[...] A noi, omosessuali e non, non resta che dire grazie a mons. Agostinelli e all’arcigay di Grosseto per averci provato a "incontrarsi".
Invece come credenti non ci resta che continuare a camminare ricordando le parole di mons Antonio Bello che diceva «Se voi riuscirete a liberarvi dalla rassegnazione, se riporrete maggiore fiducia nella solidarietà, se la romperete con lo stile pernicioso della delega, se non vi venderete la dignità per un piatto di lenticchie, se sarete così tenaci da esercitare un controllo costante su coloro che vi amministrano, se provocherete i credenti in Cristo a passare armi e bagagli dalla vostra parte, non tarderemo a vedere i segni gaudiosi della risurrezione. E anche per la Chiesa verranno tempi nuovi»[...]
Il vescovo di Grosseto in visita alla sede dell’Argigay
di GionataNews *
Mercoledi 17 Ottobre dalle ore 21 a Grosseto avverrà uno storico incontro, il Vescovo di Grosseto, mons. Agostinelli visiterà la sede dell’Arcigay Leonardo da Vinci in Via Parini a Barbanella .
Per la prima volta nel nostro paese un rappresentante delle istituzioni cattoliche parteciperà ad un incontro con un’associazione che lotta per i diritti di gay, lesbiche e trans.
L’incontro è stato richiesto a luglio dalla curia di Grosseto nell’ambito delle visite pastorali che il Vescovo mons. Agostinelli effettua in questo periodo, l’incontro avrà carattere informale e avrà l’intento di una reciproca migliore conoscenza e sarà un messaggio chiaro per tutti quei gay e lesbiche cattolici che vivono con sofferenza le posizioni intransigenti di alcuni elementi della Chiesa.
"Siamo felici che all’associazione Arcigay di Grosseto tocchi il compito di rispondere positivamente a questo ponte gettato da rappresentanti della Chiesa, forse paga l’atteggiamento di critica ma sempre di apertura che abbiamo manifestato nel corso degli anni" commenta Davide Buzzetti, presidente del comitato provinciale Arcigay di Grosseto "è un’occasione di dialogo e di distensione che non va sprecata nonostante le cronache ci dimostrino che il clima a livello nazionale sia decisamente più teso su questi temi".
L’incontro avrà luogo Mercoledi 17 Ottobre dalle ore 21 a Grosseto presso la sede dell’Arcigay "Leonardo da Vinci" in Via Parini a Barbanella. E’ prevista la partecipazione anche del Presidente Nazionale Arcigay Aurelio Mancuso.
Per maggiori informazioni
Arcigay Leonardo da Vinci,
Via Parini 7e -
58100 Grosseto
Sito web: www.grossetogay.it
email grosseto@arcigay.it
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GIONATA, newsletter informativa su "Fede e omosessualità"
WebSite: http://www.gionata.org
Email: gionatanews@gmail.com
* Il dialogo, Martedì, 16 ottobre 2007
Il Vescovo di Grosseto annulla la visita pastorale
all’Arcigay cittadina
A cura di Gionata
Era un bel segno quello che aveva voluto dare il Vescovo di Grosseto chiedendo di andare in visita pastorale anche presso la sede dell’arcigay grossetana. Ma quello che doveva essere un incontro di conoscenza si è trasformato presto in qualcosa di più è perciò alla fine è saltato. Ecco le dichiarazioni fatte a caldo dai protagonisti che affianchiamo, non a caso, a quelle di un Vescovo d’eccezione che, ancora oggi, continua a parlare a ognuno di noi...
«Io non faccio il cavallo di Troia per nessuno: un conto è l’accoglienza e un altro il riconoscimento, io non posso e non voglio dare a questa associazione alcun riconoscimento». Con queste motivazioni il vescovo di Grosseto mons. Franco Agostinelli ha commentato l’annullamento della visita pastorale che era in programma Mercoledì 17 Ottobre 2007 nella sede dell’Arcigay.
«Se un singolo, anche omosessuale, verrà da me troverà sempre le porte aperte - a continuato Agostinelli -. Ma in questo polverone mediatico è meglio che non ci sia alcun incontro, sarebbe strumentalizzato. Oggi non c’è il clima per andare da loro, ma potrà esserci in un altro momento», ha concluso il Vescovo.
«Da parte della curia ci è stata chiesta - spiega Davide Buzzetti presidente dell’Arcigay "Leonardo Da Vinci" di Grosseto - la disponibilità a salvare le apparenze e spostare l’incontro al di fuori del nostro circolo. Noi però non ci siamo resi disponibili perché troviamo imbarazzante questo repentino ripensamento riservato esclusivamente alla nostra associazione. Anzi faremo di più. Aspetteremo Agostinelli fino all’ultimo sperando che il vescovo segua la sua coscienza e faccia ciò che ritiene più corretto. Per noi questa è una occasione sprecata».
A noi, omosessuali e non, non resta che dire grazie a mons. Agostinelli e all’arcigay di Grosseto per averci provato a "incontrarsi".
Invece come credenti non ci resta che continuare a camminare ricordando le parole di mons Antonio Bello che diceva «Se voi riuscirete a liberarvi dalla rassegnazione, se riporrete maggiore fiducia nella solidarietà, se la romperete con lo stile pernicioso della delega, se non vi venderete la dignità per un piatto di lenticchie, se sarete così tenaci da esercitare un controllo costante su coloro che vi amministrano, se provocherete i credenti in Cristo a passare armi e bagagli dalla vostra parte, non tarderemo a vedere i segni gaudiosi della risurrezione. E anche per la Chiesa verranno tempi nuovi».
La Chiesa, Martini e i gay
di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 24 marzo 2012)
Nell’arco di neanche un mese tre colpi di maglio sono calati sulla pretesa della Chiesa di bloccare in Italia una legge sulle coppie di fatto. Prima c’è stato il clamoroso funerale di Lucio Dalla a Bologna: celebrato in cattedrale con tutti i crismi, permettendo al compagno omosessuale del defunto omosessuale di commemorarlo a pochi passi dall’altare.
Poi, il 15 marzo, è venuta la sentenza della Corte di Cassazione, che pur respingendo la trascrizione in Italia di un matrimonio omosessuale celebrato all’estero, ha sancito per la coppia gay, in presenza di specifiche situazioni, il diritto a un “trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”.
ORA SI FA sentire direttamente dall’interno della Chiesa il cardinale Martini, affermando che non ha senso demonizzare le coppie omosex e impedire loro di stringere un patto. Con la pacatezza che lo contraddistingue l’ex arcivescovo di Milano sfida, dunque, quella “dottrina Ratzinger” che consisterebbe nell’obbligo dei politici cattolici di uniformarsi ai “principi non negoziabili” proclamati dalla cattedra vaticana, impedendo il varo di una legislazione sulle unioni civili e meno che mai sulle unioni gay.
Da molti anni Carlo Maria Martini esercita la sua notevole libertà di giudizio, esortando con mitezza la Chiesa a non scambiare il nocciolo della fede con la fossilizzazione di posizioni non sostenibili per il sentire contemporaneo. Vale anche per la posizione da adottare nei confronti dei rapporti omosessuali, dove l’istituzione ecclesiastica è ferma da anni in mezzo al guado. Perché quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede Joseph Ratzinger aveva emanato documenti per esortare al rispetto delle persone omosessuali e ripudiare ogni tipo di discriminazione, irrisione e persecuzione. Ma al tempo stesso aveva ribadito che la pratica omosessuale rappresenta una grave offesa all’ordine morale: di qui la condanna senza appello delle relazioni uomo-uomo oppure donna-donna. Con la conseguenza di sabotare in Italia i tentativi dell’ultimo governo Prodi di approvare una legge sulle coppie di fatto.
Nel libro Credere e conoscere (ed. Einaudi), dove dialoga con il chirurgo cattolico Ignazio Marino esponente del Pd, il cardinale Martini afferma invece che vi sono casi in cui “la buona fede, le esperienze vissute, le abitudini contratte, l’inconscio e probabilmente anche una certa inclinazione nativa possono spingere a scegliere per sé un tipo di vita con un partner dello stesso sesso”. Nel mondo attuale, sostiene il porporato, questo comportamento non può venire “né demonizzato né ostracizzato”. E perciò Martini si dichiara “pronto ad ammettere il valore di un’amicizia duratura e fedele tra due persone dello stesso sesso”.
L’EX ARCIVESCOVO di Milano, peraltro, sottolinea il significato profondo del fatto che Dio ha creato l’uomo e la donna e quindi il valore primario del matrimonio eterosessuale e aggiunge anche di non ritenere un “modello” l’unione di coppia dello stesso sesso. E tuttavia, attento ai bisogni delle persone nella loro umanità, il cardinale afferma che se due partner dello stesso sesso “ambiscono a firmare un patto per dare una certa stabilità alla loro coppia, perché vogliamo assolutamente che non sia?”. Le motivazioni del matrimonio tradizionale, spiega, sono talmente forti che non hanno bisogno di essere puntellate con mezzi straordinari.
D’altronde molti nella Chiesa, vescovi e parroci, la pensano come lui. Anche se non parlano. Nel 2008 la rivista dei gesuiti milanesi Aggiornamenti sociali pubblicò uno studio per dire che - ferma restando la dottrina - dal punto di vista del bene sociale era positivo dare la possibilità alle coppie gay di avere una relazione stabile regolamentata dal diritto. E quindi era giusto legiferare in materia.
I VERTICI ecclesiastici, sulla questione, chiudono occhi e orecchie. Eppure è un segnale che alla televisione, intervenendo a Otto e mezzo, il leader cattolico Pier Ferdinando Casini si sia detto pubblicamente d’accordo con la sentenza della Cassazione, rimarcando che le “coppie omosessuali hanno diritto alla loro affettività e a essere tutelati nei loro diritti”. Casini ha fatto un esempio concreto: “Se convivo da trent’anni con una persona, in tema di asse ereditario bisogna essere sensibile a quella persona che ha convissuto con me”. È uno dei motivi per cui una legge è necessaria. Ed è bene che in parlamento si torni a parlare di alcune proposte di legge sin qui congelate.
Nel libro per le omelie anche un testo di Vendola
di Angela Frenda (Corriere della Sera, 28.01.2011)
MILANO- È accanto a Madre Teresa di Calcutta, al cardinale Van Thuan e a Charles de Foucauld, come testimone della quaresima nel Sussidio liturgico-pastorale edito dai Paolini e diretto ai sacerdoti, cioè uno strumento per preparare le omelie del tempo liturgico penitenziale. Ma Nichi Vendola questa notizia l’ha appresa soltanto ieri, uscito da una riunione a Bruxelles. Ed è stato subito entusiasta: «Che abbiano scelto il mio pezzo su Don Tonino Bello mi ha molto commosso. Non ne sapevo nulla. D’altronde io amo la Chiesa quando sa accogliere. Quando sa annunciare. Quando è crocevia di salvezza» .
Non nasconde, il presidente della Regione Puglia e leader di Sel, di poter essere un personaggio «scomodo» per una parte della Chiesa. Ma rilancia con orgoglio: «So bene che nella Chiesa ci sono coloro che pensano che la mia vita sia incompatibile con la fede. Il mio peccato è di non essere un’ipocrita. Sono pronto a una discussione vera anche sui temi dell’omosessualità. Non mi sono mai nascosto. Perché la cosa che più ho aborrito è l’ipocrisia» .
A scegliere il suo pezzo è stato don Giuseppe Turani, parroco di Monte Marenzo, in provincia di Lecco, che ha curato anche l’introduzione dell’opuscolo di 155 pagine. E che ieri, interpellato, mostrando preoccupazione soprattutto per eventuali strumentalizzazioni sulla sua scelta, ha spiegato: «Ho voluto pubblicare la lettera di Vendola perché parla del vescovo Tonino Bello. E credo sia un segnale positivo presentare questo personaggio attraverso una persona che è impegnata in politica. Persona, Vendola, che io so molto religiosa e in gamba. E che io stimo da tempo» .
La lettera del presidente della Regione Puglia (pubblicata sulla Gazzetta per il Mezzogiorno del 19 aprile 2010) è idealmente indirizzata a don Tonino Bello, mitico vescovo del Sud da molti ritenuto un santo, scomparso nell’aprile ’ 93, ed inserita nella meditazione per la prima domenica di Quaresima. Scrive Vendola: «Oggi vincono e convincono quelli che non hanno tempo per occuparsi di vittime, di poveri, di esuberi, di quelle pietre di scarto che nel Vangelo saranno pietre angolari dell’edificio della salvezza. Quelli che girano lo sguardo dall’altra parte, quelli che fingono di non vedere l’orrore, quelli che sono gli eroi di cartapesta del nostro immaginario e della nostra etica. Oggi gli afflitti vengono ulteriormente afflitti e i consolati ulteriormente consolati...» .
Il governatore della Puglia riflette anche, nella sua lettera, su quella Chiesa che «spesso pare più vocata all’autodifesa che non all’annuncio» . Ad accompagnare la lettera del governatore pugliese, però, è stato inserito dai Paolini anche un boxino legato al tema del perdono dei peccatori, e che è intitolato «La sapienza dei padri» in cui si narra di Bessarione, grande monaco vissuto nel IV secolo. «Capitato in una chiesa durante la predica- scrive la rivista dei Paolini - gli toccò sentire il presbitero scacciare un peccatore, giudicato indegno di stare tra la gente per bene. Bessarione non mosse ciglio, si alzò e uscì con lui dicendo: anch’io sono un peccatore» .
GROSSETO. IL PARROCO: SONO RIMASTO MALE
Dopo il fallito incontro con l’associazione gay
di Enrico Pizzi *
GROSSETO. «Desideravamo questo incontro, purtroppo è andata come tutti sappiamo». Il parroco della comunità di san Giuseppe, don Maurizio Marta, tiene a precisare che né lui né i suoi parrocchiani hanno preso a cuor leggero il fallimento dell’incontro tra l’Arcigay di Grosseto, che ha sede nel territorio parrocchiale di san Giuseppe, e il vescovo di Grosseto, Franco Agostinelli, in visita pastorale alla parrocchia.
La decisione, presa dal vescovo, di non incontrare l’Arcigay per il troppo nervosismo mediatico che si era scatenato attorno all’evento - questa almeno la versione ufficiale che don Maurizio non ha alcuna intenzione di mettere in discussione - ha lasciato un segno nella parrocchia ed è il segno di un fallimento per un evento «che - dice il parroco - non era stata la curia a proporre, ma era stata una nostra iniziativa, che il vescovo aveva subito accettato».
Insomma, la parrocchia, il consiglio pastorale, il parroco, avevano promosso un incontro «come un qualsiasi incontro con una realtà del nostro territorio - spiega don Maurizio - e d’altra parte il vescovo in questi anni ha più volte invitato la chiesa locale ad uscire dal tempio».
Sulle ragioni che hanno convinto il vescovo a tornare sui suoi passi, il parroco di san Giuseppe non vuole entrare. Si limita ad osservare che «a Buzzetti, alla fine, sarebbe bastato che il vescovo si fosse fermato con loro a prendere un caffè».
«Come comunità parrocchiale - dice don Maurizio - ci siamo rimasti un po’ male, per come sono andate le cose, al di là delle motivazioni. Davvero non capisco - continua il sacerdote - come poi sia successo quello che è successo, forse qualcosa ci è sfuggito di mano, c’è stato un forte clamore sulla stampa, qualcuno ha parlato addirittura di svolta, ma non era né una svolta né uno sdoganamento, anche perché non c’è bisogno di sdoganare nessuno, doveva essere solo un semplice incontro di conoscenza reciproca e di rispetto».
La parrocchia, comunque, non desiste, il primo tentativo di dialogo non è andato a buon fine, ma don Maurizio non dispera. «Passata la bufera - dice - ci riproveremo, con Davide Buzzetti in questi mesi si è avviato un ottimo rapporto di conoscenza reciproca e non è detto che quello che non è riuscito adesso non si possa riproporre».
Enrico Pizzi
* il Tirreno, sabato 20 ottobre 2007
Pistoia, monsignor Scatizzi invita i preti a non somministrare la comunione agli omosessuali
"Quando conclamata e ostentata è un peccato che li esclude dal sacramento"
Un altro vescovo dice no ai gay
Nella comunità è rivolta sul web
Lo scorso 25 gennaio era toccato al vescovo emerito di Grosseto
Durissimi i commenti fra blog, Facebook e forum dedicati
di MARCO PASQUA *
PISTOIA - Niente comunione ai "gay conclamati", perché "l’omosessualità è un disordine" e i precetti della Chiesa non devono essere contraddetti. Per monsignor Simone Scatizzi, vescovo emerito di Pistoia, i preti dovrebbero rifiutarsi di somministrare la comunione ai gay. Parlando oggi con il sito religioso Pontifex, a proposito degli omosessuali "che proclamano la loro condizione e la praticano", l’esponente cattolico sostiene: "Il principio generale é che la conclamata e ostentata omosessualità é un peccato che esclude la comunione".
Le parole del vescovo fanno il giro del web, suscitando reazioni e sdegno da parte della comunità GLBT, che già aveva registrato, lo scorso 25 gennaio, un’analoga presa di posizione. Parlando con lo stesso sito, infatti, il vescovo emerito di Grosseto, monsignor Giacomo Babini, era stato ancora più esplicito, arrivando anche a chiamare in causa il governatore della Puglia, Nichi Vendola: "La pratica conclamata della omosessualità é un peccato gravissimo, costituisce uno scandalo e bisogna negare la comunione a tutti coloro che la professino, senza alcuna remora, proprio in quanto pastori di anime. Io non darei mai la comunione ad uno come Vendola".
L’ultima presa di posizione, in ordine di tempo, è del 79enne Scatizzi, già protagonista, nel 2005, di un’aspra polemica contro i gay, "colpevoli", a suo dire, della "crisi della virilità". "L’omosessualità in quanto tale é un disordine. E su questo non ci sta discussione", afferma categorico il religioso, salvo poi concedere che "con gli omosessuali é necessario usare delicatezza e misericordia e alla fine il giudice ultimo é Dio, pertanto sulla Terra nessuno é autorizzato ad emettere sentenze".
Il vescovo emerito di Lucera-Troia, monsignor Francesco Zerrillo, sembra andare oltre, arrivando a criticare persino le leggi contro l’omofobia. "Io non le ritengo giuste - ha tuonato il porporato, parlando il 2 febbraio con lo stesso sito - in quanto non é mai assimilabile, dunque omologabile, ciò che é la normalità, ovvero la famiglia eterosessuale fondata da uomo e donna e quella omosessuale che famiglia non é, per la semplicissima ragione che non é in grado di ottemperare alla riproduzione. L’atto sessuale é volto a questo e non alla ricerca di lussuria". Secondo Zerrillo bisognerebbe invitare il gay credente a non chiedere la comunione, "per non alimentare lo scandalo": "Se davanti a me, specie in un centro piccolo in cui tutti sanno tutto di tutto, il dare la comunione ad una persona del genere può causare scandalo é quindi meglio non darla . Sarebbe saggio generalmente prevenire queste cose o al massimo amministrarla e poi dirgli amico non provarci più, per scongiurare uno scandalo ancora maggiore".
Aveva parlato invece di "pratica aberrante" il collega emerito di Grosseto, monsignor Giacomo Babini: "Mi fa ribrezzo parlare di queste cose e trovo la pratica omosessuale aberrante, come la legge sulla omofobia che di fatto incoraggia questo vizio contro natura. I vescovi e i pastori devono parlare chiaro, guai al padre che non corregge suo figlio. Penso che dare le case agli omosessuali, come avvenuto a Venezia, sia uno scandalo, e colui che apertamente rivendica questa sua condizione dà un cattivo esempio e scandalizza". Cosa dovrebbero fare i gay? "Pentirsi di questo orribile difetto", l’invito di Babini.
Durissimi i commenti degli utenti in calce a queste interviste, fatte circolare in maniera virale su Facebook, i forum e i blog. "Una persona non può e non dovrà mai vergognarsi di quello che è. Dio ama tutti indistintamente e lei predica odio, incita le masse ignoranti alla violenza e contribuisce a rendere l’Italia un paese razzista, omofobo, antisemita", scrive un utente, mentre un altro aggiunge: "La chiesa dovrebbe essere simbolo di pace e non di intolleranza, lasci l’anello che porta con tanta prosopopea e riprenda in mano il Vangelo. Volgete lo sguardo alle mele marce che ci sono tra di voi (preti pedofili, ecc.) e non prendetevela con chi, realmente, è capace di amare". "Vi rendete conto, signori, che voi stessi avete detto che Dio è amore? gli omosessuali non hanno bisogno di misericordia o di perdono, vi prego. Ora è veramente troppo", scrive l’utente "frangisca" commentando le parole di Scatizzi. Il quale sembra avere solo un consiglio per gli omosessuali: "Sarebbe opportuno che i gay si lasciassero portare sulla via della guarigione e della conversione".
© la Repubblica, 05 febbraio 2010