"Va bene così": genitori e figli (gay) insieme
di Pasquale Quaranta (Gay.it, 15 giugno 2007)
L’associazione che raccoglie i familiari degli omosessuali, comincia oggi da Bologna una nuova iniziativa per incoraggiare alla comprensione dei familiari omosessuali.
C’è qualcosa nella tua vita più importante della tua famiglia? Se nella vita non ci difendono innanzitutto i nostri genitori, chi ci difenderà?
Dal 15 giugno sono affissi nella città di Bologna manifesti con quattro differenti messaggi legati all’accettazione di parenti con orientamento omosessuale. Perché alcuni rapporti vale la pena viverli in modo autentico. Ecco allora che Agedo (http://www.agedo.org/) (Associazione genitori di omosessuali) in collaborazione con una squadra di studiosi italiani che si occupano di queste tematiche - tra cui Laura Borghi (Università di Parma) e Luca Pietrantoni (Università di Bologna) - promuove la campagna di consapevolezza “Va bene così”. Obiettivo: incoraggiare le famiglie alla comprensione dei loro familiari omosessuali.
La campagna avviata a Bologna assume un respiro nazionale grazie alla realizzazione di un sito internet dedicato: http://www.vabenecosi.org/
Qui leggiamo storie di persone che hanno saputo dell’omosessualità di un loro familiare e hanno deciso di condividere le loro emozioni online. A volte hanno provato dispiacere, vergogna, senso di colpa, imbarazzo, ma nella maggior parte dei casi ha prevalso l’affetto. Dice di Marco suo fratello: «Quando mi ha detto di essere gay, non è stata una sorpresa. Ho apprezzato però il suo coraggio, la sua sincerità. Sa che la sua famiglia gli è vicina. Fa il poliziotto perché vuole un mondo più giusto. Per tutti».
Segue la storia della mamma di Sonia: «Quando mia figlia mi ha detto di essere lesbica, mi è sembrata un’estranea. Poi ho capito che era sempre lei, nulla era cambiato. Ho imparato a conoscerla meglio e questo ci ha avvicinate. L’omofobia divide, l’affetto unisce». Dice il fratello di Anna: «Siamo molto estroversi anche se non abbiamo gli stessi gusti in fatto di ragazze. Ho conosciuto la sua fidanzata con cui convive. Si vorrebbero sposare. Spero possano farlo presto in Italia come già accade nel resto d’Europa».
Se l’orientamento sessuale è motivo di rottura con la famiglia, vuol dire che dobbiamo cambiare la mentalità di questo Paese. Nella nostra famiglia di origine riceviamo supporto materiale e affettivo. Il fatto che l’orientamento sessuale sia motivo di rottura di un sostegno importante, significa che dobbiamo fare qualcosa per cambiare la mentalità di questo Paese. Con questo auspicio, mia madre e mio padre hanno accettato di testimoniare insieme a me, e insieme alle altre famiglie ritratte nei manifesti realizzati, la bellezza di rapporti autentici che uno stupido pregiudizio non deve pregiudicare.
Con queste parole papà ricorda il mio coming out: «Quando mio figlio mi ha detto di essere gay, mi sono sentito crollare il mondo addosso. Pensavo che io e mia moglie avessimo sbagliato qualcosa. Poi ho capito che l’omosessualità non è né un problema né una scelta. Quando sento dai colleghi parole come frocio o ricchione, sto male. Ma adesso ho imparato a reagire».
La campagna, è facile immaginarlo, si intitola “Va bene così” perché in Italia, in realtà, le cose non vanno poi così bene. «Spesso - spiega Luca Pietrantoni - si pensa alle dichiarazioni offensive di colleghi o conoscenti o a volte di esponenti politici veicolate dai mezzi di comunicazione di massa, nei confronti di gay e lesbiche, ma raramente si mettono in conto i sentimenti che queste dichiarazioni suscitano nei loro familiari; quest’ultimi sono spesso combattuti nella scelta di dover decidere se esporsi e prendere apertamente posizione, o restare in silenzio e continuare a subire le battute antigay di colleghi, o di semplici conoscenti».
La campagna “Va bene così” è stata finanziata grazie all’apporto di donazioni private di famiglie di Bologna. Scopri come sostenere l’iniziativa visitando il sito
http://www.vabenecosi.org
http://www.p40.it
* Il Dialogo, Sabato, 30 giugno 2007
Sul tema, nel sito, si cfr.:
Eu-manità ... ed eu-angelo
STOP DISCRIMINATION. EU-ROPA: L’odio verso i gay è razzismo!!!
Eu-manità ... ed ev-angelo
EU-ROPA: ITALIA. RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO SULL’OMOFOBIA
Una pedagogia dell’accoglienza
di Alessandra Bialetti Gregori*
Il coming out, ovvero la rivelazione a se stessi e agli altri della propria identità omosessuale, rappresenta un fattore di benessere per la costruzione identitaria, un fattore protettivo di crescita armonica, ma anche un momento di crisi degli equilibri familiari ed amicali.
La crisi, tuttavia, va letta in un’ottica di risorsa e non di incidente di percorso: costituisce la possibilità, per l’intero nucleo familiare, di rivedere le proprie posizioni, scendere nel profondo di se stessi a contatto con le proprie paure, stereotipi e pregiudizi per trovare nuove strategie relazionali fondate su un rapporto di verità.
Al momento del coming out tutta la famiglia “si colora di omosessualità” dovendo ridefinire se stessa sia internamente, sia esternamente nei confronti di una società che vive un’omofobia più o meno manifesta.
Il coming out è momento di confusione emotiva molto forte: l’omeostasi familiare subisce un trauma profondo, traballano i riferimenti valoriali fino a quel momento perseguiti, si vive un senso di colpevolizzazione per aver messo al mondo un figlio “sbagliato” o, nel caso del genitore omosessuale, per non poter essere più una buona guida. Questa ferita nelle relazioni familiari, tuttavia, si può trasformare in feritoia ovvero rappresentare quella porta in cui addentrarsi per giungere alla piena realizzazione e a nuovi rapporti familiari.
Non si vuole assolutamente parlare di pedagogia della prevenzione etichettando nuovamente l’omosessualità come patologia, ormai derubricata dal Dsm, manuale diagnostico dei disturbi mentali, nel lontano 1973.
Si intende invece propugnare una pedagogia dell’accoglienza in cui la persona omosessuale possa vivere pienamente se stessa in tutte le sue manifestazioni, compreso naturalmente l’orientamento omosessuale, elemento della personalità ma non tratto caratterizzante.
In ambito cattolico spesso si tende a privilegiare l’aspetto riparativo, il prevenire l’insorgere di una patologia all’interno della famiglia, il caricare i genitori di tali pesi educativi da imbrigliare totalmente le positive risorse esistenti in ogni nucleo familiare anche se bloccate da un momento di crisi.
È importante sottolineare che pedagogia dell’accoglienza non vuol significare accettazione. Tale termine, infatti, celerebbe al suo interno l’insidia della categorizzazione dell’omosessualità come malattia da curare o “disgrazia” da sobbarcarsi.
Parlare invece di pedagogia dell’accoglienza porta a mettere a fuoco il riconoscimento del valore e dignità della persona così come essa è con le sue pulsioni affettive e con un progetto di vita che preveda anche una relazione stabile e, in alcuni casi, il desiderio di genitorialità.
Accogliere, quindi, non è accettare passivamente, ma rendersi protagonisti di nuove relazioni familiari in cui il dialogo, l’ascolto empatico del vissuto dell’altro, la condivisione del lutto di un sogno eterosessuale che non si realizzerà più e del conseguente timore di isolamento e ghettizzazione costituiscono le variabili di un nuovo percorso pedagogico che miri esclusivamente alla piena realizzazione e benessere della persona.
Pedagogia dell’accoglienza è pedagogia della verità. La famiglia, a confronto con l’omosessualtià, è chiamata a compiere un cammino di autenticità, unica condizione per uscire da un clima di menzogna, nascondimento, isolamento, senso di colpa e incamminarsi verso una chiarezza e trasparenza che i figli e genitori omosessuali richiedono come condizione necessaria per il riconoscimento di se stessi e per affrontare, in un’alleanza familiare, il difficile e destabilizzante clima sociale.
È la clandestinità comunicativa, prima ancora di quella sociale, a mettere in serio pericolo le relazioni familiari e la realizzazione personale. Chiarezza e trasparenza rispetto al proprio orientamento sessuale, rappresentano l’unica via, quando se ne ritiene giunto il momento opportuno, per elaborare paure, fantasmi, non detti che minano alla radice ogni rapporto interpersonale. È acquisire quegli strumenti necessari per affrontare e accettare la nuova realtà.
Il rischio della non verità è un silenzio carico di interpretazioni e domande che, se non inserite in un contenitore emotivo rassicurante, non fanno altro che amplificare il giudizio omofobo proveniente dalla società.
Pedagogia dell’accoglienza è pedagogia della presenza e della pazienza. Presenza che si fa compagna di viaggio nel percorso di identificazione della persona omosessuale fino alla sua entrata in società, elaborando i sensi di colpa di avere fallito come genitori e di aver messo al mondo un figlio con un problema in più. Pazienza nell’accogliere se stessi come si è, valorizzando la diversità come ricchezza per poi affrontare un immaginario collettivo che ancora non riesce a vedere l’essere “differente” come una ricchezza nelle relazioni interpersonali e sociali.
Pedagogia dell’accoglienza è educazione alla resilienza, ovvero quella capacità fondamentale, per l’essere umano, di resistere agli urti interni ed esterni rimanendo fedele a se stesso e alla propria essenza: spetta alla famiglia attivare la capacità resiliente della persona omosessuale in modo che possa poi promuovere pienamente se stessa.
Pedagogia dell’accoglienza è pedagogia dell’integrazione completa della persona. L’identità infatti, è costituita da vari livelli: personale ovvero come il soggetto si percepisce; fisico che parla di un corpo che agisce l’identità sessuale; sociale, attribuito dal gruppo sociale di appartenenza e psicologico costituito dalle caratteristiche psicologiche personali.
Nella persona omosessuale il cammino di integrazione di queste varie componenti risulta particolarmente difficoltoso in quanto l’identità personale contrasta con quella fisica, che veicola un corpo ricco di impulsi inizialmente giudicati sbagliati e sporchi, e con quella sociale non riconosciuta e stigmatizzata dal gruppo di maggioranza, ovvero il mondo eterosessuale.
Accogliere la persona omosessuale significa allora collaborare a questo delicato cammino di integrazione lasciando interagire le varie componenti in modo armonico per giungere alla strutturazione di una personalità aperta, flessibile, non giudicante ed autogiudicante ma promuovente la profonda essenza della persona.
In tale cammino di integrazione risulta particolarmente importante la dimensione spirituale, considerata unanimemente, fattore protettivo di una crescita sana. L’essere umano è essere relazionale che nasce, cresce e si sviluppa all’interno di una relazione con se stesso, con gli altri e con un Altro trascendente che interpella il senso della propria esistenza.
Nel caso della persona omosessuale la dimensione spirituale, ma più propriamente un cammino di fede, è ancora uno spazio da promuovere e sostenere laddove percepisce il suo essere sbagliata rispetto ad una Chiesa che difficilmente entra in dialogo con la diversità e una comunità che mostra tutto il suo limite nell’accogliere e promuovere relazioni sane al proprio interno.
L’integrazione tra fede, intesa come rapporto di dialogo e fiducia verso il trascendente, e omosessualità è condizione necessaria per elaborare un progetto di vita che integri totalmente la persona per ciò che è aprendo l’orizzonte su relazioni stabili di cura, accudimento, protezione all’interno di coppie o famiglie omosessuali.
Il bisogno spirituale è intrinseco nell’essere umano tanto quanto il suo orientamento sessuale e comprende sia la certezza di essere protetti da qualcosa più grande di se stessi e della propria umanità, sia un forte senso di comunità e condivisione che permette di affrontare i momenti di difficoltà.
La pedagogia dell’accoglienza si estende dalla famiglia a tutto il nucleo sociale: è un “problema” di tutti e di ciascuno perché la crescita spirituale di un gay o di una lesbica può facilitare la crescita psicologica complessiva e costituire una risorsa anche per le comunità parrocchiali in cui il “diverso” è portatore di una ricchezza che concorre al bene di tutti.
Occorre camminare ancora molto su questo punto: è uno spazio di dialogo ancora da riempire non di silenzi ma di fattivi gesti di avvicinamento e comprensione. Mancano ancora gli strumenti per comprendere la situazione, strumenti per sostenere la persona omosessuale in un cammino di accoglienza di se stessa e di piena partecipazione alla vita di una Chiesa che si rivolga e si inginocchi ai piedi dell’umano riscoprendo la sua vera missione educativa e pedagogica: il servizio alla vita.
Contrariamente a quanto si dice prevenire non è meglio che curare, accogliere è meglio che prevenire. In fondo Gesù di Nazareth non è stato l’iniziatore e il promotore della pedagogia dell’accoglienza?
* Formatrice alla relazione d’aiuto e di coppia, alla comunicazione e all’ascolto per educatori insegnanti, anuimatori e genitori
* Adista Segni Nuovi n. 09 del 09/03/2013
Corso di educazione alle differenze affettive e sessuali
Il Cirps Consortium, consorzio universitario della Sapienza, Università di Roma e il Dipartimento di ricerche filosofiche dell’Università di Roma Tor Vergata propongono un corso di formazione professionale intitolato “Corso di educazione alle differenze affettive e sessuali”.
Il corso si propone di informare e sensibilizzare, in particolar modo i giovani, sulle identità di genere e sugli orientamenti sessuali, anche alla luce delle più recenti acquisizioni scientifiche. Saranno analizzate criticamente le rappresentazioni della realtà omosessuale e transessuale veicolate dai mezzi di comunicazione di massa nel rispetto del diritto dei fruitori mediali ad accedere ad un’informazione corretta.
Durante il corso, ampio spazio verrà dedicato alla riflessione sulle cosiddette “best practices” (buone prassi). Un’azione positiva in tal senso sarà l’istituzione e l’avviamento di un Osservatorio permanente sulla comunicazione e l’informazione veicolata dai mass media sugli orientamenti sessuali (OMO, Osservatorio Media e Omosessualità). Un’altra azione positiva sarà l’istituzione del Premio giornalistico “Penna Arcobaleno”, fondato dall’Osservatorio sopra menzionato, conferito ai professionisti dell’informazione-comunicazione che hanno trattato il tema dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere con competenza e professionalità.
Il progetto (Corso di formazione, Osservatorio e Premio giornalistico) finanziato dalla Provincia di Roma e dall’Unione Europea è stato ideato dal giornalista Pasquale Quaranta con il coordinamento tecnico di Valeria Troya, esperta in progettazione europea (Cirps Consortium) e di René Buonocore, mediatore linguistico-culturale (Cirps Consortium).
"La proposta formativa - spiega Pasquale Quaranta - consta di 60 ore di lezione in aula più 3 mesi di tirocinio e si articola in tre moduli: sociale, salute e benessere, sicurezza. Il corso fornisce strumenti d’intervento per allievi motivati a muoversi nell’ambito dell’informazione e comunicazione non stereotipata rispettosa delle identità di genere e degli orientamenti sessuali. Gli argomenti trattati vanno dal bullismo omofobico tra i banchi di scuola agli studi gay e lesbici in ambito accademico, alla comunicazione glbt; dal minority stress al coming out in famiglia, fino alla genitorialità omosessuale; dai pronunciamenti della giurisprudenza alle leggi vigenti; dai femminielli nella cultura napoletana al transessualismo; dalla prostituzione maschile alle politiche di riduzione del danno; dalle infezioni a trasmissione sessuale al mobbing sul luogo di lavoro".
Il Corso di educazione alle differenze affettive e sessuali è supportato, tra gli altri, da Agedo (associazione genitori di omosessuali), Arcigay, Arcilesbica, Famiglie Arcobaleno (associazione genitori omosessuali), Rete Lenford (avvocatura per i diritti glbt), Certi diritti (Associazione radicale), Circolo Mario Mieli di Roma.
“La possibilità - conclude Pasquale Quaranta - di avere un confronto tra giovani e ricercatori, studiosi e autori, attivisti e militanti, esponenti della cultura, dell’informazione-comunicazione, permetterà di fornire indicazioni utili ai corsisti che riceveranno un’educazione al rispetto delle differenze affettive e sessuali”.
Il bando del corso, che resterà aperto fino al 14 marzo 2011, è consultabile al link http://www.cirpsconsortium.net/05ServPersDiffAffettive.aspx
La sede, le date e l’orario delle selezioni saranno indicate il 16 marzo 2011. Le lezioni si teranno a partire dal 28 marzo 2011 presso la sede del Cirps Consortium (Palazzo Doria Pamphilj), in Piazza della Costituente a Valmontone (RM). La partecipazione al corso è gratuita ed è prevista un’indennità di frequenza per i disoccupati pari a 3 euro per ogni ora di corso effettivamente frequentata, previa presenza ad almeno il 70% del monte ore del corso. Al termine del corso, gli allievi che avranno superato le prove d’esame, conseguiranno un attestato di frequenza valido agli effetti della Legge Regionale n. 23 del 25 febbraio 1993. Per ulteriori informazioni rivolgersi allo 06 959938216 begin_of_the_skype_highlighting 06 959938216 end_of_the_skype_highlighting begin_of_the_skype_highlighting 06 959938216 end_of_the_skype_highlighting - www.cirpsconsortium.net