PAPA WOJTYLA, PAPA RATZINGER E I GAY.
Una Chiesa senza speranza né futuro *
Papa Ratzinger non è un uomo buono...lo sanno benissimo tutti coloro che lo conoscono del resto, e da vicino.... sembrare buoni non è esserlo...e questo valeva anche per l’altro Papa, Wojtyla, poichè anche persone che potrebbero sembrar buone, di fatto lo sono soltanto all’interno di un perimetro ben definito, come quello di una religione e di una appartenenza.... in questo caso entro il perimetro cattolico.
Sono due uomini, questi, il polacco ed il tedesco, sostanzialmente chiusi, mentalmente ed umanamente, convinti di avere la migliore delle religioni in mano, e la migliore delle Chiese da pubblicizzare...ma sono fuori da ogni logica e fuori dalla contemporaneità... Cristo era più "moderno" 2000 anni or sono, in un contesto di cultura religiosa farisaica ben più intollerante e autoreferente.... Ma Cristo non era chiuso appunto ed ogni passo del vangelo del resto lo sottolinea...la distanza della Chiesa da Cristo appare in tutta evidenza leggendo soltanto il vangelo... ma non con gli occhi dei preti...attenzione! leggendo i 4 vangeli con immediatezza, senza le precomprensioni del clero...
I gay oggi non sono che i nuovi martiri....di una nuova caccia alle streghe che durerà per qualche decennio e chè farà un bel po’ di vittime....fino a quando capiranno le teste dure del vaticano che è ora di smettere, ma solo una volta che saranno isolati da tutti e saranno da soli a dire fesserie...fin tanto che troveranno qualche incertezza negli uditori e appoggi tra le masse, persevereranno... così han fatto sempre con ogni minoranza... con le donne, con gli ebrei...ecc. Poi ci verranno a dire che erano stati "equivocati" e che loro han sempre "difeso i diritti umani dei gay"...peccato che nessno se ne sia accorto! ....e migliai di morti e feriti lasciati sul terreno....
Ratzinger è gay...tutti lo dicono anche tra le mura vaticane... Wojtyla era omofobo, con violenza, questo lo è con subdola compostezza, con una finezza e dolcezza anche più inquietante.... E’ effeminato nei modi e nel parlare...lo vede anche un bigotto che porta il paraocchi...si tira sempre tra i piedi, o tra le cosce un segretario che sembra un attore di Hollywood, come prima da cardinale ne aveva uno sempre bello da mozzare il fiato....
Ma è un gay che non si ama...lo si vede lontano un miglio che detesta se stesso... anche da come apre le braccia e da come sorride senza luce e senza convinzione nè calore, e per dirla con Fromm non può che riversare il suo odio, simulato e malcelato, in una forma religiosa e una morale che sono mortificanti e mistificanti, che propongono una santità devozionale intrisa di rinuncia e oppressione, una santità malata e misantropa, pessimista , dove Dio non è che un super ego castrante e duro, gelido e teutonico (per stare in tema). Non si è buoni, nè in armonia col mondo e col proprio corpo e spirito perchè ci si riveste di una bianca talare.... nè si è ciò che si vuol sembrare....
E’ tremendo che sia diventato Papa uno che ha passato la sua vita a dover castrarsi e castrare gli altri, parlo dei teologi soprattutto, finiti sotto la sua mannaia di Gran Inquisitore, coadiuvato da piccoli e grigi mediocri squallidi personaggi delle Curie.....
La verità è che nessuno (tranne eccezioni) nel Vaticano e dentro le varie Curie ha sopportato di veder crescere l’eredità di quel grande uomo che fu Papa Roncalli , Giovanni XXIII, quello sì grande uomo di rinnovamento e di profonda umanità che capiva e precedeva quasi i segni dei tempi, profetico e veramente semplice di animo, diciamo in una parola evangelico e cioè autentico. E i cardinali che han votato questo uomo di Monaco di Baviera, di profezia nella Chiesa ci capiscono ancor meno....
Qui siamo nella recita e nella farsa tragi-comica che sa di artefatto e se Wojtyla ha interpretato tutto alla polacca, cioè menando fendenti a destra e a manca ad ogni novità, soffocando ogni vitale impulso, questo professore e inquisitore sta gelando in un inverno perenne ogni moto di spontaneità e ricerca qualunque richiesta di cambiamento.
I GAY PAGANO OGGI, GLI ALTRI, TUTTI, PAGHERANNO PRESTO, MOLTO PRESTO.... NON VI E’ DUBBIO...!
E’ una Chiesa senza speranza e senza futuro che viene avanti, ma da qui, una volta morta, qualcosa di veramente nuovo e cristiano rinascerà!.....
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GIOVANNI FELICE MAPELLI
Teologo laico
Mercoledì, 30 novembre 2005
Sul tema, in rete e nel sito, si cfr. anche
Unioni Civili: Renzi, per Pd riforma irrinviabile. Oggi famiglie arcobaleno in piazza
Riunione del partito dopo le tensioni sul tema, i verdiniani ma anche l’Ue
di Redazione ANSA 23 gennaio 2016
Mobilitazione in 100 piazze, oggi, a favore dei diritti del mondo lgbt, #SVEGLIATITALIA, lanciata da Arcigay, ArciLesbica, Agedo, Famiglie Arcobaleno e Mit in occasione dell’inizio della discussione al Senato del ddl sulle unioni civili: "scenderemo in piazza accanto a un pezzo importantissimo della società civile: associazioni, istituzioni, partiti, sindacati, liberi cittadini e cittadine hanno aderito in massa all’appello e annunciato la propria presenza ai presidi. Tutti assieme realizzeranno un flashmob, portando con sé sveglie e orologi con suoneria per sincronizzarli e suonare la sveglia al nostro Paese".
"Siamo rimasti l’unico paese dei 28 senza una disciplina sulle unioni civili, è fondamentale che si chiuda cercando il più possibile di ascoltarsi e rispettarsi ma poi si sappia che ad un certo punto si vota e sui temi etici ci sarà libertà di coscienza come doveroso che sia. Il compromesso non è lo strumento per non arrivare a chiudere. Sono giuste tutte le posizioni ma si sappia che per il Pd la riforma è irrinviabile". Matteo Renzi, alla direzione del Pd, ribadisce la determinazione a chiudere sulle unioni civili.
Resta la sfida dei Cattodem sulle Unioni Civili che si traduce anche negli emendamenti al ddl depositati in Senato. Seimilacento, di cui cinquemila della sola lega, una sessantina del Pd e nove dell’ala cattolica Dem. Tra questi restano i due, annunciati nei giorni scorsi, sulla trasformazione della stepchild adoption in "affido rafforzato" e sul "divieto della pratica di surrogazione di maternità" realizzata da un cittadino italiano all’estero introdotto, nella proposta di modifica, all’art.4 del ddl. Rispetto a quanto annunciato non si prevede, né per chi realizza la maternità surrogata né per chi la organizza, alcun inasprimento delle pene.
La riduzione al minimo di qualsiasi rimando alle sezioni del codice civile che disciplinano il matrimonio. E’ quanto si prevede in tre emendamenti Pd, a prima firma Lumia, agli articoli 2 e 3 del ddl unioni civili nei quali i diritti e i doveri connessi all’unione civile vengono esplicitati per esteso. Gli emendamenti intervengono, in particolare, sulle cause impeditive dell’unioni civile ex comma 4 dell’articolo 2 del testo, sulle cause di annullamento ex comma 3 articolo 3 e sul regime patrimoniale.
Renzi nella direzione ha parlato anche delle amministrative: "Dopo quello che è successo a Roma è difficile, ma credo che si possa vincere facendo una sfida vera sui problemi concreti della città. Chiunque vincerà le primarie, otterrà un sostegno forte del nostro partito".
"Non ci fa velo sostenere candidati sostenuti per cinque anni perché a differenza di altri non vogliamo politicizzare il voto: lo stanno facendo altri amici e compagni della sinistra fuori da qui, che a Torino hanno avviato una campagna nazionale. Ma noi sosteniamo Massimo Zedda a Cagliari come abbiamo fatto per i cinque anni del primo mandato".
A tenere banco è però anche lo scontro con l’Ue. "Va recuperato - ha detto Renzi prendendo la parola - l’ideale europeo che nel dibattito in corso è totalmente dimenticato. Se qualche leader si offende per mezza parola detta o non detta, stiamo perdendo di vista il vero obiettivo, che è quell’ideale".
"Chi abbraccia derive populiste e demagogiche lo fa per la mancanza di prospettive di sviluppo e di crescita. Serve un’ Ue più sociale e meno legata all’ austerity, in cui la parola crescita diventa vocabolario comune. Se facciamo battaglia nei prossimi tre anni la legislatura europea ha un significato profondo o avrà perso la carica di innovazione su cui abbiamo scommesso votando Juncker".
"Tutti i Paesi - ha aggiunto Renzi - che hanno condiviso la linea politica in modo completamente aderente alle richieste di Bruxelles hanno visto sconfitto il governo uscente".
La confessione del monsignore Krzysztof Charamsa: "Io gay felice e con un compagno".
La Santa Sede: "Lasci l’insegnamento"
"So che pagherò conseguenze, ma ora Chiesa apra gli occhi"
di Redazione ANSA *
ROMA. "Certamente mons. Charamsa non potrà continuare a svolgere i compiti precedenti presso la Congregazione per la dottrina della fede e le università pontificie, mentre gli altri aspetti della sua situazione sono di competenza del suo Ordinario diocesano". Lo ha detto padre Federico Lombardi.
"La scelta di operare una manifestazione così clamorosa alla vigilia della apertura del sinodo - dichiara padre Lombardi - appare molto grave e non responsabile, poiché mira a sottoporre l’assemblea sinodale a una indebita pressione mediatica". E questo nonostante il rispetto per le vicende personali.
La confessione del monsignore. "Voglio che la Chiesa e la mia comunità sappiano chi sono: un sacerdote omosessuale, felice e orgoglioso della propria identità. Sono pronto a pagarne le conseguenze, ma è il momento che la Chiesa apra gli occhi di fronte ai gay credenti e capisca che la soluzione che propone loro, l’astinenza totale dalla vita d’amore, è disumana". Lo afferma al Corriere della Sera, monsignor Krzysztof Charamsa, 43 anni, polacco, ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede e segretario aggiunto della Commissione Teologica Internazionale vaticana, oltre che docente alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum.
Molto attivo sui social network, da twitter a linkedin, monsignor Krzysztof Charamsa, il teologo gay ha anche un suo blog, attivato alla fine di questo mese agosto. Pochi ancora i post pubblicati e il monsignore si presenta al pubblico della rete con una foto in t-shirt gialla e con un saluto in diverse lingue.
Sulle ragioni del suo coming out, spiega: "Arriva un giorno che qualcosa si rompe dentro di te, non ne puoi più. Da solo mi sarei perso nell’incubo della mia omosessualità negata, ma Dio non ci lascia mai soli. E credo che mi abbia portato a fare ora questa scelta esistenziale così forte , forte per le sue conseguenze, ma dovrebbe essere la più semplice per ogni omosessuale, la premessa per vivere coerentemente, perché - aggiunge - siamo già in ritardo e non è possibile aspettare altri cinquant’anni".
"Dunque dico alla Chiesa chi sono - aggiunge -. Lo faccio per me, per la mia comunità, per la Chiesa. È anche mio dovere nei confronti della comunità delle minoranze sessuali". Alla domanda su che cosa pensi di ottenere, mons. Charamsa afferma: "Nella Chiesa non conosciamo l’omosessualità perché non conosciamo gli omosessuali. Li abbiamo da tutte le parti, ma non li abbiamo mai guardati negli occhi, perché di rado essi dicono chi sono.
Vorrei con la mia storia scuotere un po’ la coscienza di questa mia Chiesa. Al Santo Padre rivelerò personalmente la mia identità con una lettera".
Il teologo spiega di parlare alla vigilia del sinodo sulla Famiglia perché "vorrei dire al Sinodo che l’amore omosessuale è un amore familiare, che ha bisogno della famiglia. Ogni persona, anche i gay, le lesbiche o i transessuali, porta nel cuore un desiderio di amore e familiarità. Ogni persona ha diritto all’amore e quell’amore deve esser protetto dalla società, dalle leggi. Ma soprattutto deve essere curato dalla Chiesa".
“La Chiesa dovrebbe superare le ipocrisie sulla sessualità”
intervista a Gianni Vattimo,
a cura di Marco Neirotti (La Stampa, 13 giugno 2013)
Il filosofo Gianni Vattimo, parlamentare europeo eletto con l’Italia dei Valori, guarda con attenzione e su diversi piani la frase di Papa Francesco sulla «lobby gay». Sono in realtà poche parole, dette durante un’udienza privata e appaiono più che altro conferma di una voce diffusa e giunta concretamente fino a lui.
Professor Vattimo, riesce a immaginarla questa struttura di potere?
«Non so se esista realmente, ma se c’è è perché raccoglie qualcosa di segreto e ricattabile. Non si parla di lobby degli eterosessuali, ma non mi vengano a dire che non esistono monsignori che si accompagnano con donne».
In altre parole, una sorta di autodifesa contro una repressione?
«Contro un’ipocrisia. È come il formarsi di una delinquenza intorno alle droghe: se fossero libere non nascerebbe nulla. Così qui si vuole negare, soffocare una realtà e se ne ottiene la riunione delle persone».
In poche parole, essendo un’autodifesa è lecita o quasi?
«Assolutamente no. Dico soltanto come può generarsi, i meccanismi di una possibile nascita. Le lobby di per sé sono comunque negative, pericolose, in quanto centri di potere e vanno combattute indipendentemente dal tipo di soggetti che riuniscono, eterosessuali o omosessuali per esempio. In questo senso Papa Francesco, il cui cammino osservo amichevolmente, con simpatia, può avere ragione».
I gay nella Chiesa passerebbero in questo modo da emarginati a potenti...
«Un potere di questo genere si combatte eliminando il pregiudizio e tutta la gran polvere sulla sessualità. È un problema della Chiesa istituzione: Cristo non ha mai detto nulla contro i gay. Il discorso religioso deve riguardare in generale la sessualità del clero. Lo stesso Papa ha parlato dei concetti di peccato (un problema individuale che il credente deve affrontare prima di tutto con se stesso) e di corruzione, cioè un sistema di potere».
Il passo dall’autodifesa all’organizzazione di potere non è molto lungo.
«Per questo dico che le lobby vanno combattute comunque. Ma i problemi profondi non stanno nell’omosessualità rispetto all’eterosessualità, alla demonizzazione. Magari ci si occupasse, all’interno del Vaticano, un po’ di più dello Ior».
Lettera aperta a Benedetto XVI che ha attaccato nuovamente il riconoscimento delle unioni omosessuali
di Gianni Geraci
in “http://gruppodelguado.blogspot.it/” del 21 dicembre 2012
Mi rendo conto di correr il rischio di apparire petulante, ma, a distanza di una settimana dalla mia ultima lettera aperta, sono costretto a scriverLe ancora.
Lo faccio dopo aver letto il testo del Suo discorso alla Curia romana in cui è tornato a parlare a sproposito dei matrimoni omosessuali.
Non so chi le spiega certe cose, ma se non gliel’hanno detto i suoi collaboratori, qualcuno deve pur spiegarglielo che l’identità sessuale è una cosa, mentre l’orientamento sessuale è un’altra cosa. La frase di Simone de Bevoir che lei ha citato nel suo discorso ha senz’altro a che fare con l’identità sessuale, ma non c’entra niente con l’orientamento sessuale e, tanto meno, c’entra con il riconoscimento delle unioni tra le persone dello stesso sesso.
Analogamente, non entro nel merito della sua affermazione che parla di «profonda erroneità» che porta l’uomo a negare «di avere una natura precostituita dalla sua corporeità», ma mi permetto di farle notare che anche questa frase non ha niente a che fare con l’orientamento omosessuale, visto che gli omosessuali non hanno nessun problema a identificarsi con il genere che emerge dalle loro caratteristiche fisiche.
Quando parla di questi argomenti, Santità, non si accorge di confondere le persone transessuali (che sì, hanno dei problemi a identificarsi con il genere che emerge dalla loro corporeità) con le persone omosessuali (che non hanno nessun problema da questo punto vista, ma che, invece, per motivi misteriosi, a differenza della maggioranza eterosessuale, sono attratti dalle persone del loro stesso genere).
Se, al posto di ascoltare gli esperti che la consigliano, ascoltasse le persone omosessuali e le persone transessuali, si troverebbe di fronte a situazioni ben curiose, come quella di un mio amico che, quando era uomo, aveva dei grossi problemi nell’identificarsi con il suo corpo maschile, ma che non ha mai avuto dubbi sul fatto di essere attratto dalle donne, tant’è che quando è diventata una donna ha continuato a cercare una donna con cui costruire una relazione di coppia.
Vede, Santità, tra i tanti drammi che vivono le persone omosessuali uno dei più grandi è quello di trovarsi sistematicamente di fronte a persone che parlano "di loro" senza aver mai parlato "con loro" dicendo cose che non hanno niente a che fare con le esperienze che vivono.
Ed è davvero un peccato che tra queste persone, da qualche tempo a questa parte, ci sia anche Lei.
Gianni Geraci (portavoce Gruppo del Guado)
Lettera aperta a Benedetto XVI: perché sbaglia? Santità!
di Giovanni Geraci (portavoce Gruppo del Guado, cristiani omosessuali di Milano)
in “http://gruppodelguado.blogspot.it” del 15 dicembre 2012
Mi permetto di scriverLe, Santità, dopo aver letto il Suo messaggio per la Giornata Mondiale della pace 2013 che cade il prossimo primo Gennaio.
Le dico innanzi tutto di essermi commosso davanti alle parole con cui ha ricordato l’enciclica Pacem in Terris di Giovanni XXIII: io all’epoca ero ancora un bambino, ma quando, diversi anni dopo, ho avuto modo di leggerla, ho vissuto un’esperienza davvero profonda che ha segnato in maniera definitiva la mia Fede
In particolare La ringrazio per aver citato il brano in cui papa Giovanni ricorda che «la realizzazione della pace dipende soprattutto dal riconoscimento di essere, in Dio, un’unica famiglia umana, in cui le relazioni interpersonali e le istituzioni sono sorrette ed animate da un “noi” comunitario implicante un ordine morale, interno ed esterno, ove si riconoscono sinceramente, secondo verità e giustizia, i reciproci diritti e i vicendevoli doveri».
La ringrazio per aver ricordato che la pace c’è solo quando si sentono come propri i bisogni e le esigenze altrui e si rendono partecipi gli altri dei propri beni.
Ed è partendo da queste osservazioni, che fanno senz’altro parte del Magistero che la chiesa esercita quando parla del rapporto tra l’uomo e Dio, che mi permetto di farLe notare quella che, a mio avviso, è una stridente contraddizione presente nel Suo messaggio.
Lei infatti, continuando a sviluppare il discorso intorno alla pace, a un certo punto, afferma che: «La struttura naturale del matrimonio va riconosciuta e promossa, quale unione fra un uomo e una donna, rispetto ai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale».
Mi permetto di farLe notare, in nome di quel realismo che san Tommaso d’Aquino raccomandava ai suoi allievi (quello stesso realismo che ci impone di riconoscere la realtà per quello che è, senza guardarla con gli occhiali del pregiudizio e senza strumentalizzarla con inutili sofismi) che i paesi che più si adoperano per costruire la pace a livello internazionale sono quelli che, per primi, hanno adottato delle leggi che rendono il matrimonio «giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione».
E in nome dello stesso realismo mi permetto di farLe notare che sono gli stati in cui i diritti delle persone omosessuali sono calpestati quelli che, più di frequente, intraprendono azioni violente nei confronti dei paesi confinanti o nei confronti delle popolazioni su cui hanno giurisdizione. Come la mettiamo con questo dato di fatto che contraddice in maniera palese quello che Lei afferma?
La risposta, saggiamente, la suggerisce Lei stesso, quando scrive che «questi principi non sono verità di Fede» e ci fa quindi capire che, anche se pensa di fare riferimento a una specifica visione della natura umana «riconoscibile con la ragione», quando critica le leggi che riconoscono le unioni omosessuali non fa riferimento al Vangelo, ma fa riferimento a quella che Lei considera una retta ragione che, però, più per ignoranza che per malanimo, in questo caso tanto retta magari non è. Ho l’impressione che Lei parta da una visione parziale e distorta dell’omosessualità, che la porta a valutare in maniera sbagliata il reale rapporto che c’è tra pace e diritti delle persone omosessuali. Una visione distorta che Le impedisce di vedere quanto il mancato riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali sia in palese contraddizione con l’atteggiamento di chi, come Lei scrive nel brano che ho ricordato all’inizio di questa lettera, riconosce «come propri i bisogni e le esigenze altrui» e rende gli altri partecipi del propri beni».
Perché non riconoscere come proprio il bisogno che le persone omosessuali hanno di costruire delle relazioni di coppia fedeli e responsabili?
Perché non renderle partecipi di quei diritti e di quei doveri che, regolando la vita famigliare, aiutano la società nel suo complesso a strutturarsi meglio? E come la mettiamo con i tanti fanatici che nel Suo articolato messaggio leggono solo una dura condanna delle leggi che riconoscono le unioni omosessuali e che, spinti dal loro fanatismo fanno poi di tutto per perseguitare le persone omosessuali?
Certe affermazioni, già gravi quando vengono pronunciate dal primo parroco che parte per la tangente durante un’omelia, diventano gravissime quando compaiono all’interno di un messaggio firmato dal Papa.
Ed è per questo che La invito a domandarsi in cosa sta sbagliando se è arrivato addirittura a stabilire tra pace e rispetto dei diritti delle persone omosessuali una relazione che è l’esatto contrario di quella che tutti possono osservare e se è arrivato a contraddire una raccomandazione morale importante come quella, da Lei ricordata, che ci invita a fare nostri i bisogni degli altri. Si tratta di un invito che Le viene da un cattolico che Le vuole bene e che non vuole che, tra qualche anno, quando Lei si troverà di fronte a nostro Signore, venga interpellato per le conseguenze gravissime (in termini di discriminazioni, di sopraffazioni e di violenze) che possono avere le parole che ha scritto nel suo messaggio di quest’anno.
Inizi finalmente ad incontrare delle coppie di persone omosessuali, a parlare con loro, ad ascoltarle, a guardarle negli occhi e vedrà che il Suo atteggiamento nei confronti della loro situazione cambierà radicalmente. Glielo dice uno che ha fatto questa esperienza e che, forte di questa esperienza osa dirle con chiarezza che, quando parla di diritti delle coppie omosessuali non solo non segue una retta ragione, ma rischia di non seguire nemmeno il Vangelo.
«Perché Benedetto XVI riceve politici anti-gay?»
OMOSESSUALITÀ: POLEMICHE CONTRO IL VATICANO
Polemiche per l’incontro con lo speaker del parlamento ugandese favorevole a una legge che prevede l’ergastolo per “omosessualità aggravata”. Lombardi: “Nessuna benedizione”
di ALESSANDRO SPECIALE (La Stampa, 15/12/2012 )
CITTÀ DEL VATICANO. Come se non bastasse la tempesta scatenata dal passaggio sul matrimonio del Messaggio di papa Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace, negli ultimi giorni è esploso sulla rete un altro caso che ha rinfocolato le polemiche tra la comunità omosessuale e la Chiesa cattolica.
Né è stata protagonista la presidente del Parlamento ugandese Rebecca Kadaga, a Roma per la Settima Assemblea dei Parlamentari per la Corte Penale Internazionale e lo stato di diritto, organizzata alla Camera dei deputati - un incontro durante il quale è stata premiata, tra gli altri, la suora americana Simone Campelle, leader dell’iniziativa ’Nuns on the bus’ contro i tagli alle spese sociali voluti da repubblicani. Kadaga è stata ammessa al baciamano con il papa durante l’udienza generale di mercoledì 12 dicembre in Vaticano, a cui aveva partecipato insieme ad un gruppo di parlamentari ugandesi.
Nella sua qualità di speaker del Parlamento di Kampala, Kadaga ha sostenuto pubblicamente il famigerato disegno di legge “anti-omossessualità” che, nella sua versione originale, presentata nel 2009 dal deputato David Bahati, prevedeva la pena di morte per chi fosse riconosciuto colpevole di “omosessualità aggravata”, ad esempio in caso di relazione con un minorenne o di infezione di Aids. Sin dalla sua presentazione, la legge - subito ribattezzata ’Kill the Gay Bill’ - è stata al centro di polemiche e aspre critiche da parte della comunità internazionale e delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani.
Il provvedimento è ancora in discussione - e difficilmente verrà approvata entro la fine dell’anno malgrado le promesse in questo senso da parte di Kadaga. Nella sua versione attuale, prevede l’ergastolo, e non più la pena di morte, per l’“omosessualità aggravata” ma mantiene il quadro generale di inasprimento delle pene per le relazioni tra lo stesso sesso, già adesso illegali in Uganda.
Il ’caso’ è esploso quando il brevissimo incontro di Kadaga con il pontefice - un baciamano e un saluto di qualche parola che non dura più di 20-30 secondi - è stato però presentato da alcuni organi di stampa ugandesi come una “benedizione” di papa Ratzinger alla presidente del Parlamento. Per il presidente nazionale Arcigay, Flavio Romani, Benedetto XVI, con la “benedizione data ieri in Vaticano alla delegazione parlamentare ugandese guidata dalla portavoce Rebecca Kadaga, una delle più forti promotrici della ’Kill the Gay Bill’... continua a rappresentarsi come un apostolo di ingiustizia, divisione e discriminazione ai danni delle persone omosessuali, lesbiche e transessuali”.
In realtà, ha spiegato a Vatican Insider il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, “non c’era nessun tipo di particolare rapporto con la delegazione né c’è stata una benedizione”. Il gruppo di parlamentari ugandesi è passato a salutare il papa “come tutti quelli che partecipano all’udienza” e questo “non è assolutamente un segno di approvazione specifica per le attività svolte o le proposte avanzate da Kadaga”.
Lombardi ricorda inoltre la chiara opposizione della Chiesa cattolica alla pena di morte, in tutto il mondo e in ogni caso.
Uno dei cable di Wikileaks aveva mostrato come nel 2009 gli Stati Uniti si fossero impegnati attivamente - e apparentemente con un certo successo - per sensibilizzare i diplomatici della Santa Sede nei confronti della legge anti-omosessualità in Uganda. Nel dicembre 2009, quando la discussione sul ’Kill the Gay Bill’ era all’apice, l’osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, monsignor Celestino Migliore, respinse ogni forma di “violenza e ingiusta discriminazione” nei confronti degli omosessuali, mentre poche settimane dopo, l’arcivescovo di Kampala, monsignor Cyprian. K. Lwanga, condannò il disegno di legge perché prendeva di mira “il peccatore e non il peccato” e non rispecchiava un “approccio cristiano” alla questione dell’omosessualità.
Iniziative arcobaleno nella giornata mondiale
«Basta omofobia»
Il 17 maggio 1990 l’Oms cancellò l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali
di Delia Vaccarello (l’Unità, 16.05.2012)
COS’È L’OMOFOBIA? SE IL TERMINE È ORMAI DIFFUSO NEL LINGUAGGIO COMUNE NON VUOL DIRE CHE SE NE CONOSCA DAVVERO IL SIGNIFICATO. In genere è considerato un atteggiamento frutto di raptus e messo in atto da individui ai margini. Invece l’omofobia è un fenomeno culturale, che non si riduce all’aggressione o all’insulto, ma è una svalutazione, con conseguente automatica esclusione, delle persone che amano individui del proprio sesso. Un atteggiamento «culturale» che ci sovrasta e che, troppo spesso , viene ancora considerato la norma, pur con bizzarri distinguo tipo: ho tanti amici gay, che facciano le loro cose ma dentro le mura di casa.
INVITO DEL MINISTRO ALLE SCUOLE
Domani si celebra la giornata mondiale contro l’omofobia, una ricorrenza promossa dall’Unione europea ormai dal 2007. Il 17 maggio 1990 infatti l’Organizzazione mondiale della sanità cancellava l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali. Le iniziative sono già in campo da giorni. Sabato scorso un convegno organizzato da «Nuova Proposta» a Roma con tantissimi interventi di associazioni ed esperti coinvolti ha fatto il punto sulla situazione in campo educativo, politico, lavorativo.
Domani alla Camera verranno fatti i numeri, verranno diffusi cioè i dati sulle convivenze di gay e lesbiche frutto dell’ultimo censimento. E il ministro Profumo ha invitato i presidi a celebrare la giornata. Sparsa in tutto il Paese, la mole di iniziative è impressionante. Si ripete con successo la serie di veglie in ricordo delle vittime dell’omofobia, a cominciare dall’incontro di preghiera che si terrà a Firenze organizzato dal gruppo Kairos per il sesto anno consecutivo ispirato al versetto della Prima Lettera di Giovanni, «Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre» (1Gv 2,9). Iniziative simili si terranno in molte città, anche a Palermo e quest’anno in parrocchia (vedi www.gionata.org). Banchetti informativi, presentazione di libri, proiezioni, fiaccolate si alterneranno da Nord a Sud.
Sul sito di arcigay (www.arcigay.it) l’elenco, seppure incompleto, è lunghissimo. Tra gli altri, molto ricco il pro- gramma di eventi culturali a Ferrara, che prevede anche dibattiti sui testi di Rigliano e altri «Curare i gay?» (Cortina) e di Margherita Graglia «Omofobia» (Carrocci).
Segnaliamo anche l’iniziativa di Venezia dal titolo «Parole d’amore», incontro e proiezione di una video-inchiesta realizzata con i ragazzi delle superiori, ne parlano tra gli altri Giovanni Bachelet, Gianfranco Bettin, Alberta Basaglia, Sara Cavallaro, Luca Trappolin. Si tratta di un evento che si inserisce nel progetto portato avanti ormai da anni di «educazione sentimentale come educazione alla cittadinanza»: una ricerca con gli studenti finalizzata a sensibilizzare i giovani sui temi dell’amore in tutte le sue espressioni, dando ad ognuna cittadinanza. Celebrazioni anche nel verde.
Domenica 20 maggio nei parchi di Avellino, Ferrara, Firenze, Genova, Milano, Palermo, Roma, Torino e Venezia, si svolgerà «Tutti uguali, tutti diversi», la festa di tutti i nuclei: omosessuali e eterosessuali, monoparentali, sposati e conviventi. Legambiente e Famiglie Arcobaleno organizzano giochi e laboratori creativi, favole e musica, spettacoli di burattini, cacce al tesoro, merende gustose per bambini, bambine e famigliari di tutte le età.
"Celebrate la giornata contro l’omofobia"
L’invito di Profumo ai presidi italiani
Il 17 maggio cade la ricorrenza istituita dal Parlamento europeo nel 2007 e per la prima volta il governo promuove l’iniziativa negli istituti. La Concia: "Quando era ministro la Gelmini non volle mai incontrarmi"
di MARCO PASQUA *
ROMA - Un invito alle scuole a celebrare la giornata internazionale contro l’omofobia, in programma per il prossimo 17 maggio. È il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, attraverso una circolare, a rivolgere un appello agli istituti italiani affinché partecipino attivamente alla giornata istituita nel 2007 dal Parlamento europeo. "E’ la prima volta che avviene qualcosa del genere", commenta Paola Concia, deputata del Pd.
"Siamo di fronte ad un atto fondamentale e rilevantissimo", dice soddisfatto Paolo Patané, presidente nazionale Arcigay. "Quando la Gelmini era ministro, cercai di parlarle del problema dell’omofobia a scuola, ma non accettò mai di incontrarmi", rivela oggi la Concia.
Un’iniziativa, questa del ministero, che rappresenta dunque una novità assoluta e si inserisce nell’ambito della campagna "Smonta il bullo". Lanciata nel 2007 per contrastare il fenomeno del bullismo tra i banchi scolastici (dall’allora ministro Giuseppe Fioroni), non aveva però una sezione specifica per l’omofobia, che è stata aggiunta nei mesi passati, su impulso di Profumo e del sottosegretario Marco Rossi Doria.
Tra i primi atti del ministero, subito dopo l’insediamento di Mario Monti, c’è stata l’istituzione di un gruppo di lavoro sulle Pari Opportunità, che ha messo all’ordine del giorno il tema dell’omofobia. A ispirare il lavoro di questo team, le parole del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che in occasione della giornata contro l’omofobia del 2011, si disse preoccupato "per il persistere di discriminazioni e comportamenti ostili nei confronti di persone con orientamenti sessuali diversi. Si tratta di atteggiamenti che contrastano con i dettami della nostra Costituzione e della Carta dei diritti fondamentali della Ue".
La circolare del direttore generale , Marcello Limina, datata 10 maggio, è indirizzata ai Dirigenti delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. "L’Unione Europea ha indetto per il 17 maggio di ogni anno - sottolinea il funzionario del ministero - la Giornata internazionale contro l’omofobia (risoluzione del Parlamento Europeo del 26 aprile del 2007) ossia contro ogni forma di atteggiamenti pregiudiziali basati sull’orientamento sessuale. La giornata rispecchia i principi costitutivi sia dell’Unione Europea sia della Costituzione italiana: il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, l’uguaglianza fra tutti i cittadini e la non discriminazione. Sono le condizioni che consentono alla società di promuovere l’inclusione di tutti e di ciascuno e di battersi contro ogni offesa alle persone".
Si evidenzia, a tale proposito, il ruolo fondamentale svolto dagli istituti scolastici: "La scuola si cimenta ogni giorno con la costruzione di una comunità inclusiva che riconosce le diversità di ciascuno. E’, infatti, ad un tempo, la prima comunità formativa dei futuri cittadini e un luogo importantissimo per la crescita e la costruzione dell’identità di ciascuna persona. Così, le scuole favoriscono la costruzione dell’identità sociale e personale da parte dei bambini e dei ragazzi, il che comporta anche la scoperta del proprio orientamento sessuale. Il loro ruolo nell’accompagnare e sostenere queste fasi non sempre facili della crescita risulta decisivo, anche grazie alla capacità di interagire positivamente con le famiglie".
L’impegno contro gli atti omofobi deve essere una priorità per i docenti: "Le scuole, nello svolgere tale prezioso lavoro educativo ogni giorno, contrastano ogni forma di discriminazione, compresa l’omofobia". Per questo "il ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca intende supportare il lavoro dei docenti impegnati quotidianamente nella formazione dei propri alunni sulle problematiche relative a tutte le tipologie di discriminazione, in particolare, attraverso strumenti informativi presenti sul sito www.smontailbullo.it 2 e assicurando un primo supporto a tutti i ragazzi, i docenti e le famiglie attraverso il numero verde 800.669.696".
L’invito ai docenti e dirigenti scolastici che abbiano già realizzato progetti o iniziative sul tema delle discriminazioni omofobiche, anche in collaborazione con Associazioni ed Enti del territorio, è quello di darne comunicazione al sito "Smonta il Bullo". "Iniziative e progetti segnalati dalle scuole saranno successivamente pubblicati in un apposito spazio del sito dedicato alle ’buone pratiche’ che servirà a una riflessione corale delle scuole, anche nella prospettiva del confronto europeo su questi temi", fanno sapere dal ministero.
Un plauso all’iniziativa arriva dall’Arcigay: "La circolare - dice il presidente, Paolo Patané - rappresenta un atto fondamentale che ha in se stesso l’evidenza del suo grande spessore, laddove richiama la nostra Costituzione e la Carta dei diritti dell’Unione europea. Mi sembra che sia rilevantissimo per tre ragioni: perché per la prima volta fa della giornata mondiale contro l’omofobia un tema che doverosamente deve vivere nelle scuole un teatro essenziale; perché dimostra che stare in Europa non può voler dire solo occuparsi di pareggio di bilancio; e perché offre alle scuole un riferimento preciso all’interno del Ministero nel contrasto al bullismo. C’è poi il dato politico: un governo definito ’tecnico’ ha avuto il coraggio di salire di livello e di ricollocare un tema di giustizia come quello del contrasto all’omofobia e del diritto alla realizzazione della propria personalità in un contesto chiave come quello scolastico, sottraendolo ai beceri conflitti ideologici e riconoscendogli finalmente dignità oggettiva. Questo è l’orizzonte a cui guardiamo e su cui pretendiamo che i partiti che presto si confronteranno per il governo del Paese, dimostrino altrettanto spessore culturale e politico".
Soddisfatta Paola Concia, che ricorda di aver presentato una proposta di legge per l’istituzione di un osservatorio contro le discriminazioni e il bullismo presso il Miur (sottoscritto da circa cinquanta parlamentari bipartisan): "Sono felicissima e ringrazio sia il ministro che il sottosegretario Marco Rossi Doria, entrambi molti sensibili a questi temi. E’ una svolta, dopo gli anni della Gelmini. L’omofobia si combatte con le leggi ma anche con l’educazione, tra i banchi di scuola".
Per Giacomo Guccinelli, responsabile Rete Giovani Arcigay, quello del ministero è "un utile investimento sulle generazioni future" perché contribuisce "alla diffusione e alla valorizzazione di una cultura del rispetto, dell’inclusione e della valorizzazione di ogni tipo di differenza in ambito scolastico".
* la Repubblica, 15 maggio 2012
La Chiesa, Martini e i gay
di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 24 marzo 2012)
Nell’arco di neanche un mese tre colpi di maglio sono calati sulla pretesa della Chiesa di bloccare in Italia una legge sulle coppie di fatto. Prima c’è stato il clamoroso funerale di Lucio Dalla a Bologna: celebrato in cattedrale con tutti i crismi, permettendo al compagno omosessuale del defunto omosessuale di commemorarlo a pochi passi dall’altare.
Poi, il 15 marzo, è venuta la sentenza della Corte di Cassazione, che pur respingendo la trascrizione in Italia di un matrimonio omosessuale celebrato all’estero, ha sancito per la coppia gay, in presenza di specifiche situazioni, il diritto a un “trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”.
ORA SI FA sentire direttamente dall’interno della Chiesa il cardinale Martini, affermando che non ha senso demonizzare le coppie omosex e impedire loro di stringere un patto. Con la pacatezza che lo contraddistingue l’ex arcivescovo di Milano sfida, dunque, quella “dottrina Ratzinger” che consisterebbe nell’obbligo dei politici cattolici di uniformarsi ai “principi non negoziabili” proclamati dalla cattedra vaticana, impedendo il varo di una legislazione sulle unioni civili e meno che mai sulle unioni gay.
Da molti anni Carlo Maria Martini esercita la sua notevole libertà di giudizio, esortando con mitezza la Chiesa a non scambiare il nocciolo della fede con la fossilizzazione di posizioni non sostenibili per il sentire contemporaneo. Vale anche per la posizione da adottare nei confronti dei rapporti omosessuali, dove l’istituzione ecclesiastica è ferma da anni in mezzo al guado. Perché quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede Joseph Ratzinger aveva emanato documenti per esortare al rispetto delle persone omosessuali e ripudiare ogni tipo di discriminazione, irrisione e persecuzione. Ma al tempo stesso aveva ribadito che la pratica omosessuale rappresenta una grave offesa all’ordine morale: di qui la condanna senza appello delle relazioni uomo-uomo oppure donna-donna. Con la conseguenza di sabotare in Italia i tentativi dell’ultimo governo Prodi di approvare una legge sulle coppie di fatto.
Nel libro Credere e conoscere (ed. Einaudi), dove dialoga con il chirurgo cattolico Ignazio Marino esponente del Pd, il cardinale Martini afferma invece che vi sono casi in cui “la buona fede, le esperienze vissute, le abitudini contratte, l’inconscio e probabilmente anche una certa inclinazione nativa possono spingere a scegliere per sé un tipo di vita con un partner dello stesso sesso”. Nel mondo attuale, sostiene il porporato, questo comportamento non può venire “né demonizzato né ostracizzato”. E perciò Martini si dichiara “pronto ad ammettere il valore di un’amicizia duratura e fedele tra due persone dello stesso sesso”.
L’EX ARCIVESCOVO di Milano, peraltro, sottolinea il significato profondo del fatto che Dio ha creato l’uomo e la donna e quindi il valore primario del matrimonio eterosessuale e aggiunge anche di non ritenere un “modello” l’unione di coppia dello stesso sesso. E tuttavia, attento ai bisogni delle persone nella loro umanità, il cardinale afferma che se due partner dello stesso sesso “ambiscono a firmare un patto per dare una certa stabilità alla loro coppia, perché vogliamo assolutamente che non sia?”. Le motivazioni del matrimonio tradizionale, spiega, sono talmente forti che non hanno bisogno di essere puntellate con mezzi straordinari.
D’altronde molti nella Chiesa, vescovi e parroci, la pensano come lui. Anche se non parlano. Nel 2008 la rivista dei gesuiti milanesi Aggiornamenti sociali pubblicò uno studio per dire che - ferma restando la dottrina - dal punto di vista del bene sociale era positivo dare la possibilità alle coppie gay di avere una relazione stabile regolamentata dal diritto. E quindi era giusto legiferare in materia.
I VERTICI ecclesiastici, sulla questione, chiudono occhi e orecchie. Eppure è un segnale che alla televisione, intervenendo a Otto e mezzo, il leader cattolico Pier Ferdinando Casini si sia detto pubblicamente d’accordo con la sentenza della Cassazione, rimarcando che le “coppie omosessuali hanno diritto alla loro affettività e a essere tutelati nei loro diritti”. Casini ha fatto un esempio concreto: “Se convivo da trent’anni con una persona, in tema di asse ereditario bisogna essere sensibile a quella persona che ha convissuto con me”. È uno dei motivi per cui una legge è necessaria. Ed è bene che in parlamento si torni a parlare di alcune proposte di legge sin qui congelate.
Il teologo David Berger:
“Papa Benedetto XVI è gay”
Secondo lo studioso “quando si parla tra studiosi in privato, tutti concordano sull’omosessualità di Ratzinger”. Indignati i cattolici
di Emiliana Costa *
“Papa Ratzinger è gay”. La scioccante dichiarazione è di David Berger, il teologo tedesco che nel novembre scorso era salito alla ribalta delle cronache per aver fatto coming out e aver lanciato input pruriginosi sull’omosessualità di molti preti nella chiesa cattolica. A distanza di pochi mesi, Berger è tornato con un pettegolezzo choc sulle inclinazioni sessuali di Benedetto XVI. E lo ha fatto dalle colonne del mensile gay “Fresh”.
Secondo il teologo “quando si parla tra studiosi in privato, tutti concordano sull’omosessualità di Ratzinger. Lui viene da una cultura clericale nella quale il tema dell’amore per persone dello stesso sesso era totalmente tabù. Quello che odia in sé lo proietta sugli altri e lo disprezza”.
Nel suo libro “Una sola illusione: un teologo gay nella Chiesa cattolica”ci sarebbero anche le dichiarazioni della giornalista Valeska von Roques, secondo cui Benedetto XVI durante la sua attività di cardinale avrebbe avuto storie omosessuali con alcune guardie svizzere.
“Il Papa - ha aggiunto Berger - è costantemente preoccupato dell’omosessualità, la prima cosa che ha fatto nel 2005 è stato un documento contro i preti gay, per lui sono pericolosi”. Secondo il teologo, Benedetto XVI avrebbe avuto contatti regolari con cardinali omosessuali.
Mentre sul web, la notizia rimbalza da un portale all’altro, il mondo cattolico si indigna davanti a simili dichiarazioni. Il sito cattolico kath.net sostiene che quella di Berger sia pura diffamazione di un uomo potente come papa Ratzinger. Anzi alcuni sono molto taglienti e ribattono che la tesi di Berger dimostrerebbe come l’omosessualità spenga il cervello.
Kreuz.net definisce Berger una “latrina omosessuale”, in quanto “avrebbe insultato il Papa nello squallido mensile omosessuale descrivendolo come un sodomita”.
* REPORTER: Emiliana Costa, 15 aprile 2011
Corso di educazione alle differenze affettive e sessuali
Il Cirps Consortium, consorzio universitario della Sapienza, Università di Roma e il Dipartimento di ricerche filosofiche dell’Università di Roma Tor Vergata propongono un corso di formazione professionale intitolato “Corso di educazione alle differenze affettive e sessuali”.
Il corso si propone di informare e sensibilizzare, in particolar modo i giovani, sulle identità di genere e sugli orientamenti sessuali, anche alla luce delle più recenti acquisizioni scientifiche. Saranno analizzate criticamente le rappresentazioni della realtà omosessuale e transessuale veicolate dai mezzi di comunicazione di massa nel rispetto del diritto dei fruitori mediali ad accedere ad un’informazione corretta.
Durante il corso, ampio spazio verrà dedicato alla riflessione sulle cosiddette “best practices” (buone prassi). Un’azione positiva in tal senso sarà l’istituzione e l’avviamento di un Osservatorio permanente sulla comunicazione e l’informazione veicolata dai mass media sugli orientamenti sessuali (OMO, Osservatorio Media e Omosessualità). Un’altra azione positiva sarà l’istituzione del Premio giornalistico “Penna Arcobaleno”, fondato dall’Osservatorio sopra menzionato, conferito ai professionisti dell’informazione-comunicazione che hanno trattato il tema dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere con competenza e professionalità.
Il progetto (Corso di formazione, Osservatorio e Premio giornalistico) finanziato dalla Provincia di Roma e dall’Unione Europea è stato ideato dal giornalista Pasquale Quaranta con il coordinamento tecnico di Valeria Troya, esperta in progettazione europea (Cirps Consortium) e di René Buonocore, mediatore linguistico-culturale (Cirps Consortium).
"La proposta formativa - spiega Pasquale Quaranta - consta di 60 ore di lezione in aula più 3 mesi di tirocinio e si articola in tre moduli: sociale, salute e benessere, sicurezza. Il corso fornisce strumenti d’intervento per allievi motivati a muoversi nell’ambito dell’informazione e comunicazione non stereotipata rispettosa delle identità di genere e degli orientamenti sessuali. Gli argomenti trattati vanno dal bullismo omofobico tra i banchi di scuola agli studi gay e lesbici in ambito accademico, alla comunicazione glbt; dal minority stress al coming out in famiglia, fino alla genitorialità omosessuale; dai pronunciamenti della giurisprudenza alle leggi vigenti; dai femminielli nella cultura napoletana al transessualismo; dalla prostituzione maschile alle politiche di riduzione del danno; dalle infezioni a trasmissione sessuale al mobbing sul luogo di lavoro".
Il Corso di educazione alle differenze affettive e sessuali è supportato, tra gli altri, da Agedo (associazione genitori di omosessuali), Arcigay, Arcilesbica, Famiglie Arcobaleno (associazione genitori omosessuali), Rete Lenford (avvocatura per i diritti glbt), Certi diritti (Associazione radicale), Circolo Mario Mieli di Roma.
“La possibilità - conclude Pasquale Quaranta - di avere un confronto tra giovani e ricercatori, studiosi e autori, attivisti e militanti, esponenti della cultura, dell’informazione-comunicazione, permetterà di fornire indicazioni utili ai corsisti che riceveranno un’educazione al rispetto delle differenze affettive e sessuali”.
Il bando del corso, che resterà aperto fino al 14 marzo 2011, è consultabile al link http://www.cirpsconsortium.net/05ServPersDiffAffettive.aspx
La sede, le date e l’orario delle selezioni saranno indicate il 16 marzo 2011. Le lezioni si teranno a partire dal 28 marzo 2011 presso la sede del Cirps Consortium (Palazzo Doria Pamphilj), in Piazza della Costituente a Valmontone (RM). La partecipazione al corso è gratuita ed è prevista un’indennità di frequenza per i disoccupati pari a 3 euro per ogni ora di corso effettivamente frequentata, previa presenza ad almeno il 70% del monte ore del corso. Al termine del corso, gli allievi che avranno superato le prove d’esame, conseguiranno un attestato di frequenza valido agli effetti della Legge Regionale n. 23 del 25 febbraio 1993. Per ulteriori informazioni rivolgersi allo 06 959938216 begin_of_the_skype_highlighting 06 959938216 end_of_the_skype_highlighting - www.cirpsconsortium.net
“Omofobica e piena di gay”: il teologo cattolico David Berger racconta l’ipocrisia della chiesa tedesca
da: Adista - Notizie (n. 97, 18 dicembre 2010)
“Gran parte del clero cattolico e degli aspiranti preti in Europa e negli Stati Uniti è omosessuale”.
“Nella Chiesa cattolica esiste una connessione tra la sessualità repressa e l’omofobia”.
A
pronunciare queste parole è il teologo cattolico tedesco David Berger in un libro-confessione
appena uscito in Germania intitolato Der heilige Schein. Als schwuler Theologe in der katholischen
Kirche (“La santa apparenza. Un teologo gay nella Chiesa cattolica”).
Nel suo libro Berger, ex professore della Pontificia Accademia San Tommaso D’Aquino a Roma ed ex direttore della rivista di punta dei cattolici conservatori in lingua tedesca Theologisches, snocciola i numeri della “grande ipocrisia” della Chiesa cattolica sul tema omosessualità. “Secondo studi empirici nella Chiesa cattolica tedesca la percentuale di religiosi gay si aggira tra il 25% e il 40%. Alcuni teologi, come Wunibald Müller, stimano che nei seminari i docenti gay siano addirittura il 50%. Negli Usa la percentuale di preti gay è stimata tra il 25 e il 50%”. Berger racconta che lui stesso, da teologo cattolico convivente con un partner, per molti anni ha dovuto subire come un incubo l’atmosfera ostile ai gay della sua Chiesa, fino a quando, nell’aprile del 2010, ha deciso di fare outing, ricevendo dopo poche settimane la lettera di licenziamento dall’Accademia pontificia. Per spiegare la propria appartenenza agli ambienti più tradizionalisti della Chiesa cattolica, da cui ora prende le distanze, ma ai quali deve la sua carriera fulminante,
Berger si richiama alla sua precocissima “fascinazione per la liturgia latina e tridentina”. “Proprio l’estetica del culto tradizionalista - spiega - esercita una particolare attrazione sui gay”, anche se d’altra parte “è tra i difensori della liturgia tridentina che si trova l’omofobia più radicale”. Alla base di questo paradosso, ha spiegato in un’intervista rilasciata al settimanale Der Spiegel, c’è un meccanismo inquietante: “La sublimazione omosessuale è una radice e un nutrimento continuo del culto della Chiesa tradizionale, ma è anche un meccanismo di resistenza all’omosessualità, che spiega l’omofobia diffusa tra gli amici del rito classico e tra gli avversari della riforma liturgica”. Sulla confessione pubblica di Berger si era già espresso il teologo morale Eberard Schockenhoff.
In un’intervista rilasciata il 26 aprile 2010 alla Frankfurter Rundschau, Schockenhoff aveva dichiarato che la confessione di Berger accende i riflettori sui “pericoli mortali della doppia morale” della Chiesa cattolica sull’omosessualità. “Ci sono ambienti gay clericali - ha affermato - dove la sessualità viene vissuta esclusivamente in luoghi anonimi e con partner sessuali occasionali, per non incorrere nei pericoli di una relazione di lungo periodo che alla lunga non può essere nascosta. Le regole della dottrina morale del cattolicesimo finiscono per promuovere sesso poligamo, anonimo (spesso anche non protetto), con tutti i rischi connessi per la salute dell’anima e del corpo”.
C’è forse un implicito riferimento anche a questa realtà - si chiedono ora i giornali tedeschi - dietro le ultime dichiarazioni del papa, laddove come esempio di eccezione giustificabile nell’utilizzo del condom questi ha parlato espressamente di “uomini che si prostituiscono”?
LA CROCE SUGLI OMOSESSUALI
La redenzione vaticana dei preti gay (MicroMega, Editoriale - 15.01.2009
di Franco Grillini )
Ha ragione Pierfranco Pellizzetti quando dice che la chiesa cattolica è irriformabile dall’interno e la questione dei “preti gay” lo conferma. La vicenda è tornata alla ribalta dopo la pubblicazione di un articolo dello psichiatra Vittorino Andreoli su omosessualità e sacerdozio sull’Avvenire del 7 gennaio. Il giorno successivo Marco Politi su Repubblica in prima pagina riporta il commento a questo articolo di vari personaggi tra cui il sottoscritto. Andreoli dice che non essendo l’omosessualità una malattia andrebbe riconsiderata l’esclusione dei gay dal sacerdozio. Il direttore del quotidiano dei vescovi Dino Boffo dice che la cosa si può discutere. Ma dato che in vari documenti ufficiali del Vaticano e dell’attuale chiacchieratissimo papa si dice esattamente il contrario, evidentemente anche questo dibattito è la spia di un più vasto dissenso che percorre i sotterranei vaticani, soprattutto verso un papato che non entusiasma e che non decolla (prova ne sia il crollo dell’audience: in un solo anno 1 milione e 800 mila fedeli in meno in piazza san Pietro).
La croce sugli omosessuali, mi si perdoni l’irriverente metafora, la si è buttata soprattutto di recente, tentando di sviare le gigantesche responsabilità della gerarchie romano cattolica per i clamorosi scandali sessuali che l’hanno scossa un po’ in tutto il mondo, ma con l’epicentro nella chiesa americana, la più ricca. Anzichè mettere in discussione il ridicolo obbligo di celibato, ovvero di astinenza, cioè di castità, del clero cattolico che sta alla base di ogni manolesta clericale, si è voluto cercare un comodo capro espiatorio dando la colpa a qualcun altro e chi, se non gli omosessuali e l’omosessualità, poteva fungere da perfetto capro espiatorio rispetto ad una chiesa innocente e illibata?
Ecco allora che una istruzione tutta interna, come quella sul reclutamento dei preti, è stata presentata alla stampa mondiale con dovizia di particolari e un gran strombazzamento mediatico. I gay non possono essere ammessi al sacerdozio cattolico. A tal fine, e per scovare i furbetti che si intrufolano, i seminaristi verranno sottoposti ad esami severi per accertarne una sana e robusto eterosessualità.
Peccato che tutto ciò sia illecito sul territorio italiano sia per quanto riguarda la nostra legislazione che in materia di tutela della privacy (e soprattutto per ciò che riguarda i dati sensibili come quelli sulla sessualità) è chiarissima sia perché non essendo l’omosessualità una malattia tutti gli psichiatri e psicologi che si prestassero a una tale porcheria sarebbero passibili di espulsione dai rispettivi ordini professionali.
D’altra parte se un prete non deve fare sesso in alcun modo che differenza fa se uno è gay o etero? Possiamo pure dire chi se ne frega se la chiesa di Roma recluta chi gli pare, visto che dal mestiere di prete sono eslcuse anche le donne? Vero. Tuttavia quando si da un rilievo così grande a una discriminazione, questa assume un significato che travalica la questione in se e il risultato è quello di una pesante campagna omofobica cui è lecito e necessario reagire con forza.
Ma la domanda vera è: è possibile per un maschio adulto e in buone condizioni di salute passare una intera vita in castità ovvero in assenza totale di vita sessuale? Da psicologo quale sono dico un deciso no, non è possibile, pena una grave e sadica sofferenza umana. Se si esclude una quota della popolazione che è di fatto asessuata (si parla del 10-11%) e che non ha esigenze sessuali particolari, il resto non solo ne ha bisogno, ma per avere una certa serenità e una vita sessuale normale dovrebbe fare sesso tra le due e le tre volte a settimana. Dal che se ne deduce che anche i preti, in maggioranza, se non si vuole essere “contram naturam”, si danno da fare e anche parecchio, ogni settimana se non ogni giorno, omo o etero che siano. Il che significa che in Italia su 33 mila preti, tolti quelli troppo vecchi e quelli a cui l’astinenza non da fastidio, almeno 20 mila si danno molto da fare in materia sessuale come tutti gli esseri umani normali. Se questo è vero, significa che siamo di fronte a una gigantesca ipocrisia, ovvero di una religione, l’unica nel globo, che impone un’impraticabile astinenza al suo clero. Il quale, nell’impossibilità di mettere mano a un sesso normalmente praticato, mette mano su quello che ha a disposizione e tutti possiamo immaginare su cosa.
Personalmente ricordo nella mia infanzia un prete che in confessionale mi chiedeva se mi “toccavo” e a quell’età non sapevo proprio che volesse dire. Visto che la legge italiana vigente definisce come bambino tutti coloro che hanno meno di 18 anni sarebbe così difficile chiedere al Vaticano di vietare qualsiasi domanda a contenuto sessuale in confessionale ai minori di 18 anni?
E sarrebbe così drammatica una riforma semplice semplice che consentisse al clero di sposarsi e di avere una normale vita sessuale e di coppia? Vista, tra l’altro, l’ossessiva campagna per la natalità e la famiglia uomo donna non sarebbe il caso di dare l’esempio in prima persona?
Da agnostico quale sono mi chiedo infine, perché mai un omosessuale sano di mente dovrebbe fare il prete cattolico, ovvero il ministro di una religione che, almeno nella sua versione ufficiale, è ossessionata dagli omosessuali e dall’omosessualità (sul perché di questa ossessione magari torneremo in un secondo momento se i lettori di questo sito sono interessati) e che quasi ogni giorno dal pulpito di San Pietro lancia strali su strali verso una delle comunità umane, quella lgbt (lesbica, gay, bisessuale, transessuale), più tranquilla e più mite che la storia umana ricordi.
Forse è proprio la monosessualità del clero cattolico una delle principali attrattive di questa professione in crisi che è ormai così difficile e sofferente che i numeri degli addetti sono impietosamente crollati e si debbono “importare” preti come si importano le badanti.
Probabilmente una mano pietosa dovrebbe aggiungere anche quello del prete nel novero dei mestieri tutelati in quanto “usuranti”.
In ogni caso, per fortuna, esistono apparati religiosi meno rigidi, come quello della chiesa episcopale americana dove un prete omosessuale, il reverendo Gene Robinson, è stato eletto alla carica di vescovo e in questa veste parteciperà all’inaugurazione della nuova presidenza americana. Un altro mondo, un altro pianeta.
Perche’ non posso essere cattolico
di Massimo Consoli
E’ da quando ho raggiunto una certa maturita’ politica che ho notato un fatto curioso: ogni volta che mi sono trovato a confrontarmi con un mio diritto, che mi sembrava naturale e legittimo, ad impedirmi di usufruirne si ergeva sempre una particolare classe di individui.
Perche’ “particolare”?
Perche’ tra di loro, questi individui, avevano delle caratteristiche speciali che li caratterizzavano in un certo modo: erano cattolici.
Ho sofferto molto, durante la mia infanzia e adolescenza. Ho sofferto molto fino all’eta’ di diciassette anni. Ho pensato in maniera ossessiva al suicidio. E questo perche’? Per un solo motivo: ero gay e non mi accettavo.
Ho cominciato piuttosto presto a capire che c’era qualcosa, in me, che non rientrava nel gradimento generale della societa’.
Ho utilizzato tutti gli strumenti che avevo a disposizione. Ho comprato un numero infinito di libri e di giornali cercando di capire chi fossi e per quale motivo. Ho parlato con chiunque fosse disposto ad ascoltarmi (ben poche persone, in realta’), e mi sono sentito sempre peggio, come se stessi sprofondando in chissa’ quale baratro di abiezione e perversione.
La chiesa cattolica mi ha spiegato, con abbondanza di particolari, che io non avrei mai potuto aspirare al regno di Dio, non importa cosa avessi fatto di buono nella vita. Sarei potuto essere la persona migliore del mondo, ma il fatto di essere gay mi assegnava automaticamente un biglietto di sola andata per l’inferno.
Ma questo non m sembrava giusto! Com’era possibile che io fossi responsabile di un qualcosa del quale non avevo nessuna responsabilita’, che non avevo voluto e che non avevo cercato in nessun modo? Come poteva essere giusto un Dio che mi condannava senza possibilita’ di appello, senza permettere di giustificarmi in alcun modo? Un Dio che mi si presentava feroce, malvagio, impietoso ed anche falso e ipocrita perche’ appariva sotto altre vesti che non gli spettavano.
Col trascorrere del tempo ho cercato di approfondire questo argomento che mi stava cosi’ a cuore. Una delle cose che piu’ mi appassionavano era la religione, la storia della religione, la storia del cristianesimo. Cosi’, ho potuto scoprire che, in effetti, la mia non era stata una sensazione. Il cristianesimo, e soprattutto il cattolicesimo romano, mi appariva sempre piu’ come un’istituzione che mirava soltanto ad una cosa: il potere! Tutto il resto era una sovrastruttura necessaria per confondere gli ingenui e abbindolare i puri di cuore, per farli cadere nella rete e presentarli all’esterno come modelli da imitare, visto che le gerarchie ecclesiastiche erano abitualmente impresentabili.
Il cristianesimo condanna il politeismo, ma in nessuna religione ci sono cosi’ tanti dei (chiamati «santi») come nel calendario cattolico.
Parla della necessita’ di esser poveri, ma la Chiesa e’ stata per secoli la struttura piu’ ricca e potente.
Vuole i suoi sacerdoti celibi, ma pretende sposato il resto della popolazione.
E’ sempre stato contro l’omosessualita’, ma in nessuna comunita’ come nel clero questa la si pratica con cosi’ tanta convinzione.
Dice agli altri: "Crescete e moltiplicatevi", sostenendo che coloro che non vogliono i figli sono degli egoisti, ma loro si guardano bene dal mettere su famiglia.
Invita a «non uccidere», ed e’ responsabile dei piu’ grandi eccidi nella storia dell’umanita’.
Dice di non fare guerre, e sono poche quelle non scatenate dal Papa.
Del resto, sono proprio loro hanno inventato un detto: «fai quello che il prete ti dice di fare, ma non fare quello che fa lui».
Ci sono sempre stati dei preti a nostro favore. Fin da quando ero bambino sentivo i piu’ grandi che dicevano: “Le acque si stanno smuovendo. Avete sentito cosa ha detto don Filippo, quel prete di Modena secondo il quale anche gli omosessuali possono andare in paradiso?”.
Troppi ce ne sono stati di preti di Modena, di Firenze, di Reggio Calabria, di Torino e di chissa’ddove. Ma dove sono finiti? E’ la chiesa di Roma quella che conta e che e’ sempre, drasticamente, antiomosessuale. Tutti gli altri sono polvere sollevata artificialmente per confondere, nascondere, illudere.
Questo puo’ sembrare strano. Ci sono molti studi, molte ricerche (Sipe, Wagner...) che rivelano come nel clero cattolico ci sia una percentuale di omosessualita’ che arriva fino all’80 per cento! Com’e’ possibile che una struttura che ne e’ cosi’ profondamente impregnata rinneghi se stessa fino a questo punto?
In realta’, bisogna stare attenti alle parole. La chiesa di Roma e’ stata sempre molto brava nel linguaggio usato. Spesso ha impiegato secoli per modificare il senso delle parole e portarlo a soddisfare i propri interessi (vedi il caso dei Benandanti, sul quale Carlo Ginsburg ha scritto un libro illuminante).
In questi ultimi anni la chiesa ha operato una sottile distinzione tra “omosessuali” e “gay”. E noi, oggi, stiamo assistendo ad una lotta feroce tra gli omosessuali, che sono quelli che vivono con dolore la propria condizione e sono sottomessi alla sua autorita’, ed i gay, che sono quelli che rivendicano con orgoglio quella stessa condizione e pretendono di essere felici anche al di fuori del suo magistero.
E’ logico che vinceranno i gay, perche’ sono ormai storicamente predisposti alla vittoria, ma e’ anche vero che, dopo questa guerra, la chiesa di Roma ne uscira’ fuori profondamente trasformata.
Massimo Consoli
VATICANISSIMA!
Papi e omosessualità, cosa nasconde il Vaticano?
di Giovanbattista Brambilla *
All’annuncio dell’uscita del libro "No, no, no! Ratzy non è gay", di Angelo Quattrocchi, Malatempora Editore di Roma, mi sono immaginato ciò che il viperino Roger Peyrefitte (1907-2000), se fosse ancora tra noi, avrebbe potuto commentare sulla relazione tra Papa Ratzinger e don Georg. Sin dalla quarta di copertina si legge: Perché è omofobo da sempre? Perché si è preso un segretario così bello che lo segue ovunque e gli aggiusta il mantello? Perché ha una dottrina così rigida e una sartoria così garrula, praticamente un coming-out sartoriale? In questo libro le risposte.
Augurandomi che tutto possa essere palesato, mi viene in mente il petardo che il francese Peyrefitte fece esplodere nel 1976 dichiarando, sulle pagine dalla rivista francese "Lui", l’omosessualità di Paolo VI (1897-1978) in risposta alle sue condanne ai gay (assai blande, ad onore del vero, rispetto quelle mitragliate da Ratzinger).
Peyrefitte disse che quando Giovanni Battista Montini era l’Arcivescovo di Milano aveva amato l’attore Paolo Carlini (1922-1979), da cui prese in suo onore il nome quando fu eletto pontefice. Ed in effetti erano secoli che nessun papa assumeva tale nome. Seguì una manifestazione del FUORI in Piazza San Pietro, presto dispersa a causa dello slogan inalberato dai “diversi”: Paolo, combattiamo anche per te... La Domenica delle Palme, dal suo balcone, Paolo VI addolorato denunciò: "Le cose calunniose e orribili che sono state dette sulla mia santa persona...".
Le chiese di tutto il mondo organizzarono veglie per mondare con la preghiera tali accuse. Peyrefitte rispose: Sono rattristato che la Chiesa si intrometta in affari che non la riguardano, perché non credo che l’omosessualità metta in pericolo la Chiesa cattolica, ma sono anche commosso perché io penso che per Sua Santità sia stato un modo indiretto di fare una pubblica confessione.
Non pago, nel 1978, Peyrefitte spettegolò su Pio XII Pacelli (1876-1958) col suo nuovo libro “Scene di caccia” ( Garzanti editore), attribuendogli una relazione appassionata con l’architetto dei palazzi vaticani.
Ma dicerie del genere fanno parte della storia pontificia. Il primo papa a farsi una nomea fu (guarda caso!) Benedetto IX Tuscolo (1021-1052), eletto a soli 12 anni in piene lotte politiche medioevali, fu accusato di simonia (cioè la pratica di vendere e comprare cariche ecclesiastiche), d’orge gay e soprattutto d’aver venduto ad una cifra strabiliante il trono per più di un anno al romano Giovanni Graziano, col nome di Gregorio VI. Deposto poi dall’imperatore Enrico III, finì con l’avvelenare il suo sostituto tedesco Clemente II e ritornare al potere fino al 1048, per poi morire scomunicato 4 anni dopo.
Ma l’epoca d’oro dell’omosessualità in Vaticano arrivò con grande sfarzo e ritmo incessante negli splendori del Rinascimento.
Paolo II Barbo ( 1417-1471), veneto nipote di un papa, riuscì a far pacificare i principi italiani, fece guerra ai turchi e minacciò di scomunica il re di Francia che non voleva pagargli le tasse. D’una vanità senza limite, effeminatissimo, si vestiva con tessuti d’oro guarniti di diamanti, ribattezzandosi Formosus cioè “Il Bello”. La sua favolosità era talmente risaputa che il popolo lo soprannominò “Nostra Signora Paola”. Collezionista di statue, gioielli, e bei giovani. Morì proprio a causa d’un attacco di cuore durante un rapporto sessuale con un paggio. Uno dei suoi successori propose di chiamarlo Maria Pietissima, per la sua inclinazione a scoppiare in pianto durante le crisi di nervi.
A lui succedette Sisto IV della Rovere ( 1414-1484) ed è il papa da cui prende il nome la Cappella Sistina. Nominò cardinali giovanissimi e celebri per la loro bellezza, tra cui il diciassettenne, nipote e amante, Raffaello Riario.
Anche il futuro Giulio II della Rovere (1443-1513), noto come "il Papa guerriero", era suo nipote e si deve a lui le decorazioni di Michelangelo per la Sistina. Fu soprattutto un politico nella guerra tra Francia e Germania, tanto che l’imperatore di tedesco per avere come alleato l’inglese Enrico VIII gli rese nota la pederastia del papa. Nel 1511 il Concilio di Pisa lo depose, fu definito "sodomita" e accusato di aver infettato la chiesa con la sua corruzione. Ma tra i due fu proclamato papa Alessandro VI Borgia (1431-1503), bisessuale e padre dei celebri e famigerati Lucrezia e Cesare Borgia (anch’esso bisex, di cui si dice aver violentato il bellissimo e forzuto principe di Faenza Astorre Manfredi).
Forse tutto ciò fa parte della propaganda anglicana, da una parte, e del predicatore Savonarola, dall’altra. Difficile scoprirlo ma il crudele papa Borgia morì avvelenato e il suo cadavere fatto sparire senza tante cerimonie.
Ma ritorniamo a Giulio II, a lui succedette immediatamente uno dei papi più chiacchierati: Leone X de Medici (1475-1521). Il suo favorito fu il nobile fiorentino Andrea Degli Albrizzi. Dopo un salto temporale di dodici anni e due papi, ritornano le chiacchiere sull’omosessualità d’un nuovo pontefice: Paolo III Farnese (1468-1549). Bisessuale e padre di Pier Luigi Farnese ( 1503-1547), il quale aveva il permesso pontificio di rapire e stuprare tutti i ragazzi che gli piacevano. Il papa si limitò a deplorare blandamente l’incoscienza giovanile del figlio e lo nominò Duca di Parma e Piacenza. Restò famoso il cosiddetto “oltraggio di Fano”, riportato pure dallo storico Benedetto Varchi (1503-1565). In occasione di una ispezione Pier Luigi si recò a Fano, dove fu accolto con tutti gli onori dal vescovo Cosimo Gheri, un ragazzo poco più che ventenne. Il giorno successivo il Farnese incontrò nuovamente il vescovo e manifestò le sue intenzioni: cominciò, palpando e stazzonando il vescovo, a voler fare i più disonesti atti che con femmine far si possano. Tuttavia il vescovo non era disponibile e si opponeva in maniera decisa. Pier Luigi lo fece legare e, sotto la minaccia dei pugnali delle guardie, lo violentò. Non sopportando l’umiliazione per l’oltraggio subito, dopo poche settimane il vescovo morì. Qualcuno pensa che il ragazzo fu fatto avvelenare dallo stesso Pier Luigi, per non far trapelare la notizia dello stupro.
Succedette al Farnese lo sfarzoso Giulio III del Monte (1487-1555), preso di mira dal famoso Pasquino per le sue tendenze omosessuali. Nominò cardinale il suo mignon, di 17 anni, nipote adottivo Innocenzo del Monte (1532-1577) e organizzò orge con altri porporati di poco più grandi.
Alla sua morte fu eletto, per reazione, un papa d’alta moralità e spiritualità che però schiattò dopo un mese. Così fu eletto un notorio omosessuale Paolo IV Carafa (1476-1559) ma, guarda caso, a lui si deve la creazione del Ghetto a Roma, l’Indice dei Libri Proibiti e i tribunali dell’Inquisizione che tanti gay mandarono al rogo. Alla sua morte i romani si vendicarono buttando la sua statua nel Tevere.
Dopo 21 anni salì al soglio il bolognese Gregorio XV Ludovisi (1554-1623), la vox populi lo diceva fròscio. Tanto che il Tallemant des Réaux (1619-1692) riportò pettegolo: Poiché il Ludovisi aveva nominato marchese il suo bardassa (ndr: amante passivo) giocando sul doppiosenso di “marchese”(cioè: mestruazione) si sparse questa battuta: “Mai culo aveva fatto marchese”!
Omofobia
Offese ai gay, Insulti ai fedeli
L’omelia di mons. Matarrese
di Laura Eduati *
Che sia chiaro, «i gay non possono essere considerati cristiani». Lezione di catechismo con digressione omofoba, quella impartita il 26 maggio da mons. Giuseppe Matarrese, vescovo di Frascati, ad un gruppo di ragazzini in preparazione per la cresima.
Il fatto è accaduto a Montecompatri, piccolo paese in provincia di Roma, ed è stato riportato dalla agenzia cattolica Adista che da lunedì darà un resoconto dettagliato della vicenda. Il vescovo stava parlando della famiglia, della famiglia naturale eterosessuale, quando ha sentito il dovere di spiegare il posto degli omosessuali: fuori dalla Chiesa. Una dottrina in chiaro contrasto con il magistero cattolico, visto che le pecorelle smarrite vanno accolte. Probabilmente mons. Matarrese ha voluto parlare chiaramente, per farsi capire meglio dai giovani ragazzi. Che hanno afferrato il concetto. Una ragazzina presente al ritiro spirituale ha alzato la mano e lo ha contestato: «Secondo me non è giusto».
Così ha detto: «Secondo me non è giusto perché i gay invece possono amarsi come un uomo e una donna». E qui, racconta Adista, il vescovo 73enne ha perso la pazienza, zittendo in malomodo la ragazzina ribelle chiamandola "scema" e rivolgendo un irritato "hai la capoccia vuota" ad una compagna che tentava di difendere l’amica. Peggio: mons. Matarrese si è rivolto ai genitori e al parroco pretendendo le scuse da parte dei cresimandi, minacciando di escluderli dalla celebrazione del giorno successivo. Mamme e papà preoccupati hanno tentato di convincere i figli, inutilmente. Le scuse non sono arrivate. Il vescovo ha comunque deciso di impartire la cresima ai ragazzi ribelli e agli adulti che li accompagnavano, ma si è tolto un sassolino dalla scarpa: durante l’omelia, ha parlato direttamente con i genitori invitandoli caldamente di tenere sott’occhio i figli che «evidentemente si sono allontanati dalla retta via». "Liberazione" ha tentato di raggiungere telefonicamente mons. Matarrese, che però si trova in ritiro spirituale e non ha potuto fornire una spiegazione.
Ruiniano di ferro, il vescovo di Frascati è fratello del più celebre Antonio Matarrese, presidente della Lega Calcio, e di Vincenzo, presidente della squadra di calcio del Bari. Non ha mai fatto mistero delle sue posizioni politiche. Alla vigilia delle amministrative 2005 aveva organizzato un incontro con trenta preti della sua diocesi e il candidato regionale Francesco Storace, poi battuto da Piero Marrazzo. «Sono di destra. Che c’è di male a dire: "Votate Storace"?». Una famiglia, i Matarrese, schierata completamente a destra: la sorella è sposata con un senatore di Forza Italia, mentre Antonio faceva parte della direzione nazionale dell’Udc ed ex segretario provinciale a Bari del partito di Casini.
L’episodio di Montecompatri non è isolato. Poche settimane fa un sacerdote del barese aveva negato la comunione ad un giovane. Un fatto sgradevole: il prete ha atteso che il ragazzo si avvicinasse durante la messa per ricevere l’ostia e lo ha allontanato dicendo apertamente e davanti ai fedeli «No, a te no perché sei gay». Il movimento gay-lesbo-trans-bisex e queer denuncia da tempo una recrudescenza dell’omofobia in Italia. Scritte xenofobe dell’estrema destra a parte, gli omosessuali si lamentano apertamente delle opinioni anti-gay espresse quotidianamente da politici ed esponenti della Chiesa cattolica.
Pochi giorni fa andava in onda sul Tg2, ha denunciato Franco Grillini, un appello di Buttiglione al movimento omosessuale perché condanni apertamente la pedofilia, «come se ci fosse una qualche continguità».
* Il Dialogo, Domenica, 24 giugno 2007
BENEDETTO XVI°- “L’OMOSESSUALITA’ E’ UN PECCATO CHE GRIDA VENDETTA AL COSPETTO DI DIO”
di Francesco Cossiga
SANTO PADRE LEI CHE HA PROMOSSO, NELLA PIENA RIAFFERMAZIONE DELLA DOTTRINA MORALE DELLA CHIESA, COMUNE ANCHE ALLE ALTRE GRANDI RELIGIONI MONOTEISTE CIRCA L’OGGETTIVO E INTRINSECO GRAVE DISORDINE DELLE RELAZIONI OMOSESSUALI, GIÀ DEFINITE DAI CATECHISMI CATTOLICI COME «PECCATI CHE GRIDANO VENDETTA AL COSPETTO DI DIO» *
Santo Padre, ho l’onore di conoscerla di persona e attraverso i suoi scritti da molti, molti anni. E so bene quali siano le Sue doti non solo d’intelligenza e di carità cristiana, ma di comprensione e di tolleranza...
Quando prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede Lei ha promosso, nella piena riaffermazione della dottrina morale della Chiesa, comune anche alle altre grandi religioni monoteiste circa l’oggettivo e intrinseco grave disordine delle relazioni omosessuali, già definite dai catechismi cattolici come «peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio», ha promosso documenti dei Vescovi e della stessa Congregazione che prescrivono il dovere di ogni cristiano di rispettare la dignità delle persone omosessuali.
Le scrivo questa lettera per chiederle scusa, oltre che a Lei come Vescovo di Roma, come a cittadino elettivo di questa città che La ospita da oltre venticinque anni. Le chiedo scusa per le offese che sono state recate alla Chiesa di Roma, ai suoi simboli e ai suoi principi, e direttamente alla Sua persona da parte dei partecipanti di una manifestazione priva di decoro e di dignità.
Io le chiedo scusa come semplice cittadino di questa città e come cattolico, cattolico liberale che crede fermamente nella libertà e nella civile tolleranza, ma «cattolico infante» che, anche se un giorno ricoprì quasi occasionalmente alcune cariche rappresentative dello Stato, nessuna influenza ha né alcun ruolo riveste ormai più nella vita politica e istituzionale del nostro Paese, ma che come cittadino di uno Stato democratico ha il diritto di rammaricarsi per l’offuscamento nella vita italiana per quelli che sono stati i valori storici fondanti della nostra comunità nazionale, il riconoscimento del cui carattere fondamentale fece scrivere a un grande filosofo laico e liberale un saggio dal titolo: Perché non possiamo non dirci cristiani.
Questa lettera aperta di scuse gliela avrebbe dovuta forse scrivere il Presidente del Consiglio dei ministri, cattolico e «cattolico adulto»: ma egli, e lo comprendo, non può perché ritiene che la politica e la religione debbano essere non solo distinte ma separate, e che ciò debba valere anche sul piano della buona educazione, perché il suo Governo ha dato il suo patronato a questa carnascialesca e volgare manifestazione e tre suoi ministri vi hanno partecipato insieme a leader di partiti della sua coalizione di governo, e infine perché coloro che vi hanno partecipato sono suoi elettori e suoi sostenitori. Credo vi abbia partecipato in nome della laicità anche un manipolo di «cattolici democratici».
Questa lettera aperta di scuse gliela avrebbe dovuta scrivere il Sindaco di Roma, non cattolico, ma molto ossequioso verso la Chiesa e soprattutto verso i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose che sono elettori nel Comune di Roma; ma non può perché anche suoi elettori e suoi sostenitori sono i partecipanti della sfilata dell’altro giorno. Ma anche se io non rappresento altri che me stesso, ed è assai poco - anche se penso che molti romani, cattolici o no, almeno in nome della buona educazione e dello spirito di ospitalità la pensino come me -, sono certo che vorrà accettare queste scuse da un tempo suo affezionatissimo amico (il teologo anche se cardinale era una cosa, per me «cattolico infante» il Papa è un’altra cosa!) e Suo devoto fedele.
* Il Giornale, 19/06/2007
"BRUCEREM IL VATICAN...."
di Angela Azzarro *
COME FAR ARRIVARE LA VOCE DEL GAY PRIDE AI MEDIA? COSA PENSA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI CIÒ CHE I SUOI ELETTORI, NON QUELLI DELLA DESTRA, GLI HANNO CHIESTO? FARÀ LA LEGGE SULLE UNIONI CIVILI E QUELLA CONTRO LE DISCRIMINAZIONI OMOFOBICHE? DIRÀ CHE LE OFFESE DA PARTE DEL VATICANO CONTRO GAY, LESBICHE, TRANS NON SONO PIÙ ACCETTABILI IN UNO STATO LAICO? *
Ventiquattro ore dopo il Family day i più grandi giornali e telegiornali italiani non avevano avuto dubbi: il titolo di apertura era stato dedicato - nella stampa scritta, a caratteri cubitali - al presunto milione che aveva occupato piazza San Giovanni in difesa dei valori tradizionali. I giorni successivi la litania non era cambiata: tutto un susseguirsi di dichiarazioni e servizi per dire che quella manifestazione chiedeva, pretendeva una risposta da parte della politica.
Il giorno dopo il Pride, con un milione di donne e uomini in piazza per chiedere l’estensione dei diritti a tutte e tutti, la stampa e i tg non hanno avuto lo stesso riguardo. Portare tante persone, gay, lesbiche, trans, non è bastato per conquistare i titoli di apertura, né per sperare che il lunedì fosse dedicato alle reazioni della politica. Che cosa farà da oggi il governo Prodi? Cosa pensa il presidente del Consiglio di ciò che i suoi elettori, non quelli della destra, gli hanno chiesto? Farà la legge sulle unioni civili e quella contro le discriminazioni omofobiche? Dirà che le offese da parte del Vaticano contro gay, lesbiche, trans non sono più accettabili in uno Stato laico?
Silenzio. Un assordante silenzio, con Prodi che preferisce denunciare «la brutta aria» che c’è nel Paese, riferendosi alla destra che blocca le decisioni. Insomma, per parafrasare la sua dichiarazione: aria fritta. La distanza tra i cittadini, le cittadine e la politica, anche e soprattutto quella fatta dai media, non era mai stata così ampia. Drammatica. La crisi della politica e della rappresentanza così pesante e disarmante. Se il Papa parla e offende gay, lesbiche o trans accusandoli di essere pedofili e perversi le prime pagine sono assicurate, blindate. Si riempiono subito di titoli cubitali. Poche le proteste. Poche le voci di editorialisti che si sollevano per dire che così cresce l’odio, la violenza contro gli omosessuali. Poche voci si sollevano dal pulpito dei grandi quotidiani per dire che non approvare una legge sulle unioni civili è un fatto grave, che lede l’uguaglianza sancita dalla Costituzione.
A questo punto resta la domanda: che cosa fare per conquistare spazio, visibilità alle ragioni della civiltà e della laicità? Non è bastato, nel silenzio degli organi di informazione, portare un milione di persone in piazza. Non è bastato riempire piazza San Giovanni con una manifestazione rabbiosa, ma pacifica, dura ma anche orgogliosa. No, non è bastato. Bisogna forse arrivare a gesti eclatanti davanti al Vaticano o al Parlamento, bruciarsi come gesto disperato, come un ultimo tentativo di vedersi riconosciuto un diritto? Certo è che così non si può andare avanti. La totale impermeabilità tra media e politica da una parte e società civile dall’altra è talmente alta che non si può stare più indifferenti.
Fa bene Aurelio Mancuso, presidente dell’Arcigay, a lanciare lo sciopero fiscale e a invitare lesbiche, gay, trans a restituire le tessere elettorali. In Italia le persone non eterosessuali sono considerate cittadine di serie B, non godono degli stessi diritti. Tanto vale allora non assumersi neanche i doveri oppure esasperare lo scollamento privandosi della possibilità di decidere chi votare e chi no. Forse così i politici capirebbero, forse così capirebbe anche la Chiesa che dei contributi Irpef vive. Lo capirebbero anche le cosiddette famiglie tradizionali al cui welfare contribuiscono quegli uomini e quelle donne che, oggi, non possono avere una relazione riconosciuta e tutelata, oppure come single non possono sperare in nessuna facilitazione.
Il Pride di sabato è riuscito perché ha parlato un linguaggio che coinvolge tutte e tutti. Non riguarda solo gay, lesbiche e trans. Lo ha dimostrato l’ampia partecipazione in maniera organizzata del movimento femminista e l’ampia presenza di eterosessuali. E’ importante che quel coinvolgimento continui e che le associazioni omosessuali non siamo lasciate sole in questo momento, forse il più delicato, quello più duro da digerire. Non si aspetti l’ennesima esternazione del Papa per risollevare la richiesta delle unioni civili. Deve essere un sentire comune, una richiesta continua, condivisa, in ogni sede, in ogni occasione. Ma prima di tutto bisogna affrontare il rapporto con l’informazione, metterlo al centro dell’azione politica. Oggi sicuramente i giornali daranno molto più spazio alle polemiche sullo spettacolo annullato a Bologna "La Madonna piange sperma", perché considerato blasfemo, che alle richieste di un milione di persone.
E’ il potere oppressivo che genera violenza sessuale
Alla radice di un problema, la pedofilia del preti, che è strettamente legato alla concezione della chiesa come struttura di potere
di Giovanni Sarubbi *
La messa in onda il 31 maggio scorso da parte di "Anno Zero", la trasmissione di radio 2 diretta da Santoro, del documentario della BBC sui preti pedofili, non ha secondo noi messo il dito nella piaga di un fenomeno che è un male antico e che è legato al modo stesso di intendere la chiesa da parte del cattolicesimo romano ma non solo di esso. Fin dai primi concili ecumenici, dal quarto secolo in poi, sono state emesse infatti norme contro i preti o i religiosi che abusano del loro potere sia sul piano delle violenze sessuali, sia per quanto riguarda l’appropriazione di beni delle comunità. Questi fenomeni sono nati in concomitanza con la trasformazione della Chiesa in religione dell’impero romano.
La questione dei preti pedofili mette in crisi, secondo noi, quella che i teologi chiamano “ecclesiologia”, in particolare ciò che è in discussione è il ruolo del clero, atteso che i fenomeni di perversione sessuale aventi come autori preti, e non parliamo solo di pedofilia, sono legati strettamente al ruolo di “confessori” che essi svolgono all’interno delle comunità e al potere religioso che essi esercitano sui fedeli. La quasi totalità delle testimonianze rese sia nel documentario della BBC che dagli ospiti in diretta nella trasmissione AnnoZero del 31 maggio scorso, hanno fatto esplicito riferimento a tale momento della vita comunitaria, quello della confessione.
Ma andiamo con ordine.
Durante la trasmissione di Santoro ad un certo punto il vescovo presente, mons. Fisichella, ha detto una frase a cui nessuno a risposto come si doveva. Fisichella ha detto indignato e rivolto ai preti pedofili: “Quelle persone non avrebbero mai dovuto diventare preti”. Ha, ovviamente, ragione. Ma ha torto quando si ferma a tale frase e non va oltre questa affermazione, non mettendo in discussione i criteri di reclutamento e formazione dei preti, atteso che i preti cattolici, ma ciò vale per i funzionari di tutte le religioni, vengono ordinati dalle gerarchie cattoliche, che li sceglie liberamente, che li sottopone a lunghi anni di studi in appositi luoghi di formazione che sono i seminari e di cui ha quindi la piena responsabilità. Se tanti preti, con percentuali oscillanti dal 5 al 10 percento del totale dei preti, è affetto da questi gravi disturbi della personalità riguardanti la sfera sessuale, qualche motivo di fondo ci deve pur essere. E quali sono tali motivi di fondo? Cosa non ha funzionato nella scelta di così tante persone pedofili per il ruolo di prete?
Nessuno ha posto a mons. Fisichella tali questioni, che pongono inevitabilmente sul banco di accusa oltre che il tipo di formazione che i preti ricevono in seminario, anche due altre questioni, quella del celibato obbligatorio per i preti di rito latino e quella dell’esistenza di seminari minori che accolgono bambini in età scuola elementare-media inferiore. Quest’ultima questione viola apertamente la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia del 20 novembre 1989 che fra l’altro all’Articolo 16 sancisce che : Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza, e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione. Togliere i bambini dalla famiglia in cui sono nati per chiuderli in seminario è una grave offesa alla loro dignità.
Nel passato i seminari minori erano gremiti, soprattutto di bambini di famiglie numerose e povere che decidevano di far diventare prete di solito l’ultimo nato. Ma ancora oggi esistono seminari minori, soprattutto nei paesi poveri ma anche in Italia, dove ragazzi di 10 anni vengono avviati al “sacerdozio” prima ancora di un completo sviluppo psicofisico, e quindi di una piena e completa maturazione sessuale. Sessualità che in tutti modi viene repressa, con la donna descritta come il diavolo in persona, da cui stare debitamente alla larga perchè “tentatrici” pronte a tentare sessualmente i preti per il solo gusto di “farli peccare”. Del resto l’equazione che viene insegnato a tutti i bambini è ancora oggi che sesso è uguale a peccato.
Mi permetto di citare un caso che conosco bene di un prete che è diventato tale perché verso l’età di sette anni fu sodomizzato da un adulto che aveva il doppio dei suoi anni. La cosa si ripetè più volte e la famiglia del ragazzo ne venne a conoscenza. Invece di denunciare il sodomizzatore, la famiglia prese la decisione di chiudere il ragazzo in seminario da dove è poi uscito prete e lo è tuttora. Erano gli anni subito dopo la guerra e la violenza sessuale veniva vissuta non come una violazione della propria persona ma come un proprio peccato. Sono convinto, per altri racconti che ho raccolto nel corso degli anni, che fatti simili a questi sono stati moltissimi. E chi ha subito violenze sessuali nell’infanzia è segnato per tutta la vita. Per combattere il fenomeno della pedofilia è dunque importante, secondo noi, eliminare i seminari minori ed il celibato obbligatorio che è innaturale se non è una libera scelta. Ma ciò non basta ancora per eliminare del tutto il fenomeno e ridurlo veramente ai minimi termini.
Per fare ciò bisogna cambiare radicalmente il modo di concepire la chiesa ed il ruolo del clero e questo è un problema che riguarda tutte le confessioni religiose cristiane. Il clero, variamente definito nelle varie confessioni, sacerdoti, pastori, pope, svolge un ruolo di potere all’interno delle singole comunità. I preti cattolici, in particolare, vengono formati ad essere “immagine di Cristo”, suoi vicari in terra. Il clero cattolico, che però non ha l’esclusiva di tale comportamente, è quello che maggiormente si identifica con l’idea stessa della chiesa secondo la formula “dove c’è il vescovo li c’è la chiesa”, con la nomina di preti, vescovi, cardinali e Papa che è diventata da secoli un fatto interno al clero che si riproduce per cooptazione, senza alcun controllo da parte del “popolo di Dio”.
E dove c’è un potere da gestire, qualunque esso sia, questo potere inevitabilmente comporta abusi di tipo sessuale.
E’ questa una caratteristica dominante di tutti gli imperi che di volta in volta si sono affacciati sulla scena dell’umanità. Basti pensare, per non andare molto lontano, allo sfoggio di una sessualità prorompente da parte di Berlusconi, che ultimamente si è fatto fotografare in compagnia di quello che i giornali subito hanno definito “harem”, senza che alcuno abbia gridato allo scandalo. Potere e violenza sessuale, potere e perversione sessuale vanno di pari passo.
E quando ad un prete viene dato il potere di rimettere i peccati, ascoltando in segreto i peccati degli altri, gli si da la possibilità di approfittarne se, dall’altro lato, lo si costringe ad avere una vita profondamente diversa da quella del resto della comunità, con restrizioni violente della sessualità che non può che creare i mostri di cui il video della BBC e la trasmissione Anno Zero ha mostrato solo un piccolo campionario.
Allora bisogna ribaltare il concetto su cui è costruita la chiesa. Non più “dove c’è il vescovo li c’è la chiesa”, ma l’evangelico “chi vuol esser primo serva”, o “dove c’è la comunità, l’assemblea, li può esserci un vescovo, un presbitero, qualcuno che è a servizio della chiesa”, senza alcun potere per alcuno, senza alcun tipo di mediazione con il sacro da gestire. Niente sacramenti di cui c’è un immondo commercio, niente potere di “consacrare eucaristie” con il popolo inerte. Tutti uguali, tutti impegnati a praticare il comandamento dell’amore fraterno, che esclude conversioni forzate o uso del sacro per sottomettere persone e per creare imperi. Allora si che pedofilia e violenza sessuale saranno un triste ricordo del passato.
* IL DIALOGO, Martedì, 05 giugno 2007
Questo testo, purtroppo, finirà per non produrre l’effetto sortito perché è troppo volutamente violento. Non è un testo che la mentalità italiana, così spesso amante delle espressioni sfumate, possa tollerare.
La realtà ecclesiale cattolica (ma anche di altre confessioni) è troppo complessa per poterla esaurire in poche battute.
Tuttavia non è il testo di un "demonio" che vuole distruggere tutto, come un piccola mente può credere. E’ un testo spinoso che, però, getta sul tappeto delle verità. Vediamo quali.
Prima di tutto quello che un italiano non è abituato a vedere e non capisce è che la Chiesa cattolica con il tempo è divenuta troppo clericale. A poco pare servano i "correttivi" inseriti con il Concilio Vaticanno II. In questi ultimi tempi, poi, il clero - meglio le gerarchie - decidono in nome di Dio senza neppure sentire troppo le ansie dei fedeli, i problemi della società.
Felice Malpelli esalta nel suo articolo Giovanni XXIII, cosa che non pare essere notata, proprio perché Giovanni XXIII per indole era piuttosto infastidito da curialismi e da certi untuosi clericalismi. Non dobbiamo dimenticare che questo grande papa quando improvviso’ il famoso "discorso della Luna", in apertura del Concilio Vaticano II, se entusiasmò le persone all’inverosimile per la sua semplicità, finì quasi per scandalizzare diversi uomini di curia e sicuramente scandalizzo’ il card. Giuseppe Siri per il quale questi non erano atteggiamenti da vero papa!
Nel Cattolicesimo, dunque, ci sono almeno due anime: una popolare, attenta a quello che sentono e provano le persone che vivono in questo mondo, un’altra curiale, clericale autoreferente.
Questo E’ UN DATO DI FATTO che il Malpelli sicuramente conosce ma che non mostra bene finendo per creare reazioni di rigetto al suo articolo.
Oggi prevale l’anima curiale e clericale che tende a vedere nel mondo un "demonio" mentre il mondo, per quanto afflitto da mille mali cerca, a suo modo, una risposta vera e autentica ed è, per questo, da considerare da ascoltare, non da rifiutare!
Per il nostro discorso è inutile e infruttoso analizzare se papa Ratzinger sia gay o meno, come fa Malpelli polemicamente.
A me pare molto più utile osservare che se, da un lato, fino a ieri si ammetteva spensieratamente in Seminario ragazzi che continuavano ad avere una loro vita omosessuale (di questo sono sicuro almeno per certi casi), oggi ci si ponga radicalmente contro di essi.
Quello che manca, e che Malpelli nella sua veemenza non aiuta a mostare, è un vero e proprio percorso di formazione umana, un percorso sereno ma chiaro. Sia chi accoglieva con indifferenza in seminario un ragazzo gay (e molti sono i casi di questo genere confessati e risaputi) sia chi oggi lo respinge tout-court dimostra una sola cosa: NON SA DARE UN VERO E PRATICO PERCORSO FORMATIVO!
Questo a sua volta significa che dietro alle conclamate apparenze e ai molti documenti scritti le istituzioni cattoliche (ma anche altre istituzioni, visto che questo è un problema sociale molto ampio) non riescono a dare un percorso di formazione perché una singola persona con certe caratteristiche possa costruirsi positivamente.
LA PERSONA RIMARRA’ SOLA e si dovrà costruire una identità da "prete fai da te". Non sempre ce la farà e allora ecco emergere, spesso dopo tanto tempo, gli scandali di tipo sessuale o i fatti di pedofilia nel clero.
Così, dietro alla drammatica "caccia ai gay", emerge questo dato, dato reale e inquietante, sul quale pare esistere una incapacità del mondo cattolico ufficiale di CAPIRE la portata della problematica.
Manca una vera e propria convincente confessione: "Non sappiamo affrontare questi problemi e quindi ci arrocchiamo solo su principi teorici. Non sappiamo affrontare i probelmi della vita e quindi finiamo solo per essere i guardiani della legge etica".
Dire semplicemente "NO" non è una risposta e, alla fine, è anche molto comodo. Ma con i semplici "no" ci si esclude da ogni tipo di dialogo e, quindi, ci si isola. Questo non può che portare a nefaste conseguenze che non possono essere esorcizzate attraverso pie aspirazioni devozionalistiche o con la credenza di "magiche" assistenze divine. Dio agisce nell’umano e se l’umano non è pronto e non è in grado di capire, Dio rimane impotente ad agire. Succede, allora, che le chiese logicamente si svuotino.
Caro Teologo Italiano
una formidabile riflessione: la condividiamo in pieno!!! Credo che l’implicito del discorso di Mapelli sia stato anche questo!!! Ad ogni modo, esplicitamente, ha messo il dito nella piaga. Contro ogni buon-senso e tutto il buon-messaggio, ciò che l’Istituzione-Chiesa manifesta, in tutte le lingue, è l’assoluta mancanza di "un vero e proprio percorso di formazione umana"!!! Queste le radici del suo cieco e freddo "van-gelo" e della sua magistrale "caritas" !!!
P. S.: Per un prossimo gradito intervento, possibilmente - la firma !!!.
Grazie e molti cordiali auguri, per un buon 2007!!!
Federico La Sala
CHARITAS - NON "CARITAS"! Cuore limpido e Mente lucida. iL CORAGGIO E LA COERENZA EVANGELICA DI MONSIGNOR BETTAZZI (fls).
Il Papa: solo leggi conformi al diritto naturale**
Il Papa non nasconde la sua grande preoccupazione per l’avanzata di leggi che Sua Santità considera contro la famiglia. Ma non tutti all’interno del Vaticano sono sulla stessa linea. E riferendosi al disegno di legge sulle coppie di fatto Monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea dice: «Mi pare sia una cosa abbastanza ben fatta».
«Io credo - ha spiegato monsignor Bettazzi - che abbiano trovato una soluzione che forse scontenta tutti ma perchè cerca di accontentare tutti. C’è il riconoscimento dei diritti senza arrivare a paragonare ogni convivenza con un matrimonio. Credo che - ha detto ancora - se da una parte c’erano delle spinte ad un rigoroso riconoscimento assoluto, dall’altra c’erano però dei timori spinti all’eccesso. Io credo sia una soluzione che va incontro a delle esigenze senza creare i pericoli che si temevano per la famiglia naturale».
Nessuna perplessità, quindi, sul fatto che si parli anche di coppie formate da persone dello stesso sesso?
«Da quanto ho visto si tratta di riconoscimenti dei diritti individuali. Il fatto poi che stiano insieme...anche noi in fondo nei conventi siamo persone dello stesso sesso che vivono insieme».
«Voglio puntualizzare che, - ha ribadito - come aveva detto il Presidente del Consiglio, che è un cattolico sincero, ama la famiglia e viaggia sempre con la moglie, e noi bolognesi lo conosciamo, si sono voluti difendere i diritti individuali senza creare dei grossi problemi di sconvolgimento di mentalità e di sensibilità».
* l’Unità - ** l’Unità, Pubblicato il: 09.02.07, Modificato il: 09.02.07 alle ore 16.38
IL VIAGGIO DEL PAPA *
Vivere da convertiti segno che parla a tutti
L’omelia alla Messa davanti al Sacro Convento «Il peccato impediva a Francesco di vedere nei lebbrosi i propri fratelli: l’incontro con Cristo lo aprì a una misericordia più grande della filantropia»
Benedetto Xvi
Pubblichiamo ampi stralci dell’omelia tenuta dal Papa domenica ad Assisi.
Cari fratelli e sorelle,
che cosa ci dice oggi il Signore, mentre celebriamo l’Eucaristia nel suggestivo scenario di questa piazza? Oggi tutto qui parla di conversione, come ci ha ricordato monsignor Domenico Sorrentino (...). La Parola di Dio appena proclamata ci illumina, mettendoci davanti agli occhi tre figure di convertiti. La prima è quella di Davide. Il brano che lo riguarda, tratto dal secondo libro di Samuele, ci presenta uno dei colloqui più drammatici dell’Antico Testamento. Al centro di questo dialogo c’è un verdetto bruciante, con cui la Parola di Dio, proferita dal profeta Natan, mette a nudo un re giunto all’apice della sua fortuna politica, ma caduto pure al livello più basso della sua vita morale. (...) L’uomo è davvero grandezza e miseria (...). «Tu sei quell’uomo»: è parola che inchioda Davide alle sue responsabilità. Profondamente colpito da questa parola, il re sviluppa un pentimento sincero e si apre all’offerta della misericordia. Ecco il cammino della conversione.
Ad invitarci a questo cammino, accanto a Davide, si pone oggi Francesco. Lui stesso (...) guarda ai suoi primi venticinque anni come ad un tempo in cui «era nei peccati» (cfr 2 Test 1: FF 110). Al di là delle singole manifestazioni, peccato era il suo concepire e organizzarsi una vita tutta centrata su di sé, inseguendo vani sogni di gloria terrena.(...) Gli sembrava amaro vedere i lebbrosi. Il peccato gli impediva di dominare la ripugnanza fisica per riconoscere in loro altrettanti fratelli da amare. La conversione lo portò ad esercitare misericordia e gli ottenne insieme misericordia. Servire i lebbrosi, fino a baciarli, non fu solo un gesto di filantropia, una conversione, per così dire, «sociale», ma una vera esperienza religiosa, comandata dall’iniziativa della grazia e dall’amore di Dio (...).
Nel brano della Lettera ai Galati, emerge un altro aspetto del cammino di conversione. A spiegarcelo è un altro grande convertito, l’apostolo Paolo. (...) «D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: difatti io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo» (6,17). (...) Nella disputa sul modo retto di vedere e di vivere il Vangelo, alla fine, non decidono gli argomenti del nostro pensiero; decide la realtà della vita, la comunione vissuta e sofferta con Gesù, non solo nelle idee o nelle parole, ma fin nel profondo dell’esistenza, coinvolgendo anche il corpo, la carne. (...) Francesco di Assisi ci riconsegna oggi tutte queste parole di Paolo, con la forza della sua testimonianza. (...) Egli si innamorò di Cristo. Le piaghe del Crocifisso ferirono il suo cuore, prima di segnare il suo corpo sulla Verna. Egli poteva veramente dire con Paolo: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me».
E veniamo al cuore evangelico dell’odierna Parola di Dio. Gesù stesso, nel brano appena letto del Vangelo di Luca, ci spiega il dinamismo dell’autentica conversione, additandoci come modello la donna peccatrice riscattata dall’amore. (...) A scanso di equivoci, è da notare che la misericordia di Gesù non si esprime mettendo tra parentesi la legge morale. Per Gesù, il bene è bene, il male è male. La misericordia non cambia i connotati del peccato, ma lo brucia in un fuoco di amore. Questo effetto purificante e sanante si realizza se c’è nell’uomo una corrispondenza di amore, che implica il riconoscimento della legge di Dio, il pentimento sincero, il proposito di una vita nuova. (....) Che cosa è stata la vita di Francesco convertito se non un grande atto d’amore? Lo rivelano le sue preghiere infuocate, ricche di contemplazione e di lode, il suo tenero abbraccio del Bimbo divino a Greccio, la sua contemplazione della passione alla Verna, il suo «vivere secondo la forma del santo Vangelo» (2 Test 14: FF 116), la sua scelta della povertà e il suo cercare Cristo nel volto dei poveri. È questa sua conversione a Cristo, fino al desiderio di «trasformarsi» in Lui, diventandone un’immagine compiuta, che spiega quel suo tipico vissuto, in virtù del quale egli ci appare così attuale anche rispetto a grandi temi del nostro tempo, quali la ricerca della pace, la salvaguardia della natura, la promozione del dialogo tra tutti gli uomini. Francesco è un vero maestro in queste cose. Ma lo è a partire da Cristo. È Cristo, infatti, «la nostra pace» (cfr Ef 2,14). (...)
Non posso dimenticare, nell’odierno contesto, l’iniziativa del mio predecessore di santa memoria, Giovanni Paolo II, il quale volle riunire qui, nel 1986, i rappresentanti delle confessioni cristiane e delle diverse religioni del mondo, per un incontro di preghiera per la pace. Fu un’intuizione profetica e un momento di grazia, come ho ribadito alcuni mesi or sono nella mia lettera al vescovo di questa città in occasione del ventesimo anniversario di quell’evento. La scelta di celebrare quell’incontro ad Assisi era suggerita proprio dalla testimonianza di Francesco come uomo di pace, al quale tanti guardano con simpatia anche da altre posizioni culturali e religiose. Al tempo stesso, la luce del Poverello su quell’iniziativa era una garanzia di autenticità cristiana, giacché la sua vita e il suo messaggio poggiano così visibilmente sulla scelta di Cristo, da respingere a priori qualunque tentazione di indifferentismo religioso, che nulla avrebbe a che vedere con l’autentico dialogo interreligioso.
Lo «spirito di Assisi», che da quell’evento continua a diffondersi nel mondo, si oppone allo spirito di violenza, all’abuso della religione come pretesto per la violenza. Assisi ci dice che la fedeltà alla propria convinzione religiosa, la fedeltà soprattutto a Cristo crocifisso e risorto non si esprime in violenza e intolleranza, ma nel sincero rispetto dell’altro, nel dialogo, in un annuncio che fa appello alla libertà e alla ragione, nell’impegno per la pace e per la riconciliazione. Non potrebbe essere atteggiamento evangelico, né francescano, il non riuscire a coniugare l’accoglienza, il dialogo e il rispetto per tutti con la certezza di fede che ogni cristiano, al pari del Santo di Assisi, è tenuto a coltivare, annunciando Cristo come via, verità e vita dell’uomo (cfr Gv 14,6), unico Salvatore del mondo. (...)
Ai giovani: «Come il Poverello, cercate la vera felicità»
Il discorso tenuto a Santa Maria degli Angeli: «Siamo qui per imparare a incontrare Cristo. Anche noi siamo chiamati a riparare la Chiesa» «Centrare la vita su se stessi è una trappola mortale: possiamo essere noi stessi solo se ci apriamo, nell’amore, a Dio e ai fratelli»
Benedetto Xvi
Pubblichiamo ampi stralci delle parole rivolte da Benedetto XVI ai giovani sul piazzale della basilica di Santa Maria degli Angeli.
Carissimi giovani, grazie per la vostra accoglienza, così calorosa, sento in voi la fede, sento la gioia di essere cristiani cattolici. Grazie per le parole affettuose e per le importanti domande che i vostri due rappresentanti mi hanno rivolto. (...)
Questo momento del mio pellegrinaggio ha un significato particolare. San Francesco parla a tutti, ma so che ha proprio per voi giovani un’attrazione speciale. (...) La sua conversione avvenne quando era nel pieno della sua vitalità, delle sue esperienze, dei suoi sogni. Aveva trascorso venticinque anni senza venire a capo del senso della vita. Pochi mesi prima di morire, ricorderà quel periodo come il tempo in cui «era nei peccati» (cfr. 2 Test 1: FF 110).
A che cosa pensava, Francesco, parlando di peccati? Stando alle biografie, ciascuna delle quali ha un suo taglio, non è facile determinarlo. Un efficace ritratto del suo modo di vivere si trova nella Leggenda dei tre compagni, dove si legge: «Francesco era tanto più allegro e generoso, dedito ai giochi e ai canti, girovagava per la città di Assisi giorno e notte con amici del suo stampo, tanto generoso nello spendere da dissipare in pranzi e altre cose tutto quello che poteva avere o guadagnare» (3 Comp 1,2: FF 1396). Di quanti ragazzi anche ai nostri giorni non si potrebbe dire qualcosa di simile? Oggi poi c’è la possibilità di andare a divertirsi ben oltre la propria città. (...) Si può «girovagare» anche virtualmente «navigando» in internet. Purtroppo non mancano - ed anzi sono tanti, troppi! - i giovani che cercano paesaggi mentali tanto fatui quanto distruttivi nei paradisi artificiali della droga. Come negare che sono molti i ragazzi, e non ragazzi, tentati di seguire da vicino la vita del giovane Francesco, prima della sua conversione? Sotto quel modo di vivere c’era il desiderio di felicità che abita ogni cuore umano. Ma poteva quella vita dare la gioia vera? Francesco certo non la trovò. (...) La verità è che le cose finite possono dare barlumi di gioia, ma solo l’Infinito può riempire il cuore. Lo ha detto un altro grande convertito, Sant’Agostino: «Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te» (Confess. 1,1).
Sempre lo stesso testo biografico ci riferisce che Francesco era piuttosto vanitoso. (...) Nella vanità, nella ricerca dell’originalità, c’è qualcosa da cui tutti siamo in qualche modo toccati. Oggi si suol parlare di «cura dell’immagine», o di «ricerca dell’immagine». (...) In certa misura, questo può esprimere un innocente desiderio di essere ben accolti. Ma spesso vi si insinua l’orgoglio, la ricerca smodata di noi stessi, l’egoismo e la voglia di sopraffazione. In realtà, centrare la vita su se stessi è una trappola mortale: noi possiamo essere noi stessi solo se ci apriamo nell’amore, amando Dio e i nostri fratelli.
Un aspetto che impressionava i contemporanei di Francesco era anche la sua ambizione, la sua sete di gloria e di avventura. (...) La stessa sete di gloria lo avrebbe portato nelle Puglie, in una nuova spedizione militare, ma proprio in questa circostanza, a Spoleto, il Signore si fece presente al suo cuore, lo indusse a tornare sui suoi passi, e a mettersi seriamente in ascolto della sua Parola. È interessante annotare come il Signore abbia preso Francesco per il suo verso, quello della voglia di affermarsi, per additargli la strada di un’ambizione santa, proiettata sull’infinito (...).
Cari giovani, mi avete ricordato alcuni problemi della condizione giovanile, della vostra difficoltà a costruirvi un futuro, e soprattutto della fatica a discernere la verità. Nel racconto della passione di Cristo troviamo la domanda di Pilato: «Che cos’è la verità?» (Gv 18,38). (...) Anche oggi, tanti dicono: «ma che cosa è la verità? Possiamo trovarne frammenti, ma la verità come potremmo trovarla?» È realmente arduo credere che questa sia la verità: Gesù Cristo, la Vera Vita, la bussola della nostra vita. E tuttavia, se cominciamo, come è una grande tentazione, a vivere solo secondo le possibilità del momento, senza verità, veramente perdiamo il criterio e perdiamo anche il fondamento della pace comune che può essere solo la verità. E questa verità è Cristo. La verità di Cristo si è verificata nella vita dei santi di tutti i secoli. I santi sono la grande traccia di luce nella storia che attesta: questa è la vita, questo è il cammino, questa è la verità. (...).
Sostando questa mattina a San Damiano, e poi nella Basilica di Santa Chiara, dove si conserva il Crocifisso originale che parlò a Francesco, ho fissato anch’io i miei occhi in quegli occhi di Cristo. È l’immagine del Cristo Crocifisso-Risorto, vita della Chiesa, che parla anche in noi se siamo attenti, come duemila anni fa parlò ai suoi apostoli e ottocento anni fa parlò a Francesco. La Chiesa vive continuamente di questo incontro.
Sì, cari giovani: lasciamoci incontrare da Cristo! Fidiamoci di Lui, ascoltiamo la sua Parola. (...) Ad Assisi si viene per apprendere da san Francesco il segreto per riconoscere Gesù Cristo e fare esperienza di Lui. (...)
Proprio perché di Cristo, Francesco è anche uomo della Chiesa. Dal Crocifisso di San Damiano aveva avuto l’indicazione di riparare la casa di Cristo, che è appunto la Chiesa. (...) Noi tutti siamo chiamati a riparare in ogni generazione di nuovo la casa di Cristo, la Chiesa. (...) E come sappiamo, ci sono tanti modi di riparare, di edificare, di costruire la casa di Dio, la Chiesa. Si edifica poi attraverso le più diverse vocazioni, da quella laicale e familiare, alla vita di speciale consacrazione, alla vocazione sacerdotale. (...) Se il Signore dovesse chiamare qualcuno di voi a questo grande ministero, come anche a qualche forma di vita consacrata, non esitate a dire il vostro sì. Sì non è facile, ma è bello essere ministri del Signore, è bello spendere la vita per Lui! (...)
Sono felice, carissimi giovani, di essere qui, sulla scia dei miei predecessori, e in particolare dell’amico, dell’amato Papa Giovanni Paolo II. (...)
Se oggi il dialogo interreligioso, specialmente dopo il Concilio Vaticano II, è diventato patrimonio comune e irrinunciabile della sensibilità cristiana, Francesco può aiutarci a dialogare autenticamente, senza cadere in un atteggiamento di indifferenza nei confronti della verità o nell’attenuazione del nostro annuncio cristiano. Il suo essere uomo di pace, di tolleranza, di dialogo, nasce sempre dall’esperienza di Dio-Amore. (...)
Cari giovani, è tempo di giovani che, come Francesco, facciano sul serio e sappiano entrare in un rapporto personale con Gesù. È tempo di guardare alla storia di questo terzo millennio da poco iniziato come a una storia che ha più che mai bisogno di essere lievitata dal Vangelo. Faccio ancora una volta mio l’invito che il mio amato Predecessore, Giovanni Paolo II, amava sempre rivolgere, specialmente ai giovani: "Aprite le porte a Cristo". Apritele come fece Francesco, senza paura, senza calcoli, senza misura. Siate, cari giovani, la mia gioia, come lo siete stati di Giovanni Paolo II. Da questa Basilica dedicata a Santa Maria degli Angeli vi do appuntamento alla Santa Casa di Loreto, ai primi di settembre, per l’Agorà dei giovani italiani.
* Avvenire, 19.06.2007
Certo che come teologo fai veramente ridere i polli. Hai preso la laurea con i punti miralanza? Ma ce l’hai davvero la laurea in teologia? Nella disgraziata ipotesi che tu ce l’avessi, gradirei sapere in che università te l’hanno data, così da sconsigliarla alle persone care. E poi, in fondo, ai cari gay orgogliosi e ai loro amici laici che ci vogliono dire in cosa dobbiamo credere, val sempre la pena di ricordare che non si è obbligati ad essere cattolici. Potete diventare membri di scentology, o figli della Grande Madre, o quello che vi pare. Potreste anche, per esagerare, decidere di credere di discendere da una mutazione genetica casuale dello scimpanzè. Così, tanto per dare da voi stessi un senso alla vostra esistenza, senza peraltro aspettarlo da un nostro riconoscimento.
Alfredo
PERCHé IL PAPA CE L’HA CON I GAY
Un libro scottante racconta gli amori nati in seminario
di DAVID FIESOLI (il Tirreno, mercoledì 28 febbraio 2007 - da: Gaynews)
Lo storico della Chiesa Michele Ranchetti ne è convinto: se la Chiesa non smette di considerare naturali solo le unioni eterosessuali, firma la sua condanna. E mentre il Papa tuona contro le unioni gay e le definisce dannose per la famiglia, due irriverenti giornalisti raccontano, in uno scottante libro, storie vere di amori segreti nati in seno a Madre Chiesa: anche la storia di padre Roberto, che in seminario si innamorò, corrisposto, di Davide.
Il libro, appena uscito, si intitola “L’ultimo tabù” (Cairo editore, pp.237, euro 14) e affronta lo spinoso tema del celibato. Maria Corbi e Giacomo Galeazzi hanno parlato con i protagonisti, e anche con padre Roberto hanno insistito sulla sessualità: emergeva negli incontri con Davide? “Il desiderio - risponde padre Roberto - respirava in noi in ogni momento che passavamo insieme”. La storia non finisce bene: Davide lascia il seminario. Padre Roberto invece sceglie di prendere i voti, ma la mancanza di Davide continuerà a trafiggerlo: “Cominciai a cercarlo dentro altri uomini, fuori della mia esistenza ecclesiale, nella solitudine della notte”.
Di fronte a un atteggiamento delle gerarchie ecclesiastiche tanto intransigente, quanti sono i gay che, come Davide, si allontanano dalla Chiesa? Emanuele Bresci è un insegnante elementare di Prato e ha una fede molto viva: nella città laniera ha fondato il Comitato gay e lesbiche locale. I vescovi toscani sanno chi è: Bresci ha spedito loro lettere e fax, ha voluto parlarci, o tentare, prima di prendere una dolorosa decisione. La storia dei Dico lo ha davvero deluso: “E’ inutile girarci intorno, l’ostacolo maggiore all’approvazione di una legge sulle coppie di fatto sta nella demonizzazione da parte del Vaticano delle coppie gay, e nella schiera trasversale di politici cattolici su cui il Vaticano detta legge”.
Pare che la questione dei Dico verrà discussa in Senato, secondo il ministro Barbara Pollastrini, entro quindici giorni. Ma mentre aspetta di vedere quel che succede, Emanuele Bresci si è fatto cancellare dall’elenco dei cattolici, ed è diventato apostata. Lui, di fede cattolica e fidanzato con Marco, non sopportava più di non essere approvato. Eppure ha tentato. Ha spedito ad ogni diocesi toscana articoli e prese di posizione in favore dei gay di altri vescovi come quello di Memphis, Terry Steib, che ha fondato un ministero con gay e lesbiche cattolici, dichiarando: “Sono diventato sempre più consapevole del numero di cattolici che non si sentono più bene nella loro casa. Sono cattolici meravigliosi e bravi, sono gay e lesbiche”.
A Memphis, tentano di non perderli. Perciò Emanuele Bresci ha cercato di parlarne con i vescovi toscani: gli hanno risposto solo quello di Prato e quello di Lucca, mentre il vescovo di Pistoia gli ha inviato un opuscolo delle Edizioni Paoline che spiega come dall’omosessualità si possa guarire. Le risposte ricevute non hanno convinto Emanuele: “Tra l’essere compreso e accettato ce ne passa - afferma - Io vorrei sentirmi accolto in quanto cattolico e gay, ma insieme al mio ragazzo, e non se mi astengo da qualsiasi unione d’amore. Spero che prima o poi qualcuno capisca che è paradossale che una Chiesa che si basa su regole d’amore abbia tanta ostilità nei confronti di alcune delle sue innumerevoli forme”. Anche se Bresci, deluso, ha deciso di “cancellarsi” dalle file dei cattolici, non ha smesso di credere, nè di lottare: “Da cristiano, cercherò di far conoscere la posizione della altre Chiese. Io volevo far parte di quella cattolica, volevo essere accolto, ma voglio anche essere riconosciuto, e questo per ora non è possibile. Se e quando lo sarà, tornerò ad essere cattolico”.
Forse Emanuele Bresci non lo sa, ma la sua posizione corrisponde all’allarme che lancia lo storico della chiesa Michele Ranchetti, che insegna all’Università di Firenze: “Non riconoscere le unioni di fatto, anche gay, è un errore enorme da parte della Chiesa - dice al nostro giornale - E’ il segno di una grave crisi del cattolicesimo non prendere atto delle varie forme del rapporto affettivo. E se la Chiesa non si libera di questo pregiudizio contro le unioni gay, contribuisce alla sua stessa fine. Sono persuaso che sia una questione della massima importanza, un nodo che se non si scioglie diventerà un cappio”.
E racconta di un suo carissimo amico che ha fatto un percorso contrario di quello di Emanuele Bresci: dall’ebraismo si è convertito al cattolicesimo ed è gay, alla luce del sole. “Anche lui è la testimonianza vivente - dice Ranchetti - che se la Chiesa vuole un futuro, con questa realtà dovrà fare i conti, e dovrà accettarla”.
Priore per 12 anni, ora sono innamorato *
Gentile Dottor Augias, un suo lettore difendeva giorni fa il celibato sacerdotale sottolineandone "il valore profetico, dimostrativo della verità". Hoi 43 anni, per 12 sono stato sacerdote e priore di una comunità di un importante ordine monastico.
Ho vissuto con serenità il celibato fino al momento in cui mi sono innamorato di una donna. Un evento a causa del quale ho rinunciato con gioia ai non pochi privilegi della mia posizione. Nonostante concordi sul fatto che l’ astinenza possa essere per alcune persone o per un periodo, un valore, la realtà è purtroppo molto spesso diversa.
Negli anni trascorsi in monastero ho visto la quasi totalità delle persone patire moltissimo l’ impossibilità di manifestare apertamente la propria affettività.
Io stesso sono stato oggetto per l’ intero periodo di molestie e pressioni perché mi rifiutavo di "cedere" agli inviti di alcuni confratelli che esigevano da me, in nome di una presunta "amicizia spirituale", prestazioni in contrasto con i miei sentimenti e il mio orientamento affettivo nonché con le regole del Diritto Canonico.
Sono stato più volte invitato, in quanto priore, a manifestare un "intima vicinanza" anche ai novizi per porre rimedio alla carenza di vocazioni con uana risposta "naturale" al loro bisogno di affetto, essendo la profonda solitudine la principale causa di abbandono da parte dei postulanti.
Come si può ancora una volta vedere (e questo è ancora più triste in un’ Istituzione che continua a condannare le unioni omosessuali), tra il dire e il fare c’ è di mezzo molto più che il mare.
Ma se anche cosi non fosse, se tutti fossero in grado di negare la parte costitutiva del proprio essere umano per dedicare a Dio un amore indiviso, il problema rimane comunque quello di una Chiesa che a tavolino decide il bene e il male per tutti e non si lascia cambiare dalla vita e dalle persone, a differenza di Gesù che invece non metteva nemmeno Dio e la sua legge al di sopra dell’ uomo.
Se lo spazio lo consentisse, vorrei raccontarle quanta verità ho trovato in certe pagine della letteratura. Sono propenso a pensare che la realtà della vita sia di gran lunga più debitrice all’ arte che non alla teologia.
Alberto Stucchi.
* la Repubblica, 28.02.2007, p. 18.
a. Il sacerdozio è - in base a una costante tradizione immodificabile - riservato al battezzato di sesso maschile. Il prete è infatti un “alter Christus” e la sua sessualità non è affatto mortificata dal celibato. Egli rimane pienamente uomo pur senza esercitare la genitalità ed esprime le virtù cristiane incarnate nelle sue tipiche qualità maschili. Il sacerdote non è un essere asessuato.
b. Il sacerdote è una persona che dona tutta se stessa, assumendo la paternità spirituale di tutta la comunità che gli è affidata. Per fare questo, il candidato al sacerdozio deve raggiungere la maturità affettiva, che gli permetterà di relazionarsi in modo corretto con uomini e donne.
c. La Chiesa distingue fra atti omosessuali e tendenze omosessuali. Gli atti sono intrinsecamente immorali, giudicati peccati gravi dalla Sacra Scrittura e non possono essere approvati in nessun caso.
d. Per quanto riguarda le tendenze, il documento della Congregazione mette in luce due aspetti: da un lato, queste persone vivono una prova e devono essere accolte con rispetto e delicatezza, evitando ogni marchio di ingiusta discriminazione; dall’altro, quando profondamente radicate, queste tendenze «sono oggettivamente disordinate». Questo passaggio del documento non allude a un giudizio morale di colpevolezza, ma afferma che la tendenza omosessuale produce delle conseguenze sulla personalità che sono obiettive, ancorché superabili e vincibili nel tempo.
Sacerdozio: i criteri di esclusione
Il documento assume una posizione molto precisa a riguardo dei criteri di ammissibilità al sacerdozio. Senza nulla togliere al rispetto dovuto a tutte le persone, «la Chiesa non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che»: a. praticano l’omosessualità; b. presentano tendenze omosessuali profondamente radicate; c. sostengono la cosiddetta cultura gay.
Circa il primo punto, non c’è bisogno di alcun commento. Più complessa la questione delle “tendenze”. Il documento non chiude la porta definitivamente alle persone che abbiano sperimentato atti o tendenze omosessuali, ma stabilisce che i candidati devono dimostrare di aver superato il problema almeno tre anni prima dell’ordinazione diaconale. Un cenno merita il quanto mal opportuno riferimento atta “cultura gay”: coloro che sostengono le istanze di tipo giuridico ed ecclesiale delta lobby omosessuale, che teorizzano la “normalità” di questa condizione, che invitano gli omosessuali a perseverare in atti oggettivamente immorali, persone di questo tipo sono incompatibili con il sacerdozio perché tradiscono radicalmente il Magistero.
Le ragioni della Chiesa
La disciplina della Chiesa non è frutto di un mero atto di autorità, ma è radicata nel riconoscimento dell’uomo, delta sua natura ferita e della dignità suprema del sacerdozio. Proviamo a riassumere queste ragioni:
a. personalità equilibrate e identità sessuale: le persone con problemi di omosessualità vivono una «situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne». Dunque la Chiesa afferma un “no” che non ha un sapore punitivo o dispregiativo. È piuttosto la presa d’atto di un problema umano: se si vive, anche senza colpa, un grave disturbo della personalità, bisogna rinunciare al sacerdozio.
b. Il sacerdozio non è un diritto: nella vocazione sacerdotale vi sono sia il dono gratuito di Dio, sia la libertà responsabile dell’uomo. Il solo desiderio non è sufficiente, e sta alla Chiesa decidere chi è idoneo a essere ordinato.
c. omosessualità e pedofilia: l’omosessuale non è un pedofilo. Tuttavia, è inutile nascondersi che in questi anni si sono verificati episodi di abusi contro minori, certamente ingigantiti dalla malizia anticattolica dei mass media, ma non per questo meno gravi. Dunque la Chiesa ha tutto il diritto e il dovere di assumere ogni cautela e di procedere a una seria verifica delle qualità umane dei candidati al sacerdozio. La presenza di tendenze omosessuali costituisce certamente un pericolo annunciato.
d. omosessualità e continenza: le scienze umane che studiano il fenomeno ci dicono che la tendenza omosessuale radicata non è paragonabile alla pulsione sessuale ordinaria. L’omosessualità scatena impulsi più difficili da governare, genera personalità disturbate e dunque crea una condizione di instabilità preoccupante, nella quale è bene che un sacerdote non venga a trovarsi.
Il compito dei vescovi e dei seminari
Chi dovrà applicare le rigorose disposizioni delta Congregazione? Il documento contiene un richiamo tutt’altro che formate alle responsabilità congiunte dei candidati al sacerdozio e dei seminari. I primi devono essere leali e sinceri, evitando la grave disonestà di nascondere un’eventuale problema di omosessualità. D’altro canto, i seminari hanno «l’obbligo di valutare tutte le qualità della personalità ed accertarsi che il candidato non presenti disturbi sessuali incompatibili con il sacerdozio». Sono apertamente chiamati in causa il rettore, il direttore spirituale e gli altri formatori del seminario. Il vescovo o il superiore maggiore sono personalmente responsabili di garantire sempre alla Chiesa sacerdoti idonei, «veri pastori secondo il cuore di Cristo».
Lettera aperta al predicatore del papa
(E se “in capite” ci fosse il veleno)
di p. fausto marinetti *
Caro predicatore del Papa,
tu predichi la quaresima al papa, ma chi la predica a te? Non credi che spetta di diritto a noi, le vittime dei preti pedofili, perché ci hanno definiti “invisibili”, come gli angeli? O, se vuoi, ai martiri, perché quelle mani consacrate, che hanno profanato il nostro corpo, ci hanno ucciso anche l’anima. E pensare che perfino gli atei romani erano arrivati a dire: “Maxima debetur puero reverentia”!
Quando predichi non girare attorno a te stesso per spiegare e tra-spiegare quel Cristo che si spiega solo vivendoLo. E’ per questo che vedi i peccati degli altri e non quelli di santa madre-chiesa? Non possiamo tacere, griderebbero le pietre: e se “in capite” ci fosse il veleno? Con quale autorevolezza può insegnare una chiesa, che assiste alla strage degli innocenti senza gridare in casa propria: “Chi scandalizza un bambino sarebbe meglio per lui mettersi una macina da mulino al collo e buttarsi nel mare”? Negli USA le vittime l’hanno scritto su un monumento dedicato a se stesse, piazzando una macina da mulino davanti all’episcopio di Davenport. Che lezione! Perché non ne mettiamo una nella piazza San Pietro? Tutto il mondo applaudirà quel papa che avrà questo santo coraggio.
“Sepolcri imbiancati, razza di vipere”, il Cristo non lo urla agli atei, alle prostitute, alle copie di fatto, ai divorziati, ma ai sacerdoti del suo tempo. Chi mai, oggi, osa gridarlo ai nuovi “padroni del tempio”? Siamo stufi di chiacchiere, specie se sanno d’incenso. La quaresima non può essere ridotta a uno sterile esercizio di belle devozioni, perché è il luogo di opere di giustizia, cioè di riparazione delle ingiustizie anche nei nostri confronti. Quindi:
1- Né esecutori materiale né mandanti né complici, nessuno resti impunito. Non si tratta di “errori”, ma di “crimini”. Se alcuni Vescovi sono colpevoli, per quale privilegio non devono pagare?
2- La tolleranza zero comincia dall’alto. Non si può premiare i complici per aver nascosto e smistato “le mele marce”, amplificando il disastro. Il card. Bernard Law, promosso arciprete della basilica di S. Maria Maggiore, pontifica (si dice che i comunicandi, quando si trovano davanti a lui si spostano nell’altra fila) e gode del privilegio dell’immunità. Per noi, ogni notte, il privilegio dell’incubo che qualcuno si infili nel nostro letto. I prelati colpevoli di omissione in atti d’ufficio siano giudicati, scontino la pena, facciano penitenza per il resto della loro vita.
3- Opera di giustizia è consegnare i latitanti alla polizia e rimpatriare i fuggitivi dai paesi d’origine alla vigilia del processo (almeno 200 dagli USA). Chi li nasconde sottocoperta nella “barca di Pietro”? Secondo il codice penale è reato di complicità.
4- Perché non hai il coraggio di dire al papa, che il card. Ratzinger ha sbagliato quando dettava ai vescovi le “istruzioni per l’uso” della pedofilia clericale? Può un papa starsene assiso sul trono di Pietro, cioè sul mucchio dei bambini macellati e farsi chiamare “padre di tutti”? Non sarebbe meglio buttare via le insegne pagane, vestirsi di sacco, coprirsi la testa di cenere, convocare dodici vittime e lavargli i piedi, urbi et orbi?
5- La Conferenza Episcopale Americana solo nel 2006 emana le “Norme essenziali” per gestire “la cosa”. Se oggi si riconosce che i delinquenti vanno consegnati alla polizia, vuol dire che ieri, coprendoli, si è sbagliato. Quale penitenza ci si propone di fare?
6- Chiudete tutti i seminari, per carità!, é contro natura crescere un ragazzo senza la mamma e la famiglia, che voi tanto predicate a parole. Se è così essenziale, non è una violenza educare in un ambiente di soli maschi? Se i trasgressori avessero avuto una formazione “normale”, avreste la consolazione di dire: “Non è colpa nostra se, ecc.”. Invece vi confortate con giustificazioni speciose, distinguendo tra pedofilia ed efebofilia o allegando: “Dopotutto la pedofilia si consuma soprattutto tra le mura domestiche...”. Ma chi commette di questi crimini non ha fatto professione di castità, non ha dichiarato al mondo di “agire in persona Christi”. Di grazia, il prete è “configurato a Cristo” anche quando consuma il suo delitto? Nessuna tolleranza zero toglierà di mezzo “le mele marce”, perché il marcio prima di stare nei frutti bacati, negli effetti, sta ma nella causa, l’apartheid del seminario. Il direttore spirituale non sostituisce la mamma; le pratiche di pietà non suppliscono le emozioni né controllano le pulsioni; ascetismo e misticismo non sostituiscono quella “dolce metà”, che completa “l’altra metà”. Ricordi s. Tommaso? “Gratia naturam non destruit”. Perfino l’ONU condanna ogni forma di reclutamento e di segregazione dei minori dalla famiglia (cf Convention on the Rights of the Child, U.N. General Assembly, Document A/RES/44/25, 12.12.1989). I primi cristiani ci hanno lasciato in eredità un’esperienza insuperabile: i presbiteri erano coltivati nel popolo, dal popolo. Solo persone mature, anziane, di provata esperienza possono presiedere la comunità.
7- La causa ultima della pedofilia (agli esperti pronunciarsi su possibili fattori genetici e socio-culturali) non sta anche in una visione distorta del piacere sessuale? Nelle facoltà teologiche sarebbe doveroso approfondire dei testi come quello di C. Jacobelli, Risus pascalis, Il fondamento teologico del piacere sessuale. Fino a quando non avremo una cultura positiva della corporeità; fino a quando non impareremo dai laici, che la gestione del regno del corpo umano appartiene al loro sacerdozio, non potremo mai cambiare rotta. A loro, non a voi, spetta di dettar legge sulla famiglia.
8- Prima di cercare la pagliuzza nell’occhio del fratello (gay, divorziato, ecc.), togliamo la trave dal nostro. Come riparate il male che voi avete occasionato, se non provocato? E la condizione di tutto è la trasparenza. Perfino i senza Dio hanno fatto la loro glasnost! Perché nascondete i numeri (=la realtà) dei preti e delle suore costretti/e a lasciare, occultate i loro figli, le suore abusate, le donne tradite, le novizie importate dal sud del mondo? Riparare vuol dire restituire agli umiliati e offesi la dignità di persone e non costringerli all’anonimato, a farsi “invisibili” per non dare scandalo. Il loro annientamento è il vero scandalo. Il figlio del prete ha diritto di avere un padre; il figlio della suora non sia abortito; il prete che si innamora si sposi. Non è un delitto. Legiferate che non potete fare quello che volete delle offerte, dell’8 per mille, degli immobili e dei capitali, perché “i figli” devono mangiare prima dei “padri/madri”.
Anche noi piangiamo sulla Chiesa. Papa Ratzinger non fa altro che “parlare” di amore, ma lascia in ombra il suo presupposto: la giustizia, che è il suo piedestallo. In campo civile, trattandosi di delitti, bisogna applicare la giustizia. Se rompo la gamba a uno non posso aggiustargliela con una preghierina, con la carità, ma per giustizia devo risarcire i danni. Non si può obliterare la giustizia in nome dell’amore. Sarebbe come dire: noi cristiani, siamo passati al piano superiore, quello inferiore della giustizia non ci riguarda. Senza giustizia non c’è neanche l’uomo come fai a fare il cristiano? La giustizia umana è imperfetta, certo, ma guai se non ci fosse almeno quella nel serraglio della storia. Gesù propone la “sua” legge, la carità, il perdono, nell’intimo della coscienza, non in piazza, cioè nella gestione della convivenza civile. Al giudizio l’esame è in umanità, non in cristianità. Ci verrà chiesto come abbiamo trattato l’uomo nei suoi bisogni primari. Se trovi uno senza scarpe e tu ne hai due paia; per giustizia uno spetta a te, l’altro a lui. Se arrivano due senza scarpe, per amore le dai a loro e tu resti senza. Se non c’è cultura, si capovolgono le cose, come ha fatto l’arcivescovo di Agrigento, contro-denunciando la vittima di don Puleo. E’ il replay della famosa favola del lupo, che beve a monte, e dice all’agnello: “Perché mi sporchi l’acqua?”. Ma mons. Ferraro è ancora là, nel suo regno, a pontificare.
Don Zeno, un vero profeta, diceva: una civiltà si giudica da come tratta la sessualità. Aveva immerso mani e cuore nelle vittime di tante aberrazioni. Noi cristiani, diceva, non chiamiamo il figlio della ragazza madre: "figlio del peccato" come se l’avesse generato il diavolo? Agli orfani abbiamo dato l’istituto non la paternità/maternità, perché non abbiamo messo a frutto la fede, che fa fare le cose impossibili all’uomo (superare i vincoli del sangue). Scriveva al papa di essere un "segugio di Dio. Io conosco il tanfo di satana. E in Vaticano ce n’è parecchio...". Perché la vostra dottrina e la vostra prassi sono funzionali ad un sistema di ingiustizia.
Come possiamo pretendere, da chi non ha vissuto il Calvario nella propria carne, che provi quello che proviamo noi? Tra noi e te c’è il guado delle nostre lacrime e del nostro sangue. E’ questo il battesimo di cui tutti abbiamo bisogno. Visto che sei prossimo alla pensione, perché non vai a stare con gli ultimi per vedere quali quaresimali ti suggerisce la nostra vita di croce? Coraggio, alcuni sono andati a passare la vecchiaia nelle baraccopoli. Noi, con tutte le vittime dell’ingiustizia, ti faremo vedere che il nostro corpo è un ostensorio esposto 24 ore su 24 con le stesse stigmate di Cristo. Ti aspettiamo a cuore e braccia aperti.
p. fausto marinetti
* IL DIALOGO, Giovedì, 15 marzo 2007
Come diceva acutamente il curato d’Ars, "Non bisogna guardare da dove vengono le croci. Vengono sempre da Dio. Sia una madre, un padre, un marito, un fratello, il parroco, o il vice parroco, è sempre Dio che ci offre il mezzo per provargli il nostro amore". E per salvare il mondo.
Non dobbiamo soffrire solamente per la Chiesa. Molto spesso dobbiamo soffrire da parte della Chiesa. Con queste ferite accettate serenamente, contribuiamo alla nostra salvezza e a quella del mondo.
Egli è stato trafitto per i nostri delitti,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti. (Is. 53,5)
Giovanni Paolo e Benedetto. Con stili diversi, sulla stessa strada
di Filippo Gentiloni (il manifesto, 03.04.2007)*
«Santo subito!» gridava la gente due anni fa, di fronte alla salma di Giovanni Paolo II, in piazza San Pietro. Oggi è logico chiederci se si leverebbe lo stesso grido o se, invece, il biennio trascorso ha fatto diminuire quell’entusiasmo. E anche - seconda parte dell’interrogativo - ci chiediamo se il nuovo papa ha suscitato - meritato - lo stesso entusiasmo . Il confronto, d’altronde, è inevitabile.
E’ anche facile , almeno a livello superficiale. Vengono subito in mente alcuni aggettivi: significativi ma insufficienti. Più popolare papa Wojtyla, più aristocratico papa Ratzinger. Anche se non si può non osservare che Benedetto XVI, inevitabilmente, ha cercato di seguire la traccia lasciatagli dal predecessore e da quello strepitoso successo. Ha cercato anche lui di stringere le mani e di dare baci ai bambini. Meno viaggi, almeno per ora, ma non meno significativi, come si è visto in Turchia.
L’impressione più diffusa parla di un Benedetto non soltanto più «aristocratico» ma anche più rigido dal punto di vista dottrinale, meno ecumenico. E, ovviamente, si cita la polemica sui «Dico», evidentemente non soltanto italiana. E si pensa che dietro alle recenti polemiche non soltanto italiane ci sia oltre ai cardinali Ruini e Bagnasco anche lo stesso pontefice. Del quale si cita anche qualche frase che ha irritato il mondo islamico.
Tutto vero, ma non vorrei che queste critiche facessero dimenticare gli aspetti discutibili se non proprio negativi del pontificato precedente. Nonostante il «Santo subito!» non si può non pensare, ad esempio, alla stroncatura della teologia della liberazione e quindi ad un certo accantonamento delle novità rappresentate dal Concilio Vaticano II. Citato spesso, ma sostanzialmente dimenticato.
A questo punto si incontrano i percorsi dei due pontefici. Un incontro sulla stessa strada, quella che esalta proprio la figura del pontefice romano. Una esaltazione che , da una parte, rischia di mettere in secondo piano tutte le altre voci nel mondo cattolico, soprattutto quelle più libere (vescovi, preti, ecc.) e, dall’altra, di ostacolare tutti i tentativi di dialogo ecumenico con gli altri cristiani (soprattutto con i protestanti).
Queste tendenze centralizzatrici le abbiamo riscontrate in Giovanni Paolo II e anche nel primo biennio di Benedetto XVI. In questo senso tutti e due i papi «moderni» esaltano il loro pontificato e lo appoggiano sulla potenza della voce dei mass media, anche se si tratta di una voce ambigua, legata come è al grande capitale. In questo senso fra l’uno e l’altro piena continuità e nessuna rottura. Li unisce la pretesa che piazza San Pietro sia il centro del mondo.
Preti Pedofili
“Un armadio pericoloso”
di MARY GAIL FRAWLEY-O’DEA (Traduzione di Stefania Salomone)
Una psicologa sostiene che l’insistere della Chiesa Cattolica sui preti omosessuali - l’omosessualità è un segreto di cui vergognarsi - ha contribuito allo scandalo degli abusi sessuali *
11 marzo 2007
La posizione della Chiesa Cattolica sull’omosessualità si colloca tra gli altri aspetti della morale cattolica sulla sessualità, che è disattesa in genere sia dai laici che da molti preti. Nondimeno, l’ipocrisia di una chiesa che condanna l’omosessualità mentre può annoverare molti casi di preti omosessuali al suo interno, che amministrano i sacramenti è, tra altri fattori, direttamente implicata nello scandalo sugli abusi sessuali. La sottaciuta evidenza che il presbiterato è molto più omosessuale di quanto non si creda è confermata dall’obbligo imposto ai preti di non parlare apertamente del proprio orientamento sessuale, ma di predicare il peccato della omosessualità praticata. Messaggi contrastanti, segreti sessuali e realtà negate abbondano nell’ambito clericale nel quale la chiesa istituzionale appare l’incontrastata “Regina di Cuori”. La segretezza e la copertura degli abusi sessuali su minori diventa così una componente quasi inevitabile di questo reame folle, che induce alla follia. Ricerche recenti confermano che il 28-56% dei preti americani sia omosessuale. Molti uomini gay psicologicamente sani sono attratti dal presbiterato così come lo sono molti adulti eterosessuali. Essi amano Dio, desiderano perseguire un regime di vita di profonda spiritualità e sono preparati a vivere i valori evangelici in una comunità di fedeli. E’ probabile che gli uomini gay siano stati attratti dal presbiterato in maniera sproporzionata rispetto alla loro presenza nella società in genere. Fino a tempi recenti, e in alcuni casi nel nascondimento, ragazzi cattolici che si sono riconosciuti omosessuali, hanno trovato ostilità dalle famiglie, dagli amici e dalla chiesa. Vittime di insegnamenti che stabilivano che il loro agire omosessuale fosse intrinsecamente sbagliato e fosse peccato mortale, i gay cattolici affrontano dolorosi conflitti tra la propria identità e le proprie relazioni sociali. Abbracciare il presbiterato è una decisione che, fino a non molti anni fa, provocava una forma di orgoglio da parte delle famiglie, rendendo il seminarista o il prete figura grandemente stimata dalla comunità.
E’ anche logico ipotizzare che uomini omosessuali fossero attratti da un ambiente esclusivamente maschile quale rimane il presbiterato. Inoltre, quando i ragazzi entrano in seminario molto giovani, l’esplosione delle proprie pulsioni sessuali adolescenziali prevedeva praticamente una unica direzione verso cui indirizzarsi. Circondati da uomini o ragazzi, in un ambiente che vede la donna come un pericolo, eccetto per figure materne idealizzate o per la Vergine Maria, un seminarista adolescente ha ben poche scelte. Potrebbe essere attratto dalla propria madre o dalle persone che lo circondano, che per lo più sono gay. Ci troviamo così di fronte al paradosso di una organizzazione che insegna che l’omosessualità è un grave disordine e che poi costruisce un ambiente che promuove desideri omosessuali.
Molti uomini gay, cresciuti in quella che fino a pochi anni fa poteva definirsi una società omofobica, hanno vissuto la loro vita in un armadio nel quale hanno talvolta ignorato chi veramente fossero, nascondendolo perfino a se stessi. La teologia anti-omosessuale della chiesa cattolica, applicata nell’ambiente misogino del seminario ha portato a stimolare desideri sessuali proibiti o derisi, spesso costruendo intorno al giovane prete omosessuale un loculo soffocante. Qui, l’odio per se stessi che tormenta molti uomini omosessuali è stato ingigantito nel caso dei preti omosessuali, alcuni dei quali hanno tentato di affrontare la cosa nascondendo strenuamente il proprio orientamento sessuale, divenendo perfino intolleranti verso altri omosessuali. Rifiuto e dissociazione su vasta scala incoraggia a sottacere altri segreti sessuali come gli abusi sessuali sui bambini.
Da questa ipocrisia non può nascere, io credo, nessun sano beneficio né psicologico né spirituale. Sicuramente il papa, i cardinali, i vescovi o i preti che, guardandosi allo specchio, vedano un uomo omosessuale, hanno difficoltà a guardare in faccia un confratello che compie abusi e a dare un nome a ciò che vedono. Piuttosto, chiudono gli occhi di fronte al male, dato che tale umanità è stata etichettata come incline al male. Potrebbero addirittura incolpare o ignorare le vittime di abusi sessuali, prendendo inconsciamente le distanze dal proprio essere vittima della Chiesa e della società. Vengono costruiti quindi armadi dentro gli armadi, stipando mucchi di bugie; la verità diventa introvabile è ancor di più indicibile. Mary Gail Frawley-O’Dea è una psicologa specializzata in abusi sessuali e opera nel centro di Charlotte, North Carolina.
Mandare eventuali commenti a magazine@globe.com.
* IL DIALOGO, Martedì, 24 aprile 2007
CENTRO STUDI TEOLOGICI
Diocesi della Chiesa Cattolica Antica Apostolica di Milano e Monza*
Milano, 9 luglio 2007
NOTA ALLA STAMPA
Come Vescovo e come Teologi siamo amareggiati e disgustati dal clima di odio e di intolleranza che cresce verso le persone e le coppie omosessuali: quando poi è la gente comune, o alcuni gruppi indistinti, (fascisti?) che si fanno portatori di questo crescendo di intolleranza, ed un Vescovo della città, come accaduto a Formia, che dipende dalla diocesi di Gaeta, con tutto il suo presbiterio, cioè il clero diocesano (scomodatosi tutto per una questione che non lo richiedeva!) si mettono publicamente ad attaccare un Sindaco, "colpevole" di aver promosso uno strumento civile e di progresso come il registro dei conviventi, sia di uguale che di diverso sesso, allora significa che tempi molto brutti ci attendono.
Il comportamento di questo arcivescovo di Gaeta , mons. Pier Luigi Mazzoni, va detto con franchezza, di cristiano ha ben poco o niente, poichè dall’alto della sua cattedra attacca una minoranza sempre discriminata e vessata nella storia, anche dal potere ecclesiastico, come sono le coppie omosesuali e le persone omosessuali : il nostro Centro Studi Teologici trasmetterà a lui e al suo presbiterio (obbediente al comando del suo pastore nel discriminare i deboli! ) una copia degli Atti relativi al 1300, quando i "sodomiti" erano bruciati vivi dall’Inquisizione della Chiesa Cattolica Romana, perchè possano conoscere e, meditando, magari fare qualche esame di coscienza, se non ritengano d’essere i degni successori oggi di quella Chiesa anticristiana, spesso criminale ,che ha in nome di Cristo e del vangelo fatto uccidere e torturare tante persone colpevoli soltanto di provare affetto ed amore per altre persone del loro stesso sesso biologico.
Questo accanimento del clero, che poi si riverbera nella violenza di molti intolleranti in modo più prosaico e meno sottile e teorico (quanto accade in provincia di Latina contro gli omosessuali ), ci ricorda quanto patirono gli ebrei sotto i regimi dei pontefici romani che crearono i ghetti ebraici e la cultura ferocemente antigiudaica protrattasi per secoli, fino al’epilogo dell’antisemitismo moderno del secolo scorso (vedi i testi di Anna Arendt sul tema).
Dunque se proclamano questi uomini di Chiesa un Cristo che è amore del prossimo, comincino a rivedere le loro tesi teologiche intessute di ignoranza e di presupponenza, avulse dal sapere scientifico ed esegetico attuale aggiornato e documentato, facciano cadere gli atavici pregiudizi fondati in una concezione arcaica della morale religiosa, ed evitino di accusare i Sindaci, le pubbliche autorità civili che cercano di rimediare a ritardi e vuoti istituzionali e giuridici gravissmi, per l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte allo Stato e alla società.
E’ inutile farsi vedere gentili, praticare la dolcezza nel tenere le omelie, con modi suadenti e affabili , come è in uso astutamente anche ai vertici della Chiesa Romana, per dire allo stesso tempo parole feroci e drastiche, impregnate di intolleranza (che si nasconde però dietro la dichiarata "difesa della famiglia" ) che sono come sassi lapidari all’indirizzo di persone e coppie omosessuali ignare ed innocenti.
Queste direttive generali e universali dei vertici poi producono questi effetti deleteri nell’ ambito delle realtà locali e nelle loro concrete applicazioni pastorali. Cristo Signore aiuti questi pastori, per una autentica metanoia, cambiamento profondo e umile della mente e del cuore, perchè essi, senza il suo amore, fanno devastazione del gregge loro affidato (libro del profeta Ezechiele).
+ Mons. Giovanni Climaco MAPELLI Vescovo
presidente del CENTRO STUDI TEOLOGICI di MILANO
Comitato Direttivo dei Teologi
Diocesi della Chiesa Cattolica Antica Apostolica di Milano e Monza*
CENTRO ECUMENICO
tel 339.5280021
02.95310741 fax
www.centrostuditeologici.too.it
ufficio di segreteria Vescovile
Via Vescovo Garibaldo,5/a
20065 INZAGO MILANO
* Chiesa di tradizione e successione apostolica autentica non dipendente dal Vaticano e dal papa. (ANTICA CATTOLICA ED APOSTOLICA DEL PRIMO MILLENNIO )