Omofobia, condanna del Parlamento europeo *
Parte dalla Polonia ma è rivolta a tutti gli Stati membri, Italia in primis, la risoluzione di condanna alla discriminazione e all’omofobia approvata giovedì dal Parlamento Europeo. La mozione, sottoscritta da Liberaldemocratici, Socialisti, Verdi e Sinistra Europea, e passata con 325 voti a favore, 124 contrari e 150 astenuti, sollecita le autorità degli Stati membri ad astenersi dal proporre e approvare leggi e a condannare dichiarazioni di leader pubblici che «incitino alla discriminazione e all’odio basato sugli orientamenti sessuali», nella convinzione che «qualsiasi altro comportamento costituirebbe una violazione dell’articolo 6 del trattato Ue». Il testo invita inoltre la Commissione Europea a promuovere azioni giudiziarie contro gli Stati membri in caso di violazioni, e chiede la depenalizzazione mondiale dell’omosessualità.
Il riferimento esplicito è al ministro dell’Educazione e vice premier polacco, Roman Giertych, autore di un progetto di legge destinato a proibire la «propaganda omosessuale» nelle scuole, e al viceministro dell’Istruzione, Miroslaw Orzechowski, che, in una recente dichiarazione, aveva ipotizzato il licenziamento per gli insegnanti che rendessero pubblica la loro omosessualità. Sotto accusa è anche Marian Giertych, europarlamentare della Lega della Famiglia polacca, e padre del ministro dell’Educazione, che mercoledì aveva presentato un libretto, col logo del Parlamento Europeo, sui «valori europei», nel quale si affermava che l’omosessualità è «biologicamente inutile», e che «le persone che affermano che l’omosessualità è una condizione normale o che sono omosessuali attivi dovrebbero essere tenute lontane da lavori con i quali potrebbero influenzare le opinioni dei minori». Gli eurodeputati hanno chiesto inoltre l’invio di una delegazione europea in Polonia «per una missione di accertamento dei fatti per avere un quadro esatto della situazione».
Il testo approvato a Strasburgo contiene anche un accenno all’Italia e, in particolare, al caso di Matteo, il sedicenne di Torino che si è suicidato dopo essere stato vittima di aggressioni a scuola a causa della sua presunta omosessualità. È stato invece eliminato il riferimento, contenuto nella proposta orginaria di Pse, Verdi-Gue e Alde, al presidente della Cei, Angelo Bagnasco, accusato di aver «comparato un progetto di legge che conferisce una serie limitata di diritti alle coppie omosessuali a una licenza a commettere atti di incesto e pedofilia». Condanna evitata a causa della pressione del Ppe,.e dei suoi rappresentanti italiani, in particolare Antonio Tajani, presidente degli eurodeputati di Forza Italia e vice presidente del Ppe, e Mario Mauro, vice presidente del Parlamento europeo. Questi si sono poi rivolti al governo italiano, chiedendo che «Prodi, Rutelli, Fassino e D’Alema prendano con decisione le distanze dalle proprie famiglie politiche europee che hanno tentato di lanciare un attacco calunnioso nei confronti del presidente della Conferenza episcopale italiana».
Nella risoluzione si condannano comunque «i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali, in quanto alimentano l’odio e la violenza, anche se ritirati in un secondo tempo», e si chiede «alle gerarchie delle rispettive organizzazioni di condannarli». Abbastanza per suscitare la collera di Avvenire, che titola: «L’Europa umiliata dalla menzogna», e per dare fiato alle rinnovate critiche da parte del centrodestra, e in particolare di Maurizio Gasparri, di An, che ha accusato il Parlamento europeo di utilizzare «due pesi e due misure» e di sostenere «un’evidente deriva anticlericale, a vantaggio di atteggiamenti eversivi, che non fa bene all’Europa».«Il rispetto dell’uomo e dei suoi diritti personali è sacrosanto», ha concesso Gasparri, «ma da qui a imporre, come vorrebbe fare il Parlamento europeo, il varo di leggi che equiparino le coppie eterosessuali a quelle omosessuali ce ne vuole».
La battaglia è dunque ancora tutta sui Dico, o comunque su un riconoscimento delle coppie di fatto. C’è chi legge la risoluzione di oggi proprio come un forte incoraggiamento in questo senso. Per Franco Grillini, deputato dell’Ulivo, il testo ha il valore di una condanna del Family Day, poiché ribadisce l’invito «a tutti gli Stati membri a proporre leggi, che superino le discriminazioni sofferte da coppie dello stesso sesso». Il richiamo contenuto nella dichiarazione sarebbe per Grillini rivolto soprattutto all’Italia, «con la sua persistente omofobia di origine clericale».
* l’Unità, Pubblicato il: 26.04.07, Modificato il: 26.04.07 alle ore 19.17
L-g-b-t-i, non è una sigla smart ma ogni lettera è un mondo
di Antonia Caruso* (il manifesto, 10.07.2020)
Per affrontare un discorso sulla legge Zan bisognerebbe partire da almeno due punti.
Il primo è il dato di realtà sulla violenza che la popolazione Lgbti subisce quotidianamente. Non si tratta solo di violenza fisica: botte, percosse, pestaggi, fino all’omicidio, ma anche violenza psicologica, mobbing, bullismo, cyberbullismo, difficoltà ad accesso al lavoro, violenza medica.
Ogni lettera della sigla è una soggettività, e ogni soggettività ha la sua storia, anche politica, le proprie modalità relazionali e specifiche discriminazioni.
Molto pragmaticamente: la violenza che subisce una donna lesbica è diversa da quella che subisce un uomo gay che è diversa da quella che subisce una donna bisex che è diversa da quella che subisce un uomo bisex.
Ci sono una discriminazione legata all’orientamento e una legata al genere e all’identità di genere, e spesso si sommano.
È importante nominare la lesbofobia perché è anche misogina. È importante nominare la bifobia perché le persone bisex vengono costantemente cancellate dal discorso pubblico.
È importante nominare la transfobia non solo in quanto legata ad una transizione di genere in sé ma anche legata al genere. La violenza che subisce una donna trans è legata sia al fatto di essere trans sia al fatto di essere una donna (al quale si può aggiungere una ulteriore discriminazione per il suo orientamento).
Omolesbobitransfobia può non essere una parola attraente e smart ma è esattamente quello di cui stiamo parlando. È quello che ci serve per nominare e a riconoscere le varie forme di violenza e discriminazione.
È una parola-sommario di tutte le discriminazioni e nessuna delle sue componenti può essere in nessun modo dimenticata o tralasciata in nome di una supposta difficoltà di comprensione o della sintesi giornalistica.
Il secondo punto è che una legge come questa serve in primo luogo al riconoscimento sul piano giuridico e sociale dell’esistenza della discriminazione e della violenza omolesbobitransfobica, anche in quanto violenza di genere, e in secondo luogo disciplinarne le sanzioni verso chi la agisce.
La contestazione del concetto di identità di genere da parte di alcune femministe risulta fuori luogo rispetto all’obiettivo politico della legge: un ulteriore riconoscimento giuridico delle esigenze della popolazione Lgbti, dopo le Unioni Civili.
Per rimanere sul piano giuridico già la sentenza della Corte di Cassazione n. 15138/2015 permettendo alle persone trans il cambio anagrafico senza rettifica chirurgica dei genitali aveva di fatto iniziato un percorso culturale e giuridico di disgiunzione dell’identità di genere dal sesso anatomico.
Detto ciò, l’approccio unicamente punitivo è efficace solo come un parziale deterrente.
Sempre molto pragmaticamente: una persona omofoba che agisce una discriminazione e viene sanzionata per questo continua a rimanere omofoba. Serve un’azione incisiva sul piano della formazione, negli ospedali, negli uffici e soprattutto nelle scuole.
* scrittrice, editrice, attivista trans e femminista
Il Vaticano attacca la Ue "La Chiesa non è omofobica"
Nella mozione approvata c’era un riferimento, poi tolto, anche a mons. Bagnasco
di MARCO POLITI (la Repubblica, 27 aprile 2007)
ROMA - Brucia alla Cei l’approvazione da parte dell’Europarlamento di una mozione anti-omofobia, che condanna «i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali». Sotto accusa è in primo luogo la posizione anti-gay del governo di Varsavia, nella convinzione che vi siano leader politici polacchi che hanno incitato «all’odio sulla base dell’orientamento sessuale». Ma nel testo della mozione stava per essere condannato anche il presidente della Cei, monsignor Angelo Bagnasco, per la posizione della conferenza episcopale contraria alla legalizzazione delle unioni civili. Il passaggio, proposto da tre eurodeputati italiani di Rifondazione e dei Verdi, è stato poi tolto all’ultimo momento, ma ciò nonostante da parte ecclesiastica si sono alzate proteste durissime. La Radio vaticana ha dato il là: «E’ ora di dire basta a questi attacchi. Dirlo con il tono di monsignor Bagnasco, mite e fermo, sereno e deciso. Dire basta con fermezza e risolutezza».
L’emittente ha ripreso e rilanciato un duro editoriale del Sir, l’agenzia della Cei, che ha definito indecorosi gli attacchi a Bagnasco registrati nella sede del parlamento europeo. Accusando direttamente di falso e di propaganda calunniosa i deputati di Rifondazione e dei Verdi, il Sir ha evocato il rischio che la «falsità generi odio e provochi conseguenze imprevedibili».
Bagnasco, ha scritto il Sir, parla di famiglia, vita, verità e giustizia in piena coerenza con il magistero del Papa e nella continuità della testimonianza della Chiesa in Italia. Il giornale dei vescovi, l’Avvenire, ha accusato i proponenti del testo (poi ritirato) di «gravissima deformazione» del pensiero di Bagnasco a proposito dei Dico. «Si tratta di attacchi, che vengono da una minoranza incapace di comprendere i problemi e non rispecchiano l’opinione del popolo europeo», ha dichiarato monsignor Giordano segretario generale del Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa.
Successivamente sono intervenuti i grandi calibri. Alla televisione della Cei, Sat2000, il cardinale Scola ha commentato che «si tratta di una cosa indegna e triste», segno di un grave deficit di ascolto reciproco. Le posizioni di Bagnasco sono state falsificate. Il patriarca di Venezia ha voluto entrare nel merito della questione, esclamando che «non c’è nessuna omofobia nella Chiesa cattolica» e quindi sarebbe auspicabile che il pregiudizio nei suoi confronti finisse. Scola ha sottolineato che ogni giorno fedeli, preti e vescovi si occupano dei bisogni di tutti senza discriminazioni. E comunque, ha aggiunto, sul matrimonio e la famiglia il popolo italiano la pensa diversamente da francesi, tedeschi e inglesi. L’ex presidente della Cei, il cardinal Vicario Ruini, ha reagito con una frecciata rivolta alle maggioranze parlamentari di Strasburgo: «In Italia possiamo essere ottimisti, perché buona parte delle forze politiche e dell’opinione pubblica sono consapevoli dei valori degli italiani». Ma se da Roma ci si sposta a Bruxelles o a Strasburgo, ha soggiunto, la «situazione è molto più chiusa». Poi, scherzando ha concluso: «Qui, nonostante qualche pallottola di carta, andiamo abbastanza bene».