Perche’ non posso essere cattolico
di Massimo Consoli
E’ da quando ho raggiunto una certa maturita’ politica che ho notato un fatto curioso: ogni volta che mi sono trovato a confrontarmi con un mio diritto, che mi sembrava naturale e legittimo, ad impedirmi di usufruirne si ergeva sempre una particolare classe di individui.
Perche’ “particolare”?
Perche’ tra di loro, questi individui, avevano delle caratteristiche speciali che li caratterizzavano in un certo modo: erano cattolici.
Ho sofferto molto, durante la mia infanzia e adolescenza. Ho sofferto molto fino all’eta’ di diciassette anni. Ho pensato in maniera ossessiva al suicidio. E questo perche’? Per un solo motivo: ero gay e non mi accettavo.
Ho cominciato piuttosto presto a capire che c’era qualcosa, in me, che non rientrava nel gradimento generale della societa’.
Ho utilizzato tutti gli strumenti che avevo a disposizione. Ho comprato un numero infinito di libri e di giornali cercando di capire chi fossi e per quale motivo. Ho parlato con chiunque fosse disposto ad ascoltarmi (ben poche persone, in realta’), e mi sono sentito sempre peggio, come se stessi sprofondando in chissa’ quale baratro di abiezione e perversione.
La chiesa cattolica mi ha spiegato, con abbondanza di particolari, che io non avrei mai potuto aspirare al regno di Dio, non importa cosa avessi fatto di buono nella vita. Sarei potuto essere la persona migliore del mondo, ma il fatto di essere gay mi assegnava automaticamente un biglietto di sola andata per l’inferno.
Ma questo non m sembrava giusto! Com’era possibile che io fossi responsabile di un qualcosa del quale non avevo nessuna responsabilita’, che non avevo voluto e che non avevo cercato in nessun modo? Come poteva essere giusto un Dio che mi condannava senza possibilita’ di appello, senza permettere di giustificarmi in alcun modo? Un Dio che mi si presentava feroce, malvagio, impietoso ed anche falso e ipocrita perche’ appariva sotto altre vesti che non gli spettavano.
Col trascorrere del tempo ho cercato di approfondire questo argomento che mi stava cosi’ a cuore. Una delle cose che piu’ mi appassionavano era la religione, la storia della religione, la storia del cristianesimo. Cosi’, ho potuto scoprire che, in effetti, la mia non era stata una sensazione. Il cristianesimo, e soprattutto il cattolicesimo romano, mi appariva sempre piu’ come un’istituzione che mirava soltanto ad una cosa: il potere! Tutto il resto era una sovrastruttura necessaria per confondere gli ingenui e abbindolare i puri di cuore, per farli cadere nella rete e presentarli all’esterno come modelli da imitare, visto che le gerarchie ecclesiastiche erano abitualmente impresentabili.
Il cristianesimo condanna il politeismo, ma in nessuna religione ci sono cosi’ tanti dei (chiamati «santi») come nel calendario cattolico.
Parla della necessita’ di esser poveri, ma la Chiesa e’ stata per secoli la struttura piu’ ricca e potente.
Vuole i suoi sacerdoti celibi, ma pretende sposato il resto della popolazione.
E’ sempre stato contro l’omosessualita’, ma in nessuna comunita’ come nel clero questa la si pratica con cosi’ tanta convinzione.
Dice agli altri: "Crescete e moltiplicatevi", sostenendo che coloro che non vogliono i figli sono degli egoisti, ma loro si guardano bene dal mettere su famiglia.
Invita a «non uccidere», ed e’ responsabile dei piu’ grandi eccidi nella storia dell’umanita’.
Dice di non fare guerre, e sono poche quelle non scatenate dal Papa.
Del resto, sono proprio loro hanno inventato un detto: «fai quello che il prete ti dice di fare, ma non fare quello che fa lui».
Ci sono sempre stati dei preti a nostro favore. Fin da quando ero bambino sentivo i piu’ grandi che dicevano: “Le acque si stanno smuovendo. Avete sentito cosa ha detto don Filippo, quel prete di Modena secondo il quale anche gli omosessuali possono andare in paradiso?”.
Troppi ce ne sono stati di preti di Modena, di Firenze, di Reggio Calabria, di Torino e di chissa’ddove. Ma dove sono finiti? E’ la chiesa di Roma quella che conta e che e’ sempre, drasticamente, antiomosessuale. Tutti gli altri sono polvere sollevata artificialmente per confondere, nascondere, illudere.
Questo puo’ sembrare strano. Ci sono molti studi, molte ricerche (Sipe, Wagner...) che rivelano come nel clero cattolico ci sia una percentuale di omosessualita’ che arriva fino all’80 per cento! Com’e’ possibile che una struttura che ne e’ cosi’ profondamente impregnata rinneghi se stessa fino a questo punto?
In realta’, bisogna stare attenti alle parole. La chiesa di Roma e’ stata sempre molto brava nel linguaggio usato. Spesso ha impiegato secoli per modificare il senso delle parole e portarlo a soddisfare i propri interessi (vedi il caso dei Benandanti, sul quale Carlo Ginsburg ha scritto un libro illuminante).
In questi ultimi anni la chiesa ha operato una sottile distinzione tra “omosessuali” e “gay”. E noi, oggi, stiamo assistendo ad una lotta feroce tra gli omosessuali, che sono quelli che vivono con dolore la propria condizione e sono sottomessi alla sua autorita’, ed i gay, che sono quelli che rivendicano con orgoglio quella stessa condizione e pretendono di essere felici anche al di fuori del suo magistero.
E’ logico che vinceranno i gay, perche’ sono ormai storicamente predisposti alla vittoria, ma e’ anche vero che, dopo questa guerra, la chiesa di Roma ne uscira’ fuori profondamente trasformata.
Protagonista delle principali battaglie condotte dal movimento omosessuale è deceduto nella sua abitazione a Frattocchie, ai Castelli romani. Aveva 61 anni
Morto nella notte Massimo Consoli
padre del movimento gay in Italia
ROMA - E’ morto nella notte nella sua abitazione di Frattocchie, ai Castelli romani, il giornalista e scrittore Massimo Consoli, tra i fondatori del movimento gay italiano. Romano, 61 anni, è stato da sempre impegnato nella battaglia per i diritti civili delle persone e delle coppie omosessuali. A dare notizia della sua morte, giunta dopo una lunga malattia, sono state le organizzazioni della comunità omosessuale e glbt (gay, lesbico, bisessuale, transgender) romana.
Protagonista della maggiori battaglie condotte dal movimento gay in Italia, nell’autobiografia Andata e ritorno Consoli racconta quelli che sono stati i più grandi desideri della sua vita: la legittimazione del proprio archivio internazionale di storia e pubblicistica gay da parte dello Stato italiano e l’adozione del giovane poco più che ventenne Lorenzo: obiettivi centrati entrambi.
Amico di artisti e letterati come Dario Bellezza, Pier Paolo Pasolini, Sandro Penna, Alberto Moravia e Mario Mieli, fu definito "papa degli omosessuali" dall’antropologo francese Alain Danielou. Autore di una quarantina di volumi (Homocaust, Ecce Homo, Affetti speciali i più famosi), nel corso della sua pluridecennale attività ha riscoperto o valorizzato, attraverso traduzioni e studi, personaggi poi definiti "padri fondatori" del movimento di liberazione omosessuale e raccolto un archivio internazionale sull’omosessualità, oggi custodito presso l’Archivio di Stato italiano a Roma.
Fiero della sua romanità, era nato il 12 dicembre 1945 e ha vissuto a lungo nel quartiere romano di Monteverde, con lo stesso affetto si era legato alla sua residenza di Frattocchie, nel Comune di Marino dove ha abitato fino alla fine e dove, negli ultimi anni, ha vissuto le gioie più grandi della propria vita: l’adozione del giovane Lorenzo, al quale ha dato il cognome, e la nascita dei due nipotini, figli di Lorenzo e Milika.
"La morte di Massimo Consoli - dichiara il sindaco di Marino, Adriano Palozzi - è una perdita grave per l’intera città di Marino. Conosciuto e amato per il suo forte impegno sociale, Massimo non si è mai sottratto dal dialogare con tutti, soprattutto nella comunità di Frattocchie dove risiedeva da oltre vent’anni. Restano, inoltre, come esempio e testimonianza di una vita luminosa le amicizie e le collaborazioni di Consoli in ambito letterario, in particolar modo quella col suo storico sodale Dario Bellezza. E’ merito di Massimo se la nostra città è stata la prima in Italia ad avere una via, nella circoscrizione di Frattocchie, intitolata alla memoria del grande poeta romano erede di Pasolini".
* la Repubblica, 4 novembre 2007
Sul tema, nel sito, si cfr.:
COSTITUZIONE E ORIENTAMENTO SESSUALE
L’URLO di una mammma dell’AGEDO di Palermo.
Caro James,
i comandamenti sono tre, cui si aggiunge quello più importante: "non uccidere", "non rubare", "non commettere falsa testimonianza" e "ama il prossimo tuo come te stesso".
Cordiali saluti
Uno che legge Pierri
IL TERZO MILLENNIO DOPO CRISTO E’ INIZIATO, MA IN VATICANO INVECE DI AVERE FEDE E CORAGGIO perseverano alla grande, nell’ordine simbolico e nell’immaginario costantiniano?!!:
Sinodo, il Papa: "I padri abbraccino la famiglia con il suo valore e le sue vulnerabilità"
Nel discorso di Francesco alla veglia in Piazza San Pietro l’auspicio che i padri sinodali possano attingere dalla tradizione "orientamenti di speranza" e il riferimento a una Chiesa che "protegge senza sostituirsi" e "corregge senza umiliare"
di ANDREA GUALTIERI (la Repubblica, 03 ottobre 2015)
CITTA’ DEL VATICANO - "Se non sappiamo unire la compassione alla giustizia finiamo con essere inutilmente severi e profondamente ingiusti". Papa Francesco lo ricorda alla vigilia del sinodo che si apre con la messa solenne di domenica e che è chiamato ad affrontare le problematiche legate alle famiglie contemporanee. Bergoglio ha parlato durante la veglia organizzata in piazza San Pietro dalla Cei ed alla quale hanno partecipato migliaia di persone da tutta Italia, insieme ai padri sinodali e agli uditori che lunedì inizieranno il dibattito.
"Dal tesoro della viva tradizione - ha auspicato Francesco - i padri sappiano attingere parole di consolazione e orientamenti di speranza per famiglie chiamate in questo tempo a costruire il futuro della comunità ecclesiale e della città dell’uomo". Più che "parlare" di famiglia, ha precisato, si tratta di "mettersi alla sua scuola, nella disponibilità a riconoscerne sempre la dignità, la consistenza e il valore, nonostante le tante fatiche e contraddizioni che possono segnarla". Il sinodo, ha insistito il pontefice, "sappia ricondurre a un’immagine compiuta di uomo l’esperienza coniugale e familiare, riconosca, valorizzi e proponga quanto in essa c’è di bello, di buono e di santo, abbracci le situazioni di vulnerabilità, che la mettono alla prova: la povertà, la guerra, la malattia, il lutto, le relazioni ferite e sfilacciate da cui sgorgano disagi, risentimenti e rotture".
Un anno fa, alla veglia che ha preceduto il sinodo straordinario e preparatorio, il Papa argentino aveva chiesto ai vescovi di evitare di imporre pesi che essi stessi non avrebbero saputo sopportare. Ora l’atteggiamento auspicato dal pontefice per il confronto che proseguirà fino al 24 ottobre è quello di una Chiesa che, ha detto, "protegge senza sostituirsi, che corregge senza umiliare, che educa con l’esempio e la pazienza, a volte, semplicemente con il silenzio di un’attesa orante e aperta". Ma anche una comunità ecclesiale "lontana da grandezze esteriori, accogliente nello stile sobrio dei suoi membri e, proprio per questo, accessibile alla speranza di pace che c’è dentro ogni uomo, compresi quanti hanno il cuore ferito e sofferente".
Bergoglio ricorda alla sua Chiesa di essere misericordiosa perché essa stessa "per prima vive l’esperienza di essere incessantemente rigenerata nel cuore misericordioso del Padre". E solo con questa consapevolezza può "rischiarare davvero la notte dell’uomo, additargli con credibilità la meta e condividerne i passi".
Galantino: "Non gridiamo contro qualcuno" - Prima del Papa avevano parlato i responsabili dei grandi movimenti ecclesiali: da Matteo Truffelli dell’Azione cattolica a Maria Voce dei focolarini, da don Julian Carron di Cl a Kiko Arguello del Cammino neocatecumenale e Salvatore Martinez del Rinnovamento nello Spirito.
E’ stato il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, ad accogliere il pontefice: "L’esperienza quotidiana - ha detto - ci vede coinvolti in una trasformazione epocale della cultura sociale, che interessa profondamente la famiglia". E ha aggiunto: "Non vogliamo lasciare che il lamento, la stanchezza o la paura prevalgano sullo stupore, sulla gioia e sul coraggio, né che le analisi, legate a un contesto in cui sembra vincere la dinamica del non legarsi a niente e nessuno, ci frenino sulla disponibilità ad accompagnare i giovani nella scelta coraggiosa del matrimonio".
Alla folla si era rivolto in precedenza il segretario dei vescovi italiani, Nunzio Galantino: "Vogliamo anche noi gridare, ma non contro qualcuno. Il nostro è un grido di preghiera perché Dio possa accompagnare la Chiesa, chiamata a mettere occhio ma anche cuore nell’esperienza sinodale".
In piazza i ’colori’ della Chiesa - "La famiglia è alla svolta?", chiedeva la scritta su uno striscione in piazza San Pietro. Davanti al Papa sventolavano vessilli di associazioni, gruppi e movimenti ecclesiali. Tantissimi i bambini, anche sul sagrato, ai piedi del quale si è creato un inedito parcheggio di passeggini. In prima fila i drappi di diocesi del Sud, da Monreale a Cassano Jonio. Poi i forum familiari e i consultori. "Non abbiamo paura delle differenze: qui sono insieme i tanti colori della Chiesa italiana", ha sottolineato don Paolo Gentili mentre piazza San Pietro si riempiva.
Tre le testimonianza scelte dagli organizzatori: sul palco sono saliti una coppia di fidanzati - lei di Alghero, lui cubano -, due genitori con i figli e infine una coppia di nonni pisani insieme ai nipoti. Ed è stata proprio la signora toscana a raccontare in piazza lo stato d’animo con il quale grazie alla sua famiglia sta affrontando la sindrome gravissima e invalidante che la affligge: "Dire ti amo - è stato il cuore del suo intervento - significa dire che tu non morirai mai".
Al Papa poi una famiglia con 4 figli, uno dei quali affetto dalla sindrome di Down, ha portato una lampada che Bergoglio ha benedetto. Da essa, la fiamma si è propagata alle fiaccole che la folla dei fedeli aveva in tutta la piazza e il gesto si è ripetuto in contemporanea in tutte le diocesi italiane: "La luce che si è irradiata da San Pietro è il segno visibile di questa fabbrica di speranza che sono le famiglie", sottolinea don Paolo Gentili
La confessione del monsignore Krzysztof Charamsa: "Io gay felice e con un compagno".
La Santa Sede: "Lasci l’insegnamento"
"So che pagherò conseguenze, ma ora Chiesa apra gli occhi"
di Redazione ANSA *
ROMA. "Certamente mons. Charamsa non potrà continuare a svolgere i compiti precedenti presso la Congregazione per la dottrina della fede e le università pontificie, mentre gli altri aspetti della sua situazione sono di competenza del suo Ordinario diocesano". Lo ha detto padre Federico Lombardi.
"La scelta di operare una manifestazione così clamorosa alla vigilia della apertura del sinodo - dichiara padre Lombardi - appare molto grave e non responsabile, poiché mira a sottoporre l’assemblea sinodale a una indebita pressione mediatica". E questo nonostante il rispetto per le vicende personali.
La confessione del monsignore. "Voglio che la Chiesa e la mia comunità sappiano chi sono: un sacerdote omosessuale, felice e orgoglioso della propria identità. Sono pronto a pagarne le conseguenze, ma è il momento che la Chiesa apra gli occhi di fronte ai gay credenti e capisca che la soluzione che propone loro, l’astinenza totale dalla vita d’amore, è disumana". Lo afferma al Corriere della Sera, monsignor Krzysztof Charamsa, 43 anni, polacco, ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede e segretario aggiunto della Commissione Teologica Internazionale vaticana, oltre che docente alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum.
Molto attivo sui social network, da twitter a linkedin, monsignor Krzysztof Charamsa, il teologo gay ha anche un suo blog, attivato alla fine di questo mese agosto. Pochi ancora i post pubblicati e il monsignore si presenta al pubblico della rete con una foto in t-shirt gialla e con un saluto in diverse lingue.
Sulle ragioni del suo coming out, spiega: "Arriva un giorno che qualcosa si rompe dentro di te, non ne puoi più. Da solo mi sarei perso nell’incubo della mia omosessualità negata, ma Dio non ci lascia mai soli. E credo che mi abbia portato a fare ora questa scelta esistenziale così forte , forte per le sue conseguenze, ma dovrebbe essere la più semplice per ogni omosessuale, la premessa per vivere coerentemente, perché - aggiunge - siamo già in ritardo e non è possibile aspettare altri cinquant’anni".
"Dunque dico alla Chiesa chi sono - aggiunge -. Lo faccio per me, per la mia comunità, per la Chiesa. È anche mio dovere nei confronti della comunità delle minoranze sessuali". Alla domanda su che cosa pensi di ottenere, mons. Charamsa afferma: "Nella Chiesa non conosciamo l’omosessualità perché non conosciamo gli omosessuali. Li abbiamo da tutte le parti, ma non li abbiamo mai guardati negli occhi, perché di rado essi dicono chi sono.
Vorrei con la mia storia scuotere un po’ la coscienza di questa mia Chiesa. Al Santo Padre rivelerò personalmente la mia identità con una lettera".
Il teologo spiega di parlare alla vigilia del sinodo sulla Famiglia perché "vorrei dire al Sinodo che l’amore omosessuale è un amore familiare, che ha bisogno della famiglia. Ogni persona, anche i gay, le lesbiche o i transessuali, porta nel cuore un desiderio di amore e familiarità. Ogni persona ha diritto all’amore e quell’amore deve esser protetto dalla società, dalle leggi. Ma soprattutto deve essere curato dalla Chiesa".