SOCIETA’, CULTURA, E ORIENTAMENTO SESSUALE ...

MAROCCO IN MOVIMENTO. Sull’omosessualità, il blog/forum "Talk Morocco" apre al dibattito con un intervento del "Dr. H." - a cura di Federico La Sala

"In Defense of the Minorities: the Case of Homosexuality" (Dr. H.). Ripreso da Talk Marocco, blog/forum centrato su un dibattito onesto, intelligente e aperto su questioni relative al Marocco e ai nord-africani nel mondo ("La Stampa").
giovedì 4 marzo 2010.
 

[...] Abdellah è l’esempio vivente della possibilità di avviare un dibattito sull’omosessualità. Io stesso ho cambiato opinione: in che modo, da una visione alquanto omofobica comune alla maggioranza dei miei compatrioti, ho cominciato a capire e difendere gli omosessuali? [...]

[...] Durante i primi dieci anni del regno di Re Mohammed VI abbiamo assistito all’avanzare di svariate questioni sociali. Dalla condizione femminile al tema dei diritti degli Amazigh (come si autodefiniscono i Berberi), sono diverse le discussioni che continuano ad emergere nella scena pubblica. Eppure, nel nostro Paese queste dinamiche non prendono mai la forma convenzionale di dibattito nazionale, come in altre nazioni sviluppate. Per rispondere alle innovazioni della società, tutti i soggetti del Paese devono poter partecipare a questi scambi, sempre che le autorità si impegnino a proteggere tutte le minoranze che contribuiscono a tali dibattito. Purtroppo, però, non siamo ancora a questo punto [...]


-  Ripreso da TALK MOROCCO

-  Omosessualità: anche il Marocco si apre al dibattito

-  TESTO ORIGINALE DI DR. H., TRADUZIONE DI BEATRICE BORGATO *

Negli ultimi tempi il dibattito sull’omosessualità va crescendo nel Paese, cioè da quando un giovane scrittore marocchino ha osato rivendicare, coraggiosamente, il proprio orientamento sessuale. Più che una questione sociale, l’apertura di un dibattito sulla questione dell’omosessualità permette di dialogare sulla società marocchina, sui costumi e sui comportamenti sociali considerati per anni immobili o eterni. Oggi non è più così.



Abdellah Taia non è certo uno straniero, ma un giovane sognatore che assomiglia un po’ a tutti noi. Viene da una famiglia semplice: figlio di uno “shawesh”, il custode della biblioteca nazionale, e con mamma analfabeta, è cresciuto in uno dei quartieri popolari della piccola Salé, a pochi chilometri da Rabat. Corrisponde al ’cittadino medio’ cui fanno riferimento gli intellettuali marocchini durante le conversazioni da salotto, al bar o nei cafè. È l’esempio vivente del cambiamento di mentalità dei giovani marocchini, più aperto e senza remore, non solo rispetto all’omosessualità ma anche nella sua visione del futuro del Paese. Un atteggiamento coerente oltre che coraggioso, dove non c’è più spazio per l’ipocrisia. Un uomo che sa agire di conseguenza alle proprie azioni, capace di praticare quel che pensa.

L’attivista Abdellah è l’esempio vivente della possibilità di avviare un dibattito sull’omosessualità. Io stesso ho cambiato opinione: in che modo, da una visione alquanto omofobica comune alla maggioranza dei miei compatrioti, ho cominciato a capire e difendere gli omosessuali?

Gli eterosessuali che credono nelle libertà individuali e nella necessità di un dibattito aperto, che non hanno timore di appoggiare tali posizioni, devono sostenere la comunità omosessuale nelle sue battaglie. Dovremmo stabilire delle regole civili a garanzia del rispetto di tutti i soggetti in questione, e porre fine al trattamento ingiusto e all’esclusione inflitta alla popolazione gay marocchina fino ad oggi. Si tratta di una categoria di persone analoga ad ogni altra: come i tassisti quando protestano contro il nuovo codice della strada, o come i tifosi del Raja o del Wydad quando si riuniscono per incitare le rispettive squadre di calcio.

Sono uomini (e, quanto prima, anche donne) che hanno il diritto a rifiutare di essere rifiutati dalla società, e che vogliono partecipare allo sviluppo del proprio Paese e alla difesa dello Stato di diritto. Naturalmente parliamo del Marocco: se in Occidente il dibattito sulla possibilità del matrimonio per i gay e dell’adozione per le coppie gay si fa acceso, qui non ce n’è traccia. Arriverà quel giorno anche per noi, quando raggiungeremo il livello delle altre società civilizzate, e anche noi saremo capaci di decidere da soli e prendere posizione su questioni importanti. Ma sarà per merito di battaglie fondate sulle idee, non per rispondere alla dittatura di chi vorrebbe imporre la propria soluzione al Marocco.

Si, siamo tutti omosessuali. In Marocco, non c’è bisogno di dirlo, gli uomini si abbracciano e si toccano affettuosamente ben più che in altri Paesi, o almeno questa è la percezione dei turisti. Oltretutto Marrakech è conosciuta come la capitale marocchina degli omosessuali. Secondo il detto popolare: "Se ti cade un dirham, una monetina, a Marrakech, non chinarti a raccoglierlo, colpiscilo con il piede finché raggiungi il souk!!". Ora, guardiamo in faccia il problema e accettiamo chi è diverso (purché ci lasci raccogliere il nostro maledetto dirham da terra a Marrakech, ovvio!).



"La mia libertà finisce dove comincia quella degli altri". E non prima. Le stesse leggi e gli stessi doveri per tutti, sanciti in maniera libera e democratica nel massimo rispetto delle minoranze. Ecco in cosa consiste la "libertà".

Oggi il dibattito è stato avviato e, cosa più importante, sta guadagnando terreno. Qualche mese fa Kif Kif, associazione per i diritti degli omosessuali fondata a Madrid, è venuta a farsi conoscere in Marocco. Alcuni attivisti hanno incontrato politici ed esponenti della società civile. Chi, solo cinque anni fa, avrebbe potuto anche solo immaginare una cosa del genere? Chi? Anche se è vero che probabilmente non conquisteremo mai le simpatie dei "barbuti", né dei vecchi conservatori, né di tanti altri, i giovani di oggi sono cresciuti con questi dibattiti, e c’è da sperare che non rimarranno indifferenti agli appelli in favore della libertà e della tolleranza. Siamo stati testimoni di molti eventi drammatici, come a Ksar Lekbir (l’assalto dei locali contro quello che ritenevano fosse un matrimonio gay, novembre 2007) e altrove, ma è meglio riflettere in modo positivo e costruttivo su come questi episodi abbiano permesso di avviare una discussione che fino a questo momento languiva in uno stato di immobilismo culturale.

Dunque, le cose dovranno per forza cambiare. Smettiamo di avere paura di ciò in cui crediamo, e lasciamo che il cambiamento prenda forma, senza interrogarci sui limiti che dovremmo imporgli. Perché ciò avvenga, dobbiamo essere convinti di poter implementare i cambiamenti a livello personale. Ciò produrrà un effetto valanga che finirà col trasformare l’intera società. Ciascuno di noi deve rifletterci, recuperare la propria la facoltà di pensare in modo indipendente. Smettiamola, dunque, di dare al marocchino medio la colpa dei nostri fallimenti. Spetta a ciascuno di noi, uomo e donna, aprire la strada al cambiamento. La libertà è l’essenza dello sviluppo. La lotta per la libertà dell’uno è anche la lotta per la libertà dell’altro.

Durante i primi dieci anni del regno di Re Mohammed VI abbiamo assistito all’avanzare di svariate questioni sociali. Dalla condizione femminile al tema dei diritti degli Amazigh (come si autodefiniscono i Berberi), sono diverse le discussioni che continuano ad emergere nella scena pubblica. Eppure, nel nostro Paese queste dinamiche non prendono mai la forma convenzionale di dibattito nazionale, come in altre nazioni sviluppate. Per rispondere alle innovazioni della società, tutti i soggetti del Paese devono poter partecipare a questi scambi, sempre che le autorità si impegnino a proteggere tutte le minoranze che contribuiscono a tali dibattito. Purtroppo, però, non siamo ancora a questo punto.


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Testo originale: In Defense of the Minorities: the Case of Homosexuality, di Dr. H. Tradotto dal francese (Défense des minorités: le cas de la cause homosexuelle) da Zouzou. Stefano Ignone ha collaborato alla traduzione italiana. Ripreso da Talk Marocco: blog/forum centrato su un dibattito onesto, intelligente e aperto su questioni relative al Marocco e ai nord-africani nel mondo.

* La Stampa, 4/3/2010


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