Dopo la nuova Biblioteca, altri faraonici progetti puntano a ricostruire il leggendario Faro e la torre tolemaica. Simboli plastici della continuità attraverso i secoli di questa capitale della cultura, che ha sempre conservato il suo sapore meticcio e cosmopolita
Alessandria d’Egitto, è ancora Belle Époque
Sono sempre vivaci e fervidi di suggestioni letterarie i caffè e i circoli culturali, ritrovo di scrittori, poeti, narratori e viaggiatori amanti di percorsi incongrui e dal forte richiamo immaginifico. Su tutti il Pastrudis, dove convengono avventori impazienti di consumare libri e in abbigliamento tardocoloniale. Esploratori forse un po’ manierati, ambasciatori di un turismo demodè attratto da mondi arcani e visibilmente nemico dei viaggi mordi e fuggi
Da Alessandria D’Egitto Aristide Malnati (Avvenire, 14.01.2007)
Il volto di un marinaio in età già avanzata intento a trafficare con una canna da pesca è sferzato dal vento e colpito dagli impietosi raggi solari sul molo di Shatbi, dove il riflusso irregolare delle onde contro la banchina scandisce il monotono trascorrere delle ore. Alla fine di un’interminabile giornata di pesca l’anziano pescatore si dirige con un magro bottino al suk non distante, nel cuore trasudante storia millenaria di Alessandria d’Egitto. È un allegro e disordinato vociare di chi contratta gli affari più improbabili e di chi propone la mercanzia più stravagante: mi è addirittura capitato di vedermi proporre un piccolo coccodrillo da tenere - su suggerimento del venditore - in un giardino con piscina: «Non è pericoloso e non crescerà molto».
Il mercato del quartiere di Shatbi, alle spalle di una piccola necropoli ellenistica e non distante dall’imponente costruzione della nuova e avveniristica Biblioteca, è il più animato della seconda capitale d’Egitto: qui i turisti sono in scarso numero, preferendo le bancarelle più ricche dell’enorme bazar di Qait Bey; a Shatbi vengono in particolare i cristiani copti, tra una funzione e l’altra nella vicina chiesa di San Marco: trovano immaginette dei santi e dei martiri della Chiesa primitiva e dei Padri del deserto, verso i quali hanno profonda devozione.
Alessandria è permeata nella sua storia secolare da confronti, a volte anche aspri, tra rappresentanti di confessioni o di etnie diverse, qui confluite in seguito a un radicato processo di cosmopolitismo e sulla base della capacità d’attrazione dei suoi centri di ricerca scientifica e letteraria. Proprio l’amore per le buone letture e per la certosina ricerca filologica applicata sui classici della letteratura occidentale ha costituito un fil rouge, partito dalle origini e giunto tra i burrascosi flussi della storia fino ai nostri giorni.
Ancora oggi sono vivaci e fervidi di stimolanti suggestioni letterarie i caffè e i circoli culturali, ritrovo di scrittori, poeti, narratori e viaggiatori amanti di percorsi incongrui e dal forte richiamo immaginifico. Su tutti il Pastrudis, dove convengono avventori, impazienti di consumare avidamente libri prima ancora che bevande e contraddistinti da un abbigliamento tardocoloniale, stile Belle époque; esploratori, forse un po’ manierati, simili a David Niven in pellicole d’epoca; ambasciatori di un turismo oggi demodè, attratto da mondi arcani e visibilmente nemico dei viaggi mordi e fuggi.
Nei locali-salotto alessandrini sono ricercati e consultati, tra un karkadè e un tè alla menta, in particolar modo autori del secolo scorso, come Durrell, Kavafis e Forster, aedi di quel clima letterario e culturale, che si respirava, quando la metà della popolazione, interi quartieri, era straniera: soprattutto italiani, greci, ebrei, armeni, ma anche - ovviamente - inglesi, francesi e tanti altri.
Sedersi ai tavolini sgangherati lungo la corniche, con un romanzo di Lawrence Durrell, che battezzò Alessandria «principessa e donna di facili costumi, città reale e discarica culturale del mondo», o con una raccolta di poesie di Costantino Kavafis, che abitava poco distante, sopra una casa d’appuntamenti all’angolo con una chiesa: è questo il modo più idoneo, forse l’unico, di ricreare l’atmosfera di un paradiso perduto.
Del resto, Alessandria d’Egitto è un luogo che vive, o forse che esala gli ultimi, sussultori respiri, nella tradizione letteraria ancor prima che nella realtà sociale di quattro milioni di anime, o nell’evidenza di un’urbanistica disordinata e irrazionale, attraversata da mille veicoli sbuffanti e segnata dagli scheletri macilenti di palazzi di un tempo che fu. Da sempre nello svolgere la propria funzione spazio-temporale di ponte tra culture le amministrazioni alessandrine si sono concentrate sulla ripetuta creazione di spazi dal forte appeal simbolico.
Si è da poco ultimata - e risplende ammaliando migliaia di visitatori, quanto mai desiderosi di soddisfare la propria sete di sa pere - la costruzione di un enorme centro di conoscenza globale, si è appena consumata la resurrezione, come rediviva araba fenice, del mito dei miti, l’emblema per antonomasia della produzione scritta della società classica e occidentale: la Bibliotheca Alexandrina, straordinaria creazione pedagogica dell’antichità, oggi è di nuovo realtà nella splendida proposta architettonica dello studio norvegese Snøhetta.
Ma la vivacità culturale e lo spirito di iniziativa dell’amministrazione di Alessandria d’Egitto - in questo supportata dall’Unione europea, assai sensibile al ritorno d’immagine legato all’erezione di monumenti colossali e dalla vincente simbologia millenaria - va ben oltre. È stato progettato un nuovo Faro, una nuova torre del tutto simile a quella mastodontica di più di 130 metri di altezza, realizzata da Sostrato di Cnido (architetto di Tolemeo I e di Tolemeo II) attorno al 280 a.C. al fine di facilitare con la luce irradiata da un sistema di specchi l’entrata nel porto eunòstos. Il monumento sarà progettato, ispirandosi ai resti rilevati dall’ispezione archeologica del Centro di studi alessandrini: gli esperti guidati da Jean Yves Empereur hanno identificato i blocchi dell’antico Faro, crollati a seguito di un terremoto nel 1349 e allineati sul fondo del mare; i reperti antichi serviranno come spunto per gli architetti contemporanei, a suggellare un ideale percorso di forme sul crinale dei secoli.
Caccia alla tomba di Alessandro Magno
(A.Maln.)
Alessandria rappresenta sempre più la nuova frontiera dell’Egittologia; ovviamente dell’Egittologia di epoca tarda, con il ritrovamento di reperti successivi alla fondazione della città da parte di Alessandro Magno (331 a.C.). E proprio la tomba del condottiero macedone potrebbe essere il colpo grosso degli archeologi del Centre d’études alexandrines, diretti da Jean Yves Empereur, già noto per l’identificazione, undici anni or sono, dei blocchi e del basamento del Faro, allineati sul fondo del mare. Empereur è da tempo impegnato nello scavo dell’immensa necropoli antica (la nekròpolis descritta dal geografo greco Strabone): questo cimitero, allestito all’inizio del periodo tolemaico (attorno al 300 a.C.), è stato utilizzato fino ai primi secoli della cristianità e dunque conserva migliaia di sepolture.
Inizialmente gli archeologi transalpini hanno scavato la zona del quartiere di Gabbari, scoprendo almeno cinquemila loculi, quasi tutti di epoca cristiana. Ora si sono spostati nella parte più antica dell’immensa area cimiteriale, più ad occidente, e hanno fatto una scoperta eccezionale: con sicurezza hanno individuato il punto di congiunzione tra le due arterie principali di Alessandria; tra quella che la attraversava in direzione nord-sud dal Capo Lochias alla palude Mareotide e la via canopica (est-ovest), parallela alla costa. Ebbene, le fonti storiche ci informano che il sovrano Tolemeo IV, alla fine del III secolo a. C., decise di spostare le spoglie di Alessandro il Macedone in un nuovo mausoleo, sito esattamente al punto di incrocio tra le due vie principali.
La culla dei copti nella città dei padri della chiesa
di Aristide Malnati (Avvenire, 14.01.2007)
Alessandria, sede amministrativa della Provincia imperiale dell’Egitto romano, accolse per prima e irradiò in tutto il Paese del Nilo la Buona Novella della neonata religione cristiana; il carattere cosmopolita della città contribuì a valorizzare i precetti del cristianesimo anche in ambienti non giudaici, proprio nel rispetto di quell’ecumenismo voluto da Gesù e subito individuato dai Padri della Chiesa come elemento fondante della predicazione di Nostro Signore.
Qui sarebbe arrivato san Marco nel 48 d.C. (quindi addirittura prima del Concilio di Gerusalemme del 49, primo concilio della Chiesa primitiva) e da quel momento la città divenne centro di speculazione teologica di livello raffinato. Dopo il martirio di Marco a capo della neonata comunità cristiana alessandrina (ed egiziana) succedette Amianos, che dello stesso Marco era il discepolo principale.
Durante i primi tre secoli della Chiesa alessandrina (in epoca precostantiniana), scuole come il Dydaschaléion produssero dotti testi di patristica e di esegesi vetero e neotestamentaria e divennero ben presto teatro di aspre controversie: presero corpo ad Alessandria le teorie di Origene (attorno al 200 d.C.) e l’eresia di Ario, veicolo di dissidi, culminati nella distruzione del muséion e nel massacro dei cristiani, ordinato da Caracalla (215). Forte dello studio certosino dei suoi dotti esegeti, la Chiesa copta asserisce ancor oggi di aver mantenuto le credenze e la dottrina della comunità primitiva, rimanendo conforme ai riti apostolici e tramandandoli tramite numerosi Vangeli, considerati apocrifi e tardi.
Alessandria sotto Diocleziano (295) divenne sede definitiva del Patriarcato copto e conserva ad oggi questa sua funzione. Proprio durante gli anni del regno di Caracalla, momento delle ultime persecuzioni prima della svolta costantiniana di apertura a una assoluta tolleranza religiosa, il Patriarca ad Alessandria veniva eletto dai prelati locali al loro interno: in seguito, quasi subito, si affermò e si consolidò la prassi, in uso ancora nella Chiesa odierna, di eleggere la massima autorità dei cristiani d’Egitto tra i presbiteri, i monaci e gli eremiti.
L’attuale Pontefice copto, Sua Beatitudine Shenuda III, ha cominciato la sua predicazione e il suo iter religioso, dopo adeguati studi religiosi nelle Facoltà di dottrina teologica alessandrina, proprio tra i cenobiti nel monastero di San Paolo, vicino al Mar Rosso.
Sul tema, in rete, si cfr.:
ALESSANDRIA D’EGITTO (Wikipedia).
Visita di Stato del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in Egitto dal 24 al 27 ottobre *
Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, effettua una Visita di Stato in Egitto dal 24 al 27 ottobre su invito del Presidente della Repubblica Araba d’Egitto, Hosny Mubarak. Nell’agenda diplomatica i colloqui al Cairo con il Presidente Mubarak, il 26 ottobre, e con il Segretario Generale della Lega Araba, Amre Moussa, il 27 ottobre.
La visita in Egitto del Presidente Napolitano comincia il 24 ottobre ad Alessandria dove, tra l’altro, visita la biblioteca Alessandrina e inaugura la mostra fotografica "Architetti e ingegneri italiani in Egitto dal Diciannovesimo al Ventunesimo secolo".
Il 25 ottobre, il Capo dello Stato partecipa ad El Alamein alla cerimonia internazionale rievocativa del 66° anniversario della battaglia.
Al centro del fitto programma di incontri, le più importanti questioni delle relazioni bilaterali e dell’agenda internazionale, come il rilancio del processo di pace in Medio Oriente e il dialogo inter-palestinese.
A conferma degli intensi rapporti culturali, oltre all’inaugurazione della mostra ad Alessandria, è prevista la partecipazione del Capo dello Stato al Cairo alla cerimonia di firma del Memorandum per lo sviluppo della cooperazione nel campo della Conservazione del Patrimonio Culturale
ARTICOLO A FIRMA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO
SUL QUOTIDIANO EGIZIANO
"Al AHRAM"
25 ottobre 2008
In un contesto regionale e globale difficile ed in continua evoluzione, l’Egitto costituisce, per l’Europa e per l’Occidente, un partner stabile ed un affidabile portatore di pace.
Mai come in questo momento le relazioni bilaterali tra Italia ed Egitto sono state così intense. Il partenariato strategico rafforzato, inaugurato lo scorso giugno con il Primo Vertice bilaterale tra i due Governi, ha dimostrato come i vincoli storici che uniscono l’Egitto all’Italia si rafforzino e si riempiano di contenuti concreti: una non comune identità di vedute sulle principali questioni regionali; la ferma volontà di superare le complesse crisi che minacciano la stabilità e lo sviluppo dell’area; il rilancio del Mediterraneo e del suo sviluppo economico e sociale.
L’Italia apprezza e sostiene il ruolo dell’Egitto ed il suo attivo contributo alla pace in Medio Oriente e al dialogo tra le civiltà.
Il processo di pace israelo-palestinese è ancora fragile. La pace è urgente e con il passare del tempo rischia di diventare sempre più ardua. Le due leadership sono chiamate a compiere passi significativi per stabilire un clima di reciproca fiducia e collaborazione, che permetta il raggiungimento di una soluzione equa di tutti i nodi del negoziato, così da garantire la sicurezza di Israele, dare origine ad uno Stato palestinese indipendente e vitale, diffondere stabilità nell’intera regione.
In un tale contesto, è essenziale non solo l’impegno accresciuto degli Stati Uniti, dell’ONU, dell’Unione Europea, ma anche il sostegno della Lega Araba, che l’Egitto contribuisce in modo decisivo ad assicurare.
Il Cairo e’ un prezioso osservatorio di tutte le principali situazioni mediorientali ed africane, dal Libano al Sudan, dall’Iraq all’Afghanistan.
Con l’Egitto abbiamo in particolare condiviso la viva soddisfazione per l’accordo concluso a Doha nel giugno scorso per superare la crisi in Libano, con l’abile e costruttiva opera di mediazione della Lega Araba. Ci siamo vivamente rallegrati per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica libanese, al quale auguriamo pieno successo nello svolgimento del suo mandato ed assicuriamo il nostro forte e convinto sostegno.
Gli apporti costruttivi ed il ruolo dell’Egitto devono essere riconosciuti a tutti i livelli dalla comunità internazionale. L’Italia si è fatta promotrice della necessità che Il Cairo entri nel novero delle capitali coinvolte nel cosiddetto processo di "outreach" del G8. Siamo convinti che l’Egitto possa contribuire ad estendere la portata e rafforzare lo spessore delle riunioni, grazie alla conoscenza profonda delle dinamiche e degli interessi regionali. L’Egitto è un attore chiave, che accogliamo con sentimenti di simpatia ed amicizia.
Apprezziamo la posizione egiziana sulla riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Sono certamente possibili soluzioni che nel rispetto della legittimità, rappresentatività e democraticità del Consiglio e della responsabilità individuale degli Stati garantiscano una più equilibrata presenza di tutte le aree del mondo. L’Italia e l’Egitto operano insieme a molti altri Paesi per raggiungere un tale obiettivo.
L’Italia è consapevole ed orgogliosa di essere il primo partner europeo dell’Egitto. E’ un primato ancora più significativo perché non si limita ai settori politico o economico, ma si estende a tutti i campi di attività della società civile. Con Il Cairo stiamo lavorando ad un rilancio della centralità delle relazioni tra Europa e mondo arabo, attraverso un concreto avvicinamento delle due sponde del Mediterraneo, forte dei contatti tra le opinioni pubbliche, di una relazione costante ed efficace tra i sistemi sociali ed economici, di un incremento degli scambi commerciali e delle relazioni finanziarie.
L’Italia si impegna affinché la dimensione mediterranea si ponga più che mai al centro dell’attenzione dell’Unione Europea. Forti sono le aspettative dell’Egitto e dei Paesi terzi del Mediterraneo verso un’Europa che faccia valere il suo peso e la sua autorevolezza, consolidando la sua unità per portare avanti nel mondo la propria visione di pace, dando un sostegno significativo allo sviluppo dei Paesi amici. L’Unione e’ certamente in grado di raccogliere questa attesa e proseguirà con forza la propria azione in favore del Processo di Pace in Medio Oriente.
Il Mediterraneo deve divenire un fattore di unione fra popoli. Occorre unire le forze della Comunità internazionale e di tutti i principali attori regionali per risolvere le crisi che causano sofferenza e divisioni tra le popolazioni, limitano le possibilità di sviluppo, minano le condizioni di sicurezza ed alimentano l’estremismo.
E’ un obiettivo prioritario e condiviso dell’Italia e dell’Egitto; insieme, i nostri due Paesi possono fornire un contributo importante per far prevalere, in tutto il Medio Oriente e nel Golfo, le ragioni del dialogo.
Non vi può essere pace, non vi può essere sicurezza senza un benessere condiviso e un reale processo di sviluppo che tenda in primo luogo ad avvicinare le condizioni di vita dei cittadini sulle due sponde del Mediterraneo.
A questo fine è rivolta la tradizionale azione italiana in Egitto, che mira oggi a rafforzarsi con i programmi previsti nel settore dei trasporti, della formazione al lavoro qualificato di tanti giovani cittadini egiziani, della prevenzione delle migrazioni illegali, della cooperazione culturale nel campo archeologico e museale, e con il contributo che l’Italia si propone di dare nel settore dell’educazione superiore e della ricerca, tramite l’Università Telematica, la annunciata istituzione della Università italo-egiziana e il consistente programma di attività per l’Anno della Scienza italo-egiziano.
Alla vigilia del mio viaggio, desidero quindi rinnovare i sentimenti di profonda amicizia e stima nei confronti di un Stato amico, del suo Presidente e dei suoi cittadini; e rivolgere un riconoscente tributo alla partecipazione degli italiani alla storia di questo grande paese.