La suprema corte: "Libertà di vivere senza restrizioni le proprie preferenze sessuali"
"E’ espressione del diritto di realizzazione della personalità, tutelato dalla Costituzione"
La Cassazione apre agli omosessuali:
"Devono vivere senza condizionamenti"
ROMA - "L’omosessualità è espressione del diritto alla realizzazione della propria personalità". La Cassazione apre agli omossessuali, e ne sancisce il diritto vivere le proprie preferenze sessuali "senza condizionamenti e senza restrizioni".
Il riconoscimento si trova in un passaggio di una sentenza sul caso di un senegalese omosessuale su cui si è espressa la Suprema Corte. L’uomo ha chiesto di non essere espulso nel proprio paese perché in Senegal l’omosessualità è punita con la reclusione. L’uomo si dichiara omosessuale e ha portato come prova della propria identità sessuale l’iscrizione a due associazioni di genere, tra cui l’Arcigay, avvenuta poco dopo il suo ingresso in Italia.
La Corte non si è espressa sul caso specifico chiarendo che l’iscrizione alle associazioni non è di per sè prova dell’identità sessuale ma concorda con il giudice di pace di Torino che aveva definito ’’condizione degna di tutela la scelta di genere’’. Secondo i giudici supremi l’identità sessuale deve potersi esprimere ’’senza condizionamenti o restrizioni’’.
* la Repubblica, 27 luglio 2007
LA REPUBBLICA, 29.07.2007: baci al colosseo, la protesta dei gay
CENTRO STUDI TEOLOGICI
Diocesi della CHIESA CRISTIANA Cattolica Antica Apostolica
di Milano e Monza*
MILANO, 27 Luglio 2007
COMUNICATO STAMPA
Il Vescovo della Diocesi Antica Cattolica e Apostolica di Milano e Monza Mons. Giovanni Climaco Mapelli, Presidente del Centro Studi Teologici di Milano, si dice incredulo ed anche sorpreso per la decisione di un Comando dei Carabinieri di Roma di procedere all’identificazione ed al fermo di due giovani gay, per il motivo di un bacio in pubblico.
Sua Eccellenza, ricordando come già oltre 10 anni fa’ aveva inviato un dossier all’Arma dei Carabinieri, tramite il Comando Generale stesso, sulla condizione degli omosessuali in Italia e come l’Arma aveva risposto positivamente monitorando, attraverso circolari, le condizioni di discriminazione delle persone omosessuali attraverso le migliaia di Stazioni diffuse su tutto il territorio nazionale, non riesce a capacitarsi su quanto accaduto a Roma.
Monsignor Mapelli, che invita a tenere come stella polare la legislazione europea e l’odierna sentenza della Corte di Cassazione, si augura che l’incidente di Roma sia stato soltanto un brutto equivoco, di cui l’Arma dovrebbe scusarsi, mentre se la violazione dell’art. 527 del codice penale, che punisce gli atti osceni in luogo pubblico, invocato dal Comandante territoriale di Roma a carico dei due ragazzi, è soltanto un "escamotage" per incolpare due giovani la cui unica colpa è stata quella di baciarsi davanti al Colosseo, allora non è chi non veda che ci troviamo di fronte ad una azione gravissima di soppressione dei diritti fondamentali costituzionali della persona, attraverso un espediente meschino e subdolo, che va stigmatizzato e sanzionato con severità e con decisione dal Governo e dalla Magistratura.
Segreteria di S.E. Mons. GIOVANNI CLIMACO MAPELLI
presidente del CENTRO STUDI TEOLOGICI di MILANO Comitato Direttivo dei Teologi
Diocesi della Chiesa Cattolica Antica Apostolica di Milano e Monza*
CENTRO ECUMENICO tel 339.5280021 02.95310741 fax www.centrostuditeologici.too.it
www.ecclesiaapostolica.it
ufficio di segreteria Vescovile Via Vescovo Garibaldo,5/a 20065 INZAGO MILANO
* Chiesa di tradizione e successione apostolica autentica non dipendente dal Vaticano e dal papa. (ANTICA CATTOLICA ED APOSTOLICA DEL PRIMO MILLENNIO )
Si fa presto a dire famiglia
La vita umana non è la vita di una pianta o di un animale, ha bisogno di casa, radici, appartenenza non si accontenta della biologia, si nutre dell’amore dell’Altro, esige di essere riconosciuta
Ma tutto questo non ha nulla a che vedere con il sesso dei genitori o con la capacità di generare
Esiste davvero qualcosa come un istinto materno o un istinto paterno o forse queste formulazioni contengono una profonda contraddizione in termini?
di Massimo Recalcati (la Repubblica, 01.05.2016)
Famiglia è ancora una parola decente che può essere pronunciata senza provocare irritazione, fanatismi o allergie ideologiche? Famiglia è ancora una condizione fondamentale e irrinunciabile del processo di umanizzazione della vita oppure è un tabù da sfatare? Se c’è stato un tempo nel quale essa appariva circondata da un alone di sacralità inviolabile non rischia forse oggi di essere condannata come una sopravvivenza ottusa della civiltà patriarcale? Sono solo i cattolici più intransigenti a sostenere la sua esistenza come indispensabile alla vita umana?
Dal punto di vista laico della psicoanalisi la famiglia resta una condizione essenziale per lo sviluppo psichico ed esistenziale dell’essere umano. La vita umana ha bisogno di casa, radici, appartenenza. Essa non si accontenta di vivere biologicamente, ma esige di essere umanamente riconosciuta come vita dotata di senso e di valore. Lo mostrava “sperimentalmente” un vecchio studio di Renè Spitz sui bambini inglesi orfani di guerra che dovettero subire il trauma della ospedalizzazione ( Il primo anno di vita del bambino, Giunti 2009).
La solerzia impeccabile delle cure somministrate dalle infermiere del reparto nel soddisfare tutti i bisogni cosiddetti primari dei bambini non erano sufficienti a trasmettere loro il segno irrinunciabile dell’amore. Effetto: cadute depressive gravi, anoressia, abulia, marasma, stati di angoscia, decessi. Se la vita del figlio non è raccolta e riconosciuta dal desiderio dell’Altro, resta una vita mutilata, cade nell’insignificanza, si perde, non eredita il sentimento della vita. Non è forse questa la funzione primaria e insostituibile di una famiglia? Accogliere la vita che viene alla luce del mondo, offrirle una cura capace di riconoscere la particolarità del figlio, rispondere alla domanda angosciata del bambino donando la propria presenza.
La clinica psicoanalitica ha riconosciuto da sempre l’importanza delle prime risposte dei genitori al grido del figlio. Non si tratta solo di soddisfare i bisogni primari perché la vita umana non è la vita di una pianta, né quella dell’animale, non esige solo il soddisfacimento dei bisogni, ma domanda la presenza del desiderio dell’Altro; vive, si nutre del desiderio dell’Altro. La vita umana non vive di solo pane, ma dei segni che testimoniano l’amore.
L’attualità politica ci impone a questo punto una domanda inaggirabile: tutto questo concerne la natura del sesso dei genitori? Essere capaci di rispondere alla domanda d’amore del figlio dipende dalla esistenza di una coppia cosiddetta eterosessuale? La famiglia come luogo dove la vita del figlio viene accolta e riconosciuta come vita unica e insostituibile - ogni figlio è sempre “figlio unico”, afferma Levinas, - è un dato naturale, un evento della biologia? Siamo sicuri che l’amore di cui i figli si nutrono scaturisca, come l’ovulo o lo spermatozoo, dalla dimensione materialistica della biologia? Esiste davvero qualcosa come un istinto materno o un istinto paterno o forse queste formulazioni che riflettono una concezione naturale della famiglia contengono una profonda e insuperabile contraddizione in termini?
Se, infatti, quello che nutre la vita rendendola umana non è il “seno”, ma il “segno” dell’amore, possiamo davvero ridurre la famiglia all’evento biologico della generazione? Non saremmo invece obbligati a considerare, più coerentemente, che un padre non può essere mai ridotto allo spermatozoo così come una madre non può mai essere ridotta ad un ovulo?
La domanda si allarga inevitabilmente: cosa significa davvero diventare genitori? Lo si diventa biologicamente o quando si riconosce con un gesto simbolico il proprio figlio assumendosi nei suoi confronti una responsabilità illimitata? Le due cose non si escludono ovviamente, ma senza quel gesto la generazione biologica non è un evento sufficiente a fondare la genitorialità. In questo senso Françoise Dolto affermava che tutti i genitori sono genitori adottivi.
Generare un figlio non significa già essere madri o padri. Ci vuole sempre un supplemento ultra-biologico, estraneo alla natura, un atto simbolico, una decisione, un’assunzione etica di responsabilità. Un padre e una madre biologica possono generare figli disinteressandosi completamente del loro destino. Meritano davvero di essere definiti padri e madri? E quanti genitori adottivi hanno invece realizzato pienamente il senso dell’essere padre e dell’essere madre pur non avendo alcuna relazione biologico-naturale coi loro figli?
Questo ragionamento ci spinge a riconsiderare l’incidenza del sesso dei genitori. Ho già ricordato come l’amore sia a fondamento della vita del figlio. Ma l’amore ha un sesso?
Prendiamo come punto di partenza una formula di Lacan: “l’amore è sempre eterosessuale”. Come dobbiamo intendere seriamente l’eterosessualità? Questa nozione, per come Lacan la situa a fondamento dell’amore, non può essere appiattita sulla differenza anatomica dei sessi secondo una logica elementare che li differenzia a partire dalla presenza o meno dell’attributo fallico.
L’amore è eterosessuale nel senso che è sempre e solo amore per l’Altro, per l’eteros. E questo può accadere in una coppia gay, lesbica o eterosessuale in senso anatomico. Non è certo l’eterosessualità anatomica - come l’esperienza clinica ci insegna quotidianamente - ad assicurare la presenza dell’amore per l’eteros! È invece solo l’eterosessualità dell’amore a determinare le condizioni migliori affinchè la vita del figlio possa trovare il suo ossigeno irrinunciabile.
Se i gay sono solo un milione
di Chiara Saraceno (la Repubblica, 18 maggio 2012)
Il rapporto sulla popolazione omosessuale nella società italiana, reso noto ieri dall’Istat, mostra una realtà in movimento, fortemente differenziata e non priva di contraddizioni. Comunque più aperta della cultura politica dominante, che sembra ancora fare tanta fatica sia a riconoscere i diritti degli omosessuali, inclusi quelli ad avere una vita affettiva in cui ci sia posto anche per la sessualità, sia a riconoscere l’esistenza di gravi discriminazioni nei loro confronti. La maggioranza degli intervistati, infatti, dichiara che le persone omosessuali, e ancora più quelle transessuali, sono oggetto di discriminazioni e la stragrande maggioranza ritiene che le discriminazioni sul lavoro, o nell’accesso all’abitazione perché si viene rifiutati come inquilini, siano ingiuste e illegittime.
Molto alta (oltre il 70%) è anche la percentuale di coloro che non ritengono che l’omosessualità sia una malattia, una situazione di immoralità e una minaccia per la famiglia, con buona pace, non solo delle gerarchie ecclesiastiche cattoliche e dei vari Giovanardi e Roccella di turno, ma anche degli altri paurosissimi politici, inclusi quelli del Pd, che evitano sempre di prendere posizioni chiare, per tema di perdere l’appoggio della Chiesa, ma anche voti. Timore infondato, sembrerebbe, dato che quasi il 63% degli intervistati è favorevole a che due conviventi omosessuali abbiano gli stessi diritti di una coppia sposata.
Fin qui si disegna una popolazione in larga maggioranza favorevole a riconoscere alle persone omosessuali i diritti di tutti, anche se rimane una consistente minoranza viceversa più o meno contraria. Le cose sono tuttavia più complicate se si entra nel dettaglio e si va più a fondo. La difesa dei diritti diventa più incerta quando si tratta di avere personalmente un vicino di casa, un medico, un collega, un amico omosessuale. Ancora di più si riduce nell’ipotesi che ad essere omosessuale sia un insegnante. Anche il diritto all’affettività è temperato da una richiesta di discrezione che non viene rivolta alle persone eterosessuali. Al punto che, se oltre il 90 per cento degli intervistati ritiene accettabile e normale che una coppia eterosessuale si tenga per mano e si scambi un fuggevole bacio per strada, solo poco più del 46 per cento lo trova un comportamento accettabile da parte di una coppia dello stesso sesso. Il riconoscimento del diritto alla affettività, inoltre, non sempre si accompagna alla accettazione della sessualità omosessuale.
Infine, il riconoscimento di diritti alle coppie omosessuali non si estende nella stessa misura al riconoscimento della possibilità di sposarsi e ancor meno di adottare, che sono accettati solo da una, pur consistente, minoranza. Si tratta di ambivalenze e persino contraddizioni significative, che segnalano come sia ancora difficile per una persona omosessuale abitare normalmente lo spazio sociale.
La consapevolezza di queste difficoltà probabilmente ha anche influenzato le risposte degli intervistati sul proprio orientamento sessuale. Solo poco più di un milione di persone si è dichiarato omosessuale o bisessuale, una percentuale che, sulla base delle evidenze nazionali e internazionali, probabilmente sottostima il fenomeno. Del resto, anche tra chi si è dichiarato omosessuale o bisessuale (sotto assoluta garanzia di anonimato, anche nei confronti dell’intervistatore), solo una minoranza lo ha detto ai familiari. Il timore della non accettazione segna fortemente la vita di queste persone, costringendole a fingersi diverse da quello che sono.
Non va tuttavia sottovalutato il fatto che una quota rilevante di chi prova disagio di fronte alla omosessualità è favorevole a riconoscere diritti non solo ai singoli, ma alle coppie omosessuali.
Riconoscere la legittimità di rapporti e comportamenti che non si condividono è un segno di civiltà e di democrazia. Va aggiunto che esiste una forte eterogeneità negli atteggiamenti all’interno della popolazione. C’è maggiore apertura in chi vive nel nord e soprattutto al centro. Le donne sono più aperte degli uomini, anche tra i giovani, che pure sono in generale più aperti alla accettazione dei diritti degli omosessuali, inclusa la normale manifestazione di amore e incluso il matrimonio, delle persone in età matura o anziana. Un elemento in più per non lasciare che le decisioni sulla questione dei diritti degli omosessuali venga guidata dai gusti, disgusti e paure di una generazione di politici anziani e prevalentemente maschi.
Iniziative arcobaleno nella giornata mondiale
«Basta omofobia»
Il 17 maggio 1990 l’Oms cancellò l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali
di Delia Vaccarello (l’Unità, 16.05.2012)
COS’È L’OMOFOBIA? SE IL TERMINE È ORMAI DIFFUSO NEL LINGUAGGIO COMUNE NON VUOL DIRE CHE SE NE CONOSCA DAVVERO IL SIGNIFICATO. In genere è considerato un atteggiamento frutto di raptus e messo in atto da individui ai margini. Invece l’omofobia è un fenomeno culturale, che non si riduce all’aggressione o all’insulto, ma è una svalutazione, con conseguente automatica esclusione, delle persone che amano individui del proprio sesso. Un atteggiamento «culturale» che ci sovrasta e che, troppo spesso , viene ancora considerato la norma, pur con bizzarri distinguo tipo: ho tanti amici gay, che facciano le loro cose ma dentro le mura di casa.
INVITO DEL MINISTRO ALLE SCUOLE
Domani si celebra la giornata mondiale contro l’omofobia, una ricorrenza promossa dall’Unione europea ormai dal 2007. Il 17 maggio 1990 infatti l’Organizzazione mondiale della sanità cancellava l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali. Le iniziative sono già in campo da giorni. Sabato scorso un convegno organizzato da «Nuova Proposta» a Roma con tantissimi interventi di associazioni ed esperti coinvolti ha fatto il punto sulla situazione in campo educativo, politico, lavorativo.
Domani alla Camera verranno fatti i numeri, verranno diffusi cioè i dati sulle convivenze di gay e lesbiche frutto dell’ultimo censimento. E il ministro Profumo ha invitato i presidi a celebrare la giornata. Sparsa in tutto il Paese, la mole di iniziative è impressionante. Si ripete con successo la serie di veglie in ricordo delle vittime dell’omofobia, a cominciare dall’incontro di preghiera che si terrà a Firenze organizzato dal gruppo Kairos per il sesto anno consecutivo ispirato al versetto della Prima Lettera di Giovanni, «Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre» (1Gv 2,9). Iniziative simili si terranno in molte città, anche a Palermo e quest’anno in parrocchia (vedi www.gionata.org). Banchetti informativi, presentazione di libri, proiezioni, fiaccolate si alterneranno da Nord a Sud.
Sul sito di arcigay (www.arcigay.it) l’elenco, seppure incompleto, è lunghissimo. Tra gli altri, molto ricco il pro- gramma di eventi culturali a Ferrara, che prevede anche dibattiti sui testi di Rigliano e altri «Curare i gay?» (Cortina) e di Margherita Graglia «Omofobia» (Carrocci).
Segnaliamo anche l’iniziativa di Venezia dal titolo «Parole d’amore», incontro e proiezione di una video-inchiesta realizzata con i ragazzi delle superiori, ne parlano tra gli altri Giovanni Bachelet, Gianfranco Bettin, Alberta Basaglia, Sara Cavallaro, Luca Trappolin. Si tratta di un evento che si inserisce nel progetto portato avanti ormai da anni di «educazione sentimentale come educazione alla cittadinanza»: una ricerca con gli studenti finalizzata a sensibilizzare i giovani sui temi dell’amore in tutte le sue espressioni, dando ad ognuna cittadinanza. Celebrazioni anche nel verde.
Domenica 20 maggio nei parchi di Avellino, Ferrara, Firenze, Genova, Milano, Palermo, Roma, Torino e Venezia, si svolgerà «Tutti uguali, tutti diversi», la festa di tutti i nuclei: omosessuali e eterosessuali, monoparentali, sposati e conviventi. Legambiente e Famiglie Arcobaleno organizzano giochi e laboratori creativi, favole e musica, spettacoli di burattini, cacce al tesoro, merende gustose per bambini, bambine e famigliari di tutte le età.
"Celebrate la giornata contro l’omofobia"
L’invito di Profumo ai presidi italiani
Il 17 maggio cade la ricorrenza istituita dal Parlamento europeo nel 2007 e per la prima volta il governo promuove l’iniziativa negli istituti. La Concia: "Quando era ministro la Gelmini non volle mai incontrarmi"
di MARCO PASQUA *
ROMA - Un invito alle scuole a celebrare la giornata internazionale contro l’omofobia, in programma per il prossimo 17 maggio. È il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, attraverso una circolare, a rivolgere un appello agli istituti italiani affinché partecipino attivamente alla giornata istituita nel 2007 dal Parlamento europeo. "E’ la prima volta che avviene qualcosa del genere", commenta Paola Concia, deputata del Pd.
"Siamo di fronte ad un atto fondamentale e rilevantissimo", dice soddisfatto Paolo Patané, presidente nazionale Arcigay. "Quando la Gelmini era ministro, cercai di parlarle del problema dell’omofobia a scuola, ma non accettò mai di incontrarmi", rivela oggi la Concia.
Un’iniziativa, questa del ministero, che rappresenta dunque una novità assoluta e si inserisce nell’ambito della campagna "Smonta il bullo". Lanciata nel 2007 per contrastare il fenomeno del bullismo tra i banchi scolastici (dall’allora ministro Giuseppe Fioroni), non aveva però una sezione specifica per l’omofobia, che è stata aggiunta nei mesi passati, su impulso di Profumo e del sottosegretario Marco Rossi Doria.
Tra i primi atti del ministero, subito dopo l’insediamento di Mario Monti, c’è stata l’istituzione di un gruppo di lavoro sulle Pari Opportunità, che ha messo all’ordine del giorno il tema dell’omofobia. A ispirare il lavoro di questo team, le parole del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che in occasione della giornata contro l’omofobia del 2011, si disse preoccupato "per il persistere di discriminazioni e comportamenti ostili nei confronti di persone con orientamenti sessuali diversi. Si tratta di atteggiamenti che contrastano con i dettami della nostra Costituzione e della Carta dei diritti fondamentali della Ue". La circolare del direttore generale , Marcello Limina, datata 10 maggio, è indirizzata ai Dirigenti delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. "L’Unione Europea ha indetto per il 17 maggio di ogni anno - sottolinea il funzionario del ministero - la Giornata internazionale contro l’omofobia (risoluzione del Parlamento Europeo del 26 aprile del 2007) ossia contro ogni forma di atteggiamenti pregiudiziali basati sull’orientamento sessuale. La giornata rispecchia i principi costitutivi sia dell’Unione Europea sia della Costituzione italiana: il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, l’uguaglianza fra tutti i cittadini e la non discriminazione. Sono le condizioni che consentono alla società di promuovere l’inclusione di tutti e di ciascuno e di battersi contro ogni offesa alle persone".
Si evidenzia, a tale proposito, il ruolo fondamentale svolto dagli istituti scolastici: "La scuola si cimenta ogni giorno con la costruzione di una comunità inclusiva che riconosce le diversità di ciascuno. E’, infatti, ad un tempo, la prima comunità formativa dei futuri cittadini e un luogo importantissimo per la crescita e la costruzione dell’identità di ciascuna persona. Così, le scuole favoriscono la costruzione dell’identità sociale e personale da parte dei bambini e dei ragazzi, il che comporta anche la scoperta del proprio orientamento sessuale. Il loro ruolo nell’accompagnare e sostenere queste fasi non sempre facili della crescita risulta decisivo, anche grazie alla capacità di interagire positivamente con le famiglie".
L’impegno contro gli atti omofobi deve essere una priorità per i docenti: "Le scuole, nello svolgere tale prezioso lavoro educativo ogni giorno, contrastano ogni forma di discriminazione, compresa l’omofobia". Per questo "il ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca intende supportare il lavoro dei docenti impegnati quotidianamente nella formazione dei propri alunni sulle problematiche relative a tutte le tipologie di discriminazione, in particolare, attraverso strumenti informativi presenti sul sito www.smontailbullo.it 2 e assicurando un primo supporto a tutti i ragazzi, i docenti e le famiglie attraverso il numero verde 800.669.696".
L’invito ai docenti e dirigenti scolastici che abbiano già realizzato progetti o iniziative sul tema delle discriminazioni omofobiche, anche in collaborazione con Associazioni ed Enti del territorio, è quello di darne comunicazione al sito "Smonta il Bullo". "Iniziative e progetti segnalati dalle scuole saranno successivamente pubblicati in un apposito spazio del sito dedicato alle ’buone pratiche’ che servirà a una riflessione corale delle scuole, anche nella prospettiva del confronto europeo su questi temi", fanno sapere dal ministero.
Un plauso all’iniziativa arriva dall’Arcigay: "La circolare - dice il presidente, Paolo Patané - rappresenta un atto fondamentale che ha in se stesso l’evidenza del suo grande spessore, laddove richiama la nostra Costituzione e la Carta dei diritti dell’Unione europea. Mi sembra che sia rilevantissimo per tre ragioni: perché per la prima volta fa della giornata mondiale contro l’omofobia un tema che doverosamente deve vivere nelle scuole un teatro essenziale; perché dimostra che stare in Europa non può voler dire solo occuparsi di pareggio di bilancio; e perché offre alle scuole un riferimento preciso all’interno del Ministero nel contrasto al bullismo. C’è poi il dato politico: un governo definito ’tecnico’ ha avuto il coraggio di salire di livello e di ricollocare un tema di giustizia come quello del contrasto all’omofobia e del diritto alla realizzazione della propria personalità in un contesto chiave come quello scolastico, sottraendolo ai beceri conflitti ideologici e riconoscendogli finalmente dignità oggettiva. Questo è l’orizzonte a cui guardiamo e su cui pretendiamo che i partiti che presto si confronteranno per il governo del Paese, dimostrino altrettanto spessore culturale e politico".
Soddisfatta Paola Concia, che ricorda di aver presentato una proposta di legge per l’istituzione di un osservatorio contro le discriminazioni e il bullismo presso il Miur (sottoscritto da circa cinquanta parlamentari bipartisan): "Sono felicissima e ringrazio sia il ministro che il sottosegretario Marco Rossi Doria, entrambi molti sensibili a questi temi. E’ una svolta, dopo gli anni della Gelmini. L’omofobia si combatte con le leggi ma anche con l’educazione, tra i banchi di scuola".
Per Giacomo Guccinelli, responsabile Rete Giovani Arcigay, quello del ministero è "un utile investimento sulle generazioni future" perché contribuisce "alla diffusione e alla valorizzazione di una cultura del rispetto, dell’inclusione e della valorizzazione di ogni tipo di differenza in ambito scolastico".
* la Repubblica, 15 maggio 2012
La Cassazione: alle coppie gay gli stessi diritti delle famiglie L’anomalia italiana
di Natalia Aspesi (la Repubblica, 16 marzo 2012)
La Corte di Cassazione con una sua sentenza che qualche analfabeta di ritorno definirà shock, e che invece è solo finalmente giusta, ha stabilito una cosa ovvia. Ci ha detto che se in questo Paese, dove avvengono le massime trasgressioni ladrone non sempre perseguite, due persone che si amano ma appartengono allo stesso genere (detto anche sesso) non possono (per ora) sposarsi, hanno però i diritti di tutte le coppie diciamo tradizionali, che in chiesa e municipio hanno potuto sposarsi per il solo fatto di essere un uomo o una donna; il diritto di vivere liberamente la loro condizione di coppia, il diritto di condurre una vita familiare come gli garba, il diritto di pretendere «un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata».
Era ora! Visto che nella famosa Europa dove tutti i cittadini di tutti i paesi dovrebbero godere più o meno delle stesse leggi, noi siamo (o eravamo?) i soli fuori posto, fuori tempo, fuori realtà, fuori civiltà, fuori giustizia e anche fuori legge e fuori morale umana, per quel che riguarda la vita privata delle persone. Perché per il resto, se non si tratta di Giovanardi che ieri ha perso la testa, del povero Alfano che qualche giorno fa parlava a vanvera di nozze gay come della fine della civiltà, pochi altri peccatori incattiviti, più qualche scemo razzista, la maggior parte degli italiani non ne può più di tutti questi tremebondi legislatori e di questi monotoni prelati senza fede, e di anni e anni di su e giù sulle stesse posizioni polverose, mentre il mondo va avanti e il nostro paese arretra anche su altri temi più fondamentali del letto coniugale e di chi ha il diritto, legale, di occuparlo.
Ormai il nostro paese, come il mondo, è pieno di coppie cosiddette di fatto, e c’è da dire che le più invidiate sono quelle gay, perché sono sempre meno litigiose di tante etero e non potendo, per ora, far l’errore di sposarsi, non gli viene neppure in mente di divorziare. Ogni volta che in Italia si è tentato di formulare una legge (vade retro matrimonio!) che consentisse come in Francia (e Svizzera e Germania) i cosiddetti Patti Civili di Solidarietà (anche Saint Laurent lo aveva sottoscritto con il compagno Pierre Bergé), ne sono successe di ogni colore, a destra come a sinistra, per non parlare dei pulpiti.
Insomma ogni tentativo di instaurare una legge simile a quella dell’Europa più timida (le coppie omo si sposano persino in Spagna e Portogallo, in Inghilterra adottano bambini), da noi è sempre caduta in un frastuono generale. Neanche i più convinti sostenitori dei diritti omosessuali, per intelligenza e prudenza, hanno mai affrontato discussioni sull’eventualità del matrimonio gay: ma la ridicola e violenta ipocrisia della destra peggiore e della sinistra bigotta ha sempre chiamato «matrimonio» ogni proposta di una legge di rispetto dei diritti civili delle omocoppie, satanizzandola.
Ancora più vergognosa, per falsità, è la predica, di nuovo da ieri in circolazione, con probabili vaneggiamenti del segretario del Pdl, che se due giovanotti cucinano insieme e dormono nella stessa camera e vanno a trovare la mamma dell’uno e dell’altro, tutte e due contentissime per quei cari affettuosi ragazzi che si vogliono così bene, le famiglie "vere" si sfasciano. E non importa se queste unioni benedette da parroci e sindaci, e anche da vescovi, sono composte da un marito che cornifica la moglie anche con giovanotti, da una moglie che perde la casa giocando d’azzardo, e da figli presi regolarmente a ceffoni o spinti a partecipare tutti dipinti a gare canore tivu.
La famiglia è la famiglia, si sa, anche le coltellate alla moglie (o al marito) fanno parte del vero matrimonio. Fantastica la reazione del rustico Giovanardi, che se incazzato, straparlando manda scintille: per lui infatti, e qui ci si chiede come possa rappresentare politicamente anche solo un paio di sfortunati etero, la sentenza della Cassazione è solo il parere ovviamente sbagliato, di un qualsiasi cittadino.
Certo, la Cassazione non fa leggi, però è intervenuta con tutta la sua autorità nel vuoto codardo della nostra politica: il suo parere conta moltissimo non solo nella giurisprudenza, ma anche nella vita di tutti. E’ un gran bel giorno non solo per i gay, ma per chiunque creda che anche l’Italia non sia esclusa dalla civiltà europea.
Trattati come fantasmi. Adesso dalla politica servono risposte serie
di Delia Vaccarello (l’Unità, 16 marzo 2012)
Agli omosessuali servono diritti veri non parole usate come armi. Serve essere riconosciuti come soggetti di unioni di valore. La Cassazione lo ha recepito perfettamente. Siamo ancora turbati dall’ennesimo tentativo di strumentalizzare le unioni omosessuali fatto dalla destra con Alfano per tentare di tendere trappole a sinistra. Siamo ancora freschi dei vari altolà con cui è stata commentata l’approvazione in sede di Parlamento Ue di un rapporto che esplicita la necessità di «non negare protezione alle coppie gay».
In Italia c’è la corsa a chiudere un dialogo vero: lanciando le parole «matrimonio gay», «famiglia gay» come se fossero pietre i politici di destra «mostrificano» qualunque richiesta venga dalle associazioni omosessuali. Urlare contro nozze e matrimonio serve solo a non far nulla e a opporsi a tutto, persino a una legge contro l’omofobia.
Serve a non riconoscere i tanti nuclei di persone omosessuali che vivono in questo Paese, condividendo spese e amore, dandosi solidarietà, stando vicine nei momenti terribili e in quelli felici. Le persone omosessuali sono stanche di essere lo zimbello delle forze politiche di destra, Pdl in testa, che non vogliono si faccia alcun passo verso le esigenze di migliaia di cittadini. Ed è questa una mortificazione costante che giunge sia quando si tace per lunghissimi periodi di omosessualità, sia ogni volta che se ne parla sempre come provocazione, con toni scandalistici, per lasciare intendere «no, che orrore». Il dispregio che arriva è come una goccia che tenta di erodere il valore che ogni persona omosessuale ha di sé. Un valore guadagnato con forza e ostinazione da chi sa cosa vuol dire vivere in una società avara di riconoscimenti. Ma in Italia ci sono i giudici. Ed è questa la seconda sentenza storica con cui i giudici, nel respingere il riconoscimento dei matrimoni, comprendono che c’è una realtà ormai ineludibile.
La cassazione dice che “le coppie gay, come i coniugi, hanno il diritto ad una «vita familiare», dice che possono esigere e far valere il diritto ad un «trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata».
La Cassazione esce fuori dalle questioni nominalistiche e punta al cuore del problema: i nuclei di persone omosessuali non possono restare alla stregua di fantasmi, di cui la politica ora urla, ora tace. Non sono «cose private e basta», come molti amano dire. Si tratta di unioni composte da persone in carne e ossa che le leggi non possono ignorare ancora.
La Cassazione dice: le coppie gay e lesbiche esistono, e la politica deve occuparsene. In questo fa ciò che il nostro Parlamento finora non è stato in grado di mettere in atto: riconosce alle coppie omosessuali un valore.
Vescovo Ragusa: Stato dica si’unioni gay
Ad altri spettera’ la valutazione morale
(ANSA)-RAGUSA, 12 GEN- Lo Stato riconosca le unioni omosessuali.
Lo afferma il vescovo di Ragusa, Paolo Urso, in un’intervista alla testata on-line ’’Quotidiano.net’’ pubblicata anche sul sito di informazione della curia Insieme. ’’Quando due persone decidono, anche se sono dello stesso sesso, di vivere insieme - afferma - e’ importante che lo Stato riconosca questo stato di fatto. Uno Stato laico come il nostro -aggiunge- non puo’ ignorare il fenomeno delle convivenze. Poi la valutazione morale spettera’ ad altri’’.
Il vescovo di Ragusa: “Lo Stato riconosca le unioni gay”
Lo afferma in un’intervista mons Urso: “Alla Chiesa spetta solo la valutazione morale, ma non chiamiamoli matrimoni”
di REDAZIONE *
ROMA Lo Stato riconosca le unioni omosessuali. La Chiesa si riservi invece il giudizio morale. È l’auspicio espresso dal vescovo di Ragusa, Paolo Urso, in una lunga intervista alla testata on-line «Quotidiano.net» che compare anche nel sito di informazione della curia «Insieme».
«Quando due persone decidono, anche se sono dello stesso sesso, di vivere insieme - afferma - è importante che lo Stato riconosca questo stato di fatto. Che va chiamato - precisa - con un nome diverso dal matrimonio, altrimenti non ci intendiamo».
Monsignor Urso parla di una chiesa dalle «porte aperte» e affronta temi cruciali come l’immigrazione, il pacifismo, le convivenze, la fecondazione assistita. Ma è soprattutto sulle unioni tra gay che monsignor Urso esprime il giudizio più impegnativo. C’è - viene chiesto al vescovo - un ritardo su questi temi? «Uno Stato laico come il nostro - è la risposta - non può ignorare il fenomeno delle convivenze, deve muoversi e definire diritti e doveri per i partner. Poi la valutazione morale spetterà ad altri».
Nel 2005, in occasione del referendum sulla fecondazione assistita, mons. Urso dichiarò al Corriere della Sera che sarebbe andato a votare, lasciando libertà di coscienza ai fedeli. Si pose quindi in contrasto con l’allora presidente della Cei, cardinale Camillo Ruini, che aveva invece richiamato la Chiesa all’astensione. Rifarebbe quella scelta? «Senza dubbio la rifarei» risponde. «Sono stato educato - aggiunge - alla laicità dello Stato e al rispetto delle leggi civili. Quando il cittadino è chiamato a compiere delle scelte concrete, il compito della Chiesa è quello di offrire ai fedeli strumenti per decidere in autonomia e consapevolezza. Per questo ho detto alla mia gente: “Informatevi, documentatevi, vedete se questo tipo di soluzioni sono giuste e giudicate voi».
Quella di Ruini fu, secondo il prelato, «un’azione di strategia politica». «Ma io credo - conclude - che i vescovi con la politica e le sue logiche non debbano avere nulla a che fare».
Benedetti i gay
di Filippo Gentiloni (il manifesto, 26 giugno 2011)
Due titoli di rilievo su un fatto piuttosto sensazionale avvenuto in questi giorni: la Repubblica : «Il matrimonio in chiesa di Ciro e Guido: i valdesi rompono il tabù delle nozze gay», sottotitolo: Prima unione domenica a Milano: l’amore merita la nostra benedizione». Il settimanale protestante « Riforma»: «Testimoniare il dono ricevuto», sottotitolo: «Ciro e Guido, la coppia che un anno fa aveva chiesto al Concistoro valdese di Milano un culto di benedizione della loro unione potrà finalmente condividere il dono dell’amore che lega l’uno all’altro».
Titoli e sottotitoli chiariscono un fatto che potrebbe facilmente essere frainteso. La Riforma lo ridimensiona. riferendo di una coppia gay che chiedeva alla chiesa valdese di Milano che la loro unione fosse benedetta, non rivendicando un diritto, ma un «dono».
Il sinodo aveva risposto così: «Consapevole del fatto che la benedizione testimonia un riconoscimento e una condivisione annunciata e proclamata della grazia di Dio rivolta ad ogni creatura umana il sinodo è convinto che le parole e la prassi di Gesù non possono che chiamarci all’accoglienza di ogni esperienza e di ogni scelta improntate all’amore quale dono di Dio, liberamente e consapevolmente vissuto e scelto. Perciò si deve procedere nel cammino di condivisione e di testimonianza e laddove la chiesa locale abbia raggiunto un consenso maturo e rispettoso delle diverse posizioni, essa si senta libera di prendere le decisioni conseguenti». Una posizione nuova, ma bene articolata e condizionata.
I protestanti, dunque, non sacralizzano alcun rapporto, ma chiedono a Dio di accompagnare e ispirare quei loro fratelli che si amano. Così insieme a tanta parte del protestantesimo nel mondo, in 11 paesi, dai Paesi Bassi al Sud Africa.
Negli Stati uniti in cinque stati è prevista l’unione legale. Il presidente Obama si è espresso a favore di una legge che la introduca in tutti.
In Italia la chiesa luterana ha aperto alle coppie omosessuali . Il sinodo valdese: «Purché la benedizione avvenga con il consenso delle comunità locali».
“Omofobica e piena di gay”: il teologo cattolico David Berger racconta l’ipocrisia della chiesa tedesca
da: Adista - Notizie (n. 97, 18 dicembre 2010)
“Gran parte del clero cattolico e degli aspiranti preti in Europa e negli Stati Uniti è omosessuale”. “Nella Chiesa cattolica esiste una connessione tra la sessualità repressa e l’omofobia”. A pronunciare queste parole è il teologo cattolico tedesco David Berger in un libro-confessione appena uscito in Germania intitolato Der heilige Schein. Als schwuler Theologe in der katholischen Kirche (“La santa apparenza. Un teologo gay nella Chiesa cattolica”).
Nel suo libro Berger, ex professore della Pontificia Accademia San Tommaso D’Aquino a Roma ed ex direttore della rivista di punta dei cattolici conservatori in lingua tedesca Theologisches, snocciola i numeri della “grande ipocrisia” della Chiesa cattolica sul tema omosessualità. “Secondo studi empirici nella Chiesa cattolica tedesca la percentuale di religiosi gay si aggira tra il 25% e il 40%. Alcuni teologi, come Wunibald Müller, stimano che nei seminari i docenti gay siano addirittura il 50%. Negli Usa la percentuale di preti gay è stimata tra il 25 e il 50%”. Berger racconta che lui stesso, da teologo cattolico convivente con un partner, per molti anni ha dovuto subire come un incubo l’atmosfera ostile ai gay della sua Chiesa, fino a quando, nell’aprile del 2010, ha deciso di fare outing, ricevendo dopo poche settimane la lettera di licenziamento dall’Accademia pontificia. Per spiegare la propria appartenenza agli ambienti più tradizionalisti della Chiesa cattolica, da cui ora prende le distanze, ma ai quali deve la sua carriera fulminante,
Berger si richiama alla sua precocissima “fascinazione per la liturgia latina e tridentina”. “Proprio l’estetica del culto tradizionalista - spiega - esercita una particolare attrazione sui gay”, anche se d’altra parte “è tra i difensori della liturgia tridentina che si trova l’omofobia più radicale”. Alla base di questo paradosso, ha spiegato in un’intervista rilasciata al settimanale Der Spiegel, c’è un meccanismo inquietante: “La sublimazione omosessuale è una radice e un nutrimento continuo del culto della Chiesa tradizionale, ma è anche un meccanismo di resistenza all’omosessualità, che spiega l’omofobia diffusa tra gli amici del rito classico e tra gli avversari della riforma liturgica”. Sulla confessione pubblica di Berger si era già espresso il teologo morale Eberard Schockenhoff.
In un’intervista rilasciata il 26 aprile 2010 alla Frankfurter Rundschau, Schockenhoff aveva dichiarato che la confessione di Berger accende i riflettori sui “pericoli mortali della doppia morale” della Chiesa cattolica sull’omosessualità. “Ci sono ambienti gay clericali - ha affermato - dove la sessualità viene vissuta esclusivamente in luoghi anonimi e con partner sessuali occasionali, per non incorrere nei pericoli di una relazione di lungo periodo che alla lunga non può essere nascosta. Le regole della dottrina morale del cattolicesimo finiscono per promuovere sesso poligamo, anonimo (spesso anche non protetto), con tutti i rischi connessi per la salute dell’anima e del corpo”.
C’è forse un implicito riferimento anche a questa realtà - si chiedono ora i giornali tedeschi - dietro le ultime dichiarazioni del papa, laddove come esempio di eccezione giustificabile nell’utilizzo del condom questi ha parlato espressamente di “uomini che si prostituiscono”?
Il monito di Napolitano: «Non dimenticare mai i diritti delle donne e dei gay» *
Anche ’’in paesi evoluti e ricchi come l’Italia, dotati di Costituzione e di sistemi giuridici altamente sensibili ai diritti fondamentali delle donne, continuano a verificarsi fatti raccapriccianti, in particolare, negli ultimi tempi, di violenza di gruppo contro donne di ogni etnia, giovanissime e meno giovani’’. Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel suo discorso di apertura della conferenza internazionale contro la Violenza sulle donne, organizzata alla Farnesina nell’ambito degli incontri del G8 a Presidenza italiana.
Il capo dello Stato ha sottolineato come oggi viviamo ’’nell’eta’ dei diritti, intendendo la complessita’ di questa espressione: diritti proclamati, diritti affermati o in via di affermazione, diritti da conquistare, diritti da rendere universali’’. E ha ricordato come ’’il riconoscimento dei diritti umani’’ sia ’’condizione di convivenza civile, libera e democratica’’. ’’In qualsiasi contesto il pieno riconoscimento la concreta affermazione dei diritti umani - ha rilevato - costituisce una innegabile pietra di paragone della condizione effettiva delle popolazioni e delle persone del grado di avanzamento materiale e spirituale di un Paese’’.
’’Dobbiamo sentirci egualmente responsabili dell’incompiutezza dei progressi faticosamente realizzati per l’affermazione della liberta’, della dignita’, e della parita’ dei diritti delle donne’’, ha poi affermato Napolitano, facendo un appello ai presenti a sentirsi tutti ’’egualmente impegnati a perseguire conquiste piu’ comprensive, garantite e generalizzate’’. Per il capo dello Stato decisiva e’ ’’la dimensione educativa di questo impegno’’ nel senso di ’’educare l’insieme delle nostre societa’ ai valori dell’uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di sesso - articolo 2 della Costituzione italiana - e ai valori della non discriminazione’’. Le violenze sulle donne, infatti, si ripetono, ha ricordato Napolitano, ’’nonostante il Parlamento gia’ da decenni si sia impegnato in una severa legislazione sulla violenza contro le donne, come reato contro la persona, e abbia di recente affrontato anche l’aspetto delle molestie e delle persecuzioni contro le donne nei luoghi di lavoro’’.
Il presidente della Repubblica ha quindi fatto un richiamo ’’alla non discriminazione’’ nel momento in cui ’’l’intolleranza, la discriminazione, la violenza colpiscono persone e comunita’ omosessuali’’. ’’La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea - ha ricordato Napolitano - indica tutti i possibili motivi di discriminazione da mettere al bando: il sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le convinzioni personali, le convinzioni politiche, fino alla, cosi’ recita l’articolo 6 della Carta, disabilita’ e all’orientamento sessuale. Quest’ultima, innovativa nozione, va ricordata e sottolineata’’ quando le violenze si rivolgono contro gli omosessuali. ’’Intolleranza e violenza’’ ha spiegato il capo dello Stato ’’in larga misura sono oggi alimentate dall’ignoranza, dalla perdita di valori ideali e morali, da un allontanamento spesso inconsapevole dai principi su cui la nostra Costituzione ha fondato la convivenza nazionale democratica’’.
* l’Unità, 09 settembre 2009
Sentenza storica in India: l’omosessualità non è più reato *
L’India depenalizza l’omosessualità. Con una storica sentenza, l’alta Corte di New Delhi ha giudicato legali i rapporti gay tra adulti consenzienti.
Viene così cancellata la legge di epoca coloniale del 1861 - la cosiddetta «sezione 377» - che assimilava questi rapporti al «sesso contro natura» e li puniva con il carcere fino a 10 anni e addirittura con l’ergastolo nei casi più gravi.
Il ricorso davanti al tribunale di New Delhi era stato presentato dalla Naz Foundation, un gruppo gay che si batte per i diritti degli omosessuali e la lotta all’Aids, ma aveva trovato la dura opposizione dei leader delle comunità musulmane e cristiane che giudicano i rapporti omosessuali sempre «contro natura».
In India, un Paese in cui persino baciarsi in pubblico viene malvisto se non apertamente condannato, l’omosessualità è stata a lungo un tabù. Le richieste di abolire la «sezione 377» erano state a lungo respinte dal governo, che solo negli ultimi anni aveva mostrato qualche apertura. La storica sentenza dovrà ora essere accolta in Parlamento, dove si dovrà fare una legge a riguardo.
Un successo per le organizzazioni dei diritti umani e dei diritti degli omosessuali. I gruppi che cercano di tutelare le ragioni dei gay portano una nuova importante argomentazione a sostegno della loro tesi: la lotta all’Aids. In India ci sarebbero milioni di omosessuali a rischio Aids che, per paura del carcere, non denunciando la loro condizione e quindi non hanno accesso alle necessarie cure mediche.
L’omosessualità è punita anche con pene severissime ancora in molti paesi: in Iran, Mauritania, Sudan, Emirati Arabi Uniti, Yemen, Arabia Saudita, Nigeria, ad esempio, può essere punita con la pena capitale.
* l’Unità, 02 luglio 2009
Preg.mo DIRETTORE de IL TRENTINO
Trento
Egregio Direttore,
Leggo sul quotidiano da Lei diretto l’editoriale di Renzo Gubert di cui riporto questa frase:
" La libertà di vivere ’senza condizionamenti e restrizioni, le proprie preferenze sessuali’ va contemperata con il dovere di non creare turbamenti in chi può assistere alla manifestazione delle proprie tendenze sessuali in luogo pubblico, e tale dovere è accentuato se nel luogo pubblico possono transitare bambini o comunque minori ".
Questa frase si riferisce alla recentissima sentenza della Corte di Cassazione in merito all’omosessualità (adita da un cittadino senegalese residente in Italia e perseguitato in patria).
Ebbene, il Signor Gubert che commenta e chiosa la sentenza lo fa’ a mio avviso in modo del tutto arbitario, poichè i Giudici dell’Alta Corte è proprio verso persone che nutrono le "riserve" dell’editorialista che hanno scritto quella meritevole e storica sentenza. Gli omosessuali per secoli hanno nascosto i loro sentimenti e le effusioni di questi, che per altri esseri umani sono cosa quotidiana.
Ciò che per tutti gli uomini e le donne è così naturale come esprimere affetto e desiderio, magari con un semplice bacio, a loro era precluso...
Sappiamo qual era l’ostilità, il clima di repressione e di linciaggio morale, se soltanto fosse trapelato che un uomo potesse amare (dico amare!) un altro uomo, o una donna amare un’altra donna!
Il signor Gubert tira in ballo i bambini - un vecchio motivo del resto molto abusato - dimenticando che i bambini son molto più spontanei nella comprensione delle cose di noi adulti.
In Europa esistono - con molto dispiacere del Sig. Gubert - tante coppie gay e lesbiche che hanno figli o adottano bambini, che non sono per nulla scioccati o traumatizzati dalla vita dei loro genitori. Qui da noi si sta ancora a discutere se è possibile o meno un bacio gay in pubblico, o un’ effusione (non volgare) dei propri sentimenti per coppie dello stesso sesso.
Insomma mentre al di là delle Alpi i gay e le lesbiche sono già nonni, cioè hanno figli che hanno nipoti, da noi neanche l’esistenza di un gay o di una lesbica è malamente tollerata.
Credo che un ritardo del genere abbia anche qualche causa negli editoriali che alcuni giornali pubblicano, come nel caso presente, poichè veicolano il virus del pregiudizio e della discriminazione.
Infatti, il sospetto diviene certezza, quando il Sig. Gubert da queste pagine si profonde in una disquisizione a dir poco sconcertante e si inerpica per sentieri assai contorti dicendo questo:
"Il dovere di non perseguitare gli omosessuali non esime dal dovere pubblico di indirizzare la sessualità verso la normalità, se non altro per aiutare i genitori nel loro compito educativo, primaria loro responsabilità garantita dalla Costituzione. Mancherebbe, ad es. al suo compito una scuola che, oltre ad insegnare il rispetto di ogni persona, omosessuali compresi, presentasse l’omosessualità con la positività con la quale va presentato il rapporto uomo-donna. Lo sviluppo della sessualità nei ragazzi e nelle ragazze può conoscere periodi di ambivalenza (il ragazzo che si innamora del compagno e la ragazza della compagna), ma l’opera educativa deve accompagnare l’adolescente a maturare una sessualità normale, ossia tra persone di sesso diverso. La società più ampia non può considerare tale opera educativa come ininfluente sui modi nei quali regola la libertà di espressione pubblica della sessualità. Il caso del ragazzo di Gela, marginalizzato, segnala l’inadeguatezza di certe reazioni negative spontanee, ma anche come pulsioni omosessuali adolescenziali non possano essere scambiate per omosessualità conclamata. A volte è proprio la reazione sociale negativa contro tendenze omosessuali provvisorie che creano una stigma insuperabile e consolidano tali tendenze."
A quale "normalità", si riferisce questo Signore?
Su quali testi scientifici si basa il suo assioma, secondo il quale l’omosessualità non rientrerebbe nella normalità? Dobbiamo forse ridere per non piangere?
La scienza, nonostante la pacchiana ignoranza , che del resto il Sig. Gubert cerca di dissimulare citando una psicoanalisi d’antan, ha già dato una risposta più che eloquente: l’omosessualità è naturale (normale) tanto quanto l’eterosessualità, nonostante dispiaccia a tanti moralisti o sedicenti tali.
E’ presente, come orientamento sessuale sia nella specie umana che in oltre 750 speci animali.
Certo il Sig. Gubert cerca di medicalizzarla, come si è fatto nell’800 attraverso tutta una letteratura psicoanalitica, e per confondere meglio le idee l’editorialista cita l’adolescenza, cavallo di battaglia di chi vuol "raddirizzare la pianta storta" :Lo sviluppo della sessualità nei ragazzi e nelle ragazze può conoscere periodi di ambivalenza (il ragazzo che si innamora del compagno e la ragazza della compagna), ma l’opera educativa deve accompagnare l’adolescente a maturare una sessualità normale, ossia tra persone di sesso diverso.
Qui veramente egli supera se stesso: l’omosessualità non esiste, è soltanto una sorta di ambivalenza adolescenziale e occorre indirizzare - contro la propria natura - un ragazzo o una ragazza verso il sesso opposto.
E’ più che evidente il pre-giudizio del Sig. Gubert (non sarà per caso un prete?), e cioè che solo l’etero ha chiaro la sua identità e orientamento sessuale, mentre il gay da giovane è solo un ambivalente, un incerto che va ridirezionato.
Era così infatti che fino agli anni ’60 circa si è pensato di riconvertire l’orientamento sessuale degli omosessuali con terapie traumatizzanti, come ad esempio l’elettrochoc.
Al quotidiano Il Trentino che ospita un editoriale di questo tenore, vorrei suggerire qualche miglior lavoro del pensiero, dato che quando si abbandona la conoscenza scientifica in genere si da’ voce alla superstizione (anche ispirata alla religione) che non è mai una buona consigliera.
Di quale educazione parla il Sig. Gubert che conosce una psicologia veramente datata, e fuori corso?
Invece di voler raddrizzare piante, belle come sono e come crescono naturalmente, cerchi magari, se vi riesce,di raddrizzare il suo modo di guardare il mondo, le cose con maggior modestia ed attenzione alle diversità e differenze che non minacciano niente e nessuno, se non gli intolleranti.
Un po’ di conoscenza scientifica non prevenuta, lui che ama il compito educativo,non sarebbe male no?
Ma alla sua età sarà facile cambiare questo sguardo sulla realtà?
Chi lo sa...
+ Giovanni Climaco MAPELLI
Vescovo della Chiesa Cristiana
Antica cattolica e Apostolica
di Milano e Monza
VENEZIANI: INVEROSIMILE CHE LA CASSAZIONE SANCISCA CHE L’OMOSESSUALITà SIA UNA «CONDIZIONE DELL’UOMO DEGNA DI TUTELA»
Un party di demagogica omofilia
di Marcello Veneziani (La Gazzetta del Sud, 29 luglio 2007)
Carabinieri cattivi, magistrati saggi, omosessuali povere vittime. I ministri e i media inveiscono compatti contro i carabinieri che hanno osato fermare due omosessuali per atti osceni in luogo pubblico, la Cassazione interviene a tutela dell’omosessualità, considerando sacra la libertà sessuale. Ma come, due persone si baciano al chiaro di luna al Colosseo, e voi li fermate come se fossero delinquenti Questa è l’immagine vittimista e romantica che ha inondato i media in difesa dei due gay. È stata accolta senza un minimo dubbio la versione fornita dai due omosessuali. La stessa cosa è accaduta a Gela, dove è stata accolta senza esitazioni la versione di un ragazzo omosessuale che ha accusato la sua insegnante di averlo esortato ad andarsene via perché gay, ed è stata bocciata la versione dell’insegnante. Ora, i carabinieri hanno fermato due omosessuali per un controllo perché stavano avendo un rapporto orale in un luogo tutt’altro che appartato ma abbastanza visitato come il Colosseo. Fino a che esiste il reato di atto osceno in luogo pubblico, le forze dell’ordine hanno il dovere di intervenire.
In secondo luogo è inverosimile che la Cassazione sancisca che l’omosessualità sia una «condizione dell’uomo degna di tutela». A me sembra che vada semplicemente garantita la dignità della persona, a prescindere dalle inclinazioni sessuali, e non che vada tutelato uno specifico orientamento sessuale. È una scelta che attiene alla sfera privata, e non va né perseguita ma nemmeno tutelata. Il ministro della salute Livia Turco pretende addirittura che «si chieda scusa ai due ragazzi gay perché non possono accadere queste cose in un paese normale». Secondo il ministro, in un paese normale due omosessuali possono avere liberamente un rapporto orale al Colosseo; e chi osa suggerire loro che questi rapporti se li facciano a casa, dev’essere costretto a chiedere scusa. Siamo a Orwell, la normalità vale a contrario per sancire come normale atti osceni e omosessuali in luogo pubblico e anormali i carabinieri che fanno rispettare la legge. Nessun ministro magistrato o giornale è intervenuto invece in difesa di un ragazzo e una ragazza denunciati a Verona perché hanno avuto un rapporto sessuale su una panchina. Si vede che osceno è solo il sesso etero. Ministri, giudici e mass media si sono bevuti il cervello in un party di demagogica omofilia.
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LETTERA di RISPOSTA A MARCELLO VENEZIANI
Milano, 29 Luglio 2007
Egregio Direttore,
vorrei replicare all’articolo di Marcello Veneziani in merito al bacio dei due ragazzi gay a Roma.
Il reato di "atti osceni in luogo pubblico" vale per tutti, omo ed etero.
Tutti siamo uguali dinanzi alla legge.
Per prima cosa, però, vorrei attendere la decisione dei Giudici, poichè vi sono due versioni contrastanti e dopo Genova del G8,
se permette, qualche dubbio, anche sulle stesse nostre forze di polizia, io lo mantengo.
Ricorderete tutte le falsità prodotte dagli agenti di polizia: dalle molotov false al giubbino tagliato....
Un comportamento da parte di chi veste una divisa a dir poco sconcertante....!
In un Paese normale, quella "normalità" che Veneziani invoca, a sproposito, queste cose non succedono.
Lui parla di un mondo rovesciato... ma non sono certamente i gay che lo hanno rovesciato: semmai si rovescia uno stereotipo, cui Veneziani tiene molto e cioè:
che etero è normale e omosessuale è anormale!
Non è la prima volta che questo "intellettuale di destra" si profonde in una infastidita quanto acidula polemica verso gli omosessuali.
Dev’essere un suo problema personale quello dell’omosessualità evidentemente...
Tempo fa’ dalle pagine di un altro quotidiano diceva ai gay che si lamentavano dell’Italia : "perchè non provate ad andare a fare il Gay Pride in Iran"....
Bella trovata direi, alla quale rispondo: perchè non ci va Lei ?.... e qualche suo amico del medesimo sodalizio politico, tanto per intenderci, con tanto di amante al seguito, e vedrà come le cose non saranno poi tanto diverse che per due omosessuali!
Le lapidazioni da quelle parti infatti sono bipartisan, sia per i gay che per gli etero concubini o viventi more uxorio.
In questo forse i talebani hanno un senso di equità più consolidato di Veneziani.
Ma ironia a parte,il nostro intellettuale continua imperterrito ad indicare l’omosessualità come una "anormalità" e non è neppure sfiorato dal dubbio che non sia propriamente così:
fa finta che la scienza non si sia pronunciata sull’argomento e va avanti con le sue personalissime idee a dare del normale a Tizio e dell’anormale a Caio.
Che intellettuale può essere chi non tiene nemmeno in considerazione cioè che le scienze antropologiche e biologiche oggi dicono circa l’omosessualità : in sostanza un orientamento naturale, pur minoritario della specie umana ed anche animale, dato che sono più di 800 le speci in cui si riscontra un evidente orientamento omosessuale?
Vuol propinarci Veneziani i suoi personali, insindacabili, pregiudizi e la sua ignoranza del sapere scientifico?
La Gazzetta del Sud (dato che il Sud, spesso a torto, è stato proprio accusato di essere arretrato e bigotto) dovrebbe magari dar voce anche a quegli
intellettuali, che avendo a che fare con l’intelletto appunto, anzichè i pregiudizi rancorosi, sanno ascoltare ed imparare, con più modestia, ciò che la scienza ha da dirci su
alcune problematiche umane e sociali odierne.
Il resto sono opinioni nemmeno interessanti e che non hanno veruna consistenza culturale.
+ Giovanni Climaco Mapelli
Vescovo della Chiesa Cristiana Antica Cattolica Apostolica di Milano e Monza
Il ministro Pollastrini: "Necessaria una campagna nelle scuole"
Volontè (Udc) attacca Bindi e Turco che avevano chiesto le scuse per i due ragazzi
Bacio gay, continuano le polemiche
Circolo Mieli: "Domani kiss in al Colosseo"
Arcigay: "Non siamo più disposti a subire"*
ROMA - Non si spengono le polemiche sull’episodio della coppia gay denunciata al Colosseo per un bacio. Mentre i carabinieri continuano a sostenere che si trattava di atti osceni in luogo pubblico, si susseguono le manifestazioni di solidarietà per i due ragazzi. Il Circolo Mario Mieli annuncia per domani sera un bacio collettivo di fronte al Colosseo. L’Arcigay che già annunciato un kiss-in per il 2 agosto dichiara che la comunità gay non è più più disposta a subire questo ritorno di omofobia. E non mancano commenti di esponenti politici. I ministri Bindi e Turco avevano espresso ieri la loro solidarietà ai due ragazzi parlando di troppo zelo delle forze dell’odine e augurandosi che ai due fermati venisse chiesto scusa perchè in un Paese normale non possono accadere cose di questo tipo. Dichiarazioni gravi secondo il capogruppo dell’Udc, Luca Volontè. E il ministro Pollastrini annuncia per settembre l’apertura di una campagna per il rispetto delle differenze.
Le iniziative delle associazioni. Un bacio collettivo domani sera avanti al Colosseo. L’iniziativa è del circolo Mario Mieli, che ha organizzato il sit-in di protesta contro il fermo della coppia gay al Colosseo. "Se baciarsi è reato - si legge in una nota - allora i carabinieri avranno proprio molto da fare domenica 29 luglio a partire dalle 22", occasione "per manifestare tutta la nostra rabbia per questo gravissimo episodio, esprimere la solidarietà verso i ragazzi colpiti dalla denuncia e verificare le intenzioni delle forze dell’ordine di fronte alla nostra protesta"."E’ gravissimo e inaccettabile - continua - che due ragazzi gay vengano fermati e denunciati per atti osceni in luogo pubblico per un semplice bacio, scambiato alle 2 di notte al Colosseo". L’Arcigay parte dalle recenti cronache di Gela e Roma: "Non siamo più disposti a subire. Negli ultimi tempi sembra che l’omofobia in Italia sia aumentata, ma questo non è vero. È sempre esistita, ma molte lesbiche e gay preferivano tacere per timore".
Commenti politici. Rosi Bindi aveva stigmatizzato l’episodio come "un eccesso di zelo delle forze dell’ordine" mentre Livia Turco si augurava che "a quei ragazzi venisse chiesto scusa perchè in un Paese normale non possono accadere cose di questo tipo". Barbara Pollastrini aveva paventato il rischio di un "clima omofobico, di sospetto e pregiudizi in un Paese che ha bisogno di sicurezza, regole certe e serenità". Il capogruppo Udc alla Camera, Luca Volontè afferma che queste dichiarazioni sono "ideologiche e gravissime e sottintendono una richiesta di discriminazione nei confronti degli eterosessuali e la non applicazione del codice penale per la casta gay. Incivili richieste di una lobby aristocratica che chiede esenzioni e pretende una legge a doppio binario: coppiette etero sanzionate, omosex privilegiate".
Campagna per il rispetto. Una vera e propria campagna di informazione e sensibilizzazione,per il rispetto delle differenze e contro ogni forma di omofobia, discriminazione e violenza. Questo è quanto propone il ministro per le Pari Opportunità, Barbara Pollastrini, per la riapertura dell’anno scolastico, tornando sull’episodio del bacio gay sotto il Colosseo. "L’omofobia - osserva la Pollastrini - può tradursi, come spesso accade, in reati odiosi, ma è anche il segno di un disagio culturale e di un clima che fatica a cogliere la ricchezza e la vitalità delle persone".
* la Repubblica, 28 luglio 2007
Però, quante personalità bizzarre riesce ad attrarre questa testata (che ribattezerei, oramai, "lavocedifederico").
Buona continuazione, e prendetevi qualche "breack" ogni tanto, tanto per ricaricare le batterie ed elaborare nuove idee, leggende e accuse alla Chiesa di Roma e al suo Capo odierno, rifugiatosi nella sua residenza estiva di Castel Gandolfo .
Il tuo bacio è come un rock,
che ti morde col suo swing.
E’ assai facile al knock-out,
che ti fulmina sul ring.
Fa l’effetto di uno choc,
e perciò canto così:
"Oh-oh-oh-oh-oh-oh-oh
il tuo bacio è come un rock! ...
Dal Cado-re, via arco-re, al rifugio di Castel gAnDOLFO!!!
Caro Biasi
Essendo un accanito frequenatore del nostro sito, e ben sapendo del dibattito in corso su queste e altre questioni, e, in particolare della distinzione messa a fuoco da Massimo Consoli tra omosessuali e gay, e dell’ omossesualità dentro e fuori le truppe del Vaticano a tutti i livelli, e del tuo aprezzamento per la nostra sana e robusta Costituzione, apprezziamo il tuo gioachi-mitico e spiritoso intervento e ti ringraziamo vivamente.
I nostri saluti
Per la Redazione
Federico La Sala
Bacio tra due gay al Colosseo: fermati, perquisiti e denunciati *
«Era solo un bacio». così Roberto L. commenta la brutta avventura di giovedì sera quando, mentre passeggiava con Michele M., il suo ragazzo, è stato fermato da una gazzella dei carabinieri, portato in caserma e denunciato per atti osceni in luogo pubblico. Per un semplice bacio.
«Era una bella serata - spiega Roberto, ventisettenne romano - avevamo fatto una passeggiata per aperitivi e poi avevamo raggiunto degli amici al “Coming out”, poi intorno all’una e mezza abbiamo deciso di tornare a casa, Michele la mattina lavora». Raggiungendo il motorino i due ragazzi decidono però di fare un’ultima passeggiata, complice la serata calda, la luna e il paesaggio suggestivo del Colosseo. «Mentre passeggiavamo ci siamo abbracciati e io l’ho baciato - spiega Roberto - un bacio “focoso”, e anche un bacio sul petto, niente di più. All’improvviso ci ha illuminato un fascio di luce, ci hanno chiesto i documenti e poi siamo rimasti fermi, sul muretto, ad aspettare». Intanto passano 20 minuti e Michele, un po’ spaventato chiede spiegazioni: «Semplici accertamenti», rispondono i carabinieri, che intanto vengono raggiunti da altri colleghi, per un totale di sette persone e tre auto dei carabinieri. «A quel punto ci hanno perquisito - spiega Roberto - cosa insolita considerando che non avevamo niente che fosse fuori posto: pantaloni allacciati, cintura a posto e maglietta indosso».
Dopo la perquisizione, i due ragazzi vengono portati via, «io su una gazzella, Michele su un’altra - continua il racconto Roberto - all’arrivo poi ci hanno trattato come appestati e all’interrogatorio che è seguito sono stato accusato di atti osceni in luogo pubblico». Di fronte al ragazzo che giura di non aver fatto nulla di male - «solo un bacio» - il carabiniere risponde: «Lo sa benissimo cosa ha fatto». E scoppia l’indignazione: «Capisco perfettamente che sono perseguibile se faccio sesso orale sotto il Colosseo, ma noi ci stavamo solo baciando, con i pantaloni chiusi e tutto a posto».
«Successivamente ci hanno portati in caserma - sottolinea Roberto - Ancora non riuscivamo a crederci. Non sono stati per niente gentili e anzi hanno fatto di tutto per farci sentire a disagio». Ma, secondo quanto afferma Roberto, la sorpresa più grossa è quando gli è stato comunicato che i carabinieri li avrebbero denunciati per atti osceni in luogo pubblico. «Ci hanno mostrato l’informativa di reato che avrebbero mandato al pm - dice Roberto - E il carabiniere mi ha detto: “Sai bene che non ti stavi solo baciando”. È assurdo. Ora sostengono che non era solo un bacio. Ma che senso ha? Siamo fidanzati da tempo, e certamente non facciamo sesso per strada. Se devo fare certe cose, le faccio a casa mia. Le nostre erano semplicissime e innocentissime effusioni. Ora spero che si faccia chiarezza». Roberto, che si sta occupando anche a nome del ragazzo, Michele, di difendere i propri diritti, si incontrerà con il presidente di arcigay Roma Fabrizio Marrazzo e col legale dell’associazione Stoppello che si occupa del numero verde “Gay help line” (800713713) per capire come far valere i suoi diritti. «Peccato- conclude Roberto- era una serata così bella...».
L’incredibile vicenda ha suscitato reazioni di indignazione. Anche della ministra Rosy Bindi ha sentito il bisogno di intervenire: «Ieri la denuncia di un ragazzo di Gela, deriso e insultato a scuola perchè omosessuale, oggi due omosessuali denunciati con zelo eccessivo per atti osceni solo per un bacio di notte davanti al Colosseo. Due casi che in realtà segnalano quanto sia radicata una cultura che deve ancora elaborare in profondità il diritto di tutti e di ciascuno di vivere nel rispetto della propria identità, senza discriminazioni di qualunque natura». Duro il deputato SD Franco Grillini: «Sembra incredibile che a Roma, così come denunciato dal circolo Arcigay di Roma, nell’anno domini 2007, una coppia di gay possa essere fermata e trascinata in caserma, con copioso dispendio di forze dell’ordine, per un bacio. Era già accaduto, raramente per fortuna, anche in passato che coppie gay o lesbiche fossero fermate per gli stessi motivi, ma con un dispiegamento di forze dell’ordine degno di miglior causa non si era mai visto e soprattutto non si era visto un fermo in caserma». Per questo Grillini anticipa che «nei prossimi giorni presenterò un’interrogazione al ministro dell’Interno per chiedergli di diramare una circolare a carabinieri e poliziotti in modo tale da chiarire che non si possono trascinare in caserma due persone perché si baciano e che non è tollerabile che un bacio tra due etero sia considerato normale e romantico mentre tra due persone dello stesso sesso diventi una cosa sporca e da perseguire penalmente». «Propongo che sia inaugurata la “Gay street” con un grande “kiss in” come durante la manifestazione sui Pacs di tre anni fa quando, il 14 febbraio, 1700 coppie si baciarono appassionatamente per rivendicare una buona legge in materia e la fine della discriminazione»
* l’Unità, Pubblicato il: 27.07.07, Modificato il: 28.07.07 alle ore 8.55
Sorpresi dai carabinieri due gay che si scambiavano effusioni nel centro di Roma
Ferma condanna dell’Arcigay: "Non siamo di serie B. Il 2 agosto organizzeremo un bacio collettivo"
Fermata coppia omosessuale
Si baciava davanti al Colosseo
I carabinieri: "Molto più che un bacio. Era un atto inequivocabilmente osceno"
ROMA - Nel giorno in cui la Cassazione ribadisce il diritto di esprimere "senza condizionamenti la propria identità sessuale", a Roma due omosessuali sono stati fermati e denunciati per atti osceni perchè si baciavano alle due di notte davanti al Colosseo. Roberto e Michele, 27 e 28 anni, sono stati sorpresi da una pattuglia dei carabinieri in via San Giovanni in Laterano, riservata in questi giorni alla cosiddetta Gay Strett, una sorta di agorà dove la comunità gay si incontra e allestisce eventi culturali. Per protestare contro un rigore che l’Arcigay ritiene eccessivo e ingiustificato, il 2 agosto, in occasione della pedonalizzazione della Gay Strett, centinaia di omosessuali e lesbiche si sono dati appuntamento alle 23 sotto il Colosseo per un bacio collettivo.
"E’ stato solo un bacio". Roberto è di Roma; con Michele si conosce da tempo. Ieri notte stavano lasciando la piazza e si avviavano verso il motorino posteggiato vicino. Davanti al Colosseo si sono baciati: "E’ stato solo un bacio", giura Roberto. "Forse si può giudicare un bacio un po’ focoso, sulle labbra e sul petto, ma niente di più".
I carabinieri: "Atto osceno". I carabinieri fanno capire che non era solo un bacio sulla bocca e parlano di "sesso orale", reato "palese ed inequivocabile". In una nota diffusa dall’Arma spiegano: "Una pattuglia ha sorpreso L.R. di Roma e F.M. di Lecce nel compimento di un atto inequivocabilmente osceno. I due, che non si erano avveduti della presenza dei militari, una volta ricompostisi sono stati accompagnati in caserma per essere denunciati per atti osceni in luogo pubblico".
"Ci hanno trattati come appestati". Ma i ragazzi denunciati si difendono: "Ci ha illuminato il fascio di luce di una gazzella dei carabinieri", spiega Roberto. "Ci hanno chiesto i documenti. Trascorsi venti minuti, Michele, un po’ spaventato, ha chiesto spiegazioni. Semplici accertamenti, ci hanno risposto. Intanto sono arrivate altre due auto dei carabinieri. Erano in sei. A quel punto ci hanno perquisito", spiega Roberto. "Ci hanno fatto svuotare le nostre tasche, cosa insolita considerando che non avevamo niente che fosse fuori posto: pantaloni allacciati, cintura a posto e maglietta indosso. In caserma ci hanno trattato come appestati e all’interrogatorio che è seguito ci hanno accusati di atti osceni in luogo pubblico".
Arcigay: "Organizzeremo un bacio collettivo". Fabrizio Marrazzo, presidente dell’Arcigay Roma, grida allo scandalo: "E’ un fatto gravissimo. Mostra che ancora oggi le coppie omosessuali sono considerate di serie B. Abbiamo segnalato la cosa al legale di Gay Help Line, che la scorsa settimana, per la prima volta in Italia, ha fatto ottenere la costituzione di parte civile al compagno di un gay ucciso. Non ci faremo intimidire da queste azioni e proseguiremo nei nostri progetti: le lesbiche ed i gay in Italia non devono più subire soprusi di questo tipo. Tra una settimana, quando le autorità renderanno pedonale quel tratto di strada dove si affacciano il maggior numero di bar gay della città, abbiamo deciso che ci baceremo in pubblico. Saremotanti, centinaia. Sarà la nostra risposta alla denuncia per atti osceni".
Lega Nord: "Intervento legittimo". Di tono nettamente opposto l’intervento della Lega che, attraverso la voce di Carolina Lussana, responsabile giustizia del partito, approva il comportamento dei carabinieri: "Se c’è stata una violazione del codice penale, come risulta dalla versione fornita dai carabinieri, che parlano di ’rapporto sessuale’ - dice Lussana - l’intervento è stato più che legittimo. Al di là delle dichiarazioni scandalizzate dell’Arcigay e della sinistra che si straccia le vesti, una cosa è rivendicare la rimozione di alcune discriminazioni, cosa su cui siamo d’accordo, altra cosa - conclude la deputata della Lega - è sostenere che una coppia di omosessuali debba avere un trattamento diverso da altri".
* la Repubblica, 27 luglio 2007
Difendere le libertà rispettando gli altri
di MICHELE SERRA *
BACIARSI a Roma davanti al Colosseo, sotto un manto di stelle (brillarelle), farebbe pensare a Garinei e Giovannini più che a un attentato alla pubblica decenza. Ma per due ragazzi omosessuali, colti in flagrante da una pattuglia di carabinieri e tradotti in caserma, la notte romana è slittata in pochi attimi dal romanticismo all’umiliazione. Con ovvio sconcerto e prevedibili polemiche politiche, stante il fatto (incontestabile) che un bacio in pubblico non deve essere considerato diversamente se a scambiarselo sono Audrey Hepburn e Gregory Peck oppure Gregory Peck e Gregory Peck.
Insomma, il caso è tipicamente soggetto a quel genere di allarme etico inevitabile in un Paese non proprio all’avanguardia nell’accettare i mutamenti del costume, e non certo prodigo di intelligenza civile quando si tratti di riconoscere i diritti degli omosessuali.
In omaggio alla famosa completezza dell’informazione, va però aggiunto che la versione dei carabinieri si discosta di una buona manciata di centimetri da quella della comunità gay. I militi parlano di "atto sessuale in pubblico", e dal momento che i carabinieri non sono più i gendarmi baffuti che infierivano su Pinocchio, ma uno dei pochi pezzi dello Stato che ha fatto parecchi passi in avanti negli ultimi decenni, è giusto che anche il loro punto di vista, per quanto occhiuto, vada tenuto in considerazione.
Resta il dubbio se perfino un "atto sessuale esplicito", consumato nel buio protettivo della sera, meriti un intervento così severo. E, soprattutto, il dubbio che la severità non sarebbe stata uguale nei riguardi di una coppia etero. Proprio ieri la Cassazione, nell’accettare la domanda di asilo di un omosessuale senegalese che in patria sarebbe perseguito per legge a causa dei suoi comportamenti amorosi, ha scritto che "la libertà sessuale va intesa come libertà di vivere, senza restrizioni e condizionamenti".
Parole sante, anzi parole laiche. E più in generale resiste, almeno in chi scrive, l’idea che il sesso, in ogni sua forma purché non violenta, non sia tra le colpe più gravi (ben più grave, per esempio e proverbialmente, è fare la guerra), e insomma che un bonario "ragazzi rivestitevi, per cortesia" possa ampiamente bastare a dirimere ogni possibile questione di "oscenità" e affini. Ma all’interno di questo dubbio, libertario e amichevole, è ragionevole suggerire a tutti gli amanti, bacianti o copulanti che siano, qualcosa che sfugge decisamente alla legge e all’intervento dei carabinieri.
Qualcosa che è profondamente "politico", nel senso che coinvolge profondamente lo stare in mezzo agli altri. Questo qualcosa potrebbe definirsi pudore se una lunga trafila di persecuzioni censorie, pretorili e curiali, non ci avesse abituato, negli anni, a considerare il pudore (e specialmente il famigerato "comune senso del pudore") il tipico pretesto sessuofobo e repressivo. Chiamiamolo, allora, questo qualcosa che manca, senso della misura, oppure rispetto degli altri e di se stessi, o perfino più ovviamente buona educazione.
E’ una qualità che spesso difetta tanto agli etero quanto agli omo, indiscriminatamente, quando si tratti di temperare il proprio comprensibile entusiasmo sessuale, o anche solo sentimentale. Nessuna nostalgia per l’Italietta bigotta, per le coppiette che si davano la mano in pubblico solo dopo il fidanzamento ufficiale (cioè, in genere, solo dopo la vidimazione dei genitori e del parroco), ma neanche troppa soddisfazione per la sessualità esibita con fatuo narcisismo oramai ovunque, nel reale come nel virtuale, per la strada o in televisione.
Il mito in fondo ingenuo del libero amore, così bene immortalato da Antonioni in "Zabriskie Point", tutte quelle giovani coppie nude abbracciate nel deserto, angeli della liberazione, minaccia di tradursi nella sua parodia se prende le forme (correnti e corrive) di una banalissima scostumatezza. Nel senso che per essere libertini bisogna avere almeno un poco studiato e ragionato.
Questo non per discettare su quanto e come i due ragazzi di Roma, vittime di un probabile episodio di abuso di autorità, abbiano esagerato nel manifestarsi attrazione. Ma per riflettere un pochino meglio (carabinieri e omosessuali compresi) sul faticoso processo che porta a manifestare liberamente la propria identità sessuale. Si capisce che un’identità malgiudicata e perseguitata, come quella omosessuale, sia più portata a "sbottare", e a sbandierare se stessa per ribellarsi contro le discriminazioni.
Ma i modi e i toni - inutile negarlo - sono molto importanti anche per la migliore delle cause. Massimo allarme, dunque, per ogni episodio, anche minimo, di discriminazione contro i gay. Ma massima intelligenza, quando possibile, nell’evitare che la sbracatezza offuschi la causa della "libertà di vivere", come scrive la Cassazione, e la renda impopolare.
* la Repubblica, 28 luglio 2007