La “Lettera aperta” dei e ai “carissimi fratelli e carissime sorelle in Cristo”, sulla recente "Istruzione" della Congregazione dell’educazione sulla esclusione delle persone con tendenza omosessuale al seminario e al sacerdozio (cfr. www.ildialogo.org/omoses/,15.12.2005 [cfr. allegato]), pone alla Gerarchia della Chiesa (e non solo) ineludibili e radicali domande e denuncia chiaramente che la realtà ha già superato le colonne d’Ercole del ‘vecchio mondo’ della ‘vecchia chiesa’!!!.
La questione che viene aperta e che si apre non è più e affatto una questione di statistiche e di sociologia, ma investe direttamente il cuore del sistema e dell’Istituzione: quella che si pone è direttamente e immediatamente una questione insieme antropologica e teologica - vale a dire, quella cristologica!!!
Coloro che parlano non sono persone comuni: “Siamo dei sacerdoti cattolici con tendenza omosessuale, diocesani e religiosi, e il fatto di essere tali non ci ha impedito di essere buoni preti”. E tutti insieme - un vero e proprio inizio dei lavori di un “nuovo concilio” (cosa che si richiedeva e richiede da anni)!!! - hanno osato, scritto, e dichiarato: “Carissimi fratelli e carissime sorelle in Cristo, noi consideriamo la nostra omosessualità come una ricchezza, perché ci aiuta a condividere l’emarginazione e la sofferenza di tanti fratelli e sorelle; per parafrasare San Paolo, possiamo farci tutto a tutti, deboli con i deboli, emarginati con gli emarginati, omosessuali con i gay “; e, ancora: “Carissimi fratelli e carissime sorelle in Cristo, come tutte le persone oneste non possiamo negare la nostra fragilità, condizione della natura umana: portiamo il dono di Dio in vasi di creta, ma la nostra situazione non è un ostacolo ad essere pastori secondo il cuore di Dio”.
Per chi ha orecchie (e intelligenza), per intendere, intenda: al di là delle persone, qui sono nodi epocali che vengono al pettine e questioni cruciali che si pongono all’ordine del giorno!!! E ciò che è in gioco è una vera e propria svolta antropo-teologica!!!
L’emergere della questione della omosessualità della e nella Chiesa ‘cattolica’ e in tutto l’Occidente non è affatto una questione biologica!!! E’ una questione culturale e spirituale, che pone in modo radicale il riorientamento e la ristrutturazione della nostra stessa auto-coscienza, di uomini, di bianchi, di occidentali, e di ‘cattolici’!!!
Coerentemente con la tradizione critica e, se si vuole, cristica-evangelica, è una sollecitazione non solo a crescere e a conoscere se stessi e l’altro in modo più maturo e adulto (non da minorenni ...e da minorati!) ma anche a prendere atto che tutta la costituzione stessa della Chiesa (come dell’intero Occidente, e non solo - vedi il caso del Sol Levante: www.ildialogo.org/filosofia, 17.11.2005) riposa su un’antropologia naturalistica, greco-romana ed egiziana, altro che cristiana!!!
La testimonianza e la “lettera aperta” dei 39 preti italiani, se ben vi riflettiamo, invita ad aprire le porte e le finestre del nostro presente storico, senza paura!!! E’ una indicazione e una premessa per modificare non solo la vecchia costituzione terrena della Istituzione Chiesa, ma anche la stessa vecchia costituzione celeste ... e aprire davvero a tutti gli esseri umani, nessuno escluso (l’art. 3 della nostra Costituzione, di chiara derivazione evangelica, è ben al di là del ‘talebanismo’ della teocrazia ‘cattolica’!!!) la porta e la strada del regno di Dio, dove tutti e tutte possono diventare cittadini-sovrani, cittadine-sovrane (don Milani!!!).
Che ce ne facciamo di una chiesa e di una teocrazia assoluta, che riposa su una fondamentale omosessualità negata(psichica e spirituale, non tanto e affatto quella fisica) (dei suoi preti, dei suoi vescovi, dei suoi cardinali e dei suoi papa) - vale a dire sulla diabolica menzogna?! Dio, come ha chiarito Gesù, è Amore: e Amore e Verità vanno insieme - non dimentichiamolo!!!
(www.ildialogo.org/filosofia, Lunedì, 19 dicembre 2005)
Federico La Sala
Allegato:
CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA
ISTRUZIONE
CIRCA I CRITERI
DI DISCERNIMENTO VOCAZIONALE
RIGUARDO ALLE PERSONE
CON TENDENZE OMOSESSUALI
IN VISTA DELLA LORO AMMISSIONE
AL SEMINARIO E AGLI ORDINI SACRI
ROMA 2005
INTRODUZIONE
In continuità con l’insegnamento del Concilio Vaticano II e, in particolare, col decreto Optatam totius (1) sulla formazione sacerdotale, la Congregazione per l’Educazione Cattolica ha pubblicato diversi documenti per promuovere un’adeguata formazione integrale dei futuri sacerdoti, offrendo orientamenti e norme precise circa suoi diversi aspetti. (2) Nel frattempo anche il Sinodo dei Vescovi del 1999 ha riflettuto sulla formazione dei sacerdoti nelle circostanze attuali, con l’intento di portare a compimento la dottrina conciliare su questo argomento e di renderla più esplicita ed incisiva nel mondo contemporaneo. In seguito a questo Sinodo, Giovanni Paolo II pubblicò l’Esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis. (3)
Alla luce di questo ricco insegnamento, la presente Istruzione non intende soffermarsi su tutte le questioni di ordine affettivo o sessuale che richiedono un attento discernimento durante l’intero periodo della formazione. Essa contiene norme circa una questione particolare, resa più urgente dalla situazione attuale, e cioè quella dell’ammissione o meno al Seminario e agli Ordini sacri dei candidati che hanno tendenze omosessuali profondamente radicate.
l. Maturità affettiva e paternità spirituale Secondo la costante Tradizione della Chiesa, riceve validamente la sacra Ordinazione esclusivamente il battezzato di sesso maschile. (4) Per mezzo del sacramento dell’Ordine, lo Spirito Santo configura il candidato, ad un titolo nuovo e specifico, a Gesù Cristo: il sacerdote, infatti, rappresenta sacramentalmente Cristo, Capo, Pastore e Sposo della Chiesa. (5) A causa di questa configurazione a Cristo, tutta la vita del ministro sacro deve essere animata dal dono di tutta la sua persona alla Chiesa e da un’autentica carità pastorale. (6)
Il candidato al ministero ordinato, pertanto, deve raggiungere la maturità affettiva. Tale maturità lo renderà capace di porsi in una corretta relazione con uomini e donne, sviluppando in lui un vero senso della paternità spirituale nel confronti della comunità ecclesiale che gli sarà affidata. (7)
2. L’omosessualità e il ministero ordinato Dal Concilio Vaticano Il ad oggi, diversi documenti del Magistero - e specialmente il Catechismo della Chiesa Cattolica - hanno confermato l’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità. Il Catechismo distingue fra gli atti omosessuali e le tendenze omosessuali.
Riguardo agli atti, insegna che, nella Sacra Scrittura, essi vengono presentati come peccati gravi. La Tradizione li ha costantemente considerati come intrinsecamente immorali e contrari alla legge naturale. Essi, di conseguenza, non possono essere approvati in nessun caso.
Per quanto concerne le tendenze omosessuali profondamente radicate, che si riscontrano in un certo numero di uomini e donne, sono anch’esse oggettivamente disordinate e sovente costituiscono, anche per loro, una prova. Tali persone devono essere accolte con rispetto e delicatezza; a loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Esse sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita e a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare. (8)
Alla luce di tale insegnamento, questo Dicastero, d\’intesa con la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ritiene necessario affermare chiaramente che la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, (9) non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay. (10)Le suddette persone si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne. Non sono affatto da trascurare le conseguenze negative che possono derivare dall’Ordinazione di persone con tendenze omosessuali profondamente radicate.
Qualora, invece, si trattasse di tendenze omosessuali che fossero solo l’espressione di un problema transitorio, come, ad esempio, quello di un’adolescenza non ancora compiuta, esse devono comunque essere chiaramente superate almeno tre anni prima dell’Ordinazione diaconale.
3. Il discernimento dell’idoneità dei candidati da parte della Chiesa Due sono gli aspetti indissociabili in ogni vocazione sacerdotale: il dono gratuito di Dio e la libertà responsabile dell’uomo. La vocazione è un dono della grazia divina, ricevuto tramite la Chiesa, nella Chiesa e per il servizio della Chiesa. Rispondendo alla chiamata di Dio, l’uomo si offre liberamente a Lui nell’amore. (11) Il solo desiderio di diventare sacerdote non è sufficiente e non esiste un diritto a ricevere la sacra Ordinazione. Compete alla Chiesa - nella sua responsabilità di definire i requisiti necessari per la ricezione dei Sacramenti istituiti da Cristo - discernere l’idoneità di colui che desidera entrare nel Seminario, (12) accompagnarlo durante gli anni della formazione e chiamarlo agli Ordini sacri, se sia giudicato in possesso delle qualità richieste. (13) La formazione del futuro sacerdote deve articolare, in una complementarità essenziale, le quattro dimensioni della formazione: umana, spirituale, intellettuale e pastorale. (14) In questo contesto, bisogna rilevare la particolare importanza della formazione umana, fondamento necessario di tutta la formazione. (15) Per ammettere un candidato all’Ordinazione diaconale, la Chiesa deve verificare, tra l’altro, che sia stata raggiunta la maturità affettiva del candidato al sacerdozio. (16)La chiamata agli Ordini è responsabilità personale del Vescovo (17) o del Superiore Maggiore.
Tenendo presente il parere di coloro al quali hanno affidato la responsabilità della formazione, il Vescovo o il Superiore Maggiore, prima di ammettere all’Ordinazione il candidato, devono pervenire ad un giudizio moralmente certo sulle sue qualità. Nel caso di un dubbio serio al riguardo, non devono ammetterlo all’Ordinazione.(18)Il discernimento della vocazione e della maturità del candidato è anche un grave compito del rettore e degli altri formatori del Seminario.
Prima di ogni Ordinazione, il rettore deve esprimere un suo giudizio sulle qualità del candidato richieste dalla Chiesa. (19) Nel discernimento dell’idoneità all’Ordinazione, spetta al direttore spirituale un compito importante. Pur essendo vincolato dal segreto, egli rappresenta la Chiesa nel foro interno.
Nei colloqui con il candidato, il direttore spirituale deve segnatamente ricordare le esigenze della Chiesa circa la castità sacerdotale e la maturità affettiva specifica del sacerdote, nonché aiutarlo a discernere se abbia le qualità necessarie. (20) Egli ha l’obbligo di valutare tutte le qualità della personalità ed accertarsi che il candidato non presenti disturbi sessuali incompatibili col sacerdozio.
Se un candidato pratica l’omosessualità o presenta tendenze omosessuali profondamente radicate, il suo direttore spirituale, così come il suo confessore, hanno il dovere di dissuaderlo, in coscienza, dal procedere verso l’Ordinazione.
Rimane inteso che il candidato stesso è il primo responsabile della propria formazione. (21) Egli deve offrirsi con fiducia al discernimento della Chiesa, del Vescovo che chiama agli Ordini, del rettore del Seminario, del direttore spirituale e degli altri educatori del Seminario ai quali il Vescovo o il Superiore Maggiore hanno affidato il compito di formare i futuri sacerdoti.
Sarebbe gravemente disonesto che un candidato occultasse la propria omosessualità per accedere, nonostante tutto, all’Ordinazione. Un atteggiamento così inautentico non corrisponde allo spirito di verità, di lealtà e di disponibilità che deve caratterizzare la personalità di colui che ritiene di essere chiamato a servire Cristo e la sua Chiesa nel ministero sacerdotale.
CONCLUSIONE
Questa Congregazione ribadisce la necessità che i Vescovi, i Superiori Maggiori e tutti i responsabili interessati compiano un attento discernimento circa l’idoneità dei candidati agli Ordini sacri, dall’ammissione nel Seminario fino all’Ordinazione. Questo discernimento deve essere fatto alla luce di una concezione del sacerdozio ministeriale in concordanza con l’insegnamento della Chiesa.
I Vescovi,le Conferenze Episcopali e i Superiori Maggiori vigilino perché le norme di questa Istruzione siano osservate fedelmente per il bene dei candidati stessi e per garantire sempre alla Chiesa dei sacerdoti idonei, veri pastori secondo il cuore di Cristo. Il Sommo Pontefice Benedetto XVI, in data 31 agosto 2005, ha approvato la presente Istruzione e ne ha ordinato la pubblicazione.
Roma, il 4 novembre 2005, Memoria di S. Carlo Borromeo, Patrono del Seminari.
ZENON Card. GROCHOLENNWSKI
Prefetto
J. MICHAEL MILLER, C.S.B.
Arciv. tit. di Vertara
Segretario
Note
1. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto sulla formazione sacerdotale Optatam totius (28 ottobre 1965): AAS 58 (1966),
713-727.
2. Cfr. CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis (6 gennaio 1970;
edizione nuova, 19 marzo 1985); L’insegnamento della filosofia nei Seminari (20 gennaio 1972); Orientamenti educativi per la formazione al
celibato sacerdotale (11 aprile 1974); Insegnamento del Diritto Canonico per gli aspiranti al sacerdozio (2 aprile 1975); La formazione
teologica dei futuri sacerdoti (22 febbraio 1976); Epistula circularis de formatione vocationum adultarum (14 luglio 1976); Istruzione sulla
formazione liturgica nel Seminari (3 giugno 1979); Lettera circolare su alcuni aspetti più urgenti della formazione spirituale nel Seminari (6
gennaio 1980); Orientamenti educativi sull\’amore umano - Lineamenti di educazione sessuale (1 novembre 1983); La Pastorale della mobilità
umana nella formazione dei futuri sacerdoti (25 gennaio 1986); Orientamenti per la formazione dei futuri sacerdoti circa gli strumenti della
comunicazione sociale (19 marzo 1986); Lettera circolare riguardante gli studi sulle Chiese Orientali (6 gennaio 1987); La Vergine Maria nella
formazione intellettuale e spirituale (25 marzo 1988); Orientamenti per lo studio e l’insegnamento della dottrina sociale della Chiesa nella
formazione sacerdotale (30 dicembre 1988); Istruzione sullo studio dei Padri della Chiesa nella formazione sacerdotale (10 novembre 1989);
Direttive sulla preparazione degli educatori nei Seminari (4 novembre 1993); Direttive sulla formazione dei seminaristi circa i problemi
relativi al matrimonio ed alla famiglia (19 marzo 1995); Istruzione alle Conferenze Episcopali circa l’ammissione in Seminario dei candidati
provenienti da altri Seminari o Famiglie religiose (9 ottobre 1986 e 8 marzo 1996); Il periodo propedeutico (1 maggio 1998); Lettere circolari
circa le norme canoniche relative alle irregolarità e agli impedimenti sia ad Ordines recipiendos, sia ad Ordines exercendos (27 luglio 1992 e 2
febbraio 1999).
3. GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis (25 marzo 1992): AAS 84 (1992), 657-864.
4. Cfr. C.I.C., can. 1024 e C.C.E.O., can. 754; GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis sull’Ordinazione
sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini (22 maggio 1994): AAS 86 (1994), 545-548.
5. Cfr. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Decreto sul ministero e la vita dei presbiteri Prespyterorum ordinis (7 dicembre 1965),
n. 2: AAS 58 (1966), 991-993; Pastores dabo vobis, n. 16: AAS 84 (1992), 681-682.
Riguardo alla configurazione a Cristo, Sposo della Chiesa, la Pastore dabo vobis afferma: «Il sacerdote è chiamato ad essere immagine viva di
Gesù Cristo Sposo della Chiesa [ ... ]. È, chiamato, pertanto, nella sua vita spirituale a rivivere l\’amore di Cristo Sposo nel riguardi della
Chiesa Sposa. La sua vita dev’essere illuminata e orientata anche da questo tratto sponsale, che gli chiede di essere testimone dell’amore
sponsale di Cristo» (n. 22): AAS 84 (1992), 69 l.
6. Cfr. Presbyterorum ordinis, n. 14: AAS 58 (1966), 1013-1014; Pastores dabo vobis, n. 23: AAS 84 (1992), 691-694.
7. Cfr. CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Direttorio Vives ecclesiae per il ministero e la vita
dei presbiteri (31 marzo 1994), n. 58.
8. Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica (edizione tipica, 1997), nn. 2357-2358.
Cfr. anche i diversi documenti della CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE: Dichiarazione Persona humana su alcune
questioni di etica sessuale (29 dicembre 1975); Lettera homosexualitatis problema a tutti i Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale
delle persone omosessuali (1 ottobre 1986); Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge stilla non discriminazione delle
persone omosessuali (23 luglio 1992); Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali (3 giugno
2003).
Riguardo all’inclinazione omosessuale, la Lettera homosexualitatis problema afferma: «La particolare inclinazione della persona omosessuale,
benché non sia in sé un peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecarnente cattivo dal
putito di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata» (n. 3).
9. Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica (edizione tipica, 1997), n. 2358; cfr. anche C.I.C., can. 208 e C.C.E.O., can. 11.
10. Cfr. CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, A memorandum to Bishops seeking advice in matters concerning
homosexuality and candidates _for admission to seminary, (9 luglio 1985); CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA
DisCIPLINA DEI SACRAMENTI, Lettera (16 maggio 2002): Notitiae 38 (2002), 586.
11. Cfr. Pastores dabo vobis, nn. 35-36: AAS 84 (1992), 714-718.
12 Cfr. C.I.C., can. 241, § 1: «Il Vescovo diocesano ammetta al seminario maggiore soltanto coloro che, sulla base delle loro doti umane e
morali, spirituali e intellettuali, della loro salute fisica e psichica e della loro retta intenzione, sono ritenuti idonei a consacrarsi per sempre ai
ministeri sacri» e C.C.E.O., can. 342, § 1.
13. Cfr. Optatam totius, n. 6: AAS 58 (1966), 717. Cfr. anche C.I.C., can. 1029: «Siano promossi agli ordini soltanto quelli che, per prudente
giudizio del Vescovo proprio o del Superiore maggiore competente, tenuto conto di tutte le circostanze, hanno fede integra, sono mossi da
retta intenzione, posseggono la scienza debita, godono buona stima, sono di integri costumi e di provate virtù e sono dotati di tutte quelle
altre qualità fisiche e psichiche congruenti con l\’ordine che deve essere ricevuto» e C.C.E.O., can. 758.
Non chiamare agli Ordini colui che noti ha le qualità richieste non è una ingiusta discriminazione: cfr. CONGREGAZIONE PER LA
DOTTRINA DELLA FEDE, Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone
omosessuali.
14 Cfr. Pastores dabo vobis, nn. 43-59: AAS 84 (1992), 731-762.
15. Cfr. ibid., n. 43: « Il presbitero, chiamato ad essere immagine viva di Gesù Cristo Capo e Pastore della Chiesa, deve cercare di riflettere in
sé, nella misura del possibile, quella perfezione umana che risplende nel Figlio di Dio fatto uomo e che traspare con singolare efficacia nei
suoi atteggiamenti verso gli altri»: AAS 84 (1992), 732.
16. Cfr. ibid., nn. 44 e 50: AAS 84 (1992), 733-736 e 746-748. Cfr. anche: CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA
DISCIPLINA DEI SACRAMENTI, Carta circular Entre las más delicadas a los Exc.mos y Rev.mos Señores Obispos diocesanos y demás
Ordinarios canònicamente facultados para llamar a las Sagradas Ordenes, sobre Los escrutinios acerca de la idoneidad de los candidatos (10
novembre 1997): Notitiae 33 (1997), 495-506, particolarmente l’Allegato V.
17. Cfr. CONGREGAZIONE PER I VESCOVI, Direttorio per il Ministero pastorale dei Vescovi Apostolorum Successores (22 febbraio
2004), n. 88.
18 Cfr. C.I.C., can. 1052, § 3: «Se [...] il Vescovo per precise ragioni dubita che il candidato sia idoneo a ricevere gli ordini, non lo
promuova». Cfr. anche C.C.E.O., can. 770.
19. Cfr. C.I.C., can. 1051: «Per quanto riguarda lo scrutinio circa le qualità richieste nell’ordinando [...] vi sia l’attestato del rettore del
seminario o della casa di formazione, sulle qualità per ricevere l’ordine, vale a dire la sua retta dottrina, la pietà genuina, i buoni costumi,
l’attitudine ad esercitare il ministero; ed inoltre, dopo una diligente indagine, un documento sul suo stato di salute sia fisica sia psichica».
20 Cfr. Pastores dabo robis, nn. 50 e 66: AAS 84 (1992), 746-748 e 772-774. Cfr. anche Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, n. 48.
21 Cfr. Pastores dabo vobis, n. 69: AAS 84 (1992), 778.
Sul tema, nel sito, si cfr. anche
MESSAGGIO EV-ANGELICO E SANTO PADRE?! ABUSO DEL TITOLO E MENZOGNA. L’ERRORE DI RATZINGER.
La confessione del monsignore Krzysztof Charamsa: "Io gay felice e con un compagno".
La Santa Sede: "Lasci l’insegnamento"
"So che pagherò conseguenze, ma ora Chiesa apra gli occhi"
di Redazione ANSA *
ROMA. "Certamente mons. Charamsa non potrà continuare a svolgere i compiti precedenti presso la Congregazione per la dottrina della fede e le università pontificie, mentre gli altri aspetti della sua situazione sono di competenza del suo Ordinario diocesano". Lo ha detto padre Federico Lombardi.
"La scelta di operare una manifestazione così clamorosa alla vigilia della apertura del sinodo - dichiara padre Lombardi - appare molto grave e non responsabile, poiché mira a sottoporre l’assemblea sinodale a una indebita pressione mediatica". E questo nonostante il rispetto per le vicende personali.
La confessione del monsignore. "Voglio che la Chiesa e la mia comunità sappiano chi sono: un sacerdote omosessuale, felice e orgoglioso della propria identità. Sono pronto a pagarne le conseguenze, ma è il momento che la Chiesa apra gli occhi di fronte ai gay credenti e capisca che la soluzione che propone loro, l’astinenza totale dalla vita d’amore, è disumana". Lo afferma al Corriere della Sera, monsignor Krzysztof Charamsa, 43 anni, polacco, ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede e segretario aggiunto della Commissione Teologica Internazionale vaticana, oltre che docente alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum.
Molto attivo sui social network, da twitter a linkedin, monsignor Krzysztof Charamsa, il teologo gay ha anche un suo blog, attivato alla fine di questo mese agosto. Pochi ancora i post pubblicati e il monsignore si presenta al pubblico della rete con una foto in t-shirt gialla e con un saluto in diverse lingue.
Sulle ragioni del suo coming out, spiega: "Arriva un giorno che qualcosa si rompe dentro di te, non ne puoi più. Da solo mi sarei perso nell’incubo della mia omosessualità negata, ma Dio non ci lascia mai soli. E credo che mi abbia portato a fare ora questa scelta esistenziale così forte , forte per le sue conseguenze, ma dovrebbe essere la più semplice per ogni omosessuale, la premessa per vivere coerentemente, perché - aggiunge - siamo già in ritardo e non è possibile aspettare altri cinquant’anni".
"Dunque dico alla Chiesa chi sono - aggiunge -. Lo faccio per me, per la mia comunità, per la Chiesa. È anche mio dovere nei confronti della comunità delle minoranze sessuali". Alla domanda su che cosa pensi di ottenere, mons. Charamsa afferma: "Nella Chiesa non conosciamo l’omosessualità perché non conosciamo gli omosessuali. Li abbiamo da tutte le parti, ma non li abbiamo mai guardati negli occhi, perché di rado essi dicono chi sono.
Vorrei con la mia storia scuotere un po’ la coscienza di questa mia Chiesa. Al Santo Padre rivelerò personalmente la mia identità con una lettera".
Il teologo spiega di parlare alla vigilia del sinodo sulla Famiglia perché "vorrei dire al Sinodo che l’amore omosessuale è un amore familiare, che ha bisogno della famiglia. Ogni persona, anche i gay, le lesbiche o i transessuali, porta nel cuore un desiderio di amore e familiarità. Ogni persona ha diritto all’amore e quell’amore deve esser protetto dalla società, dalle leggi. Ma soprattutto deve essere curato dalla Chiesa".
Dalla, il compagno in chiesa rompe il velo dell’ipocrisia
di Michele Serra (la Repubblica, 5 marzo 2012)
Con la compostezza, il dolore e la legittimità di un vedovo, il giovane Marco Alemanno ha reso pubblico omaggio al suo uomo e maestro Lucio Dalla in San Petronio, dopo l’eucaristia, se non rompendo almeno scheggiando il monolito di ipocrisia che grava, nell’ufficialità cattolica, sul "disordine etico" nelle sue varie forme, l’omosessualità sopra ogni altra.
È importante prenderne atto. Anche se è altrettanto importante sapere che fuori dalla basilica, nel denso, sconfinato abbraccio che i bolognesi hanno dedicato a Dalla, i suoi costumi privati non costituivano motivo di dibattito. Se non per lodare e rimpiangere la dimestichezza di strada e di osteria che Dalla aveva con "chiunque", il suo promiscuo prendere e dare parole, tempo e compagnia, la sua disponibilità umana. Ma dentro San Petronio la vita privata di Lucio, la sua omosessualità pure così poco ostentata, e mai rivendicata, creava un grumo che Bologna ha provveduto a sciogliere nella sua maniera, che è compromissoria, strutturalmente consociativa. Città rossa e vicecapitale del Papato, massonica e curiale, borghese e comunista. Un consociativismo interpretato al meglio (cioè senza malizia, per pura apertura di spirito) proprio da Dalla, che era amico quasi di tutti, interessato quasi a tutti. Non avere nemici è molto raramente un merito. Nel suo caso lo era.
In ogni modo si capisce che quel grumo, specie per una Curia che da Biffi in poi si è guadagnata una fama piuttosto retriva, non era semplice da gestire. Il vescovo non era presente, il numero due neppure, "altri impegni" incombevano e sarebbe infierire domandarsi quale impegno, ieri, fosse più impellente, per ogni singolo abitante della città di Bologna, di andare a salutare Lucio. L’omelia è stata affidata al padre domenicano Bernardo Boschi, amico personale del cantante, che non avendo zavorre istituzionali sulle spalle ha potuto e saputo essere affettuoso, rispettoso e libero, dunque prossimo alla città e ai suoi sentimenti.
L’ingrato compito di mettere qualche puntino sulle "i", per controbilanciare la quasi sorprendente "normalità" di una cerimonia così solenne, e insieme così semplice, nella quale il solo laico a prendere la parola, a parte il teologo Vito Mancuso, è stato il compagno di Dalla; quel compito ingrato, dicevo, se l’è caricato in spalla il numero tre della Curia, monsignor Cavina, che nel suo breve discorso introduttivo ha voluto ricordare che «chi desidera accostarsi al sacramento dell’Eucarestia non deve trovarsi in uno stato di vita che contraddice il sacramento».
Concetto che, rivolto alla cerchia di amici di Lucio presenti in chiesa, e ai tanti "freaks" che affollavano chiesa e sagrato anche in memoria della dimestichezza che avevano con Dalla, e Dalla con loro, faceva sorridere: più che severo appariva pateticamente inutile, perché dello "stato di vita" delle persone, dell’essere canoniche o non canoniche le loro scelte amorose e affettive, a Lucio non importava un fico secco, né si sarebbe mai sognato, nelle sue recenti e purtroppo finali incursioni nella teologia, di stabilire se a Dio le scelte sessuali interessino quanto interessano a molti preti.
Comunque - e tutto sommato è il classico lieto fine - il breve monito di monsignor Cavina a tutela dell’eucaristia e contro gli "stati di vita che contraddicono quel sacramento" (?!) è passato quasi inosservato e inascoltato. Come un dettaglio burocratico.
Marco Alemanno ha incarnato in una chiesa, e in una cerimonia che più pubblica non si sarebbe potuto, tutta la dignità di un amore tra uomini. Semmai, c’è da domandarsi quanti omosessuali cattolici meno famosi, e meno protetti dal carisma dell’arte, abbiano potuto sentirsi allo stesso modo membri della loro comunità.
L’augurio è che la breve orazione di Marco per Lucio costituisca un precedente. Per gli omosessuali non cattolici, il dettato clericale in materia non costituisce il benché minimo problema: francamente se ne infischiano. Ma per gli omosessuali cattolici lo costituisce, eccome. Ed è a loro, vedendo Marco Alemanno pregare per il suo uomo accanto all’altare, che corre il pensiero di tutte le persone di buona volontà.
Il mio coetaneo poeta che voleva capire l’amore
di Enzo Bianchi (la Repubblica, 5 marzo 2012)
Di una cosa era certissimo: che c’è l’al di là, l’oltre la morte, "il secondo tempo", la vita per sempre. Ancora recentemente mi aveva ripetuto: "Questa vita è solo l’anticamera, il bello deve venire!". Ho conosciuto Lucio una sera a Bologna nel 1971, giovani della medesima età (uno nato appena ventiquattr’ore prima dell’altro), e siamo subito diventati amici. Da allora incontri, conversazioni, telefonate, discorsi a tavola, mie visite a casa sua e ultimamente anche sue venute a Bose... Lucio era amabile perché umanissimo: nei rapporti con le persone, certo, ma anche nel suo pensare, nel suo poetare, nel suo abitare il tempo della vita per trovare in esso ciò che davvero conta, ciò che rimane, ciò che è eterno: perché "è eterno anche un minuto, ogni bacio ricevuto dalla gente che ho amato".
Tante volte assieme abbiamo parlato dell’Amore e Lucio ha voluto che fossi io a presentare a Torino nel dicembre scorso il suo ultimo album: "Questo è amore". "Cos’è l’amore?", mi chiedeva in un modo che pareva ossessivo. Non che non lo sapesse, ma voleva sempre mettersi alla prova, interrogarsi per verificare se i suoi rapporti, i suoi amori erano Amore. "Vorrei capire che cos’è l’amore, dov’è che si prende, dov’è che si dà": non sono versi frivoli, non sono parole leggere, sono invece l’espressione della sua appassionata ricerca dell’amore.
Ci sono persone che per tutta la vita cercano solo l’amore, fino a essere vittime dell’amore che inseguono in modi a volte incomprensibili per gli altri. Lucio era una di queste persone: cercava l’amore, ma soprattutto credeva all’amore. Quando avevo qualche conferenza a Bologna lui, se era in città, non mancava mai, leggeva i miei libri, mi mandava messaggi per commentarli e sempre il cuore del discorso tornava a questa sua fede nell’amore. Gli piaceva sentirsi ripetere che "l’amore vince la morte", che nel cristianesimo proprio questo è il fondamento della fede: la morte, infatti, resta per tutti un enigma ed esige di essere vinta. Ma da chi? Dall’amore.
E nel ricordare Lucio vorrei aggiungere anche una parola sulla sua fede: mi raccontava che da ragazzo aveva avuto come confessore padre Pio e che più tardi, grazie ai domenicani di Bologna aveva potuto accompagnare la sua vita con la fede. Non rinnegava neppure alcune "devozioni", perché la sua era una fede semplice e umile, come quella di un bambino, ma una fede salda, carica di speranza.
Nella mia amicizia con lui, ultimamente c’era anche la presenza cara di Marco Alemanno, l’amico sempre accanto che con la sua "arte" permetteva a Lucio di sperare contro ogni solitudine: "Buonanotte anima mia, adesso spengo la luce e così sia!". Buonanotte, Lucio, dormi, riposa nell’Amore, perché è certo che, come cantavi tu, "se Dio esiste voi, voi vi ritroverete là, là. Amore". Sì, Lucio, ci ritroveremo là, nell’Amore.
Pistoia, monsignor Scatizzi invita i preti a non somministrare la comunione agli omosessuali
"Quando conclamata e ostentata è un peccato che li esclude dal sacramento"
Un altro vescovo dice no ai gay
Nella comunità è rivolta sul web
Lo scorso 25 gennaio era toccato al vescovo emerito di Grosseto
Durissimi i commenti fra blog, Facebook e forum dedicati
di MARCO PASQUA *
PISTOIA - Niente comunione ai "gay conclamati", perché "l’omosessualità è un disordine" e i precetti della Chiesa non devono essere contraddetti. Per monsignor Simone Scatizzi, vescovo emerito di Pistoia, i preti dovrebbero rifiutarsi di somministrare la comunione ai gay. Parlando oggi con il sito religioso Pontifex, a proposito degli omosessuali "che proclamano la loro condizione e la praticano", l’esponente cattolico sostiene: "Il principio generale é che la conclamata e ostentata omosessualità é un peccato che esclude la comunione".
Le parole del vescovo fanno il giro del web, suscitando reazioni e sdegno da parte della comunità GLBT, che già aveva registrato, lo scorso 25 gennaio, un’analoga presa di posizione. Parlando con lo stesso sito, infatti, il vescovo emerito di Grosseto, monsignor Giacomo Babini, era stato ancora più esplicito, arrivando anche a chiamare in causa il governatore della Puglia, Nichi Vendola: "La pratica conclamata della omosessualità é un peccato gravissimo, costituisce uno scandalo e bisogna negare la comunione a tutti coloro che la professino, senza alcuna remora, proprio in quanto pastori di anime. Io non darei mai la comunione ad uno come Vendola".
L’ultima presa di posizione, in ordine di tempo, è del 79enne Scatizzi, già protagonista, nel 2005, di un’aspra polemica contro i gay, "colpevoli", a suo dire, della "crisi della virilità". "L’omosessualità in quanto tale é un disordine. E su questo non ci sta discussione", afferma categorico il religioso, salvo poi concedere che "con gli omosessuali é necessario usare delicatezza e misericordia e alla fine il giudice ultimo é Dio, pertanto sulla Terra nessuno é autorizzato ad emettere sentenze".
Il vescovo emerito di Lucera-Troia, monsignor Francesco Zerrillo, sembra andare oltre, arrivando a criticare persino le leggi contro l’omofobia. "Io non le ritengo giuste - ha tuonato il porporato, parlando il 2 febbraio con lo stesso sito - in quanto non é mai assimilabile, dunque omologabile, ciò che é la normalità, ovvero la famiglia eterosessuale fondata da uomo e donna e quella omosessuale che famiglia non é, per la semplicissima ragione che non é in grado di ottemperare alla riproduzione. L’atto sessuale é volto a questo e non alla ricerca di lussuria". Secondo Zerrillo bisognerebbe invitare il gay credente a non chiedere la comunione, "per non alimentare lo scandalo": "Se davanti a me, specie in un centro piccolo in cui tutti sanno tutto di tutto, il dare la comunione ad una persona del genere può causare scandalo é quindi meglio non darla . Sarebbe saggio generalmente prevenire queste cose o al massimo amministrarla e poi dirgli amico non provarci più, per scongiurare uno scandalo ancora maggiore".
Aveva parlato invece di "pratica aberrante" il collega emerito di Grosseto, monsignor Giacomo Babini: "Mi fa ribrezzo parlare di queste cose e trovo la pratica omosessuale aberrante, come la legge sulla omofobia che di fatto incoraggia questo vizio contro natura. I vescovi e i pastori devono parlare chiaro, guai al padre che non corregge suo figlio. Penso che dare le case agli omosessuali, come avvenuto a Venezia, sia uno scandalo, e colui che apertamente rivendica questa sua condizione dà un cattivo esempio e scandalizza". Cosa dovrebbero fare i gay? "Pentirsi di questo orribile difetto", l’invito di Babini.
Durissimi i commenti degli utenti in calce a queste interviste, fatte circolare in maniera virale su Facebook, i forum e i blog. "Una persona non può e non dovrà mai vergognarsi di quello che è. Dio ama tutti indistintamente e lei predica odio, incita le masse ignoranti alla violenza e contribuisce a rendere l’Italia un paese razzista, omofobo, antisemita", scrive un utente, mentre un altro aggiunge: "La chiesa dovrebbe essere simbolo di pace e non di intolleranza, lasci l’anello che porta con tanta prosopopea e riprenda in mano il Vangelo. Volgete lo sguardo alle mele marce che ci sono tra di voi (preti pedofili, ecc.) e non prendetevela con chi, realmente, è capace di amare". "Vi rendete conto, signori, che voi stessi avete detto che Dio è amore? gli omosessuali non hanno bisogno di misericordia o di perdono, vi prego. Ora è veramente troppo", scrive l’utente "frangisca" commentando le parole di Scatizzi. Il quale sembra avere solo un consiglio per gli omosessuali: "Sarebbe opportuno che i gay si lasciassero portare sulla via della guarigione e della conversione".
© la Repubblica, 05 febbraio 2010