quel testo. Ci sono tornato, però, senza sapere perché. E senza domandarmelo. Ci sono scelte che avvengono così, punto.

Mi abituò alla critica, profonda, attenta e sociale, il papà di Antonio, il sindaco d’oggi. Il professore Peppino Nicoletti era un uomo di grandissimo valore, uno che non si lasciava abbindolare, capace di riconoscere le doti umane d’una persona e di educare all’esercizio della libertà e alla ricerca della verità. Ciò è davvero rarissimo. Io fui suo allievo, alunno. In tempi altri, per la scuola. Di versioni su versioni e complesse funzioni da risolvere, di regole sopra regole, specie della terza declinazione - memoria dell’encomiabile don Giovanni Lavigna - e di ore intense di studio pesante.

Oggi la scuola mi pare svogliata e tanto per. La scuola del professore Nicoletti, del papà di Antonio, era anche peripatetica: ugualmente autentica e fondata su continue domande, sull’indagine. Non c’era, però, col professore Nicoletti, che si dovesse studiare per passare una frontiera istituzionalizzata, convenzionale. Si poteva studiare, insomma, per arricchirsi e capire meglio, per non trovarsi impreparati nella pratica quotidiana, per non farsi calpestare nei diritti e per aiutare gli altri. Peppino Nicoletti, il mio maestro, m’avviò alla politica.

Un tempo si parlava di scuola politica che non è, come oggi, scuola politicizzata. La scuola politica ha un riferimento greco. Ma ciò è notorio, dunque è inutile che lo ribadisca. Il professore Nicoletti ci insegnò logica e retorica, estetica ed etica, di là dalle pagine del manuale, di Reale e Antiseri. Gli studi filosofici sono poca cosa, nelle scuole d’oggi. Tutto è posto in modo sintetico. Il che potrebbe andare bene, se non fosse che la raccolta di informazioni essenziali è completamente sganciata da una logica, da un significato. Non tanto, questo, per come sono organizzati i nuovi volumi di teoria. Certi sono perfino eccellenti. Mi pare che i professori, molti, non si siano adeguati alla nuova didattica, colpevolmente anglosassone, voluta dalla sinistra e tradotta pure dalla destra. E questo per vari motivi, probabilmente: la noia del quotidiano, i mancati riconoscimenti economici alla categoria e la sovrapposizione d’un nuovo modello scolastico, di rapidità e superficiale contemporaneità, a quello tradizionale, fondato sulla riforma di Gentile.

Il mondo segue le ragioni dell’Impero, fra relativismi condizionati. Invito gli studenti di San Giovanni in Fiore a leggere l’omonima fatica intellettuale di Negri e Hardt, per i tipi di Rizzoli. Debbo dire che il professore Peppino Nicoletti, già agli inizi del Novanta, ci parlava, a lezione, di rapporti di forza fra blocchi politici, nazioni e sistemi economici. Ci fece un lungo percorso, dall’Onu a noi. Soprattutto, di notevole interesse, ci disse che l’Impero, ricordando Cusano, non ha centro né periferia, viste le relazioni di interdipendenza al suo interno.

Allora, a San Giovanni in Fiore, non c’era Internet e tutto si pensava in scala locale. Fui allievo, poi, di Luigi Lombardi Vallauri, espulso dall’Università Cattolica di Milano per aver messo in dubbio l’esistenza dell’inferno, il peccato originale e l’infallibilità del papa. Anche Severino fu allontanato dalla Cattolica. Dopo diversi anni, l’incontro con Vattimo, del quale, però, non sono mai stato allievo. Sono sempre stato pessimo, sul piano convenzionale, ufficiale e canonico, pur avendo preso trenta e lode all’esame di diritto canonico, col celebre Feliciani. Mi sento, nel mondo, un «uomo senza qualità», come Ulrich, di Musil. Questo è un bene, penso.

Il professore Nicoletti ci diceva che «bisogna interessarsi a tutto e approfondire un po’ di tutto». Se oggi lo ricordo su questo spazio di libertà, è per una gratitudine che non muore e, soprattutto, per il suo pensiero che, a mio avviso, è una perfetta sintesi del Novecento, del suo nichilismo, del suo positivismo, del suo personalismo. Componenti ideologiche, ma anche molto pratiche, che poi ho ritrovato, nel mio percorso esistenziale, da Lombardi Vallauri a Vattimo.

Il professore Peppino Nicoletti è, secondo me, una figura da riscoprire e rivalutare, a San Giovanni in Fiore. Perché rimane riferimento per la formazione dei giovani e riferimento etico e politico, in tempi in cui la politica s’informa all’etica dell’irrazionale.

Emiliano Morrone 20 maggio 2005


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