AL CELIO LA SISTINA DEL DUECENTO*
ROMA - Un ritrovamento eccezionale, una lacuna che finalmente si colma nello studio della pittura medioevale italiana, in un secolo che per tradizione ha sempre parlato toscano. Ora, il restauro del ciclo di affreschi dell’Aula Gotica nel Monastero dei Santi Quattro Coronati del Celio, definita ’la Cappella Sistina del Duecento’, getta nuova luce sul ruolo giocato da Roma nella rivoluzione artistica del XIII secolo, culminata nello splendore di Assisi.
Presentato alla stampa dal ministro dei Beni-attività culturali Francesco Rutelli, l’intervento di restauro è iniziato nel 1997. C’é voluto infatti un duro, attento lavoro di bisturi per descialbare 830 metri quadrati di tempera azzurro-lilla e far ricomparire un magnifico ciclo di affreschi che testimonia la grandezza della pittura romana nella prima metà del ’200. Tempi resi ancora piu’ lunghi dagli impicci amministrativi e dai ritmi lenti del monastero di clausura, che ospita questo nuovo capolavoro dell’arte, rimasto sconosciuto per ottocento anni.
"Un itinerario dello spirito, che passa dalla meraviglia dei colori per arrivare alla bellezza dello spirito", ha detto Madre Rita Mancini, priora del monastero eccezionalmente intervenuta alla presentazione, che, nel chiuso del convento, lontano da occhi indiscreti e dalla stampa, ha donato al ministro le arance dell’orto e offerto un coro di musiche duecentesche eseguito dalle sue consorelle.
Eppure, nonostante tanta semplicità e secolare riservatezza, il parterre di questo evento era di tutto rispetto, con il Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi seduto in prima fila ad applaudire la sorella Andreina ("una rivincita in casa Draghi", ha chiosato Rutelli), la direttrice dei lavori di restauro, che per prima ha intuito cosa nascondesse l’intonaco e in dieci anni non ha mai mollato la presa. Fino alla conclusione del restauro e alla pubblicazione del bellissimo catalogo sponsorizzato da Dexia-Crediop.
Il restauro del ciclo di affreschi è stato invece finanziato interamente dal ministero dei Beni culturali, per restituire "uno dei luoghi più belli del mondo - ha detto Rutelli - per stratificazione storica, artistica, architettonica".
Andreina Draghi ha ricordato invece la grande emozione provata quando sotto i primi tasselli di pulitura sono emersi immediatamente i meravigliosi colori e il perfetto stato di conservazione delle pitture. Eseguite, ha aggiunto lo storico dell’arte Francesco Gandolfo, intorno al quarto o quinto decennio del XIII secolo, tanto da "costituire il riscontro romano del grande ciclo di affreschi di Anagni". Gli studiosi, ha spiegato, si erano sempre chiesti perché Roma non conservasse tali testimonianze. Ora nel monastero del Celio c’è una risposta cercata da secoli, capace di documentare la presenza di importanti commesse e artisti eccelsi anche nella città eterna.
Ma il rilievo degli affreschi dei Santi Quattro Incoronati è dovuto soprattutto alla loro dimensione iconografica, ha sottolineato Gandolfo, che è di tipo intellettualistico, enciclopedico, allegorico, essenzialmente laico. Ad essere esaltate sono le virtù e in particolare la Giustizia, quella papale, in una sorta di risposta agli affreschi della Porta di Capua, commissionata dall’antagonista per eccellenza, l’imperatore Federico II.
Dalla finitezza dell’uomo all’ordine divino che governa l’universo, i dipinti si sviluppano in un susseguirsi di bellissime scene, eseguite, ha detto Draghi, dal Terzo Maestro di Anagni, pittore di grande forza espressiva, dal linguaggio complesso e stratificato, ricco di suggestioni nordiche e di punti di riflessioni sull’arte classica. Forse Cimabue, nella sua visita romana, era venuto ad ammirare proprio questo suo capolavoro.
SISTINA DEL DUECENTO |
* ANSA » 2006-12-05 18:21
Per aggiornamenti, vedi:www.aulagoticasantiquattrocoronati.it.
RINASCIMENTO ITALIANO, OGGI: LA SCOPERTA DI UNA CAPPELLA SISTINA CON 12 SIBILLE.
Sul tema, la prefazione di Fulvio Papi e parte della premessa del lavoro di Federico La Sala
Le Sibille di Contursi hanno parentele più celebri nella Cattedrale di Siena, nell’appartamento Borgia in Vaticano, nel Tempio Malatestiano di Rimini, nella Cappella Sistina di Michelangelo. La pittura disegna l’ eclettismo ermetico-cabalistico-neoplatonico rinascimentale (...)
Buongiorno e buona Pasqua
La ns associazione culturale organizza dal 26/4 al 1/5 una settimana a Roma, imperniata sugli affreschi del Monastero dei Santi 4 Coronati
Vorremmo venire a vederli il martedi 29 o mercoledi 30 Aprile
Vogliate cortesemente informarci se é possibile prenotare, saremo una ventina di adulti
Grazie e cordiali saluti
Giampaolo Bertuletti ITALO CALVINO, langue et civilisation italiennes 75, rue de la Réunion 75020 Paris - italocalvino@free.fr
Restaurata a Roma la serie di affreschi del Monastero dei Santi Quattro Coronati
Un universo del Duecento
Recuperato lo straordinario ciclo pittorico sull’uomo, la religione e il cosmo che era stato dimenticato perfino dalle fonti: una vera «summa» etica
di Michele Dolz (Avvenire, 25.062007)
Sepolto da uno strato d’intonaco, giaceva da secoli uno dei più completi cicli pittorici medievali, dimenticato perfino dalle fonti. La cosiddetta Aula Gotica nel Monastero dei Santi Quattro Coronati, a Roma, fu decorata nei primi decenni del Duecento con ben ottocento metri quadri di affreschi di rara bellezza e d’importanza rilevantissima per la storia della pittura italiana. E solo ora è possibile rivederli nelle parti sopravvissute alle manomissioni, che assommano comunque a oltre trecentocinquanta metri quadri e sono in pratica gli scomparti più rappresentativi.
I lavori di recupero, finanziati dal Ministero per i Beni culturali e ambientali, iniziarono nel 1997 con i primi tasselli di descialbo e sono stati portati a termine nel 2006, diretti dalla storica dell’arte Andreina Draghi (Soprintendenza per il patrimonio storico artistico etnoantropologico del Lazio-Roma) ed eseguiti dalla restauratrice Francesca Matera. I risultati della campagna furono presentati alla stampa nel dicembre scorso, ma solo adesso le monache agostiniane di clausura hanno aperto al pubblico le porte del loro nuovo tesoro, in concomitanza con l’arrivo in libreria dell’esauriente volume sul recupero e restauro diretto dalla professoressa Draghi: Gli affreschi dell’Aula gotica del Monastero dei Santi Quattro Coronati. Una storia ritrovata (Skira, 406 pagine, 75 euro).
L’Aula, come annota Francesco Gandolfo nel suo contributo, è veramente gotica, con due volte a crociera, caso unico a Roma in quel momento, benché altrove ci fossero le esperienze cistercensi e federiciane. E, a parere dello storico, la scelta architettonica inconsueta fu fatta proprio in funzione della partizione degli affreschi, come si usava nelle miniature. Nella campata meridionale sono raffigurati i dodici Mesi dell’anno, i Vizi, le Arti, le Stagioni con i Venti, un Paesaggio marino, lo Zodiaco, le Costellazioni. Nella campata settentrionale è affrescato il Re Salomone circondato dalle Virtù in abiti militari ma no n armate. Recano sulle spalle il personaggio che maggiormente si è segnalato nell’esercizio di quella virtù. In contrapposizione, nella parte inferiore della scena, è illustrato il vizio antitetico alla virtù e il personaggio negativo scelto come esempio. Nel registro superiore le immagini di Mitra tauroctono, di due Figure allegoriche, del Sole e della Luna, completano la rappresentazione. Un ricchissimo apparato di iscrizioni correda gli affreschi in un intreccio indissolubile tra immagine dipinta e scrittura.
Ecco la lettura iconologica di Andreina Draghi: «È affrescata una sorta di summa etica che palesa la natura dell’uomo in uno spazio e in un tempo governati dall’ordine divino, la difficoltà del percorso, costellato di conflitti, per giungere alla conoscenza di Dio; la funzione insostituibile della Chiesa nell’indirizzare e governare questo tragitto travagliato e inquieto. Le citazioni delle Scritture rimandano a un testo e a un tempo "eterno" per eccellenza, come è eterno l’ordine stabilito dalla Creazione». In quest’ordine divino si succedono i mesi, le stagioni, le costellazioni nel cielo; e l’uomo svolge le sue attività nel creato, ognuna a suo tempo.
L’inserimento delle principali attività mensili in ambienti sacri è il manifesto dell’uomo del Duecento, al culmine del pensiero medievale: egli sa di essere parte di un progetto divino sull’universo. E dal momento che è libero, deve fare la sua parte liberamente, volutamente; ecco l’apparire delle virtù da coltivare e dei vizi da evitare. Tutto ciò acquista ancor più rilevanza se, come ipotizza la Draghi, l’aula era utilizzata per l’amministrazione della giustizia. L’autrice-scopritrice trova anche l’ispirazione del programma decorativo nella trattatistica liturgica di Onorio d’Autun, Ruperto di Deuz, del vescovo di Cremona Sicardo, di Bruno di Segni, Giovanni Beleth e Guglielmo Durando.
Quando furono dipinti questi affreschi e da chi? Certamente l’esecuzione va collocata dopo la canonizzazione di s an Domenico (1234), che è raffigurato come santo, esempio della Giusta Emulazione. Il parere degli esperti è che il ciclo sia stato completato entro il quarto decennio. Gandolfo lo mette in stretto contatto con gli affreschi della Cappella di san Gregorio a Subiaco (1228) e soprattutto con le immagini campite sulle volte della cripta del Duomo di Anagni, attribuite al Terzo Maestro, un pittore formidabile per forza espressiva e sintesi costruttiva. I tre cicli presentano in effetti profonde analogie stilistiche e decorative.
Scrive sempre Gandolfo: «La catena pittorica che va da Subiaco ai Santi Quattro Coronati, passando per Anagni, una volta conclusa la stagione delle mode bizantine e veneziane, non è altro che la riaffermazione di quella dimensione genuinamente romana di fare pittura [...]. Una dimensione pittorica che trova nell’antico il suo costante punto di riferimento». E ciò, unitamente alla coralità nella rappresentazione al naturalismo e all’esuberante vitalità dei partiti decorativi, costringe a ripensare il Duecento pittorico romano.