[...] La situazione era già grave, ma a molti tornava comodo far finta di niente, una strategia quasi sempre pagante in questo paese. E dunque la differenza, atroce ma casuale, tra un ferito e un morto a rendere urgente un risanamento non tanto degli stadi ma di chi li frequenta per giocare alla guerra. Questo blocco è giusto ma tardivo. Secondo me non è giusto, alla lunga, per tifosi dell’Empoli, dell’Udinese, del Chievo, per tutti quelli che dalla curva non hanno mai lanciato neanche una palla di carta. La brava gente capirà, siamo in emergenza.
Siccome questa emergenza riguarda tutti, anche quelli che non vanno allo stadio ma prendono un treno, entrano in un autogrill, ecco un piccolo elenco, senza pretese, di quel che potrebbe essere fatto subito [..]
La cose da fare dopo la tragedia
di GIANNI MURA *
Gli scontri in curva tra tifosi del Catania e del Palermo Proviamo a chiudere gli occhi e a pensare che Filippo Raciti non sia morto, ma solo ferito. Non si sarebbe fermato il calcio, staremmo a discutere dei risultati di ieri, di Inter e Roma che giocano stasera, e poi della Nazionale con la Romania.
La situazione era già grave, ma a molti tornava comodo far finta di niente, una strategia quasi sempre pagante in questo paese. E dunque la differenza, atroce ma casuale, tra un ferito e un morto a rendere urgente un risanamento non tanto degli stadi ma di chi li frequenta per giocare alla guerra. Questo blocco è giusto ma tardivo. Secondo me non è giusto, alla lunga, per tifosi dell’Empoli, dell’Udinese, del Chievo, per tutti quelli che dalla curva non hanno mai lanciato neanche una palla di carta. La brava gente capirà, siamo in emergenza.
Siccome questa emergenza riguarda tutti, anche quelli che non vanno allo stadio ma prendono un treno, entrano in un autogrill, ecco un piccolo elenco, senza pretese, di quel che potrebbe essere fatto subito.
I tifosi. Basta caschi, basta passamontagna calati, si va a faccia scoperta e con un documento d’identità in tasca. Multa ai possessori di fumogeni (sono stupidi ma non fanno danni), sanzioni più pesanti per possessori di razzi, petardi, bombe-carta. Basta cori contro (in Inghilterra, mai così evocata, non ne fanno).
I club. Dovranno risarcire tutti i danni provocati dai loro tifosi allo stadio e nella zona circostante. Dovranno realizzare un valido sistema di sicurezza all’interno dello stadio, evitando di reclutare capi ultrà che passerebbero dal redditizio lavoro di tifoso a quello di sorvegliante. Dovranno impegnarsi perché dirigenti e tesserati non si lascino andare a gesti o dichiarazioni che possano provocare violenza. Stangata nelle tasche alla prima infrazione, squalifica alla seconda, dai e dai capiranno che non si può continuare a lanciare il sasso e ritirare la mano. Per tanti anni il calcio ha chiesto più polizia. Se 1.500 poliziotti (per 21mila spettatori) non bastano a impedire i fatti di Catania, quanti altri ne servirebbero? Comunque, gli incontri a rischio si devono giocare di giorno, non in notturna.
I politici. Ho lo stesso imbarazzo di Ulivieri a usare le parole "leggi speciali". Ne ho di più a sentire Cento, Storace, Gasparri, Ronchi, unirsi alle litanie di rito. Cento è la madonnina degli ultrà, appena ce n’è uno in carcere si agita a prescindere. Quelli di An farebbero bene a ricordare che fu soprattutto il loro collega Buontempo, con Cento, ad annacquare i provvedimenti e le sanzioni. E che non solo Catania ma l’80% almeno delle curve italiane è di destra, tosta o estrema. Protrarre la flagranza a 48 ore, permettere alla polizia di usare gli idranti è il minimo. Idem dare la certezza della pena, tra carcere e lavori socialmente utili. Poi: disorganizzare, cioè sciogliere, il tifo organizzato, e togliere alle curve sacralità e senso d’impunità. So che ci possono essere fior di delinquenti in tribuna cosiddetta d’onore, ma è la curva il luogo del malessere e dell’esaltazione (sono tutte "mitiche" per autonomina). Quindi: o si chiudono, come hanno fatto a Parigi, o si tengono aperte, ma senza striscioni, senza arrivi in massa, senza il ciarpame di questi anni. Ma la polizia, poca o tanta, deve esserci, all’interno. Perché ha un ruolo. Cosa significa che i bravi tifosi devono isolare i violenti, se non ci riesce chi ha più poteri e mezzi di un abbonato ai distinti? Si ripartirà da zero, in un pezzo di stadio che deve tornare a essere di tutti, e dove le regole (le leggi, se preferite) valgono per tutti. In casa e in trasferta. Stop ai treni speciali per tifosi speciali. Di speciale, in questa storia, c’è solo l’inciviltà e la violenza. Che Raciti sia stato colpito per caso o seguendo un preciso disegno di vendetta non cambia nulla, purtroppo. E davanti a questo morto e a Ermanno Licursi che si devono fare i conti. E senza sconti.
La Figc. D’intesa con i ministeri (Pubblica istruzione, Giovani) avvierà corsi di sensibilizzazione sull’educazione allo sport (già che ci siamo, perché non c’è solo il calcio) a partire dalle elementari. Se qualche calciatore, in attività o meno, vuole unirsi ai comunicatori specializzati, meglio. Per inciso, con poche brutte eccezioni, i calciatori sembrano abbastanza maturi e responsabili (meno simulazioni, meno carognate). A giocare in un ambiente civile, dove non gli arrivi un petardo tra le gambe o una bottiglia in testa, hanno tutto da guadagnare, a costo di rimetterci qualche soldo. Resta da migliorare, in generale, l’atteggiamento nei confronti degli arbitri. I quali dovranno fischiare la fine della partita al primo lancio di oggetti in campo. La squadra del lanciatore avrà partita persa, quale che sia il risultato.
L’informazione. Nessuno può chiamarsi fuori, quindi parliamone. Esistono, oggettivamente, trasmissioni (tv e radio) specializzate nel buttare cerini nella benzina. E anche la carta stampata non è del tutto limpida, sia per motivi diffusionali sia per congenito bombarolismo, sia perché esiste un giornalismo-ultrà. Come esiste un Osservatorio per i diritti dei minori propongo un Osservatorio per i diritti del calcio (a vivere in pace, come minimo) nel rispetto dei diritti dell’informazione, che però comportano anche qualche dovere. Una commissione mista, fatta da persone che conoscono l’Italia e lo sport. Per quanto riguarda i giornalisti mi permetto di fare due nomi per la stampa parlata e scritta: Sergio Zavoli e Antonio Ghirelli.
La polizia. Esistono anche ultrà in divisa. Sarebbe meglio se non ci fossero. I reati non hanno colori o bandiere.
Gli Europei 2012. Evitiamo di parlarne, per un po’. Ce li daranno ugualmente, per mancanza di concorrenza. E oggi non ce li meritiamo. Tra cinque anni forse.
* la Repubblica, 4 febbraio 2007
Un altro calcio è possibile
di Oliviero Beha *
Sappiamo tutti che se l’ispettore capo Raciti, morto a Catania per l’esplosione di una bomba carta nei dintorni dello stadio, per avventura se la fosse cavata, io non starei a scrivere queste righe, voi non le leggereste, non si starebbe parlando essenzialmente di questo dappertutto, in tv come nelle strade, il campionato non sarebbe stato sospeso, insomma non avremmo a che fare con una questione di interesse nazionale. Eppure la situazione del calcio in Italia sarebbe la stessa. Lo stesso il frequente clima di violenza e intimidazione dentro od ormai soprattutto fuori (e allora?) degli stadi, la stessa la guerriglia preordinata che venerdì ha impantanato pezzi di città suggerendo paragoni libanesi, lo stesso il rapporto tra frange di tifosi troppo spesso travestiti da teppisti (o viceversa) e le forze dell’ordine, la stessa la gestione assai discutibile del Business-Calcio non intaccata come sarebbe stato necessario dalle pulizie del dopo-Calciopoli, la stessa l’atmosfera pesantissima che troppo spesso si respira nei campi di periferia, dove oltre un milione e mezzo di dilettanti e ragazzi, con un contorno facinoroso di parenti e pubblico, sgambetta sotto la soglia dell’etica e dell’allegria. E soprattutto la stessa sarebbe quella scadente consapevolezza politica e culturale di un intiera classe dirigente, nel calcio e nel Paese, da sempre dimostrata nei confronti di un fenomeno così delicato e coinvolgente.
Dico questo perché c’è una ricostruzione “storica” degli ultimi cinque, sei lustri di Italia nel pallone che assevera il facile riscontro di questa tesi, sotto gli occhi di tutti, e senza neppure bisogno di elencare i morti da calcio o la misura estrema di una domenica rotondolatrica sospesa già nel 1995, dopo l’accoltellato di Genova, alla faccia della decisione “inedita” presa a caldo - e giustamente - dal Commissario Straordinario della Federcalcio, Pancalli.
E una settimana fa erano davvero in pochi a piangere un dirigente di una squadra calabrese di dilettanti finito a calci e pugni. Mondi separati, compartimenti stagni? Io non credo, ma a molti fa comodo pensarlo. Così come secondo convenienza od opportunità in molti si limitano ad accusare i teppisti delinquenti, separati dai “veri tifosi”, oppure se la prendono contro il calcio come se fosse malato in sé e non quell’evidente detonatore di altre micce, collegate a cariche più complesse, in un Paese degenerato.
È indispensabile arrestare e detenere i delinquenti, e ci mancherebbe altro, come è indispensabile fare diagnosi e prognosi al capezzale del pallone: ma siamo sicuri che “sia tutto qui”? A chi pensa che il punto sia come salvare il calcio, inteso soprattutto come prodotto di “emozioni barbariche” da consumare un po’ più serenamente, io opporrei che in ballo c’è piuttosto il “sistema-paese”, che influenza il pallone venendone influenzato.
Quanto fossero legati classe dirigente politico-economica e vertici del pallone lo si è visto con il famigerato scandalo dell’estate scorsa che ha portato sì a un po’ di repulisti, ma solo un pochino, la dose minima per non toccare nel profondo i meccanismi di produzione. Del giocattolo. Chiedere a Guido Rossi, prima che al benemerito (nell’occasione odierna) Pancalli, chiedere agli inquirenti della Guardia di Finanza di Borrelli (a proposito della dichiarata “inutilità delle indagini”, cfr. i giornali recenti). Oppure notare la perfetta omonimia del ministro degli Interni nella precedente legislatura, Pisanu, titolare di un disegno di legge a colpi di tornelli e di diffide sulla sicurezza negli stadi totalmente disapplicato (vedi venerdì sera per Catania-Palermo come ultimo tragico atto), con quell’altro Pisanu intercettato al telefono con Moggi per un “aiutino” alla squadra sarda del cuore. C’è quindi un gigantesco, corale concorso di colpa in questo precipizio del nostro pallone, che rotola giù da un pezzo anche da prima che ammazzassero un ispettore capo. E del resto non è da poco la cassa di risonanza che al precipizio ha fornito il circo mediatico con le performance televisive che sappiamo, non per evidenziarne i rischi ma per venderne il più becero indotto.
In questo contesto, con i buoi per lo più in fuga nella vallata, si pretende di metter mano alla stalla. E bisogna comunque farlo, perché i buoi siamo noi, e la stalla resta la nostra. Quindi da un lato è imprescindibile la pausa del campionato, ma se fosse solo un velleitario specchietto per allodole ferite, una specie di recita addolorata, sarebbe anche peggio. La prossima volta che faranno? Due giornate di pausa, come ci fosse un regolamento arbitrale anche per le vittime? Dall’altro è altrettanto urgente mettere mano a dei cambiamenti. Partendo da un paio di banali, realistiche osservazioni: il campionato potrebbe fermarsi a ragionare su se stesso solo se per esempio Sky decidesse da buon samaritano di sospendere i contratti in corso, come Elettra, elaborando un lutto mediatico. Ma questa sola ipotesi fa stare ancora più male quelli che dicono di stare già malissimo per la “tragedia di Catania”.
Voglio dire che anche Calciopoli ha dimostrato che il business trionfa sui principi e le necessità più o meno sincere di rigenerazione. Il denaro d’abord, prima di tutto il prodotto. Ma appunto se è il sistema-paese a essere così malridotto, limitarsi a far sopravvivere l’affare è di pessimo auspicio per il futuro. Insieme a misure urgenti e ragionevoli, concrete e non solo di facciata come è stato fin qui (ho già detto di Pisanu, ma per decenni siamo andati avanti con il Viminale a dichiarare “guerra agli striscioni”), che presumo siano all’ordine del giorno del Governo (annunciate da Prodi), sono necessari altri segnali mentre il campionato riprende comunque con il lutto al braccio.
Per esempio un’attenzione totalmente diversa da parte della politica competente nei confronti del calcio dilettantistico e giovanile, come pure un tavolo con il ministero della Pubblica Istruzione per la formazione degli adolescenti in un simile contesto. Poi la cessazione graduale della presenza delle forze dell’ordine negli stadi e attorno, dal momento che nel calcio professionistico i club spesso bancarottieri debbono imparare a fare da soli (Amato stavolta sui poliziotti da “risparmiare” l’ha detta giusta) supplendo alle divise dello Stato con le proprie livree. Mentre invece c’è, con una divisione di ruoli già in colpevolissimo ritardo, urgenza di una “intelligence” assai migliore circa i gruppi di delinquenti che bazzicano attorno al pallone, diversamente dalla sottovalutazione del fenomeno (“tanto è calcio”) da parte dei più.
Certo, per avere davvero una svolta, e non oggi, ma domani e dopodomani in una semina socioculturale di cui c’è tanto bisogno in ogni settore, bisogna volerlo, e investire in questa direzione. Competenza da “protezione civile” insomma, e magari un consulto nazionale e internazionale per far fruttare cervelli mirati e dedicati. E soldi. Dove li si possono andare a prendere, dopo le polemiche sulla Legge Finanziaria, il problema asfissiante delle pensioni, un contesto sempre zoppicante ecc.? Ma è chiaro, dal calcio stesso, anche se sotto mentite spoglie, con una rinuncia e un dirottamento di risorse. Invece che pensare agli ennesimi Europei del 2012, perché non prenderci una pausa organizzativa e provare a far crescere l’erba diversamente in altri stadi, quelli dell’educazione sportiva e del vivere civile? Non ci godremmo un calcio migliore in un Paese migliore? Chiedete alla vedova di Raciti come la pensa in proposito, quando le partite saranno ricominciate...
* l’Unità, Pubblicato il: 04.02.07, Modificato il: 04.02.07 alle ore 15.06
Il Coni scarica Matarrese che ora sarà deferito *
ROMA - Un comunicato durissimo, il deferimento in arrivo: e la probabile fine della presidenza della Lega di Matarrese. "Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, a seguito di alcune dichiarazioni rilasciate dal Presidente della Lega Nazionale Professionisti, Antonio Matarrese, e riportate questa mattina da un quotidiano, (Repubblica ndr) nell’esprimere sconcerto ed indignazione per i contenuti gravemente offensivi, prende le immediate distanze dai concetti espressi, rinnovando alla Famiglia Raciti i sentimenti del piu’ profondo cordoglio a nome dello sport italiano".
Il Coni è pronto a deferire il presidente della Lega. Il Presidente della Lega rischia per la violazione degli articoli 5 e 7 del Codice di comportamento sportivo. L’articolo 5 recita, infatti, che "i tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti dell’ordinamento sportivo non devono adottare comportamenti o rilasciare dichiarazioni che in qualche modo determino o incitino alla violenza o ne costituiscano apologia".
L’articolo 7, invece, recita che "i tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti dell’ordinamento sportivo non devono esprimere pubblicamente giudizi o rilievi lesivi della reputazione dell’immagine o della dignita’ personale di altre persone o di organismi operanti nell’ambito dell’ordinamento sportivo".
Il presidente della Lega a "Radio Capital": "La Fiat per rilanciarsi non si è certo fermata..."
"Il calcio non può chiudere i morti sono parte del sistema"
"Per attuare il decreto Pisanu non abbiamo soldi. In Inghilterra i teppisti vanno in galera, da noi escono il giorno dopo"
di FABIO TONACCI *
ROMA - Presidente Matarrese, sono in molti a chiedere che il calcio si fermi per più di una domenica e ricominci poi a porte chiuse.
"Esaltati e irresponsabili".
Lei vorrebbe giocare subito?
"Noi siamo addolorati, ma lo spettacolo deve continuare. La Fiat non è che per rilanciarsi ha dovuto fermare le macchine. Ecco, noi vogliamo copiare il rilancio che ha avuto la Fiat".
Ma loro non hanno avuto un morto.
"I morti del sistema calcistico purtroppo fanno parte di questo grandissimo movimento che le forze dell’ordine ancora non riescono a controllare".
Il modello inglese è il più citato quando si parla di sicurezza negli stadi.
"Ma quello è un altro mondo, lì quando ti mettono in galera buttano la chiave. Da noi si prendono i criminali e il giorno dopo escono. Quindi il poliziotto ha anche timore, dopo avere arrestato un delinquente, che quello il giorno dopo esca e lo vada a prendere a casa".
Ma negli stadi inglesi si vede solo calcio, la violenza è stata estirpata.
"E’ vero, ma lì ci sono gli steward. La polizia è fuori. Il nostro governo, il parlamento, ci dica che potere possiamo dare a questi steward. Certo non può essere gente che sta lì a strappare il biglietto".
Da noi c’è il decreto Pisanu ma non viene fatto applicare.
"Perché costa. Mantenere una squadra di calcio costa. Non stiamo a guardare quello che fa il presidente Moratti o Berlusconi. In realtà non si è trovato ancora un equilibrio economico che consenta alle società di affrontare ulteriori spese".
Indichi allora lei una soluzione.
"Cominciamo a pensare a stadi nuovi. Anche il ministro Melandri ha detto che i nostri sono fatiscenti. Si faccia un programma come in altri paesi, vediamo di far gestire gli impianti alle società che si assumeranno le responsabilità di quanto avviene all’interno. Allora sì che saranno necessari gli steward, ma con poteri precisi. Lo steward che non ha potere di fermare i delinquenti, certo non va lì a rischiare la pelle".
La tragedia di Catania deve costringere comunque a una riflessione.
"E’ stato necessarissimo fermarsi. Ma adesso parlano in tanti, tutti saputelli, si vive un momento di esaltazione. Tutti hanno la soluzione. Ma facciamo attenzione, non tiriamo troppo la corda, perché il gioco del calcio è talmente delicato che può fermarsi solo un attimo per le giuste riflessioni. Se qualcuno pensa di dare una lezione, di dare un esempio forte, allora si rischia di rompere il giocattolo. Questa è un’industria tra le più importanti d’Italia che ha bisogno di continuare a operare. Chi dice non giochiamo più, chiudiamo gli stadi, stiamo un anno fermi, ho l’impressione che sia un po’ esaltato e anche un po’ irresponsabile".
E allora secondo lei, il calcio quanto dovrebbe stare chiuso?
"Il calcio non si deve mai chiudere. E’ la regola principale: questa è un’industria che paga i suoi prezzi. Si può pensare che un’industria chiuda i suoi impianti e poi li riapra chissà quando?".
I club si riuniscono a Roma dopo il pacchetto anti violenza. L’attacco a Matarrese di Zamparini e Garrone: "Se ne vada"
I presidenti: "Domenica giochiamo, ma diciamo no alle porte chiuse" *
ROMA - Via al campionato già da domenica. Sì al divieto dei tifosi in trasferta e un secco no alle porte chiuse. Queste le indicazioni uscite dal consiglio di Lega che si sta svolgendo a Roma, all’indomani delle decisioni assunte dal governo sulle misure anti-violenza. "Siamo tutti d’accordo nel vietare le trasferte ai tifosi, quindi ci dovrebbero essere meno problemi di ordine pubblico. A questo punto l’agibilità degli stadi può essere a discrezione dei prefetti che in ogni singolo caso potranno decidere se concederla o no" spiega, al termine della riunione, il presidente del Palermo Maurizio Zamparini. Oggi una delegazione dei presidenti incontrerà il governo che, domani, varerà il decreto con le nuove norme contro la violenza. E sempre domani dovrebbe arrivare la decisione della Figc su quando far ripartire i campionati.
Al consiglio di Lega sono rimbalzate anche le polemiche sulle dichiarazioni del presidente Antonio Matarrese. Che rimane comunque al suo posto. "E’ saldo nelle sue posizioni. Ho chiesto le sue dimissioni, però nessuno mi ha seguito", dice Zamparini.
No alle porte chiuse. Sulle misure annunciate dall’esecutivo per debellare la violenza dagli stadi, i presidenti si sono pronunciati già prima dell’inizio della riunione. Scagliandosi tutti contro le porte chiuse. "Senza pubblico non giochiamo", ha detto il presidente dell’Atalanta Ivan Ruggeri. "Porte chiuse? E’ demagogia - ha fatto eco Zamparini - Giocare a porte chiuse significa falsare il campionato". "I presidenti dicono no alle partite a porte chiuse. Cercheremo però di adeguare gli stadi alle norme di sicurezza" ha insistito l’ad della Roma Rosella Sensi. "Ci assumeremo le nostre responsabilità dopo le decisioni prese dal governo - ha aggiunto la Sensi - perché vogliamo che tutto vada per il meglio". Ma il numero uno dell’Inter, Massimo Moratti non ci sta: "Credo si possa ricominciare a giocare sin da domenica, ma la cosa importante sarà applicare pienamente le norme e tutelare la gente e i tifosi". Mentre per il patron della Lazio, Claudio Lotito le porte chiuse "rappresentano un fallimento per tutti noi. Finiscono per penalizzare solo la parte pulita del tifo e presuppongono il fallimento dello Stato nella lotta contro i violenti. Quella di Raciti era una morte annunciata, dobbiamo fare tutti un passo indietro perché abbiamo sbagliato".
Terza o quarta di ritorno? Il presidente del Catania Antonino Pulvirenti si dice certo del fatto che "si ripartirà dalla quarta gioranta di ritorno" e afferma che della terza si sta discutendo. La partita Catania-Palermo sfociata in tragedia era un incontro della terza di ritorno che vede in calendario tra l’altro Reggina-Messina e Inter-Roma. Nella quarta è previsto un altro derby siciliano, Messina-Catania.
Matarrese nella bufera. "Matarrese si deve dimettere", annuncia Zamparini, a Repubblica Radio Tv. Il presidente rosanero non ha gradito le dichiarazioni rilasciate ieri dal numero uno della Confindustria del calcio ("purtroppo i morti fanno parte di questo sistema") e non è soddisfatto del lavoro fin qui svolto da Matarrese. "Le sue sono state dichiarazioni improprie - spiega Zamparini - sono sicuro che si è espresso male, ma non se lo può permettere per la carica che ricopre. Inoltre è grave l’assenza della Lega nella riunione di ieri, si prendevano provvedimenti importanti contro la violenza e noi non c’eravamo". E anche Riccardo Garrone non lesina critica a Matarrese. "Noi oggi non abbiamo alcuna credibile rappresentanza - spiega il patron blucerchiato a Repubblica Radio Tv- dobbiamo provvedere ad avere una presidenza qualificata e credibile che da sette mesi ci manca. Ai miei colleghi dico sempre il vostro presidente, perché per me non è il mio presidente".
Il Consiglio di Lega, infine, ha deciso di devolvere 420.000 euro alle famiglie del dirigente calabrese Licursi e del poliziotto catanese Raciti. Ogni club si autotassera’ di 10.000 euro.
* la Repubblica, 6 febbraio 2007