Torino, il ragazzo dallo scorso anno era tormentato dai compagni di scuola.
La preside: "Ci eravamo accorti del disagio ed eravamo intervenuti subito"
Sedicenne si uccide, dicevano che era gay
La madre: "Perché lo hanno trattato così?"*
TORINO - "Perché me lo hanno trattato così? Non aveva fatto niente di male, era un essere umano come tutti loro". La signora Priscilla non riesce a darsi pace per la morte del figlio sedicenne, che martedì scorso si è tolto la vita gettandosi dalla finestra della sua abitazione, al quarto piano di un’abitazione di Torino. Piange spiegando che suo figlio M. non sopportava più di sentirsi emarginato e insultato dai compagni di scuola che continuavano a ripetergli "sei gay, ti piacciono i ragazzi". Ne aveva anche parlato con la preside, ma non era cambiato nulla.
M.P., 16 anni, frequentava l’istituto tecnico Sommeiller, considerato uno dei più prestigiosi di Torino. Dallo scorso anno scolastico era stato preso di mira dagli altri ragazzi che per deriderlo lo apostrofavano con il nome di Jonathan, come uno dei personaggi del Grande Fratello televisivo indicato come omosessuale. E così martedì scorso M.P. ha deciso di farla finita. Prima di gettarsi nel vuoto ha lasciato due biglietti, ora in mano ai carabinieri, dai quali si è appreso che in uno chiede scusa ai genitori, nell’altro traccia le motivazioni del suo gesto. "A scuola - è il senso del messaggio - non mi accettano perché mi vedono come uno diverso da loro. Non mi sento integrato".
"Lunedì - racconta la madre - è tornato a casa dicendo di sentirsi molto stanco e molto triste. Voleva andare subito a dormire. La mattina dopo sarebbe dovuto andare a lezione, ma mi aveva chiesto di stare a casa per studiare e riposarsi. Sono uscita e dopo un po’ mi ha chiamato mio figlio maggiore, raccontandomi quanto era successo".
Priscilla, di origine filippina, ha sposato nel 1989 un agricoltore di Buttigliera d’Asti, dal quale ha avuto tre bambini. M. era il secondo dei tre figli della coppia, separata dal ’99. "I miei figli sono bravi, educati. Gli ho sempre raccomandato di studiare, e in effetti a scuola vanno benissimo". Ma all’istituto tecnico Sommeiller M. aveva dei problemi, anche se era fra i più bravi della classe. "Io lo sapevo - dice Priscilla - anche perché all’inizio del precedente anno scolastico si era confidato con me. Diceva che lo prendevano in giro, che gli dicevano ’sei un gay’, ’ti piacciono i maschi’. Ne avevamo anche parlato con la preside".
"All’inizio non voleva più andare - prosegue la donna, - ha continuato a seguire le lezioni e i compagni lo hanno isolato dal gruppo, come se non fosse uno di loro, come se fosse diverso. Io ero preoccupata. Gli chiesi se voleva andare da uno psicologo, mi rispose di no".
La preside dell’istituto Sommeiller, Caterina Cogno, non esita a definirlo "il migliore della classe". "Aveva manifestato del disagio - spiega - all’inizio del precedente anno scolastico, nel 2005. Vedendolo in lacrime, un insegnante lo avvicinò. E dopo qualche titubanza disse che gli altri lo prendevano perché studiava troppo e aveva dei bei voti. Lo chiamavano Jonathan. Intervenimmo subito, sgridammo i suoi compagni, e da allora non è più stato notato nulla di insolito. Era bravo, garbato, sensibile. Per noi è stato un fulmine a ciel sereno".
L’accusa di essere gay è frequente nella scuola, afferma l’Arcigay, che nei mesi scorsi ha svolto un’inchiesta nelle scuole, finanziata dall’Ue, condotta su circa 500 studenti e insegnanti da cui risulta che più della metà dei ragazzi e delle ragazze (53 per cento) delle medie superiori sente pronunciare spesso o continuamente parole offensive come "finocchio" per indicare maschi omosessuali o percepiti come tali.
Secondo l’indagine, un altro 28 per cento sente usare qualche volta questi insulti, il 14,6 per cento raramente, e il 3,8 mai. Ma non solo. A più del 10 per cento degli studenti capita di vedere spesso o continuamente un ragazzo deriso, offeso o aggredito, a scuola, perché è o sembra omosessuale, e raramente qualcuno interviene a difesa della vittima. Non lo fa mai nessuno secondo il 19,2 per cento, raramente per il 29,3 per cento, non sa il 22,7 per cento. I professori inoltre non se ne accorgono visto che alla domanda sul verificarsi di questi episodi nessuno risponde positivamente, mentre l’83,6 per cento dice di non aver mai assistito a episodi del genere.
"L’Arcigay esprime solidarietà alla mamma di Marco, la cui vicenda è solo la punta di un iceberg, per la sua perdita e per il coraggio di aver denunciato le violenze che suo figlio ha subito. Un atteggiamento nella scuola italiana aggravato dagli "insulti di politici e prelati contro i gay".
* la Repubblica, 5 aprile 2007
Bullismo? Pericolosi sono gli adulti
intervista a Giovanni Bachelet
a cura di Delia Vaccarello (l’Unità, 21 novembre 2011)
L’Europa non è solo mercati. I progetti europei combattono le discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale anche sui banchi di scuola. Secondo una ricerca Arcigay un ragazzo su cinque è un bullo potenziale. Chiediamo a Giovanni Bachelet, deputato e presidente del forum nazionale istruzione Pd, come si dovrebbe attrezzare il nuovo governo per affrontare il bullismo omofobico.
L’ultimo seminario del forum istruzione Pd, tenutosi lo scorso 15 ottobre, aveva per tema il mestiere di docente. I ragazzi vittima di bullismo descrivono docenti indifferenti o conniventi. Le risulta?
«Fin dal primo seminario nazionale di un anno fa intitolato “Scuola alla riscossa” ci siamo occupati di lotta all’esclusione come finalità primaria della scuola affinché nessun talento vada perduto e ogni ragazza e ragazzo possa svilupparsi con gioia fino al massimo delle proprie possibilità per il bene di se stesso, della società e dell’economia. Ammetto però che finora il problema del bullismo omofobico a scuola non è stato specificamente affrontato. L’unico segnale di attenzione è stata forse la mia personale adesione al Gay Pride. La ricerca dell’Arcigay è in questo senso uno stimolo da recepire, i risultati fanno impressione e suggeriscono l’urgenza di affrontare direttamente il tema in ogni sede.
Cosa potrebbe fare il neoministro Profumo per affrontare l’omofobia a scuola: educare i ragazzi al rispetto con attività extrascolastiche? Formare gli insegnanti?
«Punterei a una specifica formazione degli insegnanti non solo, in negativo, al precoce riconoscimento e rieducazione del bulletto, omofobo o meno, ma anche, in positivo, ad una conoscenza essenziale dei processi di formazione dell’identità di genere e di scoperta del proprio orientamento sessuale nell’età evolutiva, nel piú ampio contesto di una formazione in servizio obbligatoria ma finanziata dalla scuola e non dal docente. Nel frattempo un Ministro potrebbe fare qualche gesto altamente simbolico, come visitare il gruppo “Bocconi Equal Students” ed elogiare quell’università per aver espulso per un anno lo studente protagonista di scritte e insulti omofobi la scorsa primavera, negli stessi giorni in cui il Parlamento si rifiutava (vergognosamente) di approvare la legge contro l’omofobia».
Come si fa a far capire che omofobia non è solo la coltellata, ma un complesso di atteggiamenti e linguaggi che negano il valore all’orientamento omosessuale e feriscono ragazzi e ragazze portandoli alla depressione se non a tentare il suicidio?
«Gli studenti vanno aiutati a conoscere e amare se stessi e gli altri, nella pace e nella libertà. In questo lungo lavoro educativo ogni partito associazione o agenzia educativa è almeno altrettanto importante della scuola. Per non parlare delle religioni e delle chiese, che in molti casi sono invece parte del problema anziché della soluzione».
Gli omofobi non sono “eccezioni”, non sono “gli altri”, siamo “noi”. Che consigli darebbe ai docenti?
«Come genitore di quattro figli e professore universitario ho visto che l’ignoranza, l’imbarazzo e il silenzio sono la fonte principale di ogni diseducazione, indifferenza e connivenza. E ogni intolleranza contiene una paura segreta. Anche per l’omofobia ho l’impressione che gli adulti piú pericolosi siano gli ignoranti o quelli che hanno qualcosa da nascondere, a volte anche a se stessi. Consiglierei a tutti noi educatori di conoscere e amare se stessi e rispondere a tutte le domande dei ragazzi, avendo il coraggio di dire subito con un sorriso “non lo so” e poi studiare insieme a loro,quando la domanda ci trova impreparati: questo serve contro l’omofobia, ma è essenziale anche per l’insegnamento della fisica»
"PERCHE’ NON SIA UNA MORTE INUTILE" *
"IL PROSSIMO 17 MAGGIO CELEBREREMO LA GIORNATA MONDIALE CONTRO L’OMOFOBIA NEL RICORDO DI MATTEO E DI TUTTE LE VITTIME DI QUESTA PATOLOGIA ANTISOCIALE"
Per evitare che la morte di Matteo passi, anche questa, senza insegnarci nulla, dobbiamo fare due cose soprattutto: la prima è quella di evitare i sensi di colpa: semplicemente non servono a nessuno. La seconda è quella di evitare di parlar d’altro, che invece sembra essere lo sport preferito di molti dei commentatori di questi giorni, a partire dal comunicato del ministro Fioroni che, incredibilmente, non cita nemmeno la parola gay.
I sintomi del "parlar d’altro" sono evidenti: evocare le responsabilità della famiglia, della società, della televisione, della politica va sempre bene, tanto un po’ di indignazione non fa mai male. Oppure usare quell’autentica stupidaggine di chi dice che, in fondo, dare del "cupio" non è poi così grave, lo si è sempre fatto, ed anzi è una vera palestra di crescita. A parte il fatto che vorremmo che a giudicare se sia grave o no siano innanzitutto i diretti interessati (chiedete agli ebrei se son felici di sapere che il termine "rabbino" è ancora usato come sinonimo di avaro tra un certo tipo di giovani ....) Ma soprattutto: ovvio che nessuno intende censurare lo scherzo, ma qui siamo di fronte a ben altro, che va al di là della ragazzata, e non capirlo significa chiudere gli occhi alla realtà di una dimensione giovanile - non l’unica per fortuna - per la quale la sessuofobia e l’omofobia in particolare sono un modo di essere quotidiano nei rapporti tra pari.
Che facciamo con chi non sopporta questa continua pressione? Classi separate? Rupe tarpea? O non dobbiamo forse lavorare con i responsabili di questi comportamenti perché siano consapevoli degli effetti della violenza praticata sotto le mentite spoglie dello scherzo?
Perché non parlare di omofobia significa parlar d’altro? Ovviamente non è mai stato in discussione se Matteo fosse gay o no, o se la scuola in generale (non solo il Sommeiller) siano palestre di razzismo sessuale tout court. Ma risulta altrettanto inaccettabile nascondersi dietro le parole: la debolezza di Matteo, la sua "grande sensibilità", il suo sentirsi non accettato come diverso (qualunque sia stata la sua diversità) non sono attenuanti né per coloro che hanno torturato con ingiurie la sua adolescenza né per la scuola che non si è accorta di nulla.
La madre ha mille volte ragione nella sua richiesta di giustizia, e noi la sosterremo per quanto ci sarà possibile. Non parliamo della giustizia dei tribunali, per questa la magistratura farà le sue valutazioni. Ma della giustizia di chi vede straziata la sua identità, personale e sociale, nelle aule di scuola o nelle dichiarazioni sui giornali: solo chi non ha mai fatto parte di una minoranza (la minoranza dei timidi o la minoranza dei gay, o qualunque altra che vi venga in mente) scambia per vittimismo la rabbia impotente di chi subisce le dichiarazioni di chi crede che l’omosessualità sia paragonabile alla pedofilia o che sia contro natura, od anche che sia la distruzione della famiglia.
Noi faremo di tutto perché non si parli d’altro. Non cadremo nel tranello, magari in buona fede, di chi dice che il problema "è più ampio". Dobbiamo tutti diventare consapevoli che sessuofobia e omofobia si possono e si devono debellare, nell’interesse di tutti.
Il prossimo 17 maggio celebreremo la Giornata mondiale contro l’omofobia nel ricordo di Matteo, e di tutte le vittime di questa vera e propria patologia antisociale. Ma serve un impegno continuo, costante, che superi l’emozione del momento e sappia rinnovare l’attenzione su questi temi nei prossimi anni, quando le nuove classi del Sommeiller (e di tutte le altre scuole) si saranno dimenticati di Matteo e della sua vita spezzata.
* per il Coordinamento Torino Pride
Celebrati i funerali di Matteo
Molti i compagni presenti *
TORINO Sono stati celebrati questa mattina a Buttigliera d’Asti i funerali di Matteo, lo studente sedicenne dell’istituto tecnico Sommeiller morto suicida martedì scorso a Torino. Nella chiesa intitolata a San Martino erano presenti tutti i compagni di classe, che durante la funzione si sono stretti intorno al feretro portando la bandiera del loro istituto scolastico listata a lutto.
I ragazzi hanno affisso un cartellone, preparato da loro, con un lungo messaggio: «Forse adesso raggiungerai quel mondo diverso che non trovavi mai. Solo che non doveva andare così...»’. Fra i celebranti c’era anche don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele.
La salma è stata poi tumulata nel piccolo cimitero del paesino astigiano, dove vive il padre di Matteo.
*La Stampa, 7/4/2007 (12:50)
LA TRAGEDIA
Emarginato e deriso "Sei gay"
studente si uccide
Un sedicenne torinese si è ucciso gettandosi dal quarto piano, in un biglietto le motivazioni del gesto *
TORINO. Emarginato e deriso dai compagni di classe, un sedicenne studente di Torino si è tolto la vita lanciandosi dalla sua abitazione al quarto piano. Gli altri ragazzi, per prenderlo in giro, in passato lo apostrofavano con il nome di un personaggio della trasmissione tv «Il Grande Fratello» indicato come omosessuale, «Jonathan».
Della vicenda si sono occupati i carabinieri. Lo studente, M.P., è figlio di una donna di origine filippina e di un agricoltore dell’astigiano, sposati nel 1989 e separati dal 1999. Prima di gettarsi nel vuoto ha lasciato due biglietti ora in mano ai carabinieri dai quali si è appreso che in uno chiede scusa ai genitori, nell’altro traccia le motivazioni del suo gesto. «A scuola - è il senso del messaggio - non mi accettano perchè mi vedono come uno diverso da loro. Non mi sento integrato».
M.P. è il secondo dei tre figli della coppia. Frequentava l’istituto tecnico Sommellier, considerato uno dei più prestigiosi di Torino, e, come ora spiega la preside, Catterina Cogno, «era il migliore della classe». «Aveva manifestato del disagio - spiega - all’inizio del precedente anno scolastico, nel 2005. Vedendolo in lacrime, un insegnante lo avvicinò. E dopo qualche titubanza disse che gli altri lo prendevano in giro perchè studiava troppo e aveva dei bei voti. Lo chiamavano «Jonathan». Intervenimmo subito, sgridammo i suoi compagni, e da allora non è più stato notato nulla di insolito. Era bravo, garbato, sensibile. Per noi è stato un fulmine a ciel sereno».
* La Stampa, 5/4/2007 (11:47) -
Il ministro: "Bisogna insegnare il rispetto per l’altro. Le maniere forti non bastano" Gayleft: "E’ la prima vittima della campagna d’odio contro gli omosessuali" Sedicenne suicida, il dolore di Fioroni "Nella scuola serve educazione"
Il ministro Fioroni ROMA - "Provo un dolore profondo come uomo e come padre, prima che come ministro. La morte di Marco ci interroga tutti, giovani, adulti, educatori, politici, società civile". Per il ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni, il suicidio di Marco, il sedicenne di Torino che si è buttato dalla finestra peché i suoi compagni gli davano del gay, segna la coscienza. E pone una questione dolorosa: come salvare la scuola. "La scuola - dice il ministro - dovrebbe essere un luogo dove è possibile la trasmissione di valori. Primo fra tutti il rispetto di sè e degli altri". E la strada da percorrere perché non si ripetano episodi del genere, deve passare per l’educazione. "Regole, misure disciplinari e ispezioni contro il bullismo non potranno mai sostituirsi al percorso educativo. Devono partecipare tutti: scuola, famiglia, mass media, società".
Per molti, però, il caso di Marco non può essere ricondotto a un semplice episodio di bullismo. Per il ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero, è un altro caso "di caccia al diverso".
Per Andrea Benedino, portavoce di Gayleft, Marco è la prima vittima di "una violenta campagna d’odio contro gli omosessuali condotta nelle ultime settimane dalle gerarchie ecclesiastiche in stretta alleanza con molti esponenti politici e del mondo culturale di questo paese"
E l’Agedo, l’associazione dei genitori di figli omosessuali, chiede di "abbassare i toni sull’omosessualità per rispetto nei confronti di Marco, della sua famiglia e di tutti gli adolescenti omosessuali abbandonati a se stessi. In mezzo a una cultura violenta e omofoba come quella italiana".
Una posizione accolta anche da Gianfranco Rotondi, segretario della Democrazia Cristiana. "Le parole sono pietre - spiega Rotondi - e i ragazzi percepiscono questo dibattito in maniera drammatica"
L’accusa di essere gay è frequente nella scuola, afferma l’Arcigay, che nei mesi scorsi ha svolto un’inchiesta nelle scuole, finanziata dalla Ue, condotta su circa 500 studenti e insegnanti da cui risulta che più della metà dei ragazzi e delle ragazze (53 per cento) delle medie superiori sente pronunciare spesso o continuamente parole offensive come "finocchio" per indicare maschi omosessuali o percepiti come tali.
Secondo l’indagine, un altro 28 per cento sente usare qualche volta questi insulti, il 14,6 per cento raramente, e il 3,8 mai. Ma non solo. A più del 10 per cento degli studenti capita di vedere spesso o continuamente un ragazzo deriso, offeso o aggredito, a scuola, perché è o sembra omosessuale, e raramente qualcuno interviene a difesa della vittima. Non lo fa mai nessuno secondo il 19,2 per cento, raramente per il 29,3 per cento, non sa il 22,7 per cento. I professori inoltre non se ne accorgono visto che alla domanda sul verificarsi di questi episodi nessuno risponde positivamente, mentre l’83,6 per cento dice di non aver mai assistito a episodi del genere.
L’Arcigay ha espresso solidarietà alla mamma di Marco, la cui vicenda è solo la punta di un iceberg, per la sua perdita e per il coraggio di aver denunciato le violenze che suo figlio ha subito. Parole di solidarietà anche dalla Sinistra giovanile che propone al ministero dell’Istruzione una campagna contro l’omofobia e il rispetto della sessualità di ciascuno. "Dobbiamo riflettere su quanto è successo" ha detto Fausto Raciti, segretario dell’organizzazione giovanile dei Ds, "e trovare delle soluzioni perché ciò non avvenga più: nessuno deve sentirsi escluso".
Anche per la senatrice di Fi Maria Burani Procaccini, "è gravissimo che un ragazzino si suicidi perché accusato di essere gay come se fosse una colpa. Più volte - osserva - sono intervenuta per denunciare lo schifo dei comportamenti di dileggio per le questioni sessuali, un fatto vergognoso. Ma adesso non strumentalizziamo la situazione: tanto i favorevoli quanto i contrari ai Dico non possono che esprimere schifo per quanto è avvenuto".
Per Manuela Palermi, capogruppo Verdi-Pdci a palazzo Madama, la vicenda dovrebbe far riflettere, però, soprattuto chi è contro ai Dico. ’’Si sta seminando - lamenta Palermi - una campagna di odio e disprezzo verso i cosiddetti ’diversi’, uomini e donne che hanno tutte le ragioni di rivendicare i propri diritti. Riflettano anche quei politici che assumono acriticamente i dettami della Chiesa, a scapito del proprio ruolo di legislatori di una società che deve diventare più eguale e più giusta’’.
* la Repubblica, 5 aprile 2007
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli - Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli *
MIELI. BULLISMO. ADESSO BASTA!
NOTIZIA SCONVOLGENTE
Il suicidio a Torino di un ragazzo sedicenne, isolato, perseguitato e deriso dai compagni di classe perché gay, è l’ennesimo segnale del clima di discriminazione e violenza nei confronti di gay, lesbiche e transessuali nel nostro Paese.
Una notizia sconvolgente che ci colpisce e ci deve spingere a riflettere sulle gravi responsabilità della politica e delle gerarchie ecclesiastiche che continuano a esprimere concetti assurdi e ingiuriosi e a propugnare un’ apartheid legislativo di cui quest’ultimo accaduto è, purtroppo, un ulteriore frutto.
In Italia il bullismo, le violenze e le espressioni d’odio di stampo omofobico non sono ancora un reato, mancano le più elementari tutele e il linguaggio denigratorio di certi esponenti politici e religiosi è tollerato in un quasi totale e assordante silenzio e mancanza di sdegno anche da parte della stessa classe politica.
Il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli esprime la più grande vicinanza umana e solidarietà ai genitori della giovane vittima.
Consapevoli del duro e lungo lavoro che ci aspetta nella società per debellare razzismo e omofobia, invitiamo tutti a riflettere sulle conseguenze di certe espressioni e a farsi attori di un cambiamento, adesso necessario più che mai, se vogliamo davvero vivere in una società migliore.
Invitiamo le scuole, troppo spesso al centro di cronache di violenza, a farsi strumenti di una cultura del rispetto per tutti e per tutte le diversità e ad aprirsi alle associazioni glbt che si offrono di combattere l’omofobia attraverso incontri con gli studenti e la formazione degli insegnanti.
Andrea Berardicurti - Segreteria Politica
Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, 05/04/2007.
LETTERA DI GRILLINI AL MINISTRO FIORONI *
BANDIRE IL RAZZISMO ANTI OMOSESSUALE
Bologna - «Il suicidio dello studente di 16 anni a Torino ha un colpevole: il razzismo antiomosessuale. Da te, caro ministro, ci saremmo aspettati una parola chiara su questo tema, perché di questo si tratta». Lo scrive il deputato dell’Ulivo Franco Grillini, presidente onorario dell’Arcigay, rivolto al ministro Giuseppe Fioroni.
«Abbiamo letto il tuo comunicato dalla prima all’ultima riga a proposito del tuo personale dolore, fatto di cui non avevamo dubbi conoscendo la tua umanità. Tuttavia, compito di un ministro - prosegue Grillini - è individuare con determinazione un problema, in questo caso l’omofobia, e dare un contributo di Governo alla sua risoluzione. Da tempo ti abbiamo rivolto interrogazioni parlamentari alle quali non è ancora stata data risposta. Ti prego pertanto di dire con chiarezza che l’omofobia va bandita dalle scuole e dalla società; che da domani il tuo Ministero avvierà un decisa campagna antirazzista; che non parteciperai a quella che si preannuncia la più grande manifestazione omofoba della storia del Paese: il Family day».
E Arcigay si dice indignata per «la reticenza sul bullismo anti-gay in cui i telegiornali Rai si sono espressi, ieri, nel trattare il caso del sedicenne di Torino che si è suicidato perché i compagni di scuola lo deridevano dicendo che era gay ed effeminato».
06/04/2007 - Gazzetta del Sud On Line
Sul tema, nel sito, si cfr.:
GAY E SCUOLA
di Gianni Rossi Barilli (il manifesto, 06/04/2007)
LACRIME DI COCCODRILLO
Uno studente di 16 anni si suicida perché non ne può più dei compagni che gli danno del finocchio. Ma la preside della scuola che frequentava, intervistata dal Corriere della sera, sostiene che nei confronti del ragazzo «non c’era alcun bullismo né l’intenzione di far male, solo degli sciocchi scherzi involontariamente crudeli». La parola «bullismo», carica di questi tempi di sfumature efferate, le sarà sembrata un po’ eccessiva per definire i normali comportamenti di un gruppo di normalissimi ragazzini del tutto inconsapevoli del male che stavano facendo. In fondo, i cattivi di questa storia non spacciavano droga in classe, né avevano organizzato un racket di estorsioni sulle merendine o inviato su You Tube il pestaggio di un compagno disabile. Si limitavano a fare ciò che moltissimi loro coetanei maschi fanno abitualmente: dare del frocio a qualcun altro per confermare così sul campo la propria discutibile virilità. Se questo fosse considerato bullismo, andrebbe a finire che la maggioranza dei ragazzi sono bulli.
E in effetti è così. La selezione «naturale» adolescenziale ha le sue regole e la conquista di un’identità sessuale normale non è un pranzo di gala. Che ci sia qualche morto e ferito è inevitabile, così come è certo che i deboli e i non adatti sono destinati a soccombere. Sbaglierebbe però chi pensasse che tutto questo non abbia nulla a che vedere con l’ufficialità della pedagogia scolastica, come capita a parecchi insegnanti che cadono dalle nuvole quando scoppia il caso. L’istituzione scuola è anzi doppiamente responsabile del bullismo d’ordinaria amministrazione. In primo luogo perché non lo sa prevenire, stigmatizzandolo culturalmente e suggerendo modelli di comportamento alternativi. E in secondo luogo perché fornisce ai bulli in erba i chiodi per crocifiggere le loro vittime, dando del tutto per scontata la cornice dell’eterosessualità normativa con i suoi caricaturali cliché di mascolinità e femminilità. Ragazzi e ragazze che stanno sui banchi devono diventare veri uomini e vere donne come i rispettivi babbi e mamme, per questo vengono educati a non sospettare neppure che dietro gli stereotipi di genere esista una realtà più complessa e piena di sfumature espunte di proposito dal processo di apprendimento. Perbenisti di centrodestra e centrosinistra convergono d’altro canto sull’idea che fino al raggiungimento dell’età adulta i ragazzi debbano essere considerati tutti eterosessuali d’ufficio.
Ci sono gruppi di volontariato che cercano di combattere questa mentalità andando a parlare nelle scuole. E che spesso vengono tenuti alla larga in nome della decenza da presidi e genitori tutti d’un pezzo, o magari invitati a intervenire «in contraddittorio» con preti e/o psicologi reazionari in grado di opinare che chi non è sessualmente conforme è malato. Stupiscono perciò le lacrime di coccodrillo del ministro dell’istruzione Fioroni per il suicidio di un ragazzo sedicenne. Il ministro, che è un cattolico convinto in procinto di andare al family day, dovrebbe sapere che l’omofobia propagandata dalla chiesa ha i suoi prezzi.
Lettera a Fioroni
«I nostri figli omo»
L’Agedo, l’associazione dei genitori di omosessuali, ha scritto una lettera al ministro della Scuola. Eccone uno stralcio. (il manifesto, 07.04.2007)
«Signor Ministro, bastava una telefonata. Ancora meno: bastava fornire al ragazzo un numero di telefono, o un indirizzo, o una sigla, per salvargli la vita. In una città come Torino c’era solo da scegliere a quale organizzazione affidarlo, che l’avrebbe preso in carico, lui e la tutta la famiglia. Ebbene questo non è stato fatto dalla scuola, per ignoranza profonda. Non è un caso. La risposta della vicepreside "solo sciocchi scherzi crudeli" è normale, identica a tante altre che abbiamo ricevuto. Possiamo fornirle un bel dossier sull’indifferenza o sui discorsi avventati del corpo insegnante e degli psicologi scolastici. È ora di rimediare e in fretta, Signor Ministro, questa morte deve essere l’ultima. I progetti contro il bullismo omofobico sono pronti da anni. Lei che si mostra sensibile al bullismo crescente, si deve rendere conto che quello omofobico, che c’è sempre stato, è in crescita esponenziale, alimentato sappiamo bene da quali poteri in questo momento, e dai docenti stessi, che non si rendono conto che le loro opinioni sugli omosessuali possono ferire e uccidere».